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giovedì 26 gennaio 2012

Errori eucaristici e liturgici

Pane lieviato (prosfora) dal quale viene tratta
la parte da consacrare nella "Messa bizantina".
Esorto l'amabile lettore che s'avventura in questo blog ad avere pazienza: purtroppo non sempre si possono dire cose dolci e piacevoli. A volte è necessario segnalare errori e distorsioni, se non altro per mostrare che non tutto può essere uguale a tutto, non tutto può essere intercambiabile.

I nostri bisnonni non si facevano grossi problemi: avevano una fede semplice e serena. Mai avrebbero immaginato le "fantasie" dei tempi attuali. Una delle "fantasie" riguarda proprio l'Eucarestia. Oggi non ci rendiamo minimamente conto che certe affermazioni presentate come "moderne" sono totalmente eversive.

Prendo a titolo d'esempio alcune frasi catechistiche d'un esponente d'un movimento cattolico.

Queste frasi sono come malattie mortali che possono raggiungere ogni dove. Prima che il virus si diffonda ulteriormente è bene individuarlo ed analizzarlo.

1) "Il pane e il vino non sono fatti per essere esposti, perché vanno a male… sono fatti per essere mangiati e bevuti. “Io sempre dico ai Sacramentini, che hanno costruito un tabernacolo immenso: se Gesù Cristo avesse voluto lEucarestia per stare lì, si sarebbe fatto presente in una pietra che non va a male".

In questa frase si mescolano verità e falsità: è un dolce avvelenato.

Cristo istituendo l'eucarestia ha certamente comandato i suoi discepoli di nutrisi del pane e del vino eucaristico "in sua memoria". Il fine dell'Eucarestia è la comunione con Dio, da cui il semplice nome di "comunione", koinonia.
Colomba eucaristica: 
repositorio per il pane eucaristico (XIII sec., Francia).

La riserva eucaristica, invece, è un'antica pratica comune sia in Occidente sia in Oriente e prevede la conservazione di parte di quel pane nel caso in cui dovesse servire per la comunione ad un moribondo. 

In Occidente, attorno al XII secolo, reagendo a chi negava la presenza reale di Cristo nel pane e vino consacrati, si sviluppa spontaneamente l'adorazione del pane. Tale atteggiamento lo si nota anche anticamente quando il prete, dopo la consacrazione e l'epiclesi, s'inginocchia o s'inchina profondamente.


Momento di adorazione durante la consacrazione dei doni
nella Liturgia bizantina
Le adorazioni sono una specie d'estensione di quel momento della Messa, per contrastare l'eresia eucaristica.

Con la riforma tridentina, quale ulteriore reazione a Lutero e ai riformatori d'oltralpe, il Cattolicesimo enfatizza maggiormente  quest'aspetto che l'Oriente bizantino non ha mai troppo sottolineato. Da qui si spiegano i sontuosi apparati barocchi per l'adorazione eucaristica delle "40 ore", l'evoluzione degli ostensori e dei tabernacoli, la costituzione di confraternite per il SS.mo Sacramento, ecc.

Tutto quello che ad occhi luterani puo' apparire come uno squilibrio idolatrico (che però loro sostituiscono con la feticizzazione della Scrittura), ad occhi cattolici è una solenne insistenza sulla presenza reale di Cristo nel pane e vino consacrati.

Ora, questa stessa insistenza, comune sia in Oriente che in Occidente (seppure con modalità piuttosto diverse) implica un aspetto tradizionale molto importante: la materia del pane e del vino   non possono alterarsi come se non fossero consacrati.

Questo per un importante motivo:

se il pane diviene realmente "corpo e sangue" di Cristo non può  subire la legge della corruzione come ogni altra materia del mondo o, quanto meno, ne dev'essere particolarmente preservata. Se Cristo è realmente risorto dai morti, vincendo dunque la corruzione della sua materia corporea, perché il pane e vino eucaristici dovrebbero corrompersi come se non fossero stati consacrati?

  Pensare che la materia eucaristica si corrompa equivale a credere, come molti cattolici, che diviene veicolo di malattie qualora viene ricevuta direttamente sulla lingua (questo è uno dei pretestuosi motivi per cui essi insistono d'avere l'ostia in mano come se fossero ministri ordinati).

In Oriente, viceversa, il prete deposita direttamente in bocca  con un cucchiaio il pane eucaristico. Questo cucchiaio tocca le bocche di tutti. Dopo secoli di questa pratica, mai nessuno s'è ammalato.

Invece, credere che il Sacramento sia veicolo di malattie, che si corrompa o vada a male come un pane non consacrato significa dire che quello non è Sacramento. Se quel pane non è Corpo e Sangue di Cristo, quella Messa non è Messa.

Se quel pane resta pane (e quindi veicola malattie e va a male), allora la Chiesa dice falsità e non è Chiesa.

Ma se tutto ciò non è vero, allora chi ammette il contrario si sbaglia gravemente e, peggio!, proclama un grave errore, equivalente ad una bestemmia verso l'Eucarestia, ossia verso la presenza reale di Cristo nel pane e nel vino consacrati.

2) Nel cristianesimo non c'è tempio, né altare, né sacerdoti nel senso della religiosità naturale. “Non cè tempio nel senso di luogo sacrosanto, in cui si rende un culto sacro, la casa di Dio dove Egli abita … Il tempio nel cristianesimo siamo noi cristiani.
“Allo stesso modo nel cristianesimo non c'è altare, nel senso di pietra sacra cui nessuno si può avvicinare, né tanto meno toccare. Di questo, quelli di voi che avete vissuto il cristianesimo a livello di religiosità naturale, avete una piccola esperienza: quando andavate a Messa, vi mettevate dietro, e se ti capitava di essere vicino al tabernacolo sentivi un tuffo al cuore perché ti avvicinavi all'intoccabile, al luogo dove c'era il sacro.

Queste affermazioni hanno dell'inverosimile.


Sono un misto d'ignoranza e di cattiva fede. Purtroppo vanno per la maggiore tra i liturgisti cattolici e sono insegnate nei seminari diocesani con i risultati di sciatteria e menefreghismo liturgico che ovunque vediamo.


Per poterle analizzare bene si deve fare delle premesse essenziali.

Affresco rappresentante san Basilio mentre celebra.
Si noti l'atteggiamento di tirmore reverenziale
Affresco rappresentante san Basilio mentre celebra. 
Si noti l'atteggiamento di tirmore reverenziale
Nelle mistagogie patristiche, le catechesi liturgiche dei Padri della Chiesa, il singolo uomo non era sganciato dal mondo che lo circondava. Tutto il mondo era una specie di grande catechesi per l'uomo poiché, come dice la Scrittura, "il cosmo è opera delle mani divine". I Padri, però, sanno pure che l'uomo dev'essere educato e accompagnato a Dio, dal momento che puo' usare del creato e di se stesso in modo fuorviante.


Il senso di "sacro" e di "profano" adottato dai Padri e adombrato nella stessa Bibbia (quando si parla del culto nel tempio, ad esempio) ha questa funzione educativa.


Se è vero che tutto il mondo è interessato dall'azione santificante di Dio, è pure vero che il mondo, a causa della rivolta dell'uomo, soffre e diviene un luogo oscuro.


Quest' "oscurità cosmica" è ricollegabile al significato di "profano" quale opposizione alternativa al "sacro". Come il "sacro" è una dimensione spazio-temporale che si ritiene collegata a Dio, così il "profano" è una dimensione spazio-temporale che si vuole rivendicare come indipendente da Lui; è l'uomo che si ribella e proclama la sua totale autonomia.


Con la disobbedienza dell'uomo a Dio il creato stesso viene diviso e soffre per tale divisione.
Il tempo stesso comincia ad essere sentito come "profano", autonomo.


La Chiesa, invece, prendendo dai Padri la sapienza pedagogica già presente nella Bibbia, costituisce "tempi sacri" (nella liturgia) e "spazi sacri" (nel tempio) in modo da riportare l'uomo a Dio.


Lo spazio e il tempo sacro non servono a Dio (che di Suo è oltre ad ogni categoria umana) ma all'uomo e alla sua educazione. Nonostante ciò non sono delle realtà prive di contenuto.


Infatti, quando la Liturgia dice "Oggi è nato Cristo", vuole riportare realmente al momento della nascita del Salvatore, non si tratta d'un semplice ricordo nostalgico come si crede.


Quando la Liturgia dice "Questa è la casa di Dio", vuole realmente indicare una mistica ma reale connessione tra quel luogo e la profondità divina.


Ciò non significa che tutto lo spazio cosmico e il tempo mondano non sia di Dio. Ciò significa che per noi il tempio è irrinunciabilmente un luogo in cui l'appartenenza a Dio di tutto si manifesta, il tempio diviene trasparenza divina (se obbedisce a certi criteri).


Perciò il tempio è sacro. 
Ed è sacro anche perché rappresenta l'uomo e il cosmo santificato, chiama  l'uomo a santificarsi e a separarsi da quanto lo stacca da Dio per dedicarsi, "sacralizzarsi" nel Creatore.
Il tempio, dunque, rappresenta davvero la "Casa di Dio".

Un momento della dedicazione di una chiesa nel rito romano tradizionale. 
Se questo spazio non avesse una valenza sacra a nulla servirebbero questi riti antichi.
Per questo nei Mattutini monastici antichi si cantava: "La casa di Dio insegna la santità, in essa adoriamo il suo Sposo Cristo". Avrebbe potuto dire in tutto il cosmo, invece dice "in essa"! Sono termini che non possono essere contraddetti se non a prezzo di pesanti conseguenze.


Ecco perché il tempio cristiano ha avuto quasi subito una valenza speciale e simbolica: significava l'unione col Cielo. San Massimo il Confessore (VI sec.) ci mostra tutte queste cose. 


Il magnifico introito della Messa di dedicazione sintetizza quanto esposto dicendo:


"Questo luogo è terribile, questa è la casa di Dio e la Porta del Cielo e sarà chiamato aula di Dio".


Nel Medioevo il tempio era considerato come il cosmo della Gerusalemme celeste; la chiesa di pietra era vista quasi  come una creatura vivente. Basta osservare l'ammirazione e il timore che s'incutevano in chi visitava la più grande chiesa della Cristianità nell'Alto Medioevo: Santa Sofia di Costantinopoli.
Questo spiega perché lo spazio del tempio venga  "consacrato", l'altare del tempio venga "consacrato", quanto s'appoggia sull'altare ossia i vasi sacri (calice, patena e quant'altro) siano "consacrati", ecc.

Dedicazione della chiesa:
unzione con il sacro crisma sulle 12 croci perimetrali
Dedicazione della chiesa: 
unzione con il sacro crisma sulle 12 croci perimetrali
Questo spiega perché il presbiterio venga chiuso da transenne, balaustre, tende e, in Oriente, da alte iconostasi.
Questo spiega l'uso di veli, di guanti, di scarpe speciali (presso gli armeni e nella messa romano-germanica antica).


Ritenere quest'atteggiamento - che si è ripetuto per secoli ininterrottamente con pietà e profonda ammirazione - una "religiosità naturale" significa ignorare il significato dei simboli nelle mistagogie patristiche e tagliarsi alla radice da tutta la tradizione della Chiesa d'Oriente e d'Occidente.


E' quanto avviene, quanto si constata, inquell'orrido fantasma di Cristianesimo che si sta instaurando partendo dall'Occidente europeo e che, sinceramente, mi fa fremere d'orrore.


L'autore di queste frasi superficiali e assurde è stato da poco ulteriormente incoraggiato nientepopodimeno che dall'attuale papa cattolico, uomo conservatore ma non tradizionale.
Si tratta di Kiko Arguello, fondatore e promotore di un  movimento a carattere settario: i neocatecumenali.

La storia ci dimosterà quanto queste osservazioni siano vere.

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