ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 14 aprile 2012

Del dovere di stato… ovvero… La soggiacenza al mondo della nuova Chiesa conciliare

Di Giacomo Fedele

Può la Chiesa soggiacere? Non può, per sua stessa natura.
La Chiesa non è di questo mondo e quindi nulla di questo mondo può veramente toccarla. Eppure la Chiesa, per la sua stessa destinazione, è in questo mondo e questo la pone nella necessità di vivere in relazione ad esso.
A seguito di Nostro Signore essa svolge la funzione di ricondurre il mondo a Dio attraverso la riconduzione a Dio di ogni uomo; il suo compito non è salvare il mondo, né tampoco tutti gli uomini, quanto condurre alla salvezza ogni uomo che abbandona la via dell’errore e si incammina sulla via della verità. Per far questo la Chiesa si prodiga per la santificazione di tutti gli uomini che si conducono secondo la retta volontà, offrendo loro i sacramenti e la grazia che essi veicolano, e assolve questa sua funzione all’interno del mondo, ma indipendentemente dal mondo, anzi, nonostante il mondo
Se il mondo e se gli uomini si conducono verso la perdizione eterna, la Chiesa non può far niente per rimediarvi, come non può far niente per impedire che ogni singolo uomo che si vuol perdere, si perda.

Pur agendo indipendentemente dal mondo, la Chiesa, per il fatto stesso di essere nel mondo, tiene sempre conto dello stato del mondo e dell’uomo, con un’aderenza e una consapevolezza derivate dal fatto che essa cammina con le gambe degli uomini, e degli uomini che vivono nel mondo in un certo tempo e in un dato spazio.
Così che la Chiesa non è avulsa dal mondo e vive le stesse tribolazioni del mondo, così come esse si presentano in base allo svolgimento del piano della Divina Provvidenza. Ed è questo stesso piano della Divina Provvidenza che porta ogni uomo che si è posto sulla via della verità, ogni singolo fedele, chierico o laico che sia, a svolgere uno specifico ruolo all’interno di questa Chiesa, ruolo che egli svolge compiendo il proprio dovere di stato, che non è un dovere ideale valido per ogni uomo, ma il dovere specifico di ognuno: il dovere di uomo o di donna, di genitore o di figlio, di persona pubblica o privata, di consacrato o di ordinato.
Dal semplice fedele al Papa, ognuno deve compiere il proprio dovere di stato usando i talenti che il Signore gli ha assegnato.

Ora, il primo dovere di stato, comune a tutti, è quello della creatura nei confronti del Creatore, dell’uomo nei confronti di Dio, così che nessuno può anteporre il dovere verso altro, al dovere nei confronti di Dio; anzi, il proprio specifico dovere, per poter essere assolto realmente e debitamente, deve prima soddisfare al dovere nei confronti di Dio. Il dovere di stato di ogni uomo, in tutta la sua specificità, si misura sempre in relazione al dovere nei confronti di Dio, che è il fondamento per l’assolvimento di tutti gli altri specifici doveri.

La diversità dei talenti genera oneri minori o maggiori, da cui deriva una gerarchia intrinseca ed estrinseca dei doveri di stato. Uno è il dovere del padre, altro è il dovere del figlio, uno è il dovere verso il prossimo, altro è il dovere verso il padre, uno è il dovere verso la società, altro è il dovere verso la propria famiglia. In un continuo crescendo: uno è il dovere del semplice fedele, altro è il dovere del Pastore, uno è il dovere verso il peccatore, altro è il dovere verso il fratello.
Da ciò deriva che il dovere di stato del chierico è più esigente di quello del laico, il dovere di stato del Pastore è più esigente di quello del chierico. Se un laico viene meno al suo dovere di stato, possono derivarne conseguenze per il suo prossimo, familiari e amici; se ad esso viene meno un chierico, possono derivarne conseguenze per intere famiglie o comunità; se viene meno un Pastore, possono derivarne conseguenze per l’intera società.

Orbene, da più di 40 anni, tanti Pastori continuano a fare mostra di preoccuparsi più del giudizio del mondo che del giudizio di Dio, così che vengono meno al loro dovere di stato per assolvere al dovere pubblico moderno di apparire “al passo con i tempi”. Come se la loro vocazione e la loro funzione fossero il frutto di una convenzione condominiale e non di una chiamata di Dio.
Tanti si ricorderanno di certi funerali pubblici, in pompa magna, con risonanza mondiale, officiati, per esempio, nel duomo di Milano, qualche anno fa, a favore di un noto pubblico peccatore, oppure della Comunione data in una chiesa gremita a Bari ad un altro pubblico peccatore, oppure dei funerali officiati al cospetto del mondo a L’Aquila il Venerdì Santo, oppure dell’ultimo funerale in Cattedrale a Bologna, sempre di un pubblico peccatore, tutti attuati direttamente o indirettamente da cardinali di Santa Romana Chiesa; ai quali si è aggiunto ultimamente un altro “eminente cardinale” che ha voluto un pubblico peccatore nel consiglio pastorale di una parrocchia, forse per insegnare ai giovani cattolici un nuovo catechismo, fondato sull’elogio del peccato mortale.

Uno scandalo!? Ancora più grave… un disastro!

Uno scandalo e un disastro che sono la punta dell’iceberg della colossale crisi in cui da 45 anni si dibatte la Chiesa, a partire dal Vaticano II. Il dovere di stato dei Pastori che viene meno di fronte all’esigenza di non dispiacere al mondo, di far piacere al mondo. Il dovere dei Pastori di aiutare i fedeli a salvare la propria anima, che cede il posto all’esigenza di far piacere a certi fedeli che hanno deliberatamente e pubblicamente abbandonato la via della verità, con la conseguenza nefasta di confondere tutti quei fedeli che persistono sulla retta via e di insegnare loro che la Chiesa considera i pubblici peccatori allo stesso modo che i buoni padri di famiglia.

Ora, se questo è l’atteggiamento pubblico della gerarchia attuale, come si fa a rendere credibile, per esempio, la lotta alla pedofilia o la condanna delle unioni omosessuali con relativo corollario adozionista?
Se un omosessuale che vive pubblicamente more uxorio la sua scelta peccaminosa, viene ricevuto in pompa magna in chiesa, come si può poi sostenere che il matrimonio tra omosessuali è contrario alla fede?
Il fedele comune che ha visto officiare il funerale ad un omosessuale, con tanto di partecipazione all’ambone dell’altro soggetto, o che si ritrova come responsabile parrocchiale un omosessuale con tanto di certificato di matrimonio (laico) con un altro “uomo”, cosa penserà mai dell’insegnamento dei suoi Pastori, dal prete al Papa? 
Come finirà col considerare tutti gli altri insegnamenti che gli vengono dalla Chiesa?
Lungo quale strada e con quale esempio potrà sforzarsi di realizzare la sua santificazione in vista della vita eterna?

Quando i Pastori vengono meno al loro dovere di stato è perché sono scivolati lungo una china che allontana da Dio e porta all’abisso, e lungo questa china, come in una valanga, il movimento discendente trascina con sé tutto ciò che incontra. Nel caso in specie, il venir meno dei Pastori trascina nell’abisso un numero enorme di anime. Nulla, nemmeno il comportamento deviato dei Pastori potrà condizionare la misericordia di Dio, e se i fedeli vengono indotti in errore dal comportamento dei Pastori, il loro errore diventa personale e la misericordia di Dio non annulla le colpe personali. La misericordia di Dio perdona i peccati dei quali ci si pente, non i peccati che si commettono seppure indotti da altri, convinti che non di peccato si tratti.

Si continua a sentire la domanda: dove andremo a finire?
Dio solo lo sa.
Ciò che sappiamo è che oggi più di ieri è indispensabile che noi si rimanga fermi agli insegnamenti di sempre della Chiesa Cattolica, respingendo ogni suggestione moderna, soprattutto se giunge dagli attuali uomini di Chiesa, e che ci si attenga al compimento del nostro dovere di stato, usando al meglio i talenti che il Signore ha voluto assegnarci.
Questo è quanto possiamo umanamente fare, questo è quanto dobbiamo fare. Al resto penserà la giustizia divina, col concorso delle nostre preghiere: per la nostra illuminazione personale e per il rinsavimento degli uomini di Chiesa in preda alle suggestioni del demonio.
Adiutórum nostrum in nómine Dómini
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV265_Del_dovere_di_stato.html

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