ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 15 marzo 2012

Niente chiese ai cattolici, solo ai non-cattolici

L'apertura mentale del vescovo di Biella    
Il titolo introduce quello che accade esattamente a Biella.

I lettori ricorderanno che nel 2009 a Biella, tra tanti problemi, si celebrava la S. Messa tradizionale. Celebrazione contrastata e osteggiata dallo stesso celebrante,come scrivemmo allora. Di fatto era stato attuato un espediente che permetteva al vescovo di far finta di concedere la celebrazione allo scopo di poterla sopprimere subito dopo. A quel tempo fu tempestivamente informata la Commissione Ecclesia Dei, alla quale venne fornita una apposita documentazione, ma, evidentemente, la Commissione può fare ben poco a fronte della prepotenza dei vescovi. Ancora oggi a Biella non si celebra la S. Messa tradizionale, nonostante le reiterate richieste dei fedeli.

Nel frattempo, la chiesa di Sant’Anna, nella collina, e la chiesa della SS. Trinità, dietro la Cattedrale, sono state concesse agli Ortodossi, perché vi officino i loro riti.
L’altro giorno, un fedele ci ha informato che in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, 18-25 gennaio, il vescovo ha deciso di concedere l’uso del Battistero di Biella ai protestanti e agli ortodossi, con la seguente motivazione:
Il battistero di Biella è stato edificato da fedeli della Chiesa indivisa – prima dell’ anno 1054 in cui si consumò la separazione tra oriente e occidente cristiano – perciò è un’ iniziativa molto bella concedere a tutti quanti si vantano del nome di cristiani di poter celebrare il loro rito del battesimo nello stesso luogo, perché il Battesimo amministrato nel nome della Trinità è il fortissimo legame che unisce tutti i cristiani, indipendentemente dalla confessione di appartenenza”. 
Giustamente, il fedele in questione ricorda il richiamo di San Giovanni: «Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri.” (1Gv -2,19). Ma è noto che certi richiami del Nuovo Testamento non fanno parte del bagaglio religioso dei nuovi preti della nuova Chiesa conciliare.

Il 24 gennaio, quindi, nel corso di una manifestazione pubblica al Salone Don Minzoni, convocata col titolo: “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Il Battistero di Biella”, è stato sancito quest’atto di magnanime lungimiranza del vescovo: perché tutti possano amministrare il sacramento del Battesimo secondo il proprio rito.

Ora, non v’è dubbio che il battistero di Biella sia stato edificato dai cristiani prima del noto scisma del 1054, ma anche un bambino capisce che quei cristiani non esistono più, non solo perché sono morti tutti, ma perché del loro spirito di unità cattolica non è rimasto nulla, soprattutto nei tanti gruppi e gruppetti che continuano a rimanere separati dalla Chiesa per loro scelta e col convincimento che sia la Chiesa ad essere in errore, e non loro.
In nome di che cosa, quindi, il vescovo permette che i nemici della Chiesa cattolica compiano i loro riti in una chiesa cattolica?
In nome del Concilio Vaticano II, come ha ricordato nel corso di questa incredibile cerimonia un tale Guido Dotti, componente di quella altrettanto incredibile “Comunità di Bose” sita nella stessa provincia di Biella. Egli ha riletto quanto, al n° 3, afferma il decreto sull’ecumenismo “Unitatis redintegratio”.
«In questa Chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, condannate con gravi parole dall'Apostolo, ma nei secoli posteriori sono nate dissensioni più ampie, e comunità considerevoli si staccarono dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora per colpa di uomini di entrambe le parti». 
Ove si afferma che le scissioni dei tempi apostolici erano condannabili perché unilaterali e quindi ingiustificate, mentre le “più ampie dissensioni” successive non sono più condannabili, perché nate “per colpa di uomini di entrambe le parti”.
Un vecchio proverbio popolare ammonisce: “chi ha più sale condisca la minestra”, e quindi la Chiesa cattolica moderna, sapendo di avere più sale dei protestanti, riconosce per prima di avere sbagliato e offre ai protestanti il battistero per far loro amministrare il loro battesimo.
Questo perché, ovviamente, come dice “Unitatis redintegratio”, 
«Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede di Cristo in tali comunità, non possono essere accusati di peccato di separazione, e la Chiesa cattolica li circonda di fraterno rispetto e di amore».
Furono i loro padri a separarsi dalla Chiesa cattolica e a rompere la comunione voluta da Cristo, quindi oggi i figli non hanno nessuna colpa, nonostante continuino a persistere nella separazione e nella colpa dei loro padri.

Invero uno strano ragionamento, che trova il culmine della stranezza nella illogica conclusione che “la Chiesa cattolica li circonda di fraterno rispetto e amore”. Perché?
Perché, dice il decreto del Vaticano II, 
«Coloro infatti che credono in Cristo ed hanno ricevuto validamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica». 
Insomma. I nemici della Chiesa amministrerebbero validamente il battesimo nonostante non abbiano l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, e in forza di questa impossibilità “sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica”.
È difficilissimo riuscire a seguire un filo logico in questo ragionamento, ma anche a voler ammettere che ci sia della logica dove non c’è, è inevitabile chiedersi?
Perché allora, questi figli incolpevoli, non tornano nella Chiesa cattolica, visti anche il “fraterno rispetto e amore” con cui questa li circonda?
La risposta è una sola: perché pur nella loro supposta incolpevolezza intendono perseverare nella colpa dei loro padri, rinnovandola e perpetuandola.

Ed è in nome di questa perseveranza nell’errore e nella colpa che il decreto del Vaticano II afferma: 
«Nondimeno, giustificati nel battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani, e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti quali fratelli nel Signore». 
Come dire che i protestanti avrebbero la stessa fede dei cattolici e quindi, pur essendo protestanti, sarebbero come cattolici, così che i cattolici li riconoscerebbero come cattolici pur riconoscendoli come protestanti.
Un ragionamento talmente incredibile che porta allo scardinamento di ogni capacità di normale raziocinio e ad una totale confusione, fino al punto di permettere al vescovo di Biella di aprire le chiese cattoliche ai culti protestanti.

Il fedele che ci ha segnalato la cosa ha scritto al giornale diocesano per esprimere le sue perplessità e chiedere i necessari lumi. Dopo un certo silenzio e la sua insistenza, ecco giungere una risposta per mano dello stesso Guido Dotti, che è anche il delegato diocesano per l’ecumenismo e il dialogo.
«Gentile signor… la ricerca dell’unità dei cristiani è la risposta che i discepoli del Signore Gesù possono e devono dare alla preghiera di Gesù stesso nell’Ultima Cena quando, per ben tre volte, ha chiesto al Padre che tutti i suoi discepoli “siano una cosa sola” (Gv 17, 11, 21 e 22). Sono proprio tra le parole che Gesù, come dice lei, ha pronunciato una volta per tutte. Questo desiderio di unità non è quindi in contraddizione con la fede tramandataci dagli Apostoli attraverso il magistero della Chiesa, ma ne è parte integrante. E protestanti e ortodossi non appartengono a un’altra religione ma, come ricorda il Concilio – che è la massima autorità nella Chiesa cattolica – “sono giustificati nel Battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo, e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani”. Il gesto del Vescovo – che ha concesso di celebrare nel Battistero non chissà quali riti o culti strani, ma il sacramento del battesimo nel nome della Santa Trinità – ha voluto dare un segno che mostrasse quello che ancora il Concilio ricorda: i cristiani di altre confessioni “dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti quali fratelli nel Signore”».

La risposta è ovvia, ma le deduzioni e le conclusioni riportate sono infondate.
Incominciamo col passo di San Giovanni che è ormai divenuto un ritornello per tutte le occasioni, e riportiamolo per intero.
«
6 Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. 7 Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8 perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. 9 Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi».

In questi versetti il Signore Gesù precisa che sta raccomandando al Padre solo coloro che hanno accolto le sue parole, che sono le parole del Padre stesso.
«11 Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. 
12 Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. 13 Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia».

E il Signore Gesù continua ricordando che Egli ha custodito coloro che hanno creduto, che il Padre stesso Gli ha dato, e che nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione. E prega perché continuino a perseverare, perché non si perdano nonostante siano nel mondo, perché continuino ad essere una cosa sola, come una cosa sola sono il Padre e il Figlio.
E aggiunge:
«20 Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; 21 perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
 22 E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola».

Così che si conferma che la preghiera del Signore Gesù ha in vista solo coloro che continueranno ad rimanere una cosa sola, e proprio sapendo della possibilità che possa generarsi la separazione, Egli insiste nel chiedere al Padre che questo non accada, che continuino a rimanere una cosa sola, questi che il Padre Gli ha dato e quelli che crederanno in Lui per la parola di questi.
Questa preghiera corrisponde alla volontà del Signore Gesù che tutti i suoi discepoli rimangano una cosa sola con Lui e con il Padre, come una cosa sola sono Lui e il Padre. Divenuti cristiani, i credenti in Cristo e nel Padre non devono separarsi, se si separano non imitano il Signore Gesù, ma il figlio della perdizione, per il quale il Signore non prega: perché siano perfetti nell’unità, prega il Signore Gesù, non perché si separino e poi pratichino l’ecumenismo proprio perché si sono separati.

Questa preghiera di Gesù è tanto richiamata a giustificazione dell’ecumenismo moderno per quanto consista in una pesante condanna di esso. Col Vaticano II, oggi non si pratica il ritorno all’unità voluta da Gesù, il ritorno alla comunione con la Chiesa creata da Cristo, ma si pratica la giustificazione della separazione e l’incoraggiamento di essa.
Quando “Unitatis redintegratio” dichiara che: 
«Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede di Cristo in tali comunità, non possono essere accusati di peccato di separazione», 
afferma semplicemente che i cattolici e i protestanti non sarebbero separati, ma uniti nell’unica fede di Cristo, e quindi afferma che l’esistenza della Chiesa cattolica sarebbe un fattore trascurabile o quantomeno la medesima cosa dell’esistenza dei gruppi che si vogliono fuori da essa. La fede di Cristo farebbe sì che il far parte della Chiesa e il non farne parte sarebbe indifferente nei confronti di questa stessa fede. Fino all’assurdo che se lo scrivente decidesse domani di praticare la fede di Cristo a modo suo, al di fuori della Chiesa cattolica, questa lo riconoscerebbe “come fratello nel Signore” e lo circonderebbe “di fraterno rispetto e amore”.
C’è da chiedersi, allora, a cosa serva la Chiesa cattolica, se non a rilasciare patenti di “fratelli nel Signore” e a circondare di “fraterno rispetto e amore”, tutti quelli che nel mondo si richiamano a Cristo e nel suo nome fanno quello che pare a loro.

D’altronde, se così non fosse, non si capisce perché i separati persistano nella separazione, e soprattutto non si capisce perché debbano desiderare di unirsi pur rimanendo separati.
La verità è che tutto questo non ha niente a che vedere con la preghiera del Signore Gesù, ma si tratta di una mera invenzione del Vaticano II che stravolge questa stessa preghiera. In essa non v’è una parola che giustifichi la separazione e il perseguimento di un qualche accordo tra i separati, tale che, vista alla luce del Vaticano II, essa sarebbe errata.

Tornando alla illuminata decisione del vescovo di Biella, ci troviamo di fronte all’assurdo che le chiese della sua diocesi sono aperte, clamorosamente, ai “fratelli separati”, e chiuse, ermeticamente, ai “fratelli in comunione”. Tranne che non si voglia concludere che, mentre i “fratelli separati” debbano essere considerati “fratelli nel Signore”, come dice il Vaticano II, i “fratelli in comunione” debbano essere considerati come “nemici nel Signore”.
Perché? Semplice: i “fratelli separati” accettano il Vaticano II senza se e senza ma, mentre i supposti “nemici nel Signore” sono tali perché accettano il Vaticano II con tanti se e tanti ma, e questo è inammissibile per i nuovi preti della nuova Chiesa.
In effetti, a partire dal Vaticano II, il fattore dirimente per l’appartenenza, pratica o virtuale che sia, all’unica vera Chiesa di Cristo, alla Chiesa cattolica, non è più la fede di sempre, la fede degli Apostoli, la fede dei Padri, la Fede dei Santi, ma l’accettazione del Vaticano II senza riserva alcuna. Accettato il Vaticano II, si può anche rimanere fuori dalla Chiesa cattolica ed essere considerati da essa “fratelli nel Signore”, circondati da essa di “fraterno rispetto e amore”, avere in uso da essa le sue chiese per officiarvi i propri riti diversi da quelli della Chiesa cattolica.

Cari amici di Biella, che aspettate a separarvi dalla vostra diocesi e dal vostro vescovo… se davvero volete una chiesa in cui celebrare la S. Messa tradizionale?

Inconcepibile per un cattolico!… Già!

di Belvecchio http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV260_L%27apertura_mentale_del_vescovo_di_Biella.html

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