Il professor Paolo Becchi è ormai lo scienziato politico
numero uno di Beppe Grillo e del movimento 5 stelle. È sua l’idea bizzarra che
l’attuale parlamento può funzionare anche senza un governo nuovo, perché basta
e avanza il vecchio, in regime di perenne “prorogatio”.
Ma pochi ricordano che Becchi, professore di filosofia del
diritto all’università di Genova, ha avuto cinque anni fa un altro momento di
gloria.
Da tutt’altre parti e su tutt’altri argomenti.
Nel 2008 pubblicò un libretto presso l’editrice Morcelliana
di Brescia, “Morte cerebrale e trapianto di organi”, che sarebbe passato
inosservato se Lucetta Scaraffia non l’avesse rilanciato con grande enfasi in
un editoriale
sulla prima pagina de “L’Osservatore Romano” del 3 settembre.
In Vaticano fu un terremoto. Perché la tesi di Becchi,
condivisa da Scaraffia, faceva a pezzi la convenzione di Harvard del 1968 che
individua il segno dell’avvenuta morte non nell’arresto cardiaco ma nell’encefalogramma
piatto e quindi legittima i prelievi di organi quando il cuore del donatore
ancora batte.
Anche la Santa Sede, come la quasi totalità dei paesi del
mondo, era ed è a favore della convenzione di Harvard e della pratica che ne
consegue. Dovette quindi intervenire padre Federico Lombardi per precisare che
l’articolo di Scaraffia “non è un atto del magistero della Chiesa né un
documento di un organo pontificio” e che le riflessioni ivi formulate “sono
ascrivibili all’autrice del testo e non impegnano la Santa Sede”.
Ma la controversia non si spense affatto. Già nel 2005,
quando in un convegno a porte chiuse della Pontificia Accademia delle Scienze
un buon numero di esperti aveva contestato come priva di attendibilità
scientifica la convenzione di Harvard, le autorità vaticane erano corse ai
ripari non pubblicando gli atti del convegno.
Ma provvide l’editore Rubbettino a stamparli, in italiano e
in inglese. Dalla lettura degli atti si poteva vedere che contro la convenzione
di Harvard c’erano anche due studiosi molto apprezzati da papa Joseph
Ratzinger, i professori Joseph Seifert e Robert Spaemann, oltre a Becchi che al
convegno non aveva partecipato ma scrisse il suo contributo al libro,
curato da Roberto de Mattei.
E come non bastasse, nel febbraio del 2009, pochi mesi dopo
l’articolo di Lucetta Scaraffia, diversi studiosi contrari alla convenzione di
Harvard, tra i quali Becchi e de Mattei, tornarono a prendere la parola in un congresso
internazionale nell’Hotel Columbus, a pochi passi da piazza San Pietro, alla
presenza di cardinali, dirigenti di curia e membri delle accademie pontificie.
Ma a questo congresso “L’Osservatore Romano” non dedicò
neppure una riga.
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