Ettore
Gotti Tedeschi, dopo quella del direttore di Avvenire Marco Tarquinio,
riceve la solidarietà di diversi personaggi del mondo dell'economia e
della finanza, come Carlo Castellano, consigliere di Banca d'Italia, o
Maurizio Lauri di Unicredit che si schierano con lui perché "mai nella
storia recente il responsabile di un'istituzione è stato allontanato dal
suo incarico con tanta brutalità".
Insomma l'uscita di scena di Gotti Tedeschi, ratificata dalla commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior, non cancella le tensioni nelle finanze vaticane.
All’ingresso nella «white list»,
consigliato soprattutto dall’allora ministro Tremonti e dal suo
consigliere Gotti Tedeschi, si oppongono le ragioni di quanti temono che
ne verrebbe limitata l’operatività dello Ior. Dunque da una parte
Bertone (con il suo controllo sulla troika economica d'Oltretevere),
dall'altra Nicora e Tauran. Le due fazioni si fronteggiano nella
gestione delle finanze vaticane: uno scontro che ha avuto Gotti Tedeschi
come vittima illustre. "Il tema della natura giuridica dello Ior pone
un interrogato fondamentale: si tratta di una banca o di uno strumento
slegato da regole di intervento economico-finanziario?", osserva
Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato
all’Università degli Studi di Perugia: "La destituzione di Ettore Gotti
Tedeschi, al di là di dinamiche interne proprie di quel livello di
confronto politico-economico, mettono in luce che l’obiettivo di
Benedetto XVI di utilizzare l’Autorità di informazione finanziaria (AIF)
per contrastare gli illeciti finanziari". Cioè quell’autorità
costituita il 30 dicembre 2010 con il Motu proprio “per la prevenzione
ed il contrasto delle attività illegali in campo finanziario e
monetario”. Ma, evidenzia il professor Clementi, ora si trova davanti a
"una dura realtà di fatto".Insomma l'uscita di scena di Gotti Tedeschi, ratificata dalla commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior, non cancella le tensioni nelle finanze vaticane.
Quindi "se lo Ior vuole essere realmente una banca, allora i criteri di trasparenza e di rispetto della normativa internazionale non sono più eludibili né, come si vede appunto, superabili e tollerabili in considerazione di ragioni superiori". Se non lo è ("e queste in fondo paiono essere le reali intenzioni non del Papa appunto, ma di altri", precisa Clementi a Linkiesta.it) allora "bisogna aspettarsi che il sistema internazionale, bancario e finanziario, sia indisponibile a sostenere uno strumento di intervento economico-finanziario che pretende di giocare con regole diverse e autonome dalle generali regole del gioco". Non da ultimo, precisa Clementi, perché "mentre hanno una destinazione chiara, in genere, i fondi dello Ior (“la carità del Papa”) pare non abbiano molto interesse, per coloro che operano nell'Istituto, da chi e come questi fondi vengano messi a disposizione". In molti obiettano che il Papa non ha bisogno di una Banca. Gli scandali da Marcincus al caso Calvi sono lì a ricordarcelo. "Eppure grazie allo Ior, come è noto, ad esempio, Solidarnosc ha ricevuto quei fondi che sono stati decisivi per combattere il comunismo e oggi quei fondi servono, in molti altre realtà, a tener viva la Chiesa del silenzio", risponde Clementi: "Ma il nodo giuridico che oggi gli organismi internazionali pongono di fronte alla Chiesa è sempre più chiaro: o la Chiesa decide di essere dentro quelle regole, o sceglie di pagarne il prezzo". A ciò si aggiunge il fatto che "rende assai difficile per i soggetti economici operare con lei, a meno di non commettere illeciti interni, comunitari o internazionali". Quindi Gotti Tedeschi potrebbe aver visto lungo.
All'analisi si affianca la cronaca di quanto accaduto allo Ior:
Bertone vince (per ora) la "guerra" nella banca papale. Il cardinale piemontese incassa la ratifica della destituzione di Ettore Gotti Tedeschi, l'ex presidente dello Ior con il quale era entrato in rotta di collisione sul salvataggio dell'ospedale San Raffaele. Due riunioni in una settima sono servite alla commissione cardinalizia di vigilanza per ufficializzare l'uscita di scena di Gotti, ma non sono bastate per pacificare la "cassaforte di Dio". I porporati di Curia Attilio Nicora e Jean-Louis Tauran contestano, infatti, la gestione delle "sacre finanze" da parte del segretario di Stato, Tarcisio Bertone che ha chiamato nel 2009 e ora defenestrato Gotti e ha piazzato cardinali della sua cordata alla guida dei dicasteri economici della Santa Sede (Calcagno all'Apsa, Versaldi alla Prefettura Affari economici, Bertello al Governatorato). La vittoria di Bertone sui "dissidenti" in commissione potrebbe essere temporanea se Nicora e Tauran riusciranno a determinare l'elezione del nuovo presidente. I nomi in corsa sono di primo piano (Tietmeyer, Bazoli, Fazio, Mussari). Bertone preferirebbe Anderson, Marocco (già nel cda dello Ior) oppure Geronzi. L'incarico "ad interim" al tedesco Schmitz è una tappa intermedia verso la scelta di un "un nuovo ed eccellente presidente che aiuterà a ripristinare efficaci ed ampie relazioni fra l’Istituto e la comunità finanziaria, basate sul mutuo rispetto di standards bancari internazionalmente accettati”, è la versione ufficiale nei Sacri Palazzi. "L'adeguamento alla trasparenza prosegue senza intoppi", assicura a "La Stampa" un banchiere vicino a Bertone. Intanto però in Vaticano affiorano dubbi sulle effettive possibilità e opportunità di entrare nella «white list» dei paesi virtuosi. Un prelato esperto di finanza ha fatto presente in Curia che l’adeguamento alle norme internazionali anti-riciclaggio impedirebbe alla «cassaforte del Papa» di movimentare con la tradizionale riservatezza le risorse di episcopati perseguitati in regimi totalitari e di incamerare i fondi che da sempre affluiscono da quanti vogliono o debbono conservare l’anonimato. All’ingresso nella «white list», consigliato soprattutto dall’allora ministro Tremonti e dal suo consigliere Gotti Tedeschi, si oppongono le ragioni di quanti temono che ne verrebbe limitata l’operatività dello Ior. Dunque da una parte Bertone (con il suo controllo sulla troika economica d'Oltretevere), dall'altra Nicora e Tauran. Le due fazioni si fronteggiano nella gestione delle finanze vaticane: uno scontro che ha avuto Gotti Tedeschi come vittima illustre. Da una parte coloro che ritengono che la trasparenza, la necessità di adeguarsi agli standard internazionali per entrare nel club dei più virtuosi, sia per il Vaticano un obbligo da non disattendere; dall’altra quella di coloro che ritengono (Bertone,Toppo e Scherer tra questi) che questa stessa linea sia sì da perseguire ma con moderazione, avendo ben presente che il Vaticano ha una sua specificità che lo rende non del tutto paragonabile agli altri stati sovrani. intanto la Commissione cardinalizia di vigilanza, l'organo cui spetta il potere di nomina e revoca del presidente, ha "preso atto" della decisione del "board" dell'Istituto (formato da laici) di votare la sfiducia e "ha comunicato per iscritto" a Gotti Tedeschi che le funzioni di presidenza passano "ad interim" a Ronaldo Hermann Schmitz, essendo il vice presidente, come da statuto. "Non c'é nessuna divisione all'interno della Commissione cardinalizia", getta acqua sul fuoco delle polemiche il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. La comunicazione per iscritto a Gotti Tedeschi equivale alla "ratifica" della sfiducia votata all'unanimità dal "board" dei laici. Decisione che è maturata per diversi inadempimenti addebitati a Gotti oltre che per l'accusa mossagli di non aver affatto traghettato l'istituto verso una maggior trasparenza come voleva il suo mandato. La commissione cardinalizia ha "desiderato prendere contatto" con Gotti Tedeschi "per cortesia non per incertezza" e "per concludere il rapporto", anche per quanto riguarda gli aspetti economici, e con la speranza che "si ristabilisca un clima di correttezza anche nell'ambito della comunicazione", puntualizza Lombardi. Però Gotti , dopo quella del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, riceve la solidarietà di diversi personaggi del mondo dell'economia e della finanza, come Carlo Castellano, consigliere di Banca d'Italia, o Maurizio Lauri di Unicredit che si schierano con lui perché "mai nella storia recente il responsabile di un'istituzione è stato allontanato dal suo incarico con tanta brutalità".
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