Nonostante tutto, l’elettorato italiano continua a essere saldamente bipolare. Lo confermano le indagini dell’IPSOS di Nando Pagnoncelli, condotte su un amplissimo campione di cittadini e presentate due giorni fa a Roma alla Fondazione Achille Grandi.
La prova è che è aumentato grandemente negli ultimi tempi lo scontento nei confronti dei partiti. Ma tale scontento non premia affatto il cosiddetto terzo polo, centrista, che nelle intenzioni di voto resta inchiodato sotto il 10 per cento. Semplicemente fa crescere il numero di chi si estrania dal voto.
Eppure, a dispetto di questo incrollabile sentimento bipolare dell’elettorato, le manovre per creare al centro dello schieramento una nuova terza forza cattolica “aperta ai laici” proseguono febbrili. E sono uscite in questi stessi giorni platealmente allo scoperto.
Come già a Todi, nella cabina di comando di questa manovra ci sono il neoministro Andrea Riccardi e il “Corriere della Sera”.
È stato infatti il giornale diretto da Ferruccio de Bortoli a scoperchiare la pentola, il 14 dicembre, con un articolo del suo cronista politico Roberto Zuccolini, militante d’antica data della Comunità di Sant’Egidio di cui Riccardi è il fondatore.
Il primo stadio del nuovo soggetto politico sarà lanciato a Napoli in gennaio con un manifesto dal titolo: “Iniziativa per l’Italia”. Ne hanno fissata l’agenda, in una riunione del 13 dicembre in un istituto religioso di Roma, i leader dell’UDC Pierferdinando Casini e Lorenzo Cesa, l’ex popolare del PD Giuseppe Fioroni, il segretario della CISL Raffaele Bonanni, che appartiene al Cammino neocatecumenale, altri quadri cattolico-sociali reduci da Todi e, naturalmente, il vero “federatore” dell’operazione, Riccardi.
Il quale, intervistato da Zuccolini, ha insistito sull’apporto congiunto di “guelfi e ghibellini” al nuovo soggetto politico.
Il segretario dell’UDC Cesa è entrato ancor più nei dettagli. Al suo partito, ha detto, si sommeranno “parti del PdL e del PD, figure come Pisanu, Fitto, Frattini, ma anche esponenti laici che fanno parte dell’attuale governo”. Il pensiero va dritto a Corrado Passera, un altro dei protagonisti di Todi.
A Todi c’era anche un altro neoministro cattolico dell’attuale governo, Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università del Sacro Cuore. Ma di lui gli artefici della manovra non parlano mai. Per loro è un corpo estraneo. Troppo “ruiniano”.
E infatti, Ornaghi è stato l’unico esponente cattolico che la conferenza episcopale italiana – nella quale la linea “super partes” del cardinale Camillo Ruini continua a valere – abbia sostenuto come candidato a ministro dell’attuale governo.
Riccardi no. La sua aureola di rappresentante numero uno della Chiesa nel governo Monti è abusiva. Né il cardinale Angelo Bagnasco per la conferenza episcopale, né il cardinale Tarcisio Bertone per il Vaticano hanno mosso un dito perché fosse nominato ministro. Ad agitarsi a favore della sua nomina è stato solo il vescovo della Comunità di Sant’Egidio, Vincenzo Paglia. Che poteva anche risparmiare lo sforzo, perché già bastava allo scopo il legame diretto che Riccardi aveva stabilito da tempo con il capo dello stato Giorgio Napolitano.
Sicuramente, il cardinale Bagnasco e la conferenza episcopale non hanno nessuna intenzione di farsi imprigionare entro i confini di una nuova forza politica come quella in cantiere.
Il loro guaio è che il quotidiano “Avvenire” – di proprietà della CEI e quindi letto da tutti come espressione della linea dei vescovi, in realtà diretto da Marco Tarquinio con un’autonomia di cui va fiero – sembra invece dar credito e sostegno all’operazione di Todi e ai suoi sviluppi.
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