ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 11 luglio 2013

LA FRATERNITA’ SAN PIO X ED ENZO BIANCHI.

 IL SANTONE PERDE L’ENNESIMA STUPENDA OCCASIONE PER STAR ZITTO  

«Quanto prima - lo sappiamo da buone fonti - si procederà da parte della Fraternità san Pio X a nuove ordinazioni episcopali». Il falso annuncio è di Enzo Bianchi, il monaco onnipresente sui mass media, che ha fatto del suo monastero di Bose il quartier generale della comunicazione tuttologa del modernismo più sfrenato, più ecumenico, più interreligioso; ha fatto della sua “cella monastica” l’Agenzia Stampa del cristianesimo progressista più “aperto”, più “aggiornato”, più “dialogante”…
Questa volta, per farsi scudo della menzogna pronunciata, dichiara di essere stato informato da «buone fonti»; ma quali sarebbero?
Ci dispiace per la sua Agenzia Stampa non attendibile, ma è che certo che non esiste nessun programma, «quanto prima», di nuovi vescovi da parte della FSSPX.
Punto due: Enzo Bianchi, non si sa a quale titolo e di chi si faccia portavoce, parla di una fantomatica «rottura definitiva tra chiesa cattolica e i seguaci di Marcel Lefebvre» e lo fa sull’a-cattolica testata «La Repubblica» dell’8 luglio 2013. Sostiene che «quasi in silenzio» e «senza che i media ne dessero notizia», esclusa l’ “ecumenica” «La Repubblica», si è consumata tale rottura. Bianchi mantiene il silenzio sulla crisi della Chiesa, sull’ignoranza religiosa delle persone, sul relativismo che egli, come molti altri, non solo abbraccia, ma diffonde, e tace sui frutti del Concilio Vaticano II. Dalla lettura dell’articolo si evince chiaramente che a turbare i suoi sonni sono essenzialmente due elementi, da qualsiasi parte essi arrivino, Fraternità San Pio X o non Fraternità, ovvero la critica al Vaticano II e la contrapposizione della Santa Messa tridentina con la Messa nuova.
Punto tre: l’autore non è storicamente informato, egli parla di «scisma», una maligna favola per coloro che posseggono l’idiosincrasia della rettitudine nella Fede, quella trasmessa dal Salvatore ai suoi Apostoli e che ha percorso i secoli, fino ad arrivare al confine delle moderne filosofie e moderne teologie. Siamo, perciò, di fronte ad un’altra menzogna. La FSSXP non si è mai divisa dalla Chiesa, che è l’unica ragione della sua esistenza e la ama così tanto da non volerla vedere profanare da nessun’idea contraria a sé stessa. Altra falsità: essa non trovò affatto «comprensione in Paolo VI che nel 1970 approvò la Fraternità sacerdotale di san Pio X sulla quale il cardinale Gagnon diede un giudizio elogiativo, soprattutto in merito alla formazione di nuovi preti che apparivano fin d'allora numerosi»; venne riconosciuta da Santa Madre Chiesa il 1° novembre 1970 attraverso il Vescovo di Friburgo, Monsignor Françoise Charrière, che approvò canonicamente gli Statuti.
Punto quattro: in questo articolo si parla del dolore della Chiesa causato dalla FSSPX, ma neanche un accenno a quello patito dalla Fraternità: da 43 anni i suoi sacerdoti soffrono per la Sposa di Cristo, che vorrebbero rifulgesse nella verità manifesta, che aspirano al Regno Sociale di Gesù Cristo, che patiscono indicibilmente per non poter celebrare nelle chiese diocesane; soffrono per vedere svilita la Fede, la Liturgia, la dottrina, il catechismo… soffrono per gli errori che “maestri” e “profeti” alla Enzo Bianchi seminano senza pudore e soffrono per le anime che si perdono.
Il Santo Padre Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) revocando, il 21 gennaio 2009, il decreto di scomunica latae sententiae ai quattro Vescovi consacrati nel 1988 dal Monsignore definito, a suo tempo, «ribelle». A distanza di 50 anni dal primo Concilio pastorale della storia, non c’è più soltanto la voce di Monsignor Lefebvre e dei suoi figli ad esaminare i problemi provocati da alcuni documenti del Concilio Vaticano II, ma anche quella di teologi, intellettuali, professori, storici, scrittori, giornalisti, che dimostrano, in maniera ormai acclarata, che l’ultimo Concilio ha creato dei problemi, e finché non saranno risolti la Fede cattolica non si risolleverà. Tuttavia anche al tempo della denuncia del Vescovo francese c’erano altri che reclamavano, e fra tutti vogliamo ricordare Don Divo Barsotti, vero monaco cattolico che dalla sua cella mistica visse con speranza i lavori conciliari, poi comprese e desolanti furono le sue amare conclusioni:
«La Chiesa da decenni parla di pace e non la può assicurare, non parla più dell’inferno e l’umanità vi affonda senza gorgoglio. Non si parla del peccato, non si denuncia l’errore. A che cosa si riduce il magistero? Mai la Chiesa ha parlato tanto come in questi ultimi anni, mai la sua parola è stata così priva di efficacia. “Nel mio nome scacceranno i demoni ...”. Com’è possibile scacciarli se non si crede più alla loro presenza? E i demoni hanno invaso la terra. La televisione, la droga, l’aborto, la menzogna e soprattutto la negazione di Dio: le tenebre sono discese sopra la terra. […]. Forse la crisi non sarà superata finché, in vera umiltà, i vescovi non vorranno riconoscere la presunzione che li ha ispirati e guidati in questi ultimi decenni e soprattutto nel Concilio e nel dopo-Concilio. Essi, certo, rimangono i “doctores fidei”, ma proprio questo è il loro peccato: non hanno voluto definire la verità, non hanno voluto condannare l’errore e hanno preteso di “rinnovare” la Chiesa quasi che il “loro” Concilio potesse essere il nuovo fondamento di tutto».
La “ribellione” della FSSPX non era poi così bizzarra… la caparbietà del suo fondatore non era affatto infantile: l’aspirazione era ed è quella di trasmettere il patrimonio che la Chiesa ha custodito e tramandato in quasi duemila anni di storia. La volontà era ed è quella di formare sacerdoti secondo i canoni della Tradizione. Ma Enzo Bianchi (e chi come lui) ha paura, perché la Tradizione è uno specchio che riflette l’immagine reale e non deformata di che cosa sia la verità cattolica.
Punto cinque: «Benedetto XVI ha scelto come interlocutore della chiesa cattolica il tradizionalismo, pecora perduta e uscita dall’ovile»: perduta? Uscita dall’ovile? Queste affermazioni non poggiano su alcun fondamento, né dottrinale, né teologico, né giuridico, né ecclesiologico. Benedetto XVI ha compiuto un percorso impegnativo: da teologo personale del Cardinale Frings al Concilio Vaticano II, dopo la rivoluzione culturale del 1968, ha compreso che la Chiesa si era fatta troppo progressista e aveva perso tesori lungo la strada della ribellione al passato. Nella sua autobiografia egli ha parole durissime contro la rivoluzione liturgica operata con il Novus Ordo preparato da monsignor Annibale Bugnini e approvato da Paolo VI. Ecco che arrivò il Motu proprio Summorum Pontificum del 2007 a liberalizzare la Messa di sempre, quella che crea tanti problemi ad Enzo Bianchi e a tanti vescovi. Il Vetus Ordo non era mai stato abrogato, eppure nessuno poteva più celebrarlo, chi lo faceva era considerato un reietto, uno “scismatico”, un “lefebvriano”…
Proprio Benedetto XVI, con il famoso discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005, aprì di fatto il dibattito sul Concilio Vaticano II, che ha prodotto, in questi otto anni, libri, articoli, conferenze che Enzo Bianchi non digerisce, ma dai quali nessuno può più prescindere, ecco che sente l’esigenza di esternare la sua preoccupazione.
Il Signore, a differenza di molti altri, non è certo insensibile ai sacerdoti della FSSPX, che per amor Suo e della sua Chiesa portano la divisa per manifestare visibilmente l’appartenenza a Lui, celebrano coram Deo, vivono di preghiera, di grande povertà, di rinunce, di sacrifici, di santificazione; non è certo indifferente a sacerdoti che ancora recitano ogni giorno il santo Rosario; leggono ancora il breviario; ancora stanno nel confessionale ad assolvere le anime; ancora fanno catechismo e guidano gli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola; ancora sostengono la famiglia numerosa e parlano di Dio, di Gesù, della Madonna, dei santi; ancora utilizzano un linguaggio cattolico e non liberale alla Ferrante Aporti, l’abate, sostenuto dalla Massoneria, che già nel XIX secolo toglieva dall’educazione alla gioventù dogmi e dottrina per trasformare il Cristianesimo in una religione del sentimento: alle sue lezioni, infatti, san Giovanni Bosco, che in un primo tempo vi andò come uditore, non ci mise più piede. Aporti, amico dei Protestanti, smetterà poi di celebrare la Santa Messa.
Punto sei: Bianchi afferma che la «riforma conciliare» è stata «ormai accolta e praticata in tutta la Chiesa, contestata da meno del 5 per mille dei fedeli cattolici». È dunque la quantità che fa la differenza? Non sarebbe di questa opinione san Vincenzo di Lèrins, il quale nel suoCommonitorium non ammette nessuna dottrina di nuovo conio, come è evidenziato in Tim 6, 20-21; ciò non per eliminare tutte le possibilità di progresso nella Fede, ma perché essa possa crescere (cap. XXIII) alla maniera del grano e della ghianda, a patto che sia nello stesso senso, «eodem sensu ac sententia». Errore e verità per san Vincenzo erano incompatibili, in primis l’errore di non contraddizione: se la Chiesa ha sempre sostenuto una certa dottrina perché bisognerebbe seguirne un’altra? Con il Vaticano II non si è più condannato nessun errore e «pastorale» ha significato, in molti casi, «adattamento politico» alle diverse circostanze e mondane esigenze. Il dialogo si è spesso trasformato in accomodamento ad oltranza; così, purtroppo, oggi esistono parroci che permettono preghiere musulmane in chiesa, oppure si fanno pellegrinaggi “cattolici”, fra le cui visite sono previste le moschee o, ancora, ci sono parroci che organizzano corsi di yoga…
Sant’Atanasio, sant’Ilario di Poitiers, sant’Eusebio di Vercelli non guardarono alla quantità dei cattolici, ma alla qualità della Fede; presero atto che l’Arianesimo era un’impostazione erronea che degenerava la Chiesa della Tradizione e la loro linea, dopo due secoli di confronti e scontri, di persecuzioni ed offese, vinse. Vinse perché la Verità è per sua natura destinata a trionfare e la Chiesa è, per sua natura, detentrice e custode della Verità portata dall’unico Salvatore, Gesù Cristo, Figlio di Dio. La religione cattolica è logica, coerente, ragionevole, tollerante, benigna, amorevole. Tornano alla mente le parole del grande teologo Réginald Garrigou-Lagrange: «La Chiesa è ferma nei principi perché crede, è duttile nelle applicazioni perché ama; i nemici della Chiesa sono duttili nei principi, perché non credono, e rigidi nelle applicazioni, perché non amano».
Punto sette: Bianchi parla di «magistero parallelo». Altro falso storico, non è mai esistito un magistero della FSSPX, il suo magistero è quello della Chiesa e laddove non riscontra più ciò che si è sempre detto e ciò che si è sempre indicato lo denuncia, senza ipocrisie, senza opportunismi, per il bene della stessa Chiesa e della salvezza delle anime. D’altrode la «Salus animarum» è il fine stesso della Chiesa.
Punto otto: l’autore dell’articolo de «La Repubblica», giacobina per antonomasia (Liberté, Égalité, Fraternité), sostiene che «l’ecumenismo richiede opera di unità sempre e con tutti», dunque non dovrebbe creare problemi la FSSPX. Invece è sempre una spina nel fianco, fin dalla sua nascita. Un piccolo gregge che è cresciuto e che continua ad evangelizzare non solo con i suoi priorati, ma con le sue missioni, le sue scuole, le sue università.
In molti speravano che con la scomparsa del Vescovo, che era stato Delegato Apostolico di tutta l’Africa Francofona per volontà di Pio XII, la sua creatura si sarebbe dispersa, dunque sarebbe stata decretata la fine di quell’avventura “balorda”, che aveva dato alla luce un «Seminario  selvaggio»… Un giorno Monsignor Lefebvre disse: «Se quest’opera è di Dio rimarrà, altrimenti si spegnerà». La FSSPX non solo vive, ma è in continuo e progressivo sviluppo, non solo è presente, ma sempre più sacerdoti, soprattutto giovani, si interessano, e con loro anche vescovi, sparsi nel mondo, vogliono approfondire e capire il messaggio di questa Fraternità internazionale,  di questa realtà coerente e non relativista. Di lei si sono interessati tutti i Sommi Pontefici e sotto il pontificato di Papa Ratzinger si sono tenuti importanti colloqui dottrinali con la Santa Sede. La Fraternità, dal canto suo, desidera stare vicino al Papa con la Santa Messa, nella preghiera e nell’apporto teologico, legato prevalentemente a san Tommaso d’Aquino e non a Karl Rahner, a Congar o de Lubac…, responsabili di fuorvianti pronunciamenti e di creative asserzioni che hanno portato molti uomini di Chiesa ad abbracciare il mondo, allontanandosi dal soprannaturale.
Punto nove: «Quello che invece è urgente è che nella chiesa cattolica non ci siano incertezze sul concilio e sulla riforma liturgica. Perché a causa dell’incertezza sovente la celebrazione eucaristica, che dev’essere luogo di comunione, è diventata in questi ultimi anni luogo di divisione e di contrapposizione nelle stesse comunità». Si è chiesto Enzo Bianchi perché queste incertezze resistono e persistono sul Concilio e sulla riforma liturgica? Si è chiesto perché la Santa Messa antica è causa di divisione e contrapposizione? Perché la FSSPX veniva perseguitata per questa Messa, che non è mai stata vietata, ma c’era chi faceva in modo che lo fosse? Perché essa dà tanto disturbo ed è così ostacolata e boicottata? Rispondere a queste domande significa rispondere ad un’altra domanda, regina di queste: che cosa significa avere Fede in senso oggettivo e non soggettivo?
Punto dieci: La dichiarazione letta dal Vescovo Monsignor Bernard Fellay il 27 giugno 2013, nel 25° delle consacrazioni episcopali, è semplicemente la constatazione che i problemi, purtroppo, all’interno della Chiesa, non si sono risolti e che l’amore per la Chiesa, da parte della FSSPX, continua ad essere forte e incorruttibile.
Bianchi sostiene che la divisione che provoca la Messa antica «è il grande peccato, questo è lo sfregio al sacramento della comunione della chiesa in Cristo». Eppure Cristo ha detto: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada!» (Matteo 10,34).
Sin dalla sua fondazione il Monastero di Bose promuove un intenso dialogo ecumenico fra le differenti chiese e denominazioni cristiane, per tale ragione nel programma ufficiale della comunità non c’è la Santa Messa, perché causa di divisione con i Protestanti, infatti è dominante l’incontro con la Parola. La Messa, alla presenza dei soli cattolici, viene celebrata soltanto due volte la settimana, compresa la domenica. Il rispetto umano, in questa realtà che crede di non commettere il «grande peccato», ha sorpassato di gran lunga il rispetto verso la Trinità.
di Cristina Siccardi


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.