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mercoledì 17 agosto 2011

Fratelli gemelli?



Cosa significa la “beatificazione” di Giovanni Paolo II per gli ebrei?
di Lisa Palmieri-Billig
Roma Vatican Insider, 16/08/2011
E’ difficile trovare un ebreo che pensi che Karol Wojtyla non sia stato un essere umano molto speciale, per non dire straordinario.
Quando gli è stato chiesto di commentare sulla beatificazione di Papa Wojtyla, il Rabbino David Rosen, Direttore delle Relazioni Interreligiose del Comitato Ebreo-Americano, ha dichiarato, “Sebbene la beatificazione sia una procedura cattolica con un proprio valore interno, essa è percepita come una dichiarazione morale riguardante la persona in questione e il suo passato. Tra le azioni più considerevoli e pubbliche del Beato Giovanni Paolo II ci sono stati i suoi contributi unici e storici alla riconciliazione cattolica/ebrea. In questo contesto il mondo ebraico ha celebrato la sua beatificazione con grande entusiasmo.”

La storica visita di Giovanni Paolo II alla maggiore Sinagoga di Roma e la sua amicizia, durata tutta la vita, con il Rabbino Capo Elio Toaff, la sua decisione di organizzare un Summit di leader religiosi per pregare per la pace ad Assisi, il suo intervento straordinario e personale nella disputa relativa al Convento Carmelitano di Auschwitz, la sua decisione di aprire rapporti diplomatici con Israele, il suo pellegrinaggio presso lo Stato Ebreo e il suo intenso, indimenticabile atto di penitenza e di preghiera presso il Muro del Pianto chiedendo perdono per il dolore causato dai “figli e figlie della Chiesa” ai “bambini di Abramo”, le sue innumerevoli visite alle comunità ebraiche durante i suoi viaggi – sono solo una piccola parte della lunga lista di atti svolti da Giovanni Paolo II per comunicare il suo impegno – e quello della Chiesa Cattolica – alla riconciliazione e ad un nuovo rapporto tra Cattolici ed Ebrei e tutte le altre religioni.
Il “Vatican Insider” ha contattato molti amici ebrei di tanti diversi background per ascoltare le loro reazioni alla recente beatificazione di Giovanni Paolo II.                                                                                                            
David Gerbi, uno psicologo ebreo-italiano junghiano di origini libiche, ha detto che sebbene per lui la beatificazione non abbia avuto alcun valore religioso – così come non ne ha per lui il pellegrinaggio musulmano alla Mecca – ritiene che il mondo ebraico sia stato profondamente commosso dai tanti atti conciliatori di Giovanni Paolo II, “in particolare la sua amicizia con l’ex-Rabbino Capo di Roma, Elio Toaff, che è stato una delle sole tre persone ricordate da Giovanni Paolo II nel suo testamento.”
Ariel Dumont, un giornalista francese che vive a Roma, conferma che la beatificazione non ha avuto un significato personale per lei, come ebrea, ma forse la cerimonia è stata anche utile a distrarre l’attenzione della gente dagli attuali problemi e scandali della Chiesa Cattolica. Anche lei fa le lodi di Giovanni Paolo II per essere stato un “maestro della comunicazione altamente carismatico”. Ritiene che il suo pontificato sia stato di “grande importanza politica. Ricordo i suoi occhi,” spiega, “la sua espressione quando l’ho visto durante la Giornata Mondiale dei Giovani – così calda e accattivante.”
Il Rabbino viennese Arthur Schneier, che ha ricevuto Giovanni Paolo II presso la sua sinagoga a New York nel 2008, mette in evidenza gli aspetti politici del papato di Wojtyla, riportando alla mente gli sforzi congiunti della Fondazione per l’Appello alla Coscienza di Schneier e del Vaticano nel loro lavoro per promuovere la libertà religiosa presso l’Unione Sovietica e l’Europa Orientale. “Giovanni Paolo II era molto sensibile alla sofferenza ebraica e dell’Olocausto e ha contribuito in maniera significativa alle relazioni cattoliche-ebree riconoscendo Israele, riconfermando le linee guida della “Nostra Aetate” e condannando l’anti-semitismo come un peccato contro Dio e l’umanità.”
Daria Nahum, che gestisce un negozio ebraico di libri vicino alla Sinagoga di Roma ricorda la sua partecipazione insieme a molti ebrei alla commemorazione per la beatificazione di Giovanni Paolo II presso l’Auditorium di Roma, dove il Rabbino Capo Riccardo Di Segni tenne un discorso per onorare la memoria del Papa.
“Al di là della sua beatificazione, per la quale non provo particolari emozioni, penso però che Giovanni Paolo II sia stato una persona eccezionale, indimenticabile ed illustre,” ha spiegato. Poi ha aggiunto, pensandoci ancora, “Forse se fossi cattolica, sarei turbata da tutto l’insabbiare, durante gli ultimi papati, degli scandali di pedofilia…”
Il Professor sa come Saban, un emigrato da Instanbul che ha prestato servizio come Presidente della Comunità Ebrea di Roma durante la visita storica di Giovanni Paolo II alla Sinagoga nel 1986, ha spiegato “il semplice fatto – l’immagine – della sua visita, l’abbraccio con il Rabbino Capo Toaff, ha frantumato l’antichissimo stereotipo degli ebrei come “maledetti” ed “intoccabili”. Giovanni Paolo II aveva grandissimo carisma. Mi ricordo bene come i giovani della Sinagoga siano stati conquistati dal suo sorriso e dal suo modo di parlare. Era molto sincero in merito al suo desiderio di migliorare le relazioni tra cattolici ed ebrei.”
Nonostante la beatificazione di Wojtyla non abbia un gran valore per gli ebrei, il loro desiderio di esprimere il loro apprezzamento e stima ha spinto moltissimi a partecipare alla cerimonia presso Piazza San Pietro, il primo maggio scorso. In particolare, Israele ha inviato una delagazione ufficiale accompagnata dall’Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, e guidata dal Ministro Yossi Peled, un superstite dell’Olocausto salvato da una famiglia cattolica belga. La delegazione includeva anche l’Ambasciatore Bahig Mansour, Direttore del Dipartimento degli Affari Interreligiosi di Israele.
Il Ministro Peled ha dichiarato che come superstite ha trovato la beatificazione di Giovanni Paolo II “particolarmente importante”.
“Quest’uomo”, ha detto, “nato in un periodo di anti-semitismo approvato pubblicamente, si è levato e ha apertamente sfidato coloro che volevano soggiogare lo spirito della razza umana…l’immagine del suo incontro con i suoi amici d’infanzia in Polonia e la sua preghiera presso il Muro del Pianto sono ancora fresche nella mia mente. La sua decisione di aprire relazioni diplomatiche con Israele tra le tante altre cose, ha fatto sì da dare inizio ad un nuovo rapporto tra cristiani ed ebrei. Probabilmente nessun altro sarebbe stato capace meglio di lui di rappresentare il vero spirito della Cristianità,” ha concluso.
Altri che hanno preso parte all’evento del primo maggio sono stati il Professor Marco Morselli, co-presidente dell’Associazione Amicizia Cristiana ed Ebrea di Roma, come rappresentante del Rabbino Capo Riccardo Di Segni, io stesso come collegamento della AJC con la Santa Sede e in rappresentanza del Rabbino Davide Rosen, il Direttore degli Affari Interreligiosi Internazionali della AJC; e il famoso direttore d’orchestra, Sir Gilbert Levine, un amico personale di Giovanni Paolo II.
“Sua Santità Giovanni Paolo II è stato il più generoso e carismatico mecenate che un artista possa immaginare”, ha detto Sir Gilbert. “Ho avuto il grande onore di creare e condurre molti concerti sotto la sua guida creativa e il suo impetus spirituale e il suo supporto, sia presso il Vaticano che in grandi città del mondo, per più di 17 anni. Con l’intento di fare concerti per avvicinare tra loro le diverse religioni del mondo in pace ed armonia, i più significativi sono stati nel 1994 il suo Concerto Papale per Commemorare l’Olocausto e nel 2004 il Concerto Papale per la Riconciliazione.”
Lui, Sir Gilbert Levine, e Papa Wojtyla, ricorda, “abbiamo pregato insieme, parlato insieme, sorriso insieme mentre lui mi insegnava sul mondo più di quanto avrei mai potuto sperare di imparare, approfondento la mia fede Ebraica allo stesso tempo. Un rapporto che continua a nobilitare la mia arte immensamente anche ora.”
La storia di questa amicizia davvero unica può essere scoperta leggendo il libro autobiografico del direttore d’orchestra “Il Maestro del Papa.” Giovanni Paolo II ha avuto altri cari amici ebrei, come il suo amico d’infanzia Jerzy Kluger che vive a Roma e lo andava a trovare regolarmente.
Ancora oggi il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, ricorda, c’era un “sentimento speciale” tra il Papa e l’ex-Rabbino Capo di Roma, Elio Toaff, che gli ha dato il benvenuto alla Sinagoga nel 1986. Toaff, che ha compiuto 96 anni il giorno della beatificazione di Karol Wojtyla, ha pubblicato parole molto lusinghiere nell’edizione del 3 maggio dell’ “Osservatore Romano.” 
“Il ricordo di Karol Woityla rimarrà indelebile nella memoria collettiva del popolo ebreo grazie al suo richiamo per la fratellanza e per lo spirito di tolleranza che estranea ogni violenza…l’eredità di Giovanni Paolo II rimane come una delle poche isole spirituale che garantisco la sopravvivenza e il progresso spirituale per l’umanità.”
Nella stessa edizione è comparso una altro tributo da parte del Rabbino Di Segni. Cominciando con la dichiarazione che “la Vista Ebraica deve necessariamente distinguere fra i valori umani dimostrati da questo Papa e qualunque considerazione teologica che ci può ancora separare,” ha aggiunto, “Giovanni Paolo II ha creato una rivoluzione, spezzando un muro di diffidenza nei confronti del mondo ebraico vecchio migliaia di anni. Ha comunicato un gran senso di solidarietà. La sua visita alla Sinagoga di Roma, a Israele, il suo dare inizio alle relazioni diplomatiche con lo Stato Ebraico, sono stati tutti passi fondamentali. Naturalmente, il processo di beatificazione è totalmente estraneo alla mentalità ebraica, ma dobbiamo ritenere questo grande giorno a Roma in onore di Giovanni Paolo II come un’importante manifestazione del sentimento religioso.”
Successivamente ha aggiunto, “Questo Papa è stato capace di spezzare il ghiaccio e oggi ci rendiamo tutti conto che il suo gesto ha cambiato l’atmosfera del nostro rapporto per sempre.”
Il Rabbino James Rudin, Consigliere Interreligioso Senior della AJC, ha commentato sulla beatificazione in un articolo per il “Religious News Service” con il totolo paradossale “Giovanni Paolo II, il Santo Ebraico.”
“Quando il Vaticano beatifica qualcuno e porta questa persona ad un solo passo dalla santità, di solito questo fattp desta poca attenzione tra gli ebrei perchè il processo è correttamente percepito come qualcosa di interno alla chiesa”, scrive il Rabbino Rudin, “ma la recente beatificazione – e la probabile canonizzazione – di Papa Giovanni Paolo II è diversa. La comunità ebraica ricorda il polacco Karol Wojtyla come il migliore Papa che gli ebrei abbiano mai avuto. Mano a mano che procede nel percorso verso la santità, gli ebrei sono tra coloro che lo supportano con grande entusiasmo.”
“La tragedia dell’Olocausto e un buonissimo rapporto con gli ebrei erano impressi nel cuore e nella mente del Papa,” Rudin continua. “Durante i 27 anni di pontificato, le azioni positive di Giovanni Paolo gli hanno garantito un posto d’onore nella storia ebraica.”
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