ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 19 luglio 2021

Eppur si muovono..?

Dopo “Traditionis custodes” / Vescovi, gruppi e comunità rispondono così



    Continuano le reazioni alla lettera apostolica Traditionis custodes con la quale papa Francesco limita notevolmente la celebrazione della Forma straordinaria del Rito romano, detta anche Messa tradizionale o tridentina. Negli Stati Uniti e nelle fraternità sacerdotali che celebrano secondo questo rito sono state pubblicate diverse note.

A poche ore dal primo comunicato, dell’arcivescovo Cordileone, l’arcivescovo José Horacio Gomez, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, ha a sua volta risposto con una breve nota: “Papa Francesco ha pubblicato Traditionis custodes, lettera apostolica di propria iniziativa sull’uso dei testi liturgici in latino approvata prima della riforma del 1970. Accolgo con favore il desiderio del Santo Padre di promuovere l’unità tra i cattolici che celebrano il rito romano. Mentre queste nuove norme vengono attuate, incoraggio i miei fratelli vescovi a lavorare con cura, pazienza, giustizia e carità mentre insieme promuoviamo un rinnovamento eucaristico nella nostra nazione”.

La nota è in linea con le recenti decisioni dell’episcopato americano, circa la necessità di curare la liturgia eucaristica e assicurare quella che è stata definita “coerenza eucaristica”, soprattutto quando si tratta di persone che occupano le principali posizioni di potere nella vita pubblica.

Da parte sua, monsignor John M. Quinn, vescovo di Winona-Rochester (Usa), che ha talvolta celebrato la Messa secondo la Forma straordinaria, ha già indicato come la manterrà nella sua diocesi. In primo luogo, afferma che il motu proprio Traditionis custodes “prevede un uso più concentrato della Forma straordinaria” e che da vescovo comprende che “può deludere alcuni fedeli della nostra diocesi” ma auspica anche “che la lettera apostolica sarà accolta con lo spirito di unità che papa Francesco desidera”.

Monsignor Quinn assicura poi il suo “continuo interesse pastorale per i fedeli che mantengono uno speciale senso di adesione alla Forma straordinaria” e, conseguentemente, dichiara che “come previsto dalla Traditionis custodes, nominerò un vicario per la Forma straordinaria per fare in modo che i bisogni spirituali di questi fedeli siano adeguatamente coperti. E conclude: “Io, con i nostri sacerdoti e l’équipe diocesana, continuerò a studiare il documento, a prendere adeguate disposizioni a lungo termine per la celebrazione della Forma straordinaria nella diocesi di Winona-Rochester”.

Numerose anche le reazioni delle associazioni di sacerdoti o fraternità sacerdotali, i cui membri celebrano la messa secondo il rito liberalizzato da papa Benedetto XVI. Così una nota della Fraternità Sacerdotale San Pietro, eretta da san Giovanni Paolo II nel 1988, che dichiara di avere più di trecento sacerdoti e centocinquanta seminaristi provenienti da trenta Paesi e opera in centotrenta diocesi dei cinque continenti: “Con la pubblicazione dell’ultimo motu proprio, Traditionis custodes, che ha posto nuove restrizioni alla Forma straordinaria del Rito romano, molti di noi rimangono sfiduciati e angosciati. In questo momento è troppo presto per vedere tutte le implicazioni che avrà per la Fraternità Sacerdotale di San Pietro, ma vi assicuriamo che rimaniamo impegnati a servire i fedeli che vengono ai nostri apostolati secondo le nostre Costituzioni e carisma come abbiamo fatto fin dalla nostra fondazione”.

“Dobbiamo sforzarci di vedere questa Croce come mezzo di santificazione e ricordare che Dio non abbandona mai la sua Chiesa. Nostro Signore ci promette le grazie necessarie per affrontare le nostre croci con forza e coraggio. Non dobbiamo essere negligenti con la nostra parte di fedeli cattolici. Preghiamo e offriamo sacrifici nella nostra vita quotidiana e confidiamo nell’intercessione della Madonna, di san Giuseppe e del nostro patrono san Pietro”.

Con una nota sono intervenuti anche i Canonici regolari di San Juan Cancio, fondati nel 1998, con l’approvazione del cardinale di Chicago Francis George (scomparso nel 2015). Seguono la regola di sant’Agostino e celebrano la liturgia in entrambe le forme del rito latino. Servono parrocchie negli Stati Uniti e in Canada e svolgono molte attività giovanili e pro-vita.

“La celebrazione di entrambe le forme del rito romano – affermano – continua a essere la legge per il nostro Istituto, come prevedono le nostre costituzioni. Nel 2019 il nostro ordinario locale, il cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, ha gentilmente approvato queste costituzioni. Crediamo che noi siamo in una posizione unica per mostrare l’unità e la diversità del patrimonio liturgico della Chiesa. I Canonici regolari di San Juan Cancio sperano di collaborare con il loro ordinario locale, il cardinale Cupich, per attuare il motu proprio del Santo Padre. Rimaniamo concentrati sulla nostra missione di Restaurare il Sacro e continueremo il nostro lavoro nelle nostre parrocchie”.

La Conferenza episcopale di Francia afferma: “I vescovi di Francia, insieme a tutti i fedeli delle loro diocesi, hanno ricevuto da papa Francesco il motu proprio Traditionis custodes. Desiderano esprimere ai fedeli che celebrano abitualmente secondo il Messale di san Giovanni XXIII e ai loro pastori la loro attenzione, la stima che hanno per lo zelo spirituale di questi fedeli e la loro determinazione a continuare insieme la missione, nella comunione della Chiesa e secondo le norme vigenti. Ogni vescovo dovrà raccogliere le sfide descritte dal Santo Padre per esercitare la responsabilità che viene ricordata nella giustizia, nella carità, nella cura di tutti, nel servizio alla liturgia e nell’unità della Chiesa. Questo avverrà attraverso il dialogo e richiederà tempo. Il motu proprio Traditionis custodes e la lettera del Santo Padre ai vescovi che lo introduce sono un impegnativo appello rivolto a tutta la Chiesa a un autentico rinnovamento eucaristico. Nessuno può farne a meno. I vescovi invocano lo Spirito Santo affinché l’Eucaristia, ‘fonte e culmine della vita cristiana’, sacrificio del Signore e memoriale della sua Passione e Risurrezione, sia il luogo in cui la Chiesa attinge ogni giorno la forza per diventare ciò che è: ‘In Cristo, in certo modo, sacramento, cioè segno e mezzo dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano’ (Lumen gentium, 1)”.

Il vescovo di Versailles Luc Crepy scrive: “Cari fratelli e sorelle, ho avuto conoscenza come voi del motu proprio Traditiones custodes pubblicato da Papa Francesco. So che queste nuove regole suscitano preoccupazioni in alcuni. Negli Yvelinnes, sei comunità celebrano abitualmente con il Messale di san Giovanni XXIII in comunione con il Vescovo di Versailles. Fin dal mio arrivo in diocesi ho visto una situazione tranquilla. Se ci sono comunità che in passato hanno vissuto vicende dolorose, sono lieto del cammino percorso verso un’effettiva comunione ecclesiale. Quest’opera di pace è stata svolta dai miei Predecessori con la preziosa assistenza di sacerdoti e fedeli animati da questo desiderio di unità. A settembre incontrerò i sacerdoti che servono le vostre comunità per dedicare del tempo a studiare insieme queste nuove norme e la loro accoglienza nella diocesi. Fin d’ora ho rinnovato la mia fiducia e il mio desiderio di proseguire insieme in questo cammino di unità che vi invito ad affidare nella preghiera alla Vergine Maria Madre della Chiesa”.

Anche altri vescovi, come quello di Bayonne, si sono formalmente espressi nella stessa direzione: “Consapevole delle possibili deviazioni indotte qua o là nella Chiesa e sempre da correggere, attesto da parte mia che la leale applicazione del motu proprio Summorum pontificum nella diocesi di Bayonne, Lescar e Oloron ha favorito un clima di pace e rispetto reciproco tra sacerdoti e fedeli legati a quella che Benedetto XVI ha chiamato la forma ordinaria e la forma straordinaria dell’unico rito romano. Mi sembra di poter attestare che i sacerdoti che garantiscono il servizio della liturgia nella diocesi di Bayonne secondo il Messale del 1962 aderiscono pienamente al Concilio Vaticano II e riconoscono la legittimità del Messale del 1970, espressione per eccellenza della lex orandi della Chiesa latina, e coltivano un vivo senso di comunione ecclesiale partecipando attivamente agli eventi e alle celebrazioni, nonché agli orientamenti pastorali e missionari della diocesi. So che si preoccupano di far crescere nella fede, nella vita cristiana e nel senso della comunione e della missione i fedeli che partecipano regolarmente o occasionalmente alle celebrazioni liturgiche che presiedono. Noto anche che le loro assemblee sono relativamente giovani e che ci sono famiglie molto preoccupate di trasmettere la fede ai propri figli e educarli a sentire cum Ecclesia. Desidero ribadire loro la mia fiducia e invitarli a proseguire i loro sforzi nella stessa direzione, nello spirito del nuovo Motu proprio Traditionis custodes, di cui in seguito dettaglierò le modalità di applicazione. E se provate incomprensioni, vi invito a non cedere alla rabbia o ad atteggiamenti chiusi, ma, come l’apostolo Tommaso nel Vangelo (cfr Gv 14, 5-6), a chiedere spiegazioni al Signore stesso, in una preghiera di abbandono alla sua volontà”.

Fonte: infocatolica.com

https://www.aldomariavalli.it/2021/07/19/dopo-traditionis-custodes-vescovi-gruppi-e-comunita-rispondono-cosi/

Traditionis Custodes. Avrebbero Almeno Potuto Aspettare che Benedetto…..

19 Luglio 2021 Pubblicato da  24 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, riprendiamo le pubblicazioni con questo comunicato del Cordinamento Summorum Pontificum sulla decisione del Pontefice regnante di tentare di soffocare all’interno dei confini che gli sono propri la diffusione della Messa Vetus Ordo. Altri, più autorevoli di noi tratteranno l’argomento nei prossimi giorni con maggiore competenza. Solo due osservazioni. La prima riguarda i giovani preti. In un momento in cui le vocazioni sono sembrano floride (chissà come mai…) impedire ai giovani sacerdoti, che evidentemente erano attratti, di celebrare secondo il Vetus Ordo appare come l’ennesima manifestazione autolesionista e illiberale di un gestione autocratica. Seconda osservazione. Non sappiamo che cosa pensi Benedetto XVI di tutto questo. Immaginiamo che non gli avrà procurato piacere. Avrebbero potuto aspettare che ci lasciasse, per manifestare nei fatti quanta continuità ci fosse (quella sbandierata dai servilingui di regime) fra i due pontificati. Se non altro per risparmiare un dolore a un uomo anziano e buono. Troppo buono, ahimè. 

§§§

 

Cari Amici,

ciò che temevamo è purtroppo accaduto: il Motu Proprio restrittivo del Summorum Pontificum è stato pubblicato, insieme ad una Lettera di accompagnamento. Abbiamo pregato che al Populus Summorum Pontificum fosse risparmiata questa nuova prova, ma essa si è invece abbattuta su di lui.

Il contenuto del nuovo Motu Proprio conferma, in larga parte, quanto era già stato sin qui anticipato da molteplici fonti. In ciò in cui si discosta dalle anticipazioni, purtroppo le peggiora. Cessa la libertà di celebrare secondo il Messale del 1962, se ne rende assai difficoltoso l’uso da parte dei giovani sacerdoti, si scoraggia decisamente la costituzione di nuovi coetus fidelium, quantomeno nelle diocesi in cui ne esista già almeno uno, si guarda con estremo sfavore alle parrocchie personali destinate alla celebrazione della liturgia tradizionale. Impressiona il bando del rito antico dalle parrocchie, quasi a circoscriverlo entro una specie di cordone sanitario per evitare che il popolo fedele venga a conoscerlo, ad amarlo, a praticarlo. La lettera di accompagnamento, infatti, ci dice chiaramente che quanti sono legati alla liturgia tradizionale – cioè noi, fedeli del Populus Summorum Pontificum – dovranno, dovremo «ritornare al Rito Romano promulgato dai santi Paolo VI e Giovanni Paolo II».

Il Motu Proprio e la Lettera accompagnatoria ci sprofondano inevitabilmente nello sconforto, ci tentano alla disperazione, forse potrebbero addirittura indurci alla risposta rabbiosa ed alla ribellione fine a se stessa.

Ricordiamoci però di Ap. 3, 19: «Ego quos amo, arguo, et castigo. Aemulare ergo, et poenitentiam age» (Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti). Questo può essere per noi il tempo della purificazione. Per farci riflettere sulle nostre debolezze, sulla inadeguatezza del nostro apostolato liturgico e sulle mille occasioni perdute per ignavia, per orgoglio, per presunzione, per clericalismo, per paura, per amore di quieto vivere, per malintesa obbedienza… e, così, per farci strumenti più santi ed efficaci del rifiorire della Chiesa dal suo stesso interno, attraverso il rinascimento liturgico e la sua diffusione tra i buoni fedeli: ciò che incute tanto terrore ai modernisti ormai faccia a faccia con il loro tragico fallimento.

Accettare questa croce, affidandoci a Maria Santissima perché ci sia vicina e ci sostenga nello sforzo di portarla, non vuol dire, però, rinunciare alla giusta resistenza. Tanti amici sconcertati e disorientati si stanno chiedendo che cosa si possa e si debba fare; ed è certo che non resteremo muti e passivi spettatori mentre si cerca di rendere sempre più inattingibile un bene così prezioso come la S. Messa tradizionale.

Ma proprio perché vogliamo resistere, non ribellarci; perché cerchiamo giustizia, e non rivalsa, non possiamo cedere alla tentazione di reagire scompostamente e precipitosamente, sull’onda della forte e dolorosa emozione che ci ha colpito all’uscita del Motu Proprio. Non venga mai meno la carità, ma si difendano la verità, la purezza delle nostre intenzioni e del nostro zelo liturgico, la solidità inattaccabile delle nostre buone e fondate ragioni: si persegua la giustizia nell’amore fraterno e nell’incrollabile attaccamento alla Chiesa di Cristo.

Per questo la nostra prima resistenza – cui ci spinge lo stesso amore per la Chiesa – deve essere, soprattutto in questi momenti concitati, la preghiera: chiediamo di essere illuminati per scegliere con prudenza, ma anche con fermezza, la giusta via, la strada migliore per servire la santità della liturgia, per ribadire con forza, alla luce del magistero liturgico di Benedetto XVI, che «nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto».

Corroborati da una sincera e fervente preghiera, affidati alla protezione potente di Maria Santissima, potremo così intraprendere con coraggio, e dopo matura riflessione, tutto quanto risulterà utile e necessario. Da parte nostra, non ce ne asterremo: come abbiamo già avuto modo di dire quando le prime nubi si addensavano in cielo, non mancheremo né di proporre e realizzare le iniziative che le circostanze renderanno opportune, né di sostenere con entusiasmo quelle che i coetus vorranno intraprendere – nel pieno rispetto verso i nostri Pastori, ma nel sereno esercizio della libertà che il diritto riconosce a tutti i battezzati – per affermare, difendere e diffondere, a vantaggio di tutta la Chiesa, la grandezza della sua millenaria tradizione liturgica e i ricchissimi doni spirituali nuovamente offerti a tutti i fedeli dal Motu Proprio Summorum Pontificum, nell’intatta e provvidenziale pienezza delle sue illuminate disposizioni.

https://www.marcotosatti.com/2021/07/19/traditionis-custodes-avrebbero-almeno-potuto-aspettare-che-benedetto/

1 commento:

  1. Su quanto riferisce Infocatolica:

    L'impressione è che sia iniziata, da parte di certi vescovi, l'arrampicata su vetri insaponati per tentare l'impossibile quadratura del cerchio e far passare come 'normale' questo Motu proprio.

    Più sincero de onesto definirlo "Croce" senza tanti preamboli e sforzi di pseudonormalizzazione.

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