ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 2 giugno 2012

Archiatri in Vaticano..


Pio XI fu assassinato dal padre di Claretta?

di Mauro Suttora
Dall’agenda dell’amante di Mussolini qualcuno ha strappato le pagine dal 5 al 12 febbraio del 1939, e il pontefice morì il 10. Sul tavolo del Papa era pronta l’enciclica contro l’antisemitismo.
Papa Pio XI morì veramente d’infarto, o fu ucciso? Qualcuno lo sospettò subito, dopo che all’alba del 10 febbraio 1939 Achille Ratti mancò all’improvviso. Certo, era un 82enne cardiopatico. Ma proprio il giorno seguente avrebbe dovuto pronunciare un discorso per il decennale del Concordato. E molti si aspettavano che avrebbe condannato le dittature nazista e fascista, dopo le roventi polemiche dei mesi precedenti sulle leggi razziali. La scomparsa del pontefice – che aveva sul tavolo di lavoro anche la bozza di un’enciclica contro l’antisemitismo poi accantonata dal successore, Pio XII – fu provvidenziale per entrambi i regimi.
Vent’anni dopo papa Giovanni XXIII fece pubblicare solo in parte la bozza di quel discorso, in cui Benito Mussolini e Adolf Hitler venivano paragonati a Nerone.
Nel 1972 il cardinale Eugène Tisserant, in un memoriale a lui attribuito, riguardo alla morte di Pio XI avrebbe affermato: «Lo hanno eliminato, lo hanno assassinato». E indicò anche la mano che, se non causò direttamente il decesso, almeno lo favorì o affrettò: quella del medico personale Francesco Saverio Petacci, padre dell’amante di Mussolini, Claretta. Ipotesi incredibile, ritenuta tuttavia plausibile dallo storico Piero Melograni, che ha studiato a fondo quel periodo: «Petacci era un personaggio ricattabile da parte del regime».
Si sperava che i diari di Claretta Petacci, sicuramente autentici e desecretati dall’Archivio centrale dello Stato settant’anni dopo la loro redazione, avrebbero gettato qualche luce in più sul mistero. Al contrario: dall’agenda 1939 qualcuno ha eliminato proprio le pagine su quei giorni di febbraio. Dopo avere controllato la copia originale, conservata negli uffici dell’Eur, abbiamo scoperto una settimana di buco: dal 5 al 12 febbraio. Dal diario sono state chiaramente sottratte una o più pagine. La prova? Claretta non scriveva tutti i giorni, ma quando lo faceva terminava sempre il racconto della giornata. Invece, come si può vedere, il foglio del 5 febbraio s’interrompe bruscamente, nel mezzo di una frase («Legge i biglietti e si inquieta per una cosa che segna. Poi dice: questi sanno…»). E riprende il 12 febbraio come se nulla fosse, con Mussolini che alle nove e tre quarti telefona a Claretta parlando della salma del papa che vuole andare a omaggiare a San Pietro: «Vado con mia moglie. È bene anche per il mondo che lo faccia. Ma non farò tardi». Quindi chi ha strappato i fogli ha lasciato involontariamente traccia della clamorosa manomissione.
Nei diari il duce parla di tutto con l’amante, anche di delicati argomenti politici. È sincero, si lascia andare come non fa neppure a casa propria. E lei riporta fedelmente, quasi maniacalmente, ogni sua frase. Nelle settimane precedenti il dittatore si era scagliato più volte contro Pio XI, definendolo addirittura «una calamità, nefasto per la religione: peggio di questo papa in questo periodo non poteva capitare [...] Tu non sai il male che fa alla Chiesa. Fa cose indegne. Come quella di dire che noi siamo simili ai semiti. Come, li abbiamo combattuti per secoli, li odiamo, e [ora] siamo come loro. Abbiamo lo stesso sangue! Ah! Credi, è nefasto» (8 ottobre ’38). E il giorno dopo, ancora più chiaro: «Porci ebrei, li ucciderò tutti». Anche Galeazzo Ciano nel suo diario scrive che Mussolini il 14 dicembre 1938 ebbe uno scatto d’ira contro il papa, di cui si augurò la morte.
Ma è possibile che Mussolini abbia fatto sopprimere Pio XI tramite il dottor Petacci? Quel che è quasi impossibile è che nei diari di Claretta non si accenni mai alla vicenda. Soprattutto dati il ruolo di archiatra pontificio ricoperto dal padre e la familiarità che si era instaurata con Mussolini, al quale a sua volta Claretta raccontava le proprie vicende domestiche. Il duce s’interessava a Petacci, lo faceva scrivere sul Messaggero, voleva nominarlo senatore.
Un misterioso colpevole. L’eliminazione delle pagine scottanti è quindi sicura. Difficile, invece, stabilire quando avvenne: prima che Claretta in fuga dal lago di Garda nell’aprile ’45 consegnasse i diari all’amica contessa Rina Cervis? O dopo che furono ritrovati dai carabinieri, cinque anni più tardi, sotterrati nel giardino della contessa a Gardone (Brescia)?
E chi li purgò dei fogli ritenuti imbarazzanti? Claretta stessa, oppure le autorità italiane, oppure i servizi segreti alleati (americano, inglese), ai quali erano stati fatti leggere prima di seppellirli di nuovo per sette decenni nell’Archivio romano in nome della privacy? L’unico e ultimo erede Petacci è il 70enne Ferdinando, figlio di Marcello (il fratello di Claretta ucciso a Dongo). Vive in Arizona e difende la memoria del nonno: «Perché avrebbe dovuto uccidere un amico che curava da quand’era cardinale, e che per lui era una gallina dalle uova d’oro, la massima referenza? Per fare un favore a Mussolini?».
Corriere Sette, 17 maggio 2012

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