ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 23 dicembre 2012

Come Alì Agca


Si può punire un braccio come se fosse la mente?


Come Alì Agca. Sulle orme di Giovanni Paolo II, Papa beato, Benedetto XVI ha fatto visita al suo ex maggiordomo Paolo Gabriele, da lui amato come un figlio, per confermargli il proprio perdono e per comunicargli di persona di avere accolto la sua domanda di grazia, condonando la pena a lui inflitta. «Si è trattato di un gesto paterno - sottolinea un comunicato vaticano - verso una persona con cui il Papa ha condiviso per alcuni anni una quotidiana familiarità».

Successivamente Gabriele è stato scarcerato ed è rientrato a casa. «Benché - sottolinea sempre la nota - non possa riprendere il precedente lavoro e continuare a risiedere in Vaticano, la Santa Sede, confidando nella sincerità del ravvedimento manifestato, intende offrirgli la possibilità di riprendere con serenità la vita insieme alla sua famiglia».
Se la grazia era un dono più che scontato, soprattutto alla vigilia di Natale, da parte del Papa che, benché capo del più piccolo Stato del mondo, è prima di tutto padre e pastore di oltre un miliardo e duecento milioni di cattolici sparsi nei cinque continenti, non era facilmente prevedibile la sua visita nella cella vaticana a Gabriele. Anzi, i soliti cosiddetti ben informati (molto spesso completamente all’oscuro di ciò che viene nei sacri palazzi), fino a ieri si dicevano convinti che mai Benedetto XVI sarebbe andato a fare visita al suo ex maggiordomo testimoniandogli personalmente il suo pieno perdono.
Non sarà come nel caso di Agca, ripetevano affannosamente. E perché? La teoria snocciolata con dovizia di motivazioni era molto semplice: una visita del Papa a Gabriele avrebbe spinto quest’ultimo a rilasciare le stesse dichiarazioni farneticanti sul colloquio avuto con Benedetto XVI che Agca rilasciò, molte volte contraddicendosi, dopo l’incontro con Giovanni Paolo II. Ma la paternità del Papa? E il Vangelo di Gesù che egli è chiamato a testimoniare quotidianamente? E l’affetto per Paolo Gabriele e la sua famiglia? Del resto Benedetto XVI, che vive in Vaticano da oltre trent’anni, conosce bene i volti e i nomi dei lupi. Si può punire un braccio come se fosse la mente? Può essere il quarantaseienne maggiordomo papale il capro espiatorio della vicenda Vatileaks? Agli occhi dei media sicuramente sì, ma non certo a quelli del Papa.
E chi ancora oggi, a grazia avvenuta, sottolinea l’imprevedibilità di questo gesto papale, ragiona con il suo cuore e la sua mente e non entra in una realtà che per sua stessa natura è sospesa tra cielo e terra. «Il nostro Dio ha un cuore di carne», ripete spesso Benedetto XVI nelle sue meditazioni. Ma spesso sono gli uomini ad avere un cuore di pietra.

Visita e perdono


«La porta della prigione, Benedetto XVI l'ha aperta in prima persona» per riconsegnare alla sua famiglia, la persona laica che per anni gli era stato vicino e che poi lo ha tradito, e «ciò, alla vigilia del Natale che della famiglia è la festa», scrive Avvenire in un editoriale a firma del presidente dell'Associazione internazionale dei giornalisti accreditati in Vaticano, Salvatore Mazza. «C'è in questo finale - commenta l'articolo - il sigillo a quell'idea di giustizia che, per la Chiesa, anche quando si tratta di reati "temporali" non è mai disgiunta dalla misericordia». Avvenire sottolinea «la totale trasparenza in cui tutta la fase giudiziaria si è svolta, fin dall'istruttoria» con «un'assoluta e costante attenzione per l'uomo, pur reo confesso di aver tradito il Papa, qualcosa di inimmaginabile per un cattolico, e non solo all'interno delle mura Leonine». Secondo il quotidiano della Cei, proprio questa attenzione «è il vero e proprio punto di discrimine, rispetto all'esigenza di verità che ogni processo si pone come obiettivo. E di cui la grazia concessa dal Papa è stato, appunto, il naturale sigillo. Una lezione preziosa, o se vogliamo quasi una scheggia di magistero travasato nell'atto concreto dell'amministrazione della giustizia». «Ed anche - conclude l'articolo - in qualche modo, una risposta a quanti, con superficiale sarcasmo, ha voluto leggere nel processo Gabriele una "farsa" per mettere un frettoloso coperchio su tutta una storia "imbarazzante"» mentre «si può dire compiutamente: tutto è stato il processo Gabriele, tranne che una farsa. Nessun "coperchio", nessuna volontà di sbrigarsi per mettere tutto a tacere, nascondere, deviare l'attenzione».  


Benedetto XVI grazia il «corvo» Paolo Gabriele

Benedetto XVI ha concesso il perdono al maggiordomo Gabriele, condannato per furto di documenti.








Alla vigilia delle feste natalizie, il Papa ha concesso la grazia a Paolo Gabriele, il suo ex aiutante di camera condannato lo scorso 6 ottobre a 18 mesi di carcere per i furti di documenti dall'appartamento pontificio che avevano dato il via allo scandalo del Vatileaks.
Nella mattina del 22 dicembre, Benedetto XVI ha visitato Gabriele nella caserma della gendarmeria dove è detenuto e ha colloquiato con lui per una quindicina di minuti, confermandogli il suo perdono e l'intenzione di concedergli la grazia.
L'ex maggiordomo è stato poi scarcerato qualche ora dopo, tornando il libertà. Non potrà tuttavia più lavorare per la Santa Sede, né risiedere in Vaticano.
«UN GESTO PATERNO». «Si è trattato di un gesto paterno verso una persona con cui il papa ha condiviso per alcuni anni una quotidiana familiarità», così il comunicato della segreteria di Stato letto ai giornalisti dal portavoce vaticano Federico Lombardi, spiega le motivazioni della grazia. «Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto visita in carcere a Paolo Gabriele, per confermargli il proprio perdono e per comunicargli di persona di avere accolto la sua domanda di grazia, condonando la pena a lui inflitta», si legge nel documento.
«Successivamente Gabriele è stato scarcerato ed è rientrato a casa. Benché non possa riprendere il precedente lavoro e continuare a risiedere in Vaticano la Santa Sede, confidando nella sincerità del ravvedimento manifestato, intende offrirgli la possibilità di riprendere con serenità la vita insieme alla sua famiglia».
NIENTE RESIDENZA IN VATICANO. Una «buona notizia», a conclusione di una «vicenda triste», ora si attende un «ravvedimento» e «si spera in premesse per atmosfera di serenità e per riprendere il cammino», ha precisato Lombardi. E ha aggiunto che la visita del papa a Gabriele, ha fatto tornare alla mente «la visita di Giovanni Paolo II a Alì Agca» (il killer che nel 1981 tentò di assassinare Wojtyla).
Ha ripreso il lavoro da alcune settimane invece Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della Segreteria di Stato e processato con il maggiordomo Paolo Gabriele nelle indagini per Vatileaks. Anche per lui si aprirà un provvedimento in vista della grazia: non serviva scarcerazione perché la sua pena era sospesa con la condizionale, ha spiegato il portavoce Lombardi.
LA GIOIA DEI FAMILIARI. È stata una telefonata della segreteria di stato intorno alle 10 e 30 del 22 a informare la famiglia Gabriele che il loro congiunto sarebbe rientrato a casa. Grande è stata la soddisfazione dei familiari quando poi hanno appreso che era stato lo stesso Benedetto XVI a informarlo della grazia con una visita in cella.
Gli ultimi mesi per la moglie e i figli di 'Paoletto' sono stati particolarmenti duri sul piano psicologico, soprattutto per l'incertezza sul destino del loro congiunto. La famiglia, infatti, aveva sperato in un provvedimento di grazia già nell'imminenza dell'Immacolata Concezione. Poi aveva riposto le proprie speranze nell'appuntamento natalizio. Ora, finalmente, il sollievo della moglie e dei figli per la possibilità di riabbracciare Gabriele e trascorrere assieme le festività.
NESSUNA NOTIZIA DELLE INDAGINI SULLA CURIA. Dopo la grazia, comunque, non si è saputo nulla dei risultati della indagine che coinvolgeva tutti gli uffici e organismi della curia, e affidata da papa Ratzinger a una commissione di tre cardinali, con un mandato pieno di far luce sulla fuga di documenti solo in parte pubblicati nel libro 'Sua Santità' di Gianluigi Nuzzi, da cui è partito 'Vatileaks'.

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