Il
confine tra terra e cielo è dato dal Giudizio Universale. Lì c’è il
confine tra la storia umana e tra il regno dei cieli. E chissà quante
volte, i cardinali che si riuniscono in conclave, hanno guardato quel
Cristo del Giudizio Universale di Michelangelo Buonarroti, magari appena
prima di inserire la scheda con il loro voto. Perché da quando la
Cappella Sistina c’è, è lì che i cardinali si riuniscono per eleggere il
successore di Pietro. E magari è proprio di fronte a quel Cristo, dopo
l' extra omnes, che i giochi umani, le alleanze, i voti promessi, cambiano aspetto agli occhi del porporato. Chi può dirlo.
Il momento del conclave è il momento che fa della Sistina una sorta
di terra di mezzo tra la terra e il cielo. Lì, isolati, senza contatti
con l’esterno, stanno i cardinali elettori. E i loro sentimenti sono
contrastanti come contrastanti sono state le interpretazioni che gli
storici hanno dato a quel Cristo del Giudizio Universale, che spicca al
centro della scena. C’è chi – come lo stesso Vasari – parlava della terribilitas di
quel Cristo, del fatto che fosse una figura che non lasciasse spazio
alla misericordia. Altri invece sottolineano che quel Cristo è
un’immagine d’altri tempi, addirittura di ispirazione paleocristiana,
perché è un Cristo giovanile, sbarbato e atletico come l’Apollo Sole, e
che mostra tutte le sue piaghe. E sono le piaghe che danno all’immagine
una dimensione e una valenza universale che riscatta l’apparente
imperscrutabilità del Giudizio Universale.
La Cappella Sistina ha cinquecento anni. Ma in questo mezzo millennio
non si condensa la storia della sola Cappella Sistina. Si condensa la
storia degli uomini che l’hanno voluta, di quelli che ci sono passati,
dei conclavi che vi si sono svolti. E ci si condensa anche la storia
della Chiesa, tutta nelle pareti completamente affrescate.
Ci ha pensato padre Pfeiffer, gesuita, con uno studio rigoroso (La
Sistina svelata, Libreria Editrice Vaticana/Jacabook) e definire pezzo
per pezzo il progetto teologico della Cappella Sistina. Perché è vero
che non tutti gli affreschi sono della stessa mano, ma di certo un
progetto teologico sotteso alla base ci doveva essere. Padre Pfeiffer lo
ha capito durante una visita fatta durante gli anni Cinquanta. Lì nota
che il Noè deriso di Michelangelo presenta una stretta
connessione con l’affresco parietale di Cosimo Rosselli, che è proprio
perpendicolarmente sotto di quella scena. Allora padre Pfeiffer ci si
mette con impegno, fa lunghe ricerche nella letteratura teologica
patristica e medievale, cercando di interpretare con minuzia ed
esattezza tutti gli affreschi della cappella. E se ne convince: ogni
singolo particolare non doveva essere frutto dell’invenzione degli
artisti, né deve avere solo una spiegazione formale. Deriva da un
preciso contenuto. E quel contenuto doveva essere ricercato nella
biblioteca che era a disposizione dei teologi pontifici: la Biblioteca
Vaticana. Fu Nicolò V nel 1450 a fornire alcune centinaia di
manoscritti, il primo nucleo della Biblioteca.
La Cappella Sistina come opera di evangelizzazione, come
teologia affrescata, come il raccordo tra la terra e il cielo. La
Cappella Sistina anche come esempio di diplomazia culturale pontificia.
La pittura è la propaganda dell’epoca, è il modo in cui si raccontano le
verità della fede. E Giulio II, uno dei committenti della Sistina,
colui che chiede a Michelangelo di dipingerne la volta e la parete di
fondo, sa che l’arte è un modo per raccontare la Chiesa e allo stesso
tempo per magnificare lo Stato della Chiesa. Giuliano della Rovere è
cardinale dall’età di 26 anni, nipote di quel Sisto IV che farà iniziare
i lavori di affrescatura della Cappella, che da lui prenderà il nome. E
quando si tratta di scegliere un successore allo zio, Giuliano si
opporrà strenuamente alla candidatura di Rodrigo Borgia. Ma deve cedere.
Durante gli anni di governo di Alessandro VI – che considerava lo Stato
pontificio come un feudo da gestire e lasciare al figlio Cesare -
Giuliano della Rovere si tiene lontano da Roma. Ma alla morte di questi
torna, e viene eletto Papa all’unanimità. Prende il nome di Giulio, a
testimonianza di come voglia rafforzare lo Stato pontificio, unico
baluardo per poter esercitare il potere spirituale. Si va a riprendere
le terre perdute – Perugia e Bologna – e poi arditamente stringe e disfa
alleanze, per tenere in equilibrio la penisola italiana. Ma il
rafforzamento dello Stato passa anche per la cultura. Giulio II lo sa
troppo bene, e per questo finanzia artisti. Alla sua corte ci sono
Raffaello, Bramante e Michelangelo. Ed è a quest’ultimo che si deve
molto dello splendore della Cappella Sistina.
Disteso in alto, quasi al soffitto, dipinge la volta
della cappella con la vernice che gli cola sulla barba. È un lavoro
intenso, cui Michelangelo si dedica infaticabilmente. E chissà se mentre
è lassù, a dipingere il confine del cielo, ripensa a tutto ciò che
nella vita lo ha reso quello che è, che ha dato profondità e spessore
alla sua pittura e alla sua scultura. Perché in fondo dipingere non è
mai solo questione di tecnica. È questione di idee, e questione di
anima.
E magari Michelangelo si ricorda di quando era parte del
circolo di Lorenzo de’ Medici, il Magnifico, signore di Firenze, che
si circondava di poeti, pittori, filosofi, scultori e letterati per
continuare il progetto culturale promosso da suo nonno Cosimo, e far sì
che Firenze conservasse il prestigio culturale inaugurato dalle ‘tre
corone fiorentine’. Un progetto culturale volto a riportare alla luce la
filosofia e la letteratura antica, secondo il nuovo spirito umanistico
del tempo, ma anche a conciliare fede e ragione in un unico credo,
incoraggiando a tutti gli effetti un discorso tra ‘renascentia’
umanistica e ‘renovatio’ o ‘reformatio’ cristiana. Michelangelo vive il
sentimento religioso con ragione e bellezza, e non con paura e
penitenza. Almeno all’inizio.
Perché in quel tempo a Firenze c’è anche Savonarola, ferrarese, frate
domenicano e profeta che nominò Cristo ‘re di Firenze’ e che avrebbe
dominato la vita religiosa e politica della città fino al 1498. E la
famiglia di Michelangelo viene in contatto con le idee del frate. Anche
perché Leonardo, un fratello di Michelangelo, successivamente entrerà
nell’ordine dei domenicani, e di Savonarola sarà seguace.
E poi c’è la Riforma protestante, gli echi di Lutero che arrivano in
Italia portati dagli stessi confratelli agostiniani, e che hanno un
riscontro diretto nella poesia di Michelangelo. Il quale metteva nelle
parole ciò che non poteva esprimere in pittura e scultura. E la
preghiera a Cristo redentore diventa il leitmotiv delle ultime rime
michelangiolesche, dove Cristo viene definito “servo de’ servi”, la fede
come “il don dei doni”, ed il sangue di Cristo come ’lsol che mie colpe
lavi”. Tanto che alcuni studiosi ritengono che queste rime provino il
fatto che Michelangelo ormai pensi protestante, ovvero che ci si salvi
con la sola fede.
Queste e molte altre storie si intrecciano all’interno della Sistina,
dove stasera Benedetto XVI entrerà per celebrarvi i Vespri esattamente
cinquecento anni dopo il velo della Sistina fu svelato per la prima
volta. Lì sarà osservato anche da uno dei grandi temi teologici
affrontati dagli affreschi: il rapporto tra Cristo e la sua Chiesa,
raffigurato come rapporto tra la sposa e lo sposo, in cui la sposa è
vista come la colomba del Salmo 67, nel quale la parola “clero” esprime,
col suo significato originario, l'appartenenza esclusiva a Dio, mentre
la colomba con i posteriora dorsi in pallore auri ricorda la promessa fatta al popolo di Dio di entrare un giorno futuro nel Paradiso celeste.
Scritto da Andrea Gagliarducci |
Martedì 30 Ottobre 2012 |
http://www.korazym.org/index.php/arte/23-da-vedere/3201-il-cielo-tra-le-pareti-la-cappella-sistina-le-sue-storie-e-la-storia.html
In Sistina con Antonio Paolucci: gli affreschi saranno splendidi per almeno 500 anni |
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Scritto da Angela Ambrogetti |
Ma
la Cappella Sistina è malata o no? Stanno sparendo gli affreschi di
Michelangelo come le pitture delle tombe della Valle dei Re in Egitto?
Signori niente panico. Le notizie che negli ultimi gioni in previsione
delle celebrazioni per i 500 anni della inaugurazione dei restauri della
volta della Cappella Sisitina hanno scatenato le interpretazioni più
catastrofiche sul futuro di questo scrigno di tesori. Davvero rischiamo
di perdere gli affreschi di Michelangelo, Perugino e Piero della
Francesca?
In effetti un problema c’è, e c’è da perecchio tempo, ed è
quello del controllo del microclima della grande aula iperaffollata e
senza la possibilità di aprire le finestre per “cambiare aria”.
All’ inizio degli anni ’90 quando si fece il grande restauro
del Giudizio Universale sulla parete di fondo della cappella del Papa,
il problema era solo accennato. Ma già presente. E si iniziarono a
prendere provvedimenti.
Ma in questi vent’anni che cosa è cambiato?
“ In questi vent’anni c’è stata l’esplosione del turismo dei
grandi numeri, del turismo culturale di massa.I problemi che ci sono
nella Cappella Sistina ci sono anche negli Uffizi a Firenze, o negli
scavi di Pompei e anche al Louvre.”
Antonio Paolucci lo dice con serenità mentre siamo seduti sui
banchi infondo alla Sistina. Davanti scorrono fiumi di turisti con gli
auricolari e gli occhi all’ insù.
“Il turismo culturale- dice il direttore dei Musei Vaticani- è
diventanto un grande business universale, inumerò die visitatori è
raddoppiato.
Quello che negli anni ’80 e nei primi anni ’90 ancora non era
avvertito come un problema, oggi invece campimo che lo è e come se lo è.
Eppure all’epoca in Vaticano furono previdenti. E l’amministrazione
vaticana ha provveduto a mettere un impianto di climatizzazione
affidando al numero uno del settore: la Carrier.
L’impianto inaugurato nel 1994 ha funzionato fino ad oggi, Ma
ovviamente tutto invecchia, e ora ci siamo accorti che quell’impianto
che era all’avanguardia all’epoca, adesso è inadeguato, va rivisto e
immaginato per le nuove esigenze. E quindi la stessa ditta, che ancora
il numero uno nel mondo, la Carrier, sta lavorando con me, stiamo
definendo un progetto, che nei prossimi giorni verrà definito anche nei
dettagli. ! soldi ci sono per fortuna, e io mi auguro che se tutto va
bene alla fine dell’ anno prossimo potrà esseee messo in funzione il
nuovo sistema di climatizzazione, controllo delle polveri e abbattimento
della polluzione.”
Rassicuriamo tutti allora: gli affreschi della Sistina non spariscono?
“ Assolutamente, la Cappella vivrà in buone condizioni per i
prossimi cinquecento anni, questo è il mio obbietivo, la mia speranza.
L’alternativa sennò è il numero chiuso, ma questa è una soluzione che
nessuno vuole. Si dovrebbe limitare magari a 3000 ingressi al giorno. Ma
la Cappella Sistina non è solo un luogo dell’arte, ma è una cappella
consacrata, un santuario, il simbolo della Chiesa cattolica, è il
catechismo, la teologia e la dottrina messa in figura, quindi un
cattolico che viene dal Brasile e dalla Nuova Zelanda, quando viene a
Roma, vuole vedere la Cappella Sistina. Perché il luogo simbolo della
sua fede.”
Ma lei l’ha definta una “sciarada teologico-scritturale”, allora non è tanto facile da leggere neanche per i cattolici?
“Una sciarada è qualcosa da decodificare. Ad esempio che cosa è
l’innalzamento del serpente di bronzo, o quanti sanno chi era il
profeta Giona, che Michelangelo rappresenta, o il castigo di Amman che
fa perte delle storie di Ester e Assumerò, insomma la Sistina va
accompagnata, qualcuno deve aiutare il fedele comune. E’ una sciarada
teologica perché tuttà la teologia della Chiesa è rappresentata qui
dalla creazione del mondo all’ Apocalisse, fino a quella teologia del
corpo che Giovanni Paolo II ha quasi codificato proprio guardando agli
affreschi di Michelangelo. E scritturale perché le citazioni della
scritture sono continue.”
Chissà se quando il 31 ottobre del 1512 Papa Giulio II con un
vespro solenne benediceva i quattro anni di lavoro di Michelangelo,
aveva in mente il futuro della sua Cappella privata. Certo magari non
immaginava che ogni anno l’avrebbero vista cinque milioni di persone
che, con la testa all’insù avrebbero cercato di decifrare la “sciarada”
più eloquente della storia dell’ arte.
http://www.korazym.org/index.php/arte/23-da-vedere/3202-in-sistina-con-antonio-paolucci-gli-affreschi-saranno-splendidi-per-almeno-500-anni.html
“La Cappella Sistina, contemplata in preghiera, è ancora più bella, più autentica. Si rivela in tutta la sua ricchezza.” Benedetto XVI guida i vespri nella Cappella Sistina per celebrarne i 500 anni della inaugurazione della volta dipinta da Michelangelo e ricorda che è un luogo sacro. Non è l’arte sublime degli artisti del rinascimento a rendere la Cappella un luogo significativo per i fedeli, ma la presenza del Sacramento durante le liturgie.
Ed è “come se, durante l’azione liturgica, tutta questa sinfonia di figure prendesse vita, in senso certamente spirituale, ma inseparabilmente anche estetico, perché la percezione della forma artistica è un atto tipicamente umano e, come tale, coinvolge i sensi e lo spirito.”
La celebrazione dei Vespri della solennità di tutti i Santi è stata una occasione particolare per Benedetto XVI di rileggere le pagine della Lettera agli Ebrei proprio grazie alle immagini della Sistina, perché la “dinamica di promessa e compimento noi l’abbiamo qui rappresentata negli affreschi delle pareti lunghe, opera dei grandi pittori umbri e toscani della seconda metà del Quattrocento.”
Poi il Giudizio, la schiera dei santi Dio giudice di tutti e gli spiriti dei giusti e “il nostro sguardo si leva al Giudizio finale michelangiolesco, dove lo sfondo azzurro del cielo, richiamato nel manto della Vergine Maria, dona luce di speranza all’intera visione, assai drammatica.” Quello che vediamo è “Cristo redentore al centro, coronato dai suoi Santi, e accanto a Lui Maria, in atto di supplice intercessione, quasi a voler mitigare il tremendo giudizio.”
Poi il Papa sposta l’attenzione alle magnifica volta paragonata ad un violento torrente montano portatore di felicità e al tempo stesso di devastazione, come disse lo storico dell’arte svizzero Heinrich Wölfflin in pieno periodo romantico, o come racconta Giorgio Vasari che la vide appena realizzata: “lucerna dell’arte nostra”.
Una luce, spiega il Papa che non viene solo “dal sapiente uso del colore ricco di contrasti, o dal movimento che anima il capolavoro michelangiolesco, ma dall’idea che percorre la grande volta: è la luce di Dio quella che illumina questi affreschi e l’intera Cappella Papale. Quella luce che con la sua potenza vince il caos e l’oscurità per donare vita: nella creazione e nella redenzione.”
Immagini che hanno fatto la storia dell’ arte, ma che sono anche immagini culto nella vita di tutti i cristiani e non cristiani.
Ma per chi crede, come dice il Papa, pregare “in questa Cappella Sistina, avvolti dalla storia del cammino di Dio con l’uomo, mirabilmente rappresentata negli affreschi che ci sovrastano e ci circondano, è un invito alla lode, un invito ad elevare al Dio creatore, redentore e giudice dei vivi e dei morti, con tutti i Santi del Cielo, le parole del cantico dell’Apocalisse.”
Prima della celebrazione liturgica il cardinale Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato della Città del Vaticano. “La nostra preghiera è, innanzitutto, per le intenzioni che la Santità Vostra porta nel Suo cuore di Padre e Pastore della Chiesa Universale e per quanti visitano questo luogo, che, come Lei ci ha detto pochi giorni or sono, rappresenta per molte persone, che non conoscono il Vangelo, "il contatto maggiore, a volte unico, con la Santa Sede ed è perciò un'occasione privilegiata per conoscere il messaggio cristiano".
Presenti i cardinali della Curia romana e un ristretto numero di invitati.
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