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sabato 9 giugno 2012

Usa, i francescani dalla parte delle suore

francescani negli Stati Uniti
FRANCESCANI NEGLI STATI UNITI


In una Lettera aperta a Roma i Frati Minori chiedono anche il rispetto delle regole

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVAROMA
C’è chi ha parlato di “boomerang”, ma certo siamo solo alle prime battute. Le reazioni alla messa sotto inchiesta da parte del Vaticano della LCWR, l’organizzazione che rappresenta la stragrande maggioranza delle suore americane, non accennano a diminuire. Dopo lettere, manifestazioni – come quella della settimana scorsa a Washington dove il nunzio apostolico, Viganò ha aperto le porte dell’ambasciata vaticana – dopo prese di posizione di personaggi della cultura, giornalisti, singoli religiosi, come il gesuita James Martin, è la volta di un’intera provincia religiosa, quella dei Frati Minori degli Stati Uniti che hanno inviato a Roma una Lettera aperta datata 31 maggio, che ora sta facendo il giro dei media statunitensi e non solo.


Che si tratti di un documento autorevole lo conferma il fatto che è firmata dai responsabili di tutte le 7 Province americane e che americano è stato anche un ministro generale – finora l’unico nella storia dell’Ordine fondato da san Francesco d’Assisi – padre John Vaughn della provincia di Santa Barbara (che comprende tutti gli stati dell’Ovest del Paese), che è stato quindi residente a Roma dal 1985 al 1991.

Esprimono “grande preoccupazione” i religiosi Francescani – che iniziano la Lettera con “Noi, leadership dei Frati Minori degli Stati Uniti – in merito alla prevista “valutazione dottrinale” nei confronti delle Religiose americane da parte della Congregazione vaticana (guidata da un altro americano, il cardinale William Levada), che, a loro avviso, potrebbe “inavvertitamente alimentare un clima di divisione e confusione”.

“Scriviamo anche per esprimere solidarietà a voi Suore e sostenervi in questo momento molto difficile. Come voi, ci sforziamo in tutto ciò che facciamo di costruire il popolo di Dio”.

“E’ incontestabile che Dio è stato, e continua ad essere rivelato, anche attraverso la testimonianza delle religiose degli Stati Uniti”, come del resto è stato riconosciuto nel preambolo della nota vaticana che annunciava la messasotto inchiesta delle suore. Scuole, ospedali, istituzioni a sostegno dei poveri sono stati fondati e tuttora gestiti da istituti religiosi sia maschili che femminili, ma questo non è l’unico servizio di quanti hanno optato per i consigli evangelici, scrivono i Frati.

“La fine del XX secolo e l'inizio dell’attuale hanno avuto momenti di grande importanza sociale, autentici  sconvolgimenti politici e culturali” (in USA il ricordo dell’11 settembre è ancora vivo e non occorre citarlo). “Tali cambiamenti ci impongono, in qualità di membri fedeli della Chiesa, di porci interrogativi che in un primo momento possono sembrare discutibili o addirittura fuori luogo, ma in realtà ci vengono richiesti proprio perché, in qualità di religiosi, noi possiamo vivere in modo autentico i carismi che abbiamo ricevuto, rispondendo anche ai "segni dei tempi. Come del resto ci viene indicato dal Decreto del Concilio sul Rinnovamento della vita religiosa e successivi documenti".

I Frati si dichiarano convinti che molte delle questioni che si trovano ad affrontare nell’attuale società siano delle sfide per rispondere meglio, e con fedeltà, al Vangelo, alla Chiesa e ai carismi dei Fondatori.

Confessano altresì di essere “preoccupati per il tono e l’orientamento della valutazione dottrinale” che definiscono “eccessivi”. La preoccupazione è che lo sforzo delle suore per un confronto onesto possa sfociare in un mero controllo da parte della Chiesa che alla lunga potrebbe finire per “reprimere ogni genere di discernimento ulteriore”. E questo potrebbe poi ripetersi per altri settori e gruppi all’interno della Chiesa.

“Ciascuno ha il suo ambito di competenza”, scrivono i Frati, e qui si gioca l’annosa, e storica, questione l’autonomia degli Ordini e Congregazioni religiose dall’ordinario diocesano e in fin dei conti dal Vaticano, peraltro risolta econdivisa da entrambe le parti. Perché “non è che ogni intervento a livello sociale o culturale significhi immediatamente il mettere in discussione l’autorità del magistero della Chiesa”.

Invece di un controllo eccessivo nei confronti della LCWR, concludono, forse si potrebbe rendere un migliore servizio al popolo di Dio nella direzione di un rinnovato sforzo per articolare tutte le sfumature della morale cattolica. Vediamo allora di trasformare questo momento in un’opportunità di confronto e dialogo, così come è sancito dal documentoMutuae Relationis, sui rapporti religiosi-vescovi.

Pertanto la richiesta esplicita è quella di prevedere, laddove sorgano questioni, di applicare le indicazioni che prescrivono commissioni paritetiche tra vescovi e superiori maggiori, sia maschili che femminili.

“Speriamo che i nostri vescovi porranno la massima attenzione nel rivedere il loro modo di agire” affermano in riferimento alla Commissione d’inchiesta insediata dal Vaticano alla cui guida è il vescovo di Seattle, Sartain, e composta esclusivamente da vescovi, senza il benché minimo coinvolgimento della prevista componente religiosa.

La Lettera si conclude con un “Fraternamente” assicurando preghiere, ma il contenuto esprime tutta la dignità di chi chiede il rispetto delle regole e dei pronunciamenti del Magistero.

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