Davanti al problema numero uno, la devastazione della vera religione: reazioni cattoliche, mezze reazioni bloccate, connivenze silenti di “menefreghisti” e imboscati
2 febbraio 2013, primo sabato del mese e “Candelora”
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Convergenza o divaricazione? |
La fede ha la precedenza su tutte le virtù (il grande teologo tomista padre Garrigou Lagrange. Oggi si direbbe che è la fede il primo dei “valori non negoziabili”, sotto aggressione da parte delle lobby che stanno dietro il neototalitarismo relativista: e invece davanti alla grande apostasia viene spesso trattata, dai cattoilluministi anche moderati oltre che dai miscredenti, come un optional).
Ha proprio ragione la Madonna a Fatima: i laici salveranno la Chiesa dai sacerdoti e dai vescovi (padre Ignace de la Potterie S.J., lodato esegeta tutt’altro che “tradizionalista” e amico personale del card. Ratzinger, nel 1996 in un’intervista ad Avvenire, giornale dei Vescovi italiani. Eppure una frase del genere – che certo va ben intesa – non risulta in nessuna delle carte di Fatima già pubblicamente note).
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Due esempi dal territorio (tra i tanti della massiccia documentazione che abbiamo messo da parte, nel nostro archivio; e che è a disposizione, qui in comunità, di chi voglia prenderne visione).
1) Estratti di una recente lettera a un Parroco.
«Ottava di Natale 2012. Reverendo […], ancora Buon Natale, di cuore, nella calda luce del Verbo Incarnato. È un po’ che volevo dirLe una cosa; per motivi di tempo e quant’altro ricorro al presente mezzo. Ai Funerali, Lei adopera abitualmente espressioni il cui senso logico sembra l’asserzione che il defunto è in Paradiso. Ora, ciò comporta un duplice grave problema. Innanzitutto dottrinale: non è forse di Fede che oltre al Paradiso c’è l’Inferno e c’è il Purgatorio? Come si può affermare sempre, parlando lì come persona pubblica, dove è quel defunto? E di conseguenza, pastorale: se tende a passare il messaggio che il defunto è già in Cielo, perché pregare per lui? Per motivi affettivi? Sì, bene, ma non anche in suo suffragio? Perché prendergli le Indulgenze? […] Oggettivamente parlando (da cattolici e non da protestanti), non sono cose piccole: la Parola di Dio non dice che se uno andrà perduto e io non l’avrò avvertito, della sua perdizione io sarò complice? Che fine ha fatto nella predicazione il dogma dell’Inferno? […] La prego, ne parli con Gesù Bambino…».
2) Tra le molteplici mancanze di rispetto (irriverenze, profanazioni e sacrilegi) contro la Santissima Eucarestia: il fatto diffuso delle Comunioni senza le dovute condizioni. Una vicenda ampiamente significativa.
Nel marzo 2009 il Vescovo, in un articolo di commento a una recente rilevazione statistica, annotò:
«La frequenza con cui nel territorio della Diocesi ci si accosta alla comunione è piuttosto alta […] È da rilevare che in questi ultimi dieci anni la frequenza è progressivamente aumentata […] In effetti la drastica riduzione della frequenza alla confessione, come si può facilmente osservare in quasi tutte le parrocchie, lascia supporre che si riceva la comunione con una diminuita consapevolezza del peccato e quindi con una certa superficialità. È una situazione su cui occorrerà riflettere e compiere ulteriori verifiche».
Non si tratta dunque di episodi sporadici, ma di un fenomeno emergente. Sicché, nella tragedia, è bene che sia emerso; al contempo, la visibilità e l’incisività di questa lodevole osservazione episcopale era, di per sé, alquanto ridotta.
Si tratta infatti di un fenomeno gravissimo: una tragedia muta. E questo giudizio così forte non è meramente mio, né nostro, ma primariamente della Divina Rivelazione (la Sacra Scrittura dice a riguardo: mangiare la propria condanna!) e del Magistero, anche recentemente espresso (il testo della famosa Via Crucispontificia del 25 marzo 2005 –scritto sotto l’influsso del Terzo Segreto di Fatima cui s’è ispirato, forse anche come atto propiziatorio in vista dell’imminente Conclave – autorevolmente afferma: «Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del Suo Corpo e del Suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che Gli trafigge il Cuore»).
La proposta, come altri emendamenti da me proposti o promossi, quantunque espressa con prudente delicatezza (così mi hanno detto) spaccò l’Assemblea sinodale: agli scrutatori fu necessario contare con molta attenzione le mani alzate, perché i voti favorevoli e contrari praticamente si equivalevano. E diversi dei favorevoli erano espressi «con riserva». Dopo una conta mozzafiato, io stringevo la corona del S. Rosario in mano, mentre sempre più votanti andavano passando in corso d’opera dall’ Approvo all’ Approvo con modifica, l’emendamento passò al fotofinish. E il Molto Reverendo Segretario generale del Sinodo (quello il cui parere negativo era stato determinante nel bocciare la proposta di realizzare una consacrazione al Cuore Immacolato di Maria del Sinodo, alla sua apertura; qualcosa in quella direzione è poi passato, ad un ulteriore tentativo, ma soltanto a un livello minore) ne trasse facilmente argomento per dire che l’emendamento, anziché costituire un paragrafetto a sé, sarebbe stato accorpato – come soluzione “di compromesso” – a un altro paragrafo già presente nel testo di base. Con la promessa (poi di fatto disattesa, e non fu l’unica tra le forzature procedurali) di evidenziarlo tuttavia nel titolo del nuovo paragrafo ampliato.
Nella gratitudine al Capo Invisibile del Corpo Mistico per la bontà di quanto era stato fatto e al tempo stesso nella consapevolezza della sua insufficienza, visto che nient’altro era stato “messo in cantiere”, pensai di promuovere un’altra iniziativa su questo punto. Assieme a un Parroco (purtroppo soltanto noi due), di arearatzingeriana come dicono, come membri del Sinodo in corso indirizzammo all’Ufficio liturgico diocesano una lettera su tre punti. Diciamo su tre abusi liturgici (direttamente o come omissioni): e la principale di tali questioni era proprio quella di cui stiamo ora parlando. Nessuna risposta. Vado a parlare con il responsabile dell’Ufficio: ne parlo con il Vescovo, mi dice… Quando? Quando c’è modo… Lo trovi il modo! Invece di rispondermi “alla pretaiola”. E se il Vescovo dice che già lo ha scritto nell’articolo [e quindi è già a posto]? In tal caso, lei può ringraziarlo per quanto scritto e fargli presente che ha anche scritto che sarebbero occorse ulteriori riflessioni e quant’altro. Del resto, su altri punti (e portai degli esempi), ritenuti importanti, è stata realizzata non una singola iniziativa, peraltro messa in uno spigoletto di scarsa influenza: ma una serie di iniziative, in maniera direi quasi martellante… Hai ragione.
E invece no. Le cose non sono andate così. Mi riferì quel sacerdote che Mons. Vescovo (con il quale sono abitualmente, e in faccia, d’una franchezza ossequiosa ma anche cruda) gli disse di scrivere una lettera ai confratelli su tali questioni, in particolare sulla principale. Bene, dissi; seppure il peso di una lettera direttamente del Vescovo sarebbe stato maggiore… Comunque, è già qualcosa. Precisò: il Vescovo mi ha dato qualche suggerimento su come scriverla (ho idea del tenore; è soltanto una mia congettura, tuttavia ho motivo di ritenerla plausibile), ma molto sulle generali (quindi, se così è, gli restavano comunque ampi margini di manovra). Bene, più o meno, è libero di scrivere!
Solo che passano i mesi, e non esce nulla. E intanto, con tutta questa «pazienza», Gesù Sacramentato continua ad essere profanato. E intanto, con tutta questa «pazienza», si continua nel “mangiare e bere la propria condanna”. Ci vuole molta pazienza? Per un verso sì, ad esempio nel senso che non bisogna cedere alla tentazione dello scoraggiamento: ma una pazienza ragionevole e operosa. Siamo impazienti? Vorrei vedere se quelli del Partito Moderato avessero i ladri in casa, telefonassero ai carabinieri e si sentissero rispondere: non siate impazienti, faremo un intervento paziente, un giorno verremo…
E perché non usciva niente? Mezze frasi, a mezza bocca, di questo sacerdote (che si presta pure, lui dirà di no ma di fatto ci si presta, a fare il capofila di una parte degli individualisti ratzingeriani locali): non ci pensavo più… ci sono da fare tante cose… non so se c’è chi la prenderà male… Una lettera dell’Ufficio liturgico può essere vista come sbilanciata in una direzione, un’impostazione troppo negativa e concentrata sui problemi, ci sono varie sensibilità… Si noti che né questi né il parroco co-firmatario né il Vescovo hanno eccepito sul contenuto della lettera da me promossa, e neppure sulla forma; del resto, in più di un’occasione avevo fatto presente, a questo sacerdote e ad alcuni altri, che se avessero preferito porre loro certe questioni io ero ben disponibile ad astenermi dall’intervenire sulle stesse, se ciò fosse stato pro bono Ecclesiae, oppure a sostenere loro decenti iniziative in tal senso.
Da gennaio 2011 a ottobre, un tenace “tradizionalista” di Vostra conoscenza gli è stato alle costole (prima più dolcemente, s’intende, poi più duramente). Quando lo incontravo in Curia non mancavo di ricordargli: dai moderati me ne guardi Iddio che dai progressisti me ne guardo io; sollecitandolo, se non se la sentiva di fare il suo dovere, a dare almeno le dimissioni. A fine ottobre, sarà la Madonna del Rosario che ci ha messo le Mani, finalmente la circolare al clero esce!
Da una parte, alquanto blanda (diciamo benevolmente così). Dall’altra, è pur sempre un segnale (nella buona direzione): di principio, anche davanti a Dio, è pur sempre un atto ufficiale della Diocesi; di fatto, sono anche testimone di qualche sacerdote che almeno talvolta ha fatto qualche singolo cambiamento in meglio, proprio per via di questa lettera.
Solideo Paolini
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