ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 2 luglio 2021

Questa democrazia da fuoriusciti

L’INTERVISTA AL CORSERA

Muti demolisce il p.c. (e no, non pensa al suicidio)

In un’intervista al Corriere, Riccardo Muti fa a pezzi, con eleganza, il politicamente corretto, dall’immigrazionismo al #MeToo. Denuncia la mancanza di gavetta, la maleducazione, gli applausi in chiesa… e dice di essere «stanco» della vita in «un mondo in cui non mi riconosco più». Credente, non pensa certo al suicidio. Ma le sue parole ricordano una verità negata dal pensiero dominante.


Riccardo Muti è una delle poche glorie dell’Italia contemporanea. Qualche giorno fa ha concesso al Corriere della Sera un’intervista-bomba, che merita diverse riletture e riflessioni.

Il maestro, con semplicità e garbo, fa a pezzi il politicamente corretto, dall’immigrazionismo («Rimpiango la serietà. Lo spirito con cui Federico II fece scolpire sulla porta di Capua, sotto il busto di Pier delle Vigne e di Taddeo da Sessa, il motto: “Intrent securi qui quaerunt vivere puri”; entrino sicuri coloro che intendono vivere onestamente. Questa è la politica dell’immigrazione e dell’integrazione che servirebbe») al Metoo («Con il Metoo, Da Ponte e Mozart finirebbero in galera. Definiscono Bach, Beethoven, Schubert “musica colonialista”: come si fa? Schubert poi era una persona dolcissima… C’è un movimento secondo cui, nel preparare una stagione musicale, dovrebbe esserci un equilibrio tra uomini, donne, colori di pelle diversi, transgender, in modo che tutte le questioni sociali, etniche, genetiche siano rappresentate. Lo trovo molto strano. La scelta va fatta in base al valore e al talento. Senza discriminazioni, in un senso o nell’altro»).

In un mondo nel quale i neo-laureati, quando escono male, prendono un 110 (la norma è la lode), il direttore elogia la pazienza e l’umiltà della gavetta: «La direzione d’orchestra è spesso diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri. Affrontano opere monumentali all’inizio dell’attività, basandosi sull’efficienza del gesto, talora della gesticolazione». Denuncia, da par suo, la maleducazione fatta norma: «Riesco a seguire un contrappunto in otto parti musicali che si intersecano una con l’altra, ma non riesco a capire due persone che si parlano una sull’altra. Creano disarmonia, cacofonia».

Ha il coraggio di inorridire di fronte a quella pratica barbara e insulsa degli applausi in chiesa: «Sono cresciuto in un mondo in cui ai funerali c’era un silenzio terrificante. Ognuno era chiuso nel suo vero o falso dolore. Per i più abbienti c’era la banda che eseguiva lo Stabat Mater di Rossini o marce funebri molfettesi, famose in Puglia. I primi applausi li ricordo ai funerali di Totò e della Magnani, ma erano riconoscimenti alla loro capacità di interpretare l’anima di Napoli, di Roma, della nazione. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse il silenzio assoluto. Se qualcuno applaude, giuro che torno a disturbarlo di notte, nei momenti più intimi».

Ma, soprattutto, ha pronunciato queste parole: «E mi sono stancato della vita. Perché è un mondo in cui non mi riconosco più. E siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo. Come nel Falstaff: “Tutto declina”».

Tranquilli, non pensa al suicidio. Più volte Muti si è dichiarato credente, educato al cattolicesimo da genitori profondamente credenti. Semplicemente, vivere in questo mondo in declino non gli interessa più e, come ha dichiarato, aspetta «il suo turno». Questa affermazione mi ha colpito molto perché non è la prima volta che la leggo o la sento.

Diverse persone, negli ultimi due anni, mi hanno detto o scritto cose simili: “In un mondo così, non so se voglio vivere, non so se valga la pena vivere”. Un mondo nel quale vige una censura di fatto e non è più possibile esprimersi liberamente; nel quale vengono praticati dei trattamenti sanitari obbligatori su larga scala e le persone sono trattate come cavie; dove è vietato incontrarsi, abbracciarsi, radunarsi; nel quale si ha un’unica certezza, che il futuro sarà peggiore del presente. Un mondo falso, volgare, materialista nel quale la «nuda vita» vale più della libertà.

Eppure, è un mondo che viene magnificato come «il migliore dei mondi possibili», senza frontiere, senza discriminazioni, senza identità, senza religioni… un mondo alla Imagine di John Lennon, Il mondo nuovo di Huxley. Un mondo perfetto. Nel quale, però, forse, alla gente non interessa vivere. Infatti, se non ricordo male, nel romanzo di Huxley, alla fine, il «selvaggio» si uccide: il sogno dell’élite britannica, per alcuni, è il peggior incubo possibile.

Eppure, ci hanno detto, dobbiamo rassegnarci: questa è la «nuova normalità». Il mondo non può tornare ad essere quello di prima (sporco, poco tecnologico, poco attento all’ambiente…), lo slogan è «build back better», tiqqun ‘olam, perfezioniamo il mondo, ricostruiamolo meglio di come era.

Però, a quanto pare, a qualcuno il mondo piaceva più com’era prima. Al maestro Muti senz’altro. Ma anche al giornalista irlandese - ospite anche della Nuova Bussola Quotidiana - John Waters che, nel 2018, ha pubblicato un libro intitolato Give Us Back the Bad Roads, ridateci le strade di prima, in cattive condizioni. Ogni tanto si bucava uno pneumatico ma, evidentemente, la vita era più bella.

Roberto Marchesini

https://lanuovabq.it/it/muti-demolisce-il-pc-e-no-non-pensa-al-suicidio

LO SCONTRO GRILLO-CONTE

Democrazia da baraccone: ci imporrà la sua visione

Il braccio di ferro in corso tra Grillo e Conte all’interno del Movimento 5 stelle mette a nudo lo stato comatoso della nostra democrazia: più una democrazia da baraccone che altro. Questa accozzaglia di improvvisati imporrà a tutti noi una visione sanitaria ed economica della ripartenza che, non avendone essi una propria, risponderà a chissà quali interessi.


Il braccio di ferro in corso tra Grillo e Conte all’interno del Movimento 5 stelle mette a nudo lo stato comatoso della nostra democrazia: più una democrazia da baraccone che altro. Le paginate, poi, che vi dedicano i grandi quotidiani nazionali come se si trattasse di vita o di morte per la politica confermano questa diagnosi dato che si tratta senz’altro di morte e per certificarla non servono certo le paginate di Monica Guerzoni.

Succede dunque che un gruppo di parlamentari – da 100 a 150 dicono gli analisti – farà qualcosa di nuovo: un nuovo partito o un nuovo gruppo si vedrà. Costoro erano stati eletti nelle liste del Movimento 5 stelle con un certo programma politico, valido o inconsistente che sia qui non giudichiamo. Durante la legislatura quei deputati erano talmente convinti della bontà politica della linea del partito da escluderne altri che invece dissentivano. Erano talmente legati alla coerenza del loro partito da governare prima con la Lega e poi col Pd che tanto affini non sono. Ora, quella stessa massa di eletti, esce dal partito di appartenenza e ne forma un altro per seguire Giuseppe Conte. Nasce così un nuovo partito in parlamento e non nel Paese, costituito da deputati e senatori che decidono di riconsiderare i motivi per cui essi sono lì in parlamento senza chiedere agli elettori cosa ne pensino. Per di più, costoro aderiranno ad un nuovo partito guidato dall’ex presidente Conte, che non è mai stato eletto e che era stato cooptato al potere da Grillo, ossia dalla parte del partito di origine a cui essi fino a ieri giuravano fedeltà assoluta e da cui ora si staccano. Non si tratta di democrazia da baraccone?

Dall’altra parte c’è Grillo che rifà votare sulla piattaforma Rousseau il popolo 5 stelle. Qui la storia sarebbe lunga e con la democrazia ha avuto poco a che fare in passato e ora ancor di più. La piattaforma Rousseau è di un privato – la Casaleggio e associati –, i suoi iscritti formano il popolo sovrano del Movimento, ma non si è mai capito come si faccia ad entrarvi (chi sono costoro? Se io volessi entrare nel Movimento e partecipare al voto cosa dovrei fare?), come del resto non si era mai capito perché Casaleggio-padre e poi Casaleggio-figlio partecipassero con Grillo e altri a riunioni politiche. Questo per il passato.

Nel presente si osserva che il Movimento aveva chiuso con la piattaforma Rousseau, pagando quanto doveva ancora pagare (dicono che la cosa costasse parecchio), ma ora Grillo ha ristabilito il contatto con Casaleggio e si faranno ancora lì le prossime votazioni, naturalmente a pagamento. Questa sarebbe democrazia? Una base di partito in cui non si sa come entrare, uno strumento deliberativo in mano a privati, esiti della consultazione dalla dubbia trasparenza, strumenti dismessi e poi riattivati per decisione di una sola persona… Che poi Conte lo aveva messo a palazzo Chigi proprio Grillo. Sul suo giudizio di incompetenza siamo d’accordo, ma lo aveva voluto lui.

Queste enormi lacune democratiche non vengono messe in luce dai commentatori ufficiali dei grandi quotidiani, tutti attenti a contare chi starà da una parte e chi dall’altra. Tutti attenti anche a valutare in funzione delle possibili mosse politiche. Il Corriere della Sera, per esempio, punta su Conte e demolisce sistematicamente Grillo. Perché? Perché spera che si possa creare un utile buon rapporto politico tra il nuovo partito ex grillino e il Pd di Letta, che senza queste sponde rimarrebbe isolato. La Verità, al contrario, parteggia per Grillo perché non vuole che l’aggancio con Letta prenda piede. Tutti valutano le cose dall’interno di questa democrazia, mentre la situazione evidenzia che si tratta di una democrazia da baraccone. Anche perché questa enorme massa di eletti nel Movimento 5 stelle, dovuta ad una allucinazione collettiva degli italiani alle ultime elezioni, enorme massa che fa gola a tutti proprio perché enorme, non corrisponde più alla realtà del Paese. È come una enorme panna montata sotto cui non c’è più la torta, che nel frattempo è stata mangiata.

Qualcuno osserverà che non è una novità. E infatti anche Renzi si è fatto il suo partito in questo modo, partito nato in Parlamento e costituito da un gruppo di parlamentari “amici” del capo. Qualche altro osserverà che i partiti con un padre-padrone sono ormai tanti e la cosa non fa più notizia. Ed è vero, dato che sia Forza Italia che Italia Viva che Il Movimento 5 stelle hanno un padre-padrone. Ma simili osservazioni non fanno che aggravare il problema, accertando che si tratta di un sistema e non di eccezioni. Si chiama democrazia ma non lo è.

Nel frattempo però accade che questa democrazia da fuoriusciti e transfughi eleggerà a breve il nuovo Presidente della Repubblica e quindi condizionerà enormemente i prossimi sette anni di tutti noi. Succede che nel frattempo approverà leggi come la Zan che stravolgerà la nostra vita personale e pubblica [apro una parentesi, secondo voi quanti di questi deputati indaffaratissimi a decidere se stare di-qua o di-là ha letto il testo del ddl Zan? Secondo me nessuno]. Succede, infine, che questa accozzaglia di improvvisati imporrà a tutti noi una visione sanitaria ed economica della ripartenza che, non avendone essi una propria, risponderà a chissà quali interessi.

Ma tutto ciò avviene nel rispetto della Costituzione – penserà qualche anima nobile e pura. Certamente. Ed è proprio questo il problema.

Stefano Fontana

https://lanuovabq.it/it/democrazia-da-baraccone-ci-imporra-la-sua-visione

GREEN PASS

UE, adesso è il traduttore che obbliga a vaccinarci

Il paragrafo 36 del Regolamento (UE) 2021/953 sul “Certificato Covid” stabilisce la necessità di «evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate» e, tra i possibili motivi, contempla anche chi non vuole ricevere il vaccino per libera scelta. Ma quest’ultimo punto manca nella traduzione in italiano (mentre c’è nelle versioni in inglese, francese, spagnolo, ecc.). Casualità o manomissione? Il problema risulta segnalato già da settimane al servizio traduzioni, ma nel relativo sito dell’UE è ancora presente. Singolare che un errore così madornale riguardi proprio lo Stato che ha decretato l’obbligatorietà vaccinale per un’ampia categoria di lavoratori, contravvenendo a una Risoluzione del COE.


Manomissione o singolare casualità: lo decida il lettore. Il fatto però è di quelli che dovrebbe far riflettere: cittadini italiani, governo e burocrati dell’Unione Europea.

Il 14 giugno scorso, come già riferito dalla Bussola, è stato approvato il Regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo sul cosiddetto “green pass”. Il sito Eur-Lex ne riporta il testo in 24 lingue. Il paragrafo 36 ha un’importanza particolare, in quanto prevede la necessità di «evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate». A titolo esemplificativo, si elencano una serie di ragioni che potrebbero orientare i cittadini europei a non avvalersi della vaccinazione, «per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate». Nel breve elenco delle esemplificazioni non figurano quanti non si vaccinano semplicemente perché non lo vogliono fare per svariate ragioni. Il punto è che questa categoria non risulta... solo nella traduzione italiana.

Se si dà una rapida occhiata alla versione inglese, si trova che dopo la menzione di quanti non hanno ancora avuto l’opportunità di vaccinarsi («because they have not yet had the opportunity»), seguono quelli che hanno scelto di non essere vaccinati («or chose not to be vaccinated»).

Il punto è che anche le altre traduzioni riportano la categoria divenuta fantasma nel testo in lingua italiana. La traduzione spagnola riporta: «o han decidido no vacunarse»; quella francese: «ou ne souhaitent pas le faire»; la tedesca: «oder weil sie sich gegen eine Impfung entschieden haben» e la portoghese: «ou porque optaram por não ser vacinadas». Meglio evitare di avventurarsi nella lingua ungherese, polacca o bulgara: è più che sufficiente constatare che nella lingua italiana non compare quanto presente negli altri testi.

L’on. Francesca Donato, membro del Parlamento Europeo per la Lega, ha “twittato” di aver fatto presente il problema «già settimane fa» al servizio traduzioni del Parlamento Europeo, di modo che possa essere corretto prima della pubblicazione in Gazzetta.

A noi risulta altresì che, in data 11 giugno, l’avvocato Giulio Marini aveva inviato una PEC alla dottoressa Paola Rizzotto, capodipartimento per la lingua italiana del Directorate-General for Translation della Commissione Europea (lo scambio è stato reso disponibile dall’avvocato Mauro Sandri, nel suo canale Telegram). Lo stesso giorno la Rizzotto fornisce risposta che «la decisione sulla pubblicazione di un’eventuale rettifica spetta ai servizi giuridici che prendono in considerazione vari aspetti, compreso il fatto che l’errore si trovi in un articolo o in un considerando come in questo caso». La contro-risposta dell’avvocato Marini non poteva non sottolineare che l’omissione riguarda un punto di non poco conto, come quello della libertà di vaccinazione. Una libertà protetta dalla recente Risoluzione 2361 del 27 gennaio 2021 del Consiglio d’Europa (COE) che al punto 7.3.1 richiede agli Stati proprio di assicurarsi «che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per farsi vaccinare, se non desiderano farlo»; e parimenti, al punto 7.3.2 viene fatto presente che occorre «garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, per possibili rischi per la salute o perché non vuole essere vaccinato».

L’omissione, nel momento in cui scriviamo, è però ancora lì, nel sito dell’Ufficio pubblicazione dell’UE relativo ai testi legislativi: si tratta di un ritardo o l’eventuale rettifica non è avvenuta perché l’errore è stato compiuto solamente in un “Considerando”? Che è come dire che questi vengono pagati per una traduzione creativa, purché la creatività venga esercitata in alcune sezioni del testo.

Difficile poi esimersi dal domandarsi come sia possibile che la traduzione di un Regolamento europeo, che sicuramente è stato rivisto da collaboratori del traduttore, possa contenere un errore così madornale. E che quell’errore si sia verificato proprio nella lingua di quello Stato che ha decretato per legge l’obbligatorietà vaccinale per un’ampia categoria di lavoratori, quali sono quelli del comparto sanità, determinando così già di fatto la messa in atto di una discriminazione. Quella discriminazione stigmatizzata dalla Risoluzione 2361.

Luisella Scrosati

https://lanuovabq.it/it/ue-adesso-e-il-traduttore-che-obbliga-a-vaccinarci

1 commento:

  1. Per conoscere i nostri nemici e ciò che hanno tramato contro di noi, cittadini e fedeli :
    https://gloria.tv/post/sm9SsotqN1pu3AsuBvYiYusJQ (gli uomini del potere, la loro campagna vaccinale, tamponi e tamponcini...)

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