Il Magistero ecclesiastico è ormai guardato con sospetto da varie parti, soprattutto da coloro che (non senza sussiego) si dichiarano non praticanti o addirittura non cattolici o non credenti.
Non è rara l’accusa alla Chiesa di essere “fondamentalista” nell’esegesi della Sacra Scrittura (con la sottintesa pretesa di vederla succube dell’esegesi razionalista), con applicazioni mirate ai sacramenti del matrimonio (in rapporto al divorzio), dell’ordine (in rapporto all’ordinazione delle donne), dell’eucarestia (in rapporto alla transustanziazione e alla partecipazione reale al sacrificio del Redentore) e perfino con applicazione alla nascita verginale del Redentore e alla sua reale corporea resurrezione. Purtroppo la critica è appoggiata da ecclesiastici dimentichi del loro giuramento antimodernista.
Più frequente, però, è la critica al Magistero morale della Chiesa accusato di ingerirsi indebitamente in temporalibus, dove si esalta la competenza propria del laici, e – soprattutto – accusato di irrealistico rigorismo nelle questioni sessuali.
Riteniamo qui irricevibile la pretesa di quei critici che pretenderebbero l’irresponsabilità perfino nei confronti delle gravidanze, ma registriamo altre critiche che trovano diffusa accoglienza:
- anzitutto la critica rivolta agli educatori di demonizzare il sesso, la nudità, gli istinti e gli stessi sentimenti connessi. Questa critica trova appiglio non già nell’antropologia tomista e nell’equilibrio delle definizioni tridentine, ma in molti agiografi che influenzano la direzione spirituale. E’ anche possibile che il sospetto contro il corpo e i suoi istinti sia stato travasato dalla tradizione platonica e gnostica più che da quella biblica;
- questa critica si estende al problema della diffusa pratica della masturbazione e degli approcci sessuali (eterosessuali) dei giovani, come anche delle inclinazioni omosessuali del periodo adolescenziale. Tale critica trova appiglio nella pratica fuga degli educatori che omettono di affrontare personalmente i problemi, si arroccano in divieti formali e non ammettono che anche nella formazione delle relative responsabilità occorre un rodaggio e un allenamento;
- la critica, però, si estende al rigore con cui la Chiesa Latina pretende il celibato da coloro che si offrono per il ministero sacerdotale. La gente non vede il fondamento neotestamentario di tanto rigore ed è incredula sulla effettiva prolungata tenuta d’un impegno tanto grave, perché si basa sulle proprie fragilità e non sulle risorse dell’ascetica cristiana. D’altronde è molto difficile persuaderla della ragionevolezza della pretesa latina di fronte: a) alla mancanza di ministri; b) e alla ribadita necessità dei sacramenti soggetti alla disciplina ministeriale. Ogni anno 500 sacerdoti chiedono di abbandonare il celibato;
- irrefutabile appare la critica ai frequenti casi di pedofilia e di omosessualità tra preti (tra i quali ci sono anche alti prelati). Qui la critica raggiunge i vertici del governo ecclesiastico non solo per i casi di tolleranza (presunta colpevole) addossati a vari Papi recenti, ma per l’accredito dato alla psicanalisi (notoriamente permissivista) nel periodo di formazione seminaristica e soprattutto per la mancata accurata selezione degli ecclesiastici impiegati nel ministero;
- incomprensibile risulta la prassi pastorale di ammettere all’eucarestia notori praticanti l’aborto, il concubinato e l’omosessualità senza adeguata pubblica conoscenza delle condizioni per le quali i peccatori ottengono l’assoluzione dei loro peccati. Secondo alcuni il Magistero ecclesiastico, lungi dall’essere rigorista, sarebbe piuttosto tollerante in tema di omosessualità e ciò si verificherebbe non solo per il gran numero di simpatizzanti che gli omosessuali hanno attirato dalla loro parte, bensì per le prospettive di dialogo ecumenico e soprattutto di dialogo con ebrei e mussulmani. Si dice, infatti, che Tel Aviv è la città più accogliente verso i gay e che tra i mussulmani la pratica omosessuale sia comune. Anzi si assicura che tale costume sia ancor più diffuso tra i cinesi;
Francamente non siamo in grado di verificare il fondamento di questa insolita critica, piuttosto inverosimile.
Don Ennio Innocenti
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