ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 12 aprile 2012

ROMA: 12 aprile 1947, la Vergine della Rivelazione


La situazione   

La guerra è finita da poco. La gente è come uscita da un incubo. Tutti cercano di rifarsi una vita. Dopo tante privazioni c'è la voglia di recuperare il tempo perduto senza andare troppo per il sottile. Si cerca di assimilare nuovi modelli morali e culturali estranei alla tradizione italiana. Superato il momento passionale delle vendette si sta imboccando la via della rivalsa. I giovani, superato il grande bagno di sangue, sono decisi a godersi la vita giorno per giorno. E si servono di mezzi leciti e illeciti.
L'immane tempesta ha lasciato segni indelebili non soltanto sulla pelle, ma anche nell'animo dell'uomo. Per dimenticare i morti e le rovine la gente ricorre a tutti i mezzi. “Chi vuol essere lieto sia...”. L'incertezza del futuro favorisce comportamenti non sempre ortodossi. Non si violano soltanto le leggi divine, ma anche quelle umane, comuni a tutti gli uomini che rispettano precise norme morali. La lotta politica è molto aspra. La contrapposizione tra i moderati, che vorrebbero mettere una pietra sugli orrori e le stragi causate dalla guerra, e i rivoluzionari, che teorizzano un bagno di sangue per lavare le colpe passate, è netta. Molto profondo è anche il solco tra cattolici e mangiapreti.
Sono ancora vive le polemiche suscitate dal sofferto referendum istituzionale. La repubblica ha prevalso sulla monarchia, ma le ombre sul risultato non sono ancora dissipate. Siamo alla vigilia della prima consultazione politica e si delinea uno scontro frontale tra le sinistre unite e i cattolici. Dal risultato di questa battaglia dipende l'avvenire del paese.
Il luogo  
Tra il centro storico che conserva i segni di una civiltà che fu imposta in tutto il mondo e la spiaggia dei poveri c'è la zona scelta dal regime per l'esposizione universale del 1942 rinviata per “impraticabilità di campo”. A causare l'impraticabilità è stata la guerra scatenata da feroci oppressori nel tentativo di esportare le loro folli ideologie con il libro e il moschetto. Per quella esposizione mai inaugurata erano stati sacrificati anche alcuni terreni appartenenti, a buon diritto, alla abbazia delle Tre Fontane.  
I monaci, infatti, li avevano bonificati. Il bosco di eucalipti e le grotte nelle cave di tufo erano divenuti una terra di peccato. Gli alberi erano stati piantati da un trappista austriaco, incaricato da Pio IX di riaprire la trappa delle Tre Fontane. Ancor prima della guerra c'erano state vivaci proteste dei religiosi per la situazione venutasi a creare nella zona. A proposito della grotta principale, l'abate dei trappisti usava espressioni molto forti definendola “porcaio” e “bordello”. La collina, subito dopo la “liberazione” è stata teatro di obbrobriose imprese dei soldati e soprattutto delle truppe di colore che avevano liberato Roma dall'oppressione  nazi-fascista.
Ma anche la malavita è annidata alle Tre Fontane sfruttando cavità e anfratti. Un porto franco per prostitute, delinquenti, sbandati.  Una roccaforte del male a due passi dal luogo del martirio dell'apostolo delle genti. Una valle di fango. Le miserie umane sembrano concentrarsi in questo lembo di terra.  
L'uomo  
Un fattorino dell'azienda tranviaria di Roma che crede di possedere il “verbo”. Uno di quei romani con poca cultura e tanta presunzione. Nato nel 1913 da genitori poveri e senza troppi scrupoli, trascorre una infanzia movimentata insieme con due fratelli e due sorelle. Bruno Cornacchiola, abbandonato a se stesso, vive sui marciapiedi e nelle più squallide aree della emarginazione di Roma. E' campione di turpiloquio e di prepotenza. Ha molti contatti anche con la malavita. Nel 1936 mette su famiglia. Ma poco dopo lascia tutto e tutti per andare a combattere in Spagna, naturalmente dalla parte dei progressisti. E' la goccia che fa traboccare il vaso.
Cornacchiola aderisce prima alla chiesa battista e poi a quella avventista. Torna a Roma nel 1939 quando sull'Europa si scatena la più grande tempesta di tutti i tempi. Si distingue per la propaganda contro la Chiesa cattolica, contro il Papa e contro i dogmi mariani. Per dare una carica politica alla sua azione aderisce a gruppi di estrema sinistra. Nella sua mente galoppano idee balorde. Vorrebbe passare alla storia con un gesto clamoroso: sogna di uccidere Pio XII che considera un traditore degli ideali cristiani e della povertà evangelica. A via Urbana apre un centro di propaganda protestante che viene frequentato da molti giovani provenienti, in massima parte, dal quartiere Tiburtino. Cornacchiola  si distingue per la sua faziosità manicheista. Anche in famiglia dà prova di intolleranza. A farne le spese è la moglie Iolanda. Il marito è pronto all'ira e spesso ricorre alle maniere forti.  
Le circostanze  
Per Bruno Cornacchiola il pomeriggio del 12 aprile 1947 è caratterizzato da uno spiacevole contrattempo. Decide di trascorrere qualche ora ad Ostia con i tre figli e va alla stazione Ostiense per prendere il tradizionale trenino. Ma arriva tardi. Imprecando cambia programma.  Non è il caso di attendere un'ora per salire sul prossimo convoglio.  E' meglio usare il “cavallo di San Francesco”. Il bosco delle Tre Fontane è a portata di mano. Oltre la basilica dedicata a San Paolo, in fondo al rettilineo della via Ostiense, si intravedono gli eucalipti che circondano la trappa.
Per un uomo di 34 anni, reduce dalle trincee spagnole, è come fumare una sigaretta. I figli lo seguono felici. E' come un gioco. In un baleno l'allegra comitiva approda alla nuova meta. La grotta scavata nel tufo gli ricorda non lontane “imprese”. Nelle pieghe della memoria cerca di trovare punti di riferimento ben precisi.  I tre bimbi si mettono a giocare a palla mentre il padre prepara  un intervento contro il dogma dell'Immacolata.
La giornata è stupenda. Isola, Carlo e Gianfranco rincorrono la palla che scivola giù per la scarpata. Il padre li tiene d'occhio. Vedendoli sgambettare sereni sui prati in fiore pensa alla figlia morta un anno prima ad undici medi, che ora riposa in un cimitero protestante. Mentre il tranviere seguita puntigliosamente a preparare la conferenza contro il dogma dell'Immacolata, proclamato da Pio IX, la palla scompare di nuovo. Stavolta è indispensabile il suo intervento.
A Gianfranco raccomanda di non muoversi. Carlo partecipa alle ricerche e Isola si mette a raccogliere fiori campestri per la mamma rimasta a casa.  Ogni tanto Bruno chiama il figlio più piccolo. Ad un certo punto Gianfranco non risponde e il padre, preoccupato, risale la china e si porta,  facendosi strada a stento tra la fitta vegetazione, verso la grotta. Trova il bimbo in ginocchio, con le mani giunte.
Cornacchiola chiama gli altri due figli e anch'essi cadono in preghiera di fronte ad una immaginaria “bella signora”. I ragazzi sembrano di sale. Hanno lo sguardo fisso verso l'oscurità della grotta. Isola, Carlo e Gianfranco sono cadaverici. Il padre è impaurito. Prima pensa a qualche maleficio, alle streghe, al diavolo o, da buon mangiapreti, a qualche sacerdote che ha ipnotizzato i bambini. Poi invoca il Signore. Nella grotta, a questo punto, la luce vince sulle tenebre e lentamente prende consistenza la figura della “bella signora”.  
La protagonista  
Un metro e sessantacinque, carnagione olivastra, capelli neri uniti sul capo, quasi completamente coperti da un mantello verde che scende fino ai piedi sopra una veste candida. I fianchi sono cinti da una fascia rosea. La “bella signora” è a piedi nudi su un blocco di tufo. Nella mano destra ha un libro con la copertina grigia. La sinistra poggia sul libro.  A terra un drappo nero ed una croce spezzata. La “bella signora” della grotta è di una bellezza insolita, tranquillizzante.  Sul volto i segni di una serena mestizia.
Dice di essere la “Vergine della rivelazione” e che il suo corpo non andò soggetto a corruzione spiegando che al momento del trapasso il suo figlio divino e gli angeli la portarono direttamente in cielo. Al termine, tenendo le mani al petto e sorridendo, fa un paio di passi in avanti, abbozza un inchino e lentamente si dilegua. Quasi una dissolvenza. Nella grotta piena di rifiuti di ogni genere resta un profumo soave che diventa più forte vicino al blocco di tufo dove la “dolce signora” s'era posata.   
Il messaggio  
La Vergine insiste molto sulla preghiera, specialmente sul rosario per i peccatori, gli increduli e per l'unità dei cristiani. E assicura grandi miracoli con la terra delle Tre Fontane per la conversione dei non credenti. A Cornacchiola preannuncia dure prove e persecuzioni invitandolo alla massima prudenza e al tempo stesso alla fermezza nella fede.  E gli affida un messaggio segreto per il Papa che il  6 maggio 1947 viene inviato al Sant'Offizio.
Parla lentamente, senza interruzioni scandendo le parole affinché rimangano scolpite nella mente del tranviere. Dice che ogni Ave Maria recitata con fede è una freccia d'oro che giunge al cuore di Gesù.  Ed ancora indica a Cornacchiola la chiave per confidare il suo segreto ad un sacerdote. Bruno è invitato a non perseguitarla più e ad entrare nel santo ovile, corte celeste in terra. La “bella signora” si intrattiene con il tranviere e i figli per un'ora e un quarto.  
Altre apparizioni  
E' ormai il tramonto del 12 aprile 1947. Cornacchiola, aiutato dai figli, pulisce la grotta ed incide su un pezzo di tufo, con la chiave di casa, la data dell'apparizione. Poi va a pregare nella chiesa dei trappisti. E' la figlia Isola a suggerirgli l'Ave Maria. A casa cerca di mantenere il segreto, ma la moglie si insospettisce notando un insolito profumo. Cerca di chiedere spiegazioni al marito che, stranamente, è molto cortese.
Bruno, prima di coricarsi si inginocchia con le lacrime agli occhi e chiede perdono per tutto il male che ha fatto alla consorte.  Poi il racconto dell'apparizione. Per 16 giorni Cornacchiola è alla caccia del sacerdote al quale deve confidare il prodigio ed affidare il messaggio segreto per il Papa. Lo trova il 28 aprile nella chiesa di Ognissanti, sull'Appia Nuova, retta dai religiosi di Don Orione. E' don Gilberto che battezza il figlio minore di Cornacchiola e il 6 maggio riceve l'abiura dalla setta protestante del tranviere e della moglie.
Quello stesso giorno la Vergine della rivelazione  appare una seconda volta a Cornacchiola. La terza apparizione avviene a due settimane di distanza, il 23 maggio, presente don Mario che recita il rosario con Bruno. Il sacerdote avverte un dolce profumo, ha il cuore in gola e sente il sangue gelarsi nelle vene mentre l'amico, con un filo di voce, annuncia di vedere  la “madre bellissima e sorridente”.
La Vergine si fa vedere per l'ultima volta il 30 maggio chiedendo a Cornacchiola di recarsi dalle “dilette figlie” maestre pie Filippini per invitarle a pregare per gli increduli e l'incredulità della zona. Le suore hanno una scuola intitolata a San Giuseppe per i figli dei contadini  aperta nel 1917 vicino alla trappa.
Fonte: Santuario della Vergine della Rivelazione
(“Madonna delle Tre Fontane”)
Via Laurentina 450
Roma
Notizia del 12/04/2012 stampata dal sito web www.lucisullest.it



luca capozzi
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