“…martedì il cardinale canadese Marc Ouellet, il prefetto della Congregazione per i vescovi, compirà 77 anni, quindi due anni oltre l’età tecnica di pensionamento di 75 anni. A soli 67 anni, Marx potrebbe ricoprire quel ruolo per il prossimo decennio senza perdere un colpo, e senza dubbio supervisionerebbe la nomina di un’intera generazione di “vescovi Francesco” in tutto il mondo. (…) Sì, il cardinale Reinhard Marx si è offerto di dimettersi. No, questo non significa che la sua carriera sia finita – infatti, il capitolo più significativo potrebbe ancora arrivare.”

Un editoriale di John L. Allen Jr, pubblicato su Cruxnow, nella mia traduzione. 

 

Card. Reinhar Marx di Monaco di Baviera
Card. Reinhar Marx di Monaco di Baviera

Coprire la Chiesa cattolica è un lavoro duro per i reporter, anche perché siamo spesso costretti ad essere dei guastafeste. Siamo sempre messi nella posizione di far piovere su una parata mediatica, e tale è stato il caso anche venerdì con le sensazionali “dimissioni” del cardinale Reinhard Marx di Monaco.

I vescovi si dimettono di continuo, ma ciò che ha reso questo caso una notizia da prima pagina è A) Marx è un pesce grosso nella Chiesa, un alleato chiave e confidente di Papa Francesco; B) Mentre la Chiesa tedesca è stata colpita duramente dagli scandali degli abusi sessuali dei chierici, Marx personalmente non è stato accusato di abusi o di comportamenti illeciti significativi; C) Tuttavia, si è offerto di dimettersi comunque per assumersi la “responsabilità istituzionale” dei fallimenti della Chiesa.

Questo è uno sviluppo degno di nota per qualsiasi standard. Tuttavia, ci sono almeno tre fraintendimenti immediati sulla storia – naturali e, in una certa misura, inevitabili – che sono rapidamente entrati in circolazione venerdì quando la notizia ha fatto il giro.

Ecco il controllo obbligatorio della realtà.

In primo luogo, Marx non si è dimesso, perché nel sistema cattolico i vescovi non si dimettono di propria iniziativa. Possono presentare le loro dimissioni al papa – in effetti, sono tenuti a farlo all’età di 75 anni – ma spetta sempre al papa accettare o meno.

In secondo luogo, il semplice fatto che Marx abbia presentato le sue dimissioni non significa necessariamente che vada da qualche parte. A parte il fatto che queste particolari dimissioni, se non altro, probabilmente faranno aumentare il prezzo delle azioni di Marx, i papi abitualmente mantengono i vescovi in carica ben dopo che hanno presentato le loro dimissioni. Il defunto cardinale Kazimierz Świątek della Bielorussia, per esempio, ha consegnato la sua lettera di dimissioni obbligatorie nel 1990 ma ha servito fino alla matura età di 91 anni nel 2006, sedici anni dopo.

In terzo luogo, anche se le dimissioni di Marx da arcivescovo di Monaco fossero accettate, egli rimarrebbe un cardinale in regola, pienamente idoneo a votare per il prossimo papa, e continuerebbe anche a ricoprire tutte le posizioni vaticane a cui Francesco lo ha assegnato, compreso il servizio come presidente del Consiglio per l’economia e come membro del Consiglio dei cardinali del papa sulla riforma del Vaticano. In altre parole, tutto ciò che cambierebbe è che Marx non sarebbe più in carica a Monaco – diversamente, è status quo.

È importante essere chiari su tutto questo, perché ciò che accade quando un vescovo si dimette è una fonte di perenne confusione e irritazione in molta copertura mediatica e discussione pubblica.

Quando il cardinale Bernard Law di Boston si è dimesso nel 2003 al culmine della crisi degli abusi negli Stati Uniti, per esempio, la maggior parte degli americani ha pensato che ciò significasse che se ne fosse andato completamente, come un allenatore sportivo licenziato o un amministratore delegato aziendale. Quando si sono resi conto che Law è rimasto l’arciprete di Santa Maria Maggiore a Roma e un membro a pieno titolo della Congregazione vaticana per i vescovi, e per il resto ha continuato a godere di tutti i privilegi di essere un cardinale, si sono sentiti traditi, spesso concludendo che il Vaticano aveva fatto marcia indietro o ne aveva fatto uno veloce.

In realtà, questo è sempre stato il significato delle dimissioni di Law a Boston, e molto dolore avrebbe potuto essere evitato se ci fosse stata chiarezza su questo all’inizio.

Nel caso di Marx, le probabilità che rimanga nei paraggi e rimanga rilevante ben dopo la sua lettera di dimissioni sono molto più alte, perché mentre nel 2003 Law era percepito come un peso per San Giovanni Paolo II, Marx è visto come una risorsa fondamentale per il papato di Francesco. In particolare, mentre Papa Francesco ha detto a Marx che poteva rendere pubblica la lettera di dimissioni, ha anche detto che vuole che Marx continui a servire finché non avrà deciso cosa fare.

Per cominciare, Marx è stato un sostenitore chiave di molte delle iniziative firmate da Francesco, compresa la sua apertura alla Comunione per i credenti divorziati e risposati durante i due Sinodi dei vescovi sulla famiglia nel 2014 e 2015. Come il cardinale Christoph Schönborn di Vienna, Marx è visto come un importante prelato occidentale che dà peso intellettuale e politico all’agenda del papa.

Inoltre, è stato anche visto per molto tempo come un leader nello sforzo di riforma dagli scandali degli abusi clericali. È stato lo sponsor originale del Centro di protezione dell’infanzia guidato dal gesuita tedesco padre Hans Zollner, ora situato presso l’Università Gregoriana di Roma e recentemente aggiornato a “Istituto di antropologia, studi interdisciplinari sulla dignità umana e la cura”.

Il modo in cui Marx ha offerto le sue dimissioni, insistendo sul fatto che i leader della Chiesa devono assumersi la responsabilità non solo per la loro condotta personale, ma anche per i fallimenti istitutzionali che hanno contribuito a presiedere, è una perfetta espressione della spinta alla responsabilità che è stata al centro dello sforzo di riforma.

È del tutto possibile che Papa Francesco decida di accettare le dimissioni di Marx da Monaco, sulla base del fatto che non farlo ora potrebbe far sembrare il tutto una trovata politica piuttosto che un autentico atto di coscienza. In tutta onestà, Marx è stato oggetto di rumors per diversi importanti incarichi vaticani nel corso degli anni, quindi sollevandolo dai suoi doveri a Monaco di Baviera, si spianerebbe la strada perché ciò accada.

Per fare solo un esempio, martedì il cardinale canadese Marc Ouellet, il prefetto della Congregazione per i vescovi, compirà 77 anni, quindi due anni oltre l’età tecnica di pensionamento di 75 anni. A soli 67 anni, Marx potrebbe ricoprire quel ruolo per il prossimo decennio senza perdere un colpo, e senza dubbio supervisionerebbe la nomina di un’intera generazione di “vescovi Francesco” in tutto il mondo.

Questa è solo una possibilità, ma il punto generale è questo: Sì, il cardinale Reinhard Marx si è offerto di dimettersi. No, questo non significa che la sua carriera sia finita – infatti, il capitolo più significativo potrebbe ancora arrivare.

Di Sabino Paciolla

Le dimissioni del cardinale Marx e la toppa peggiore del buco

Il bersaglio dell’azione del cardinale è Francesco. Si preme sul Papa affinché la Chiesa si adegui alle istanze progressiste

Papa Francesco con il cardinale Reinhard Marx
Papa Francesco con il cardinale Reinhard Marx

Ora che la polvere si è posata ed i contorni della vicenda si fanno più nitidi, il quadro che emerge dalle inaudite dimissioni e, soprattutto, dal messaggio in esse implicito, del cardinale Reinhard Marx potrebbe rivelarsi ben più grave di quanto già non apparisse a caldo.

Perché più passano le ore più è chiaro che il bersaglio grosso delle dimissioni sia proprio colui nelle cui mani sono state consegnate, Francesco.

Due messaggi a Francesco

Dopo aver detto a chiare note che sulla questione della lotta agli abusi la Chiesa ha fallito (e poco conta che il cardinale parlasse della Germania essendo fin troppo evidente che il giudizio era ben più esteso), il messaggio neanche troppo velato recapitato a Francesco è riassumibile in due punti:

1. se si vuole davvero cambiare rotta ed essere più efficaci, la Chiesa (di nuovo, tutta, non solo in Germania) deve fare come diciamo da tempo proprio noi vescovi e laici tedeschi ossia rimettere mano alla disciplina del celibato e a tutta la morale sessuale;

2. ove ciò non accadesse – ed è qui in particolare che il messaggio prende una piega quasi minatoria nei confronti del Pontefice – a te Francesco non resterebbe che fare né più né meno ciò che ho fatto io: alzare i tacchi e andare a casa, dimettendoti.

La posta in gioco

Sta tutta qui, nella sua brutale sfrontatezza, la sfida lanciata dalla Chiesa tedesca al pontificato di Bergoglio. Sfida che acquista una valenza ed una drammaticità tutte particolari e niente affatto da sminuire proprio a motivo del fatto che a lanciarla non è stato un oppositore di Francesco, bensì uno dei suoi più stretti e ascoltati collaboratori.

Segno evidente che si vuole arrivare ad un punto di non ritorno. E già questo basterebbe per sottolineare la profondità della crisi e quanto importante sia la posta in gioco.

A cosa punta Marx

Ad aggravare una situazione già drammatica di suo, il paradosso di una toppa – quella suggerita dall’ala più aperturista della Chiesa tedesca incarnata dal card. Marx – che rischia di essere ben peggiore del buco che vorrebbe coprire, e che per così dire è la prova provata dello sbandamento e della confusione che c’è oggi nella Chiesa.

Toppa doppiamente miope: a livello di diagnosi, laddove continua ad additare il clericalismo come la causa remota degli abusi sessuali tra le fila del clero, quando le statistiche dicono che oltre l’80% degli abusi riguardano preti omosessuali (come per altro ha dimostrato il ben noto caso del predatore seriale McCarrick), al punto che se è certamente vero che non tutti i preti omosessuali sono pedofili è altrettanto vero che la stragrande maggioranza dei preti pedofili è omosessuale.

Chiesa al “punto morto”

Ma è miope anche la cura, nella misura in cui i novatori ritengono che sia sufficiente abolire o rendere facoltativo il celibato sacerdotale quando proprio la situazione della Germania – dove il protestantesimo è pressoché alla frutta nonostante del celibato manco l’ombra – sta lì a dimostrare che non è quello il problema (per non dire del fatto che un omosessuale non saprebbe cosa farsene di potersi accoppiare con una donna; a meno che, ovvio, qualcuno non si spinga fino ad immaginare preti gay sposati o quanto meno benedetti nella loro unione, nel qual caso ci troveremmo di fronte a ben più che una questione disciplinare).

Quel che è certo è che ora la palla passa a Francesco, messo suo malgrado di fronte all’impossibilità di non prendere una decisione le cui conseguenze, in un senso o nell’altro, potrebbero forse sbloccare e rimettere in moto la Chiesa dal “punto morto” in cui a detta del card. Marx essa di trova, ma per indirizzarla verso un qualcosa dagli esiti imprevedibili e potenzialmente devastanti.

Sinodi ed esortazioni

Un’ultima considerazione. Per la maggior parte degli osservatori dimissioni del card. Marx hanno avuto l’effetto di un fulmine a ciel sereno. In realtà che il cielo non fosse affatto sereno e che anzi le avvisaglie che presto o tardi la barca di Pietro si sarebbe trovata in mezzo alla tempesta c’erano tutte, e non da ieri.

Non bastando quattro sinodi e tre esortazioni già di loro recepite come punti di partenza all’insegna di una certa discontinuità quanto meno pastorale rispetto al passato; non bastando iniziative a suo tempo fonte di polemiche più o meno tacite e parecchi mal di pancia (ad esempio la riforma dell’Istituto Giovanni Paolo II sulla famiglia) o nomine forse evitabili di consultori di dicasteri anche importanti apertamente schierati a favore della piena normalizzazione dell’omosessualità, il punto è che a furia di ripetere, direttamente o tramite portavoce più o meno ufficiali, che “la realtà è superiore all’idea”, e che “il tempo è superiore allo spazio”, e ancora che “l’importante è avviare processi” , per non dire della “Chiesa ospedale da campo” e della “Chiesa in uscita” e le “periferie esistenziali e il  “chi sono io per giudicare?” – tutte frasi assurte ad emblema e cifra di un approccio volutamente più pastorale e meno dottrinale – intesa nel senso di una “rigidità” che non fa i conti con la realtà – poi non stupisce, non può stupire se qualcuno, forse anzi sicuramente forzando la mano in modo strumentale, arriva dove arriva spingendo la Chiesa fin sull’orlo del precipizio.

Scandali nella Chiesa

E se oggi, anno domini 2021, la stessa Chiesa che partorì Lutero – la cui effigie, e pure questo va ricordato, campeggiava neanche troppo tempo fa in Vaticano quando era tutto un celebrare il mezzo millennio della Riforma – sembra stia lì lì per far saltare di nuovo il banco usando la questione degli abusi sessuali come grimaldello, forse una qualche autocritica dalle parti di Roma andrebbe fatta.

D’accordo, la Chiesa è sopravvissuta a Lutero e, come dice il Vangelo, “è inevitabile che gli scandali avvengano”; ma, intanto, il prezzo pagato a causa dello scisma luterano è stato salatissimo; secondo, e cosa più importante, il Vangelo dice anche “guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!”.

Nella sua bimillenaria storia la Chiesa ne ha viste di cotte e di crude e probabilmente passerà pure questa crisi. Occhio però a non tirare troppo la corda col Principale. Soprattutto quando a rimetterci è il sempre osannato popolo fedele, in nome del quale qualcuno senza neanche rendersene conto sta scherzando col fuoco.

Foto Ansa

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