ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 14 marzo 2013

HABEMUS PAPAM GRILLUNUM!

 ALTRO CHE IL CIELLINO SCOLA
PIAZZA SAN PIETRO ATTESA PER IL NUOVO PAPA

1 - HABEMUS PAMPA! 
Terrore in Curia. Dallo sprofondo del mondo arriva un pastore di anime che gira sulla metro, la sera si cucina la cena da solo e ha sempre rifiutato incarichi romani. Altro che Scola, Comunione & Fatturazione o allievi di Ratzinger alla rivista "Communio". Con le scelta del nome di Francesco d'Assisi, il fraticello che turbava le notti di Innocenzo III e della sua Chiesa corrotta, Jorge Mario Bergoglio lancia subito un bel messaggio chiaro di povertà e pulizia. Il circo autoreferenziale dei giornali non se lo aspettava, ma oggi corre in suo soccorso. Vi risparmiamo i santini e andiamo alla ciccia saltando da una pagina all'altra.

"Italiani accerchiati, la sconfitta della Curia. Anche l'arcivescovo di Milano paga l'avversione a Bertone. La gaffe della Cei: auguri a Scola. Dopo il terzo scrutinio i voti dei riformatori suddivisi tra più candidati si sono ricompattati. Per gli innovatori Bergoglio è il simbolo di chi non cede alle prepotenze delle gerarchie" (Repubblica, p. 2).
PAPA JORGE MARIO BERGOGLIO A SANTA MARIA MAGGIORE
"L'idea di un pontefice italiano bloccata dalle divisioni tra cardinali. Resistenze sull'arcivescovo di Milano nella Conferenza dei vescovi. Chi sperava in un compromesso gattopardesco sorpreso dall'identità globale. Si è passati all'analisi dei veri rapporti di forza, basati sul numero dei fedeli e non su quello dei porporati nella Sistina" (Corriere, p. 11). "Scola tradito dagli italiani fin dalla prima votazione, Vecchi rancori e i legami con Cl: così è maturata la svolta" (Stampa, p. 8).

"Francesco sconfigge la Curia. L'elezione dell'argentino Bergoglio affonda la vecchia politica vaticana. La vittoria postuma di Martini" (Fatto Quotidiano, p. 2). "Fuoco amico su Scola: la Curia dietro gli attacchi. Era il favorito. Le voci sul Wall Street Journal sono state l'ultimo episodio di una fronda cominciata un anno fa. Noto il contrasto con il cardinal Re" (Giornale, p. 6).
Ma che farà Francesco I? In un'intervista alla Stampa del 2012 disse che "i mali della Chiesa si chiamano vanità e carrierismo" (Stampa, p. 7). Per Vittorio Messori siamo di fronte a una "Scelta geopolitica: come Wojtyla. Francesco avrà due missioni: il Sudamerica e la Curia" (Corriere, p. 13). Per Hans Kung, intervistato da Repubblica, "E' la migliore scelta possibile, ora non accetti compromessi. Il suo nome è simbolo di lotta al potere" (p. 19).
2 - AGENZIA MASTIKAZZI
Stampa di Torino in festa: "Dalle colline del Piemonte alla Pampa. Il viaggio dell'emigrante Bergoglio" (p. 11). Messaggero di Roma con orgoglio: "Il primo saluto è per i romani: ‘Vengo dalla fine del mondo'" (p. 4). E sono arrivato in provincia.
jorge bergoglio papa
3 - CACCIA AL CAINANO
Ha avuto ottimi effetti pacificatori la mediazione del Quirinale sulla giustizia. "Berlusconi all'attacco dei pm. ‘A Milano vogliono un Craxi 2'. Csm: a rischio l'indipendenza" (Repubblica, p. 20). E Re Giorgio Banalitano è costretto a prendere carta e penna per smentire -con scarsi risultati - Massimo Giannini, che ieri aveva parlato di concessione di uno "scudo" del Colle al Banana (p. 21).

Getta acqua sul fuoco anche il Pd: "Pronti a votare l'arresto del Cavaliere". Alfano: ‘Gravissimo, reagiremo'. I pm di Napoli: non abbiamo chiesto il carcere" (Repubblica, p. 23). Sulla Stampa, intervista-avvertimento di Quagliarello: "Questo conflitto rischia di paralizzare il Paese" (p. 18). "Il disagio delle toghe: la giustizia non può fermarsi, nessuno esente dai processi" (Corriere, p. 18). "Grillo attacca il Quirinale: "Non ha condannato l'atto eversivo del Pdl" (Corriere, p. 20). Sul Giornale, "Le toghe sfidano Napolitano: sprint per condannare il Cav" (p. 15). Sfidano Napolitano fissando udienze? Forse Re Giorgio dovrebbe scrivere anche al Giornale per "precisare".
PAPA BERGOGLIO FRANCESCO GRILLO BY SPINOZA 
FUMATA
4 - LA BELLA POLITICA
"Bersani pronto a spiazzare Grillo e Monti. ‘Due dei nostri per Camera e Senato" (Repubblica, p. 25). "La tentazione dei democrat: a noi tutte le alte cariche" (Messaggero, p. 17). Invece la Stampa scrive: "Il Pd pronto a far guidare la Camera al M5S. Passo indietro di Franceschini. Finocchiaro favorita a Palazzo Madama" (p. 23). Sul fronte del toto-governo, il Cetriolo Quotidiano riciccia il vice di Visco: "Senza accordo tra i partiti c'è sempre Saccomanni. E' l'opzione finale: se fallisce la politica, il numero due di Bankitalia potrebbe guidar un governo super partes" (p. 16). Ma la politica è già fallita.

5 - ULTIME DAL MONTE DEI PACCHI DI SIENA
Non è poi tutto così rosso come sembra lo scandalo del Monte dei Pacchi. Ogni tanto emerge qualche particolare curioso a ricordarci che le nomine - e forse gli affari - seguivano un manuale Cencelli alla senese. "Le riunioni con Bisignani sui vertici di Monte Paschi. Le trattative sulla quota del Pdl nel cda. Le intercettazioni di Napoli: un incontro ad Arcore" (Corriere, p. 33). Pezzo in fotocopia sulla Stampa (p. 33), più retroscena di Gianluca Paolucci: "Quel patto sinistra-destra per spartire le poltrone finito nel mirino dei pm". Ma non doveva essere lo scandalo dell'anno?
fedeli
6 - GRANDE FRATELLO FISCO
"La svolta del Fisco, parte l'anagrafe dei conti correnti. Al via l'archivio per la caccia agli evasori. Arriva il decreto per l'accesso ai dati bancari dei contribuenti. Il provvedimento è l'attuazione di una norma contenuta nella manovra 2011" (Corriere, p. 45). Per chi non ha nulla da temere e paga tutte le tasse fino all'ultimo centesimo, finalmente una buona notizia. Sempre in tema, "La crisi alimenta l'evasione fiscale'. Finanza: alla luce 2,4 miliardi di redditi sottratti al fisco. Nel mirino i ‘compro oro'" (Repubblica, p. 48). "Evasione e truffe: cresce l'Italia dei furbetti" (Messaggero, p. 21)

7 - DISECONOMY
La crisi del cosiddetto Paese reale si vede bene anche dal bilancio dell'Enel. Pezzo del Sole 24 Ore: "Scende l'utile Enel, via al piano anti-debito. Profitti 2012 a 865 milioni. Svalutata la quota in Endesa per 2,5 miliardi. Cessioni per sei miliardi nei prossimi due anni" (p. 25). Corriere: "Enel dimezza l'utile e taglia il debito. Conti: per i manager stipendi giù del 30%, nessun licenziamento. Il titolo perde il 5,98%" (p. 41).
a cura di colin ward e critical mess

Paolo Griseri per "la Repubblica"
TIMOTHY DOLAN ARCIVESCOVO DI NEW YORK jpeg
«La Chiesa è in buone mani». Non sono trascorse due ore dall'annuncio del nome del nuovo Papa e, con una scelta decisamente irrituale, Timothy Dolan, primate dei vescovi Usa, mette il timbro sull'elezione. Lo fa con una conferenza stampa in cui rivela quasi in tempo reale alcuni particolari del Conclave: «Quando Bergoglio è arrivato al 77esimo voto è scattato un applauso. Siamo stati molto felici del risultato. Sono emozioni molto grandi».

Parole che vanno oltre i riconoscimenti di rito. Perché contemporaneamente, in una nota ufficiale, lo stesso Dolan aggiunge che l'elezione di papa Francesco, «rappresenta una pietra miliare per la nostra chiesa».
Una svolta caratterizzata, secondo il primate statunitense, dal fatto che «il Papa ha detto di aver scelto il suo nome in onore di Francesco di Assisi», e che «sappiamo tutti che il Santo di Assisi si è occupato dei poveri e degli umili. Sarà questo il suo lavoro». Se poi le allusioni ai recenti scandali della Curia non fossero sufficienti, è lo stesso Dolan a sottolineare che «Papa Francesco rappresenta una figura di unità per tutti i cattolici, ovunque essi si trovino ». Dunque dentro ma soprattutto fuori la cerchia delle mura leonine. Per queste ragioni, aggiunge Dolan «i vescovi degli Stati Uniti e i fedeli delle nostre 195 diocesi pregano per il nostro nuovo leader e gli promettono lealtà».
La mossa dell'arcivescovo di New York coglie di sorpresa perché rompe con la tradizione e anticipa i tempi tradizionali del Vaticano. Questa mattina alle 13 è in programma il Briefing con il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi. Ma Dolan ha anticipato ieri sera alcune indiscrezioni che ora attendono solo il crisma dell'ufficialità.
Come l'annuncio che «domani (oggi ndr) il nuovo Papa andrà a incontrare il papa emerito Benedetto XVI. O il fatto che «venerdì mattina alle 11 incontrerà i cardinali».
ARCIVESCOVO TIMOTHY DOLAN
Con la mossa di ieri sera i porporati statunitensi hanno anche voluto prendersi un piccola rivincita rispetto a quel che era accaduto nei giorni immediatamente precedenti l'apertura del Conclave. Era accaduto che la scelta dei prelati statunitensi di tenere propri briefing paralleli a quelli della Sala Stampa vaticana aveva finito per irritare.

Tanto che negli ultimi giorni delle Congregazioni quegli incontri con la stampa dei vescovi Usa erano stati sospesi. Così ieri sera Dolan ha voluto approfittare del buco comunicativo vaticano, dovuto al fatto che l'elezione si è svolta in serata.
Una sorta di concorrenza che non è solo sull'informazione ma, pare, sulla sostanza. Perché il segnale lascia intendere che almeno Dolan e i porporati del suo Paese ritengano più utile parlare direttamente ai giornalisti piuttosto che passare attraverso la mediazione vaticana. Un modo per marcare una distanza e una diversità. Un piccolo sintomo del clima generale in cui è maturata l'elezione di Bergoglio, quel vento anti curiale che sembrerebbe aver spirato impetuoso nella cappella Sistina.
Andranno lette anche in questo senso le parole di Dolan sul suo stato d'animo: «Dormirò bene stanotte e anche papa Francesco dormirà bene. La chiesa è in buone mani, lo sappiamo tutti». Timothy Dolan avrebbe dormito altrettanto sereno se al Soglio di Pietro fosse stato chiamato qualcun altro? Certo l'arcivescovo di New York ieri sera appariva decisamente soddisfatto. Tanto da rivelare via Twitter una battuta scherzosa fatta dal nuovo Papa ai cardinali poco dopo essere stato eletto nella Sistina: «Cari fratelli, che Dio vi perdoni».
JORGE BERGOGLIO PAPA
Marco Politi per il "Fatto quotidiano"

Umano come Michel Piccoli, tranquillo come un missionario, un contemporaneo tra contemporanei, Jorge Bergoglio, il Papa di Buenos Aires, si affaccia su Roma e il mondo, chiedendo ai fedeli di benedirlo prima di benedire a sua volta gli "uomini di buona volontà". E assumendo un nome, che per l'universo cattolico - e ben oltre - ha il significato di un rapporto gioioso, semplice, intenso con l'umanità, la natura e la storia: Francesco.
Il nuovo pontefice, che inizia la sua missione con un buona sera, non demonizza gli "ismi" della modernità, ma propone un "cammino di fratellanza, amore e fiducia tra noi". Spiega che Roma presiede "nella carità" tutte le Chiese del mondo cattolico. E per due volte ha sottolineato dalla Loggia delle Benedizioni il legame tra vescovo e popolo.
Solo quattro votazioni sono bastate per portare la Chiesa a voltare totalmente pagina, spazzando dall'agenda ogni pauroso attaccamento al passato. Il colpo di teatro, andato in scena nella serata di ieri dinanzi a una folla coinvolta nel rito ancestrale di una rinascita, costituisce un No secco al ritorno di un pontefice italiano, una fuoriuscita dall'orizzonte europeo in cui Benedetto XVI aveva concentrato le sue preoccupazioni, un rifiuto evidente di uomini di Curia o legati agli equilibri curiali.
BERGOGLIO
Sono caduti come birilli i candidati cosiddetti forti, già inseriti in un guscio di potere ecclesiastico. Scola, Scherer, Ouellet. La storia ci racconterà quanto abbia pesato nel referendum anti-Scola la baldanza dei sostenitori (esilarante il telegramma di auguri della Cei indirizzato ieri per sbaglio ad Angelo Scola "successore di Pietro") e il suo silenzio pluriennale sull'alleanza tra Vaticano, Cei e Berlusconi, alleanza risultata sempre incomprensibile agli uomini di Chiesa all'estero.

Quanto abbia alienato simpatie a Scherer la difesa d'ufficio della Curia bertoniana nel giorno, in cui i porporati hanno perso la pazienza sulle mezze verità diffuse sull'opaco Ior. Quanto abbia frenato i consensi per Ouellet il suo appartenere alla Curia selezionata da Ratzinger e il suo far parte (insieme a Scola) di quel vivaio teologico-ideologico, costituitosi intorno alla rivista Communio prediletta e ispirata da Ratzinger e De Lubac per fare barriera contro i supposti eccessi dei riformatori animati dal concilio Vaticano II.
Cardinale Scola
Con l'elezione di Bergoglio, primo papa gesuita della storia, affondano una dottrina di politica vaticana e una scuola teologica. Essenziale - nello sgombrare il campo dal referendum su Scola e nel mettere da parte gli altri illustri duellanti - dev'essere stata in conclave la rapida convergenza realizzatasi tra il gruppo cardinalizio statunitense guidato dall'arcivescovo di New York Dolan, le teste pensanti dell'area francese capitanata dal cardinale di Parigi Vingt-Trois, i silenziosi riformatori schierati intorno alle posizioni del cardinale Schoenborn, la maggioranza degli indecisi del Terzo Mondo, molto attenti però alle parole del nigeriano Onayekan sulla "non-essenzialità di una banca per la missione del successore di Pietro".

Ha vinto la voglia enorme di aria nuova, che aleggiava nel corso delle assemblee plenarie dei cardinali durante le quali emergeva come nota costante l'esigenza di un "messaggio positivo" da portare al mondo e la volontà di instaurare un rapporto nuovo tra Santa Sede ed episcopati, aprendo un processo che porti a concretizzare quel principio di collegialità sancito dal Concilio per sottolineare che la Chiesa universale non la guida un monarca solitario.
D'altronde già il Sinodo dei vescovi dell'ottobre 2012 aveva segnalato che sotto la pelle di una struttura ecclesiastica, formalmente suddita della visione di Benedetto XVI e di un generale conformismo, stava crescendo l'anelito per una Chiesa, che riprendesse a camminare in avanti. Anche attraverso una rigenerazione dopo tanti scandali sessuali e finanziari.
Si sentirono in quella occasione voci nuove e pressanti affinchè la Chiesa facesse un "esame di coscienza sul modo di vivere la fede", si rivolgesse alla cultura contemporanea con un "dialogo senza arroganza (e) non in termini di aggressione ideologica", e avesse il coraggio di indagare su "ombre o fallimenti ai quali bisogna porre fine".
ODILO PEDRO SCHERER jpeg
I semi di allora sono fioriti il 13 marzo 2013. Con l'elezione di papa Francesco l'America latina irrompe al vertice di Santa Romana Chiesa. Dal continente europeo il testimone passa al Nuovo Mondo. In prima fila sono proiettati i fedeli e le esperienze di aree, che raggruppano la metà dei cattolici dl pianeta e che rappresentano anche un terzo dei cattolici degli Stati Uniti.

Il nome scelto da papa Bergoglio è simbolo di una speranza, profondamente radicata nelle masse diseredate del Terzo Mondo. Quando Giovanni Paolo II arrivò in Brasile nel 1980, il dittatore Videla gli "attrezzò" per una visita la favela Vidigal di Rio. Spuntarono fognature, cabine telefoniche e una chiesa nuova di zecca. Avrebbe dovuto intitolarsi naturalmente a san Stanislao. I fedeli del quartiere scelsero a maggioranza schiacciante: san Francesco.
Vincono con l'elezione di Bergoglio i porporati lungimiranti, che nell'episcopato mondiale, ma anche nei settori della Curia rimasti fedeli alla lezione di Paolo VI, si sono battuti per proseguire la strategia dell'internazionalizzazione del papato. Dopo l'Italia, l'Europa dell'Est e dell'Ovest, è arrivato il momento dell'America latina e il papato concretizza così ancor più la sua dimensione universale nell'era globale.
Va detto peraltro che la rapidità e la genialità della scelta rivela che i vertici della Chiesa cattolica - quel "Senato" cardinalizio, erede della romanità - mostrano tuttora una capacità di governo e di "visione", che molti organismi secolari non hanno (a cominciare dall'Italia) e sono stati in grado reagire alla crisi violenta delle dimissioni di Benedetto XVI con un salto verso il futuro. A sua volta papa Ratzinger, uscendo di scena, ha mostrato di avere intuito lucidamente che una fortissima scossa era necessaria per salvare la Chiesa dalla palude in cui era scivolata e che la tempesta di Vatileaks aveva reso lampante.
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Costituisce una lezione della storia - e un segno dello stato d'animo profondo e nascosto del corpo episcopale - il fatto che sia stato portato al trono papale l'uomo che nel 2005 aveva convogliato su di sé i quaranta voti della minoranza riformatrice, ispirata al cardinale Martini e contrapposta alla candidatura di Joseph Ratzinger. L'elezione di papa Francesco mette tra parentesi l'esperimento ideologico ratzingeriano, basato sulla salvaguardia ossessiva di identità, tradizione e sospetto nei confronti del riformismo conciliare. Bergoglio non è un progressista, anzi negli anni Settanta fu in conflitto con i suoi confratelli più legati alla teologia della liberazione.

Ma è un moderato nel senso positivo del termine. Un uomo di equilibrio, sereno, che insiste sulla parola "cammino", pronto - sembra - a favorire un'evoluzione della Chiesa. "Sono emozionato, mi piace perché è vero", ha esclamato a caldo un fedele in piazza San Pietro. Alla fine ha vinto quel cardinale che al Fatto aveva predetto o auspicato: "Un papa extra-europeo, fuori dalle cordate di Curia, un uomo di centro, ragionevole e aperto, che non si chiuda in un monologo". Da qui si può ripartire.

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