Vecchio cinema parrocchiale
Entrare nel vecchio cinema parrocchiale da tempo trasformato in orribile "sala polivalente" e venire colto dalla nostalgia struggente di quella scaletta con i muri tappezzati di locandine che facevano sognare (com'era bello, all'uscita, riguardarle "sapendo"), di quella vasta platea (mi pare di rivederli ancora Adriano, Marietto, Paolo e gli altri) dove ci entusiasmavamo per Steve Reeves o per Gordon Scott o per Marisol, gridando e agitandoci all'"arrivano i nostri" fino a suscitare l'intervento severo del gestore. Di quella galleria dove con la mamma e la nonna salivamo (pochi i presenti, tra quelli fissi l'amico farmacista, aperti sulla piazza i finestroni d'estate)il mercoledì sera per il film in bianco e nero (Stanlio e Ollio, "Il federale", "La vacca e il prigioniero"). Ora tutto freddo, asettico, sfacciatamente moderno. Il cinema ora la gente ce l'ha in casa, e lì va per sentire conferenze o assistere a spettacoli teatrali. Ma tutto è "rovesciato" (dove c'era lo schermo ora c'è la gradinata, l'oratore parla dov'erano una volta le ultime file e, cosa impensabile un tempo, rivolge per essere alla moda pretestuosi attacchi alla Chiesa del passato). O infanzia mia, come sei lontana! Sarò forse l'unico tra i presenti (voltandomi attorno non vedo volti noti) a ricordare quel cinema, quei nostri lontani pomeriggi quando non c'era la TV e tutto era così meravigliosamente semplice e naturale. "Eppur m'è dolce la ricordanza..."
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