Ma davvero vorrei smetterla di torturarmi. Fra l'altro non è il momento. Lo spettacolo terribile della morte toglie il fiato e, anche così non fosse, galateo e misericordia impongono di abbassare la voce davanti a una bara.
Quindi vorrei che il tono del mio articolo di oggi fosse diverso, più basso, rispetto a quello dei miei articoli di ieri dedicati a colui che per oltre vent'anni sedette sulla cattedra di Ambrogio. Ho di fronte un uomo che non può più rispondermi, pertanto anziché a Martini mi piacerebbe rivolgermi ai martiniani. Loro so benissimo chi sono: sono degli atei oppure sono dei nemici della Chiesa. In entrambi i casi spesso sono dei preti. Non parlo per sentito dire, ne conosco vari. Quando osai criticare il suo Cardinale, un sacerdote lecchese mi scrisse queste testuali parole: «Sono discepolo di Martini, la invito nella mia chiesetta dove sentirà vibrare una parola che va diritta alla coscienza per combattere le istituzioni, compresa quella cattolica apostolica romana». Una mail davvero curiosa: perché un prete dovrebbe conoscere il Vangelo e sapere che «uno solo è il vostro Maestro, il Cristo». Non si può essere discepoli religiosi di un mortale. E poi perché la pratica di sparare sul proprio quartier generale è un insegnamento del Libretto rosso di Mao, non della Bibbia.
La casistica dei martiniani
Fra i martiniani non mancano ovviamente gli atei classici, i miscredenti tradizionali sul tipo di Eugenio Scalfari. Appena ricevuta la notizia, sul sito di Repubblica è apparso il Fondatore con la seguente dichiarazione: «Parlava al cuore ». Visto la persistente incredulità scalfariana, delle due l'una: o Martini parlava in modo incomprensibile o i cuori a cui si rivolgeva erano completamente sordi. È il problema della cosiddetta Chiesa del dialogo: parla parla ma non viene mai a
capo di nulla. Nessuna evangelizzazione, molta frustrazione: è questo, che io sappia, lo sterile risultato della più elogiata iniziativa milanese del Cardinale ovvero la Cattedra dei non credenti.
Per quindici anni venne offerto un pulpito a personaggi quali Cacciari, Zagrebelsky, Boncinelli che atei arrivavano e atei partivano e magari, concionando oggi e concionando domani, convertivano all'atei - smo qualche credente incerto. Sant'Ambrogio si sarà rivoltato per quindici anni nella tomba, lui che da vescovo ubbidì con zelo all'ultima esortazione di Cristo: «Predicate il Vangelo a ogni creatura». L'esatto contrario dell'affermazione ultrarelativista che leggo a pagina 33 di Conversazioni notturne a Gerusalemme: «Sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l'altro sia evangelico o musulmano». Se non ho le traveggole, per Martini una religione valeva l'altra.
I peggiori: i teologi senza Dio
Ma i martiniani più pericolosi non sono gli atei dichiarati, a loro modo onesti. Sono i preti spretati, i teologi senza Dio,
i falsi mistici. Scrivendo queste definizioni mi accorgo di aver disegnato l'identikit di Vito Mancuso. Il filosofo negatore del peccato originale, perciò del tutto estraneo al cristianesimo, ha subito approfittato della morte di Martini dichiarandolo addirittura «profeta». Come mai? Perché ha rifiutato l'accanimento terapeutico.
Mancuso sa benissimo che anche Giovanni Paolo II chiese la sospensione delle cure, ma finge di non ricordarselo: perché a un nemico della Chiesa non serve elogiare un Papa, serve beatificare un cardinale eterodosso. Io non so chi era Martini ma penso (e spero, per il bene della sua anima) che fosse meglio dei martiniani.
LIBERO, 01-09-12
IO NON SONO MARTINIANO, SONO CATTOLICO. COSA POSSIAMO FARE PER L’ANIMA DI CARLO MARIA MARTINI
I veri discepoli di Gesù infatti sono segno di contraddizione: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 16, 18-20).
Poi Gesù indicò ai suoi discepoli questa beatitudine: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli” (Luca 6,20-23).
Una cosa è certa, Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Che vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volontà? Ma i fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi.
E’ stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni.
O vi risulta che abbia rifiutato l’esaltazione strumentale dei media che per anni lo hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI?
A me non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani quando la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: “è dei nostri”.
Lui rispondeva indignato: “Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta!”. Quando cercavano di usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “in che cosa la penso come voi? Ma in che cosa?”, “questa Chiesa è quella che possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica L’Espresso. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi”.
E ancora: “Io ci ho messo 22 anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge L’Espresso e Il Mondo. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è sudiciume”.
Queste meravigliose parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui egli faceva il controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e della Chiesa.
Tanto che ieri “Repubblica” si è potuta permettere di osannarlo così: “non aveva mai condannato l’eutanasia”, “dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo”.
Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e possibilista: “non è male che due persone, anche omosessuali, abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto.
E’ del tutto legittimo – per chiunque – professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la lealtà?
Quando un cardinale afferma: “sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia evangelico o musulmano” non proclama l’equivalenza di tutte le religioni?
Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che contraddiceva le idee “politically correct”? O chi ricorda un’ardente denuncia in difesa dei cristiani perseguitati?
Io non li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e – sottolinea costui – “non ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti Scalfari era entusiasta di sentirsi così assecondato nelle sue fisime filosofiche.
Nella seconda lettera a Timoteo, san Paolo – ingiungendo al discepolo di predicare la sana dottrina – profetizza: “Verranno giorni, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole” (Tm 4, 3-4).
Nella sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini si è chiesto dove sono “uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?”.
Evidentemente non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi. Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la tolleranza dei tolleranti.
Martini ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro di Vito Mancuso che – scrive “Civiltà cattolica” – arriva “a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”.
Ma il cardinale incurante definì questo libro una “penetrazione coraggiosa” e si augurò che venisse “letto e meditato da tante persone” (del resto Mancuso definisce Martini “il mio padre spirituale”).
Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due giornalisti – in difesa della Chiesa – hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura.
Che paradosso. L’unico caso, dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista. “Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato Corriere e Repubblica.
I giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare che io le trovo terribilmente banali . Per esempio: “emerge il bisogno di lotta e impegno, senza lasciarci prendere dal disfattismo”.
Sembra Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di spiritualità e amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è sull’erudizione biblica di Martini. Senz’altro vera.
Ma a volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio venerdì, il giorno del trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non credenti” voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili.
Scriveva dunque san Paolo che Cristo lo aveva mandato “ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio.
Sta scritto infatti: ‘Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti’. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 17-25).
E il Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù – ribaltando i criteri mondani – proclama “sagge” quelle che hanno conservato la fede fino alla fine e “stolte” quelle che l’hanno perduta.
Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, “Il Manifesto”, Cacciari gli sono inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno aggravanti).
Io, come insegna la Chiesa, farò dire delle messe e prenderò l’indulgenza perché il Signore abbia misericordia di lui. E’ la sola pietà di cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. E’ il vero amore. Tutto il resto è vanità.
Antonio Socci
Da “Libero”, 2 settembre 2012
https://www.google.com/url?q=http://www.antoniosocci.com/2012/09/io-non-sono-martiniano-sono-cattolico-cosa-possiamo-fare-per-lanima-di-carlo-maria-martini/&sa=U&ei=hIVDUOiOHu2P4gSp-ICYDg&ved=0CAUQFjAA&client=internal-uds-cse&usg=AFQjCNGZ4BAjXLpeOBVXq5WuuM-qG0XSyA
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RispondiEliminaChe pena questi commenti di gente (in gran parte fanatica) che teme il dialogo interreligioso.
RispondiEliminaUn essere pensante cerca la mediazione e prova a diffondere i valori dell'etica cristiana senza farla passare necessariamente per l'accettazione di dogmi, che solo in pochi potranno accettare con convinzione. E' ovvio che chi, spesso in malafede, confonde la fede con un partito politico non può apprezzare una personalità del genere.