Mons. Piero Parolin, neo Segretario di Stato Vaticano,
intervistato dal quotidiano di Caracas El Universal, si dice cosciente
di partecipare “ad un’opera di rinnovamento che (il Papa) vuole fare
nella Chiesa Cattolica”.
Tra le altre cose il prelato riflette sul fatto che il celibato sacerdotale non è una “definizione di fede”
e, quindi “si può pensare a qualche modifica”. Nulla di nuovo sotto il
sole, né di scandaloso, sono secoli che si discute di questa legge
ecclesiale, ma, come molti lettori sapranno, questa volontà di
cambiamento è stata espressa particolarmente negli ultimi 40-50 anni.
Per farsi un’idea si possono leggere le opere di Hans Kung,
per citare un teologo dissidente di un certo spessore, ma si potrebbero
ricordare le aperture del domenicano olandese Schillebeeckxv, del
gesuita Rahner, giù, giù fino all’odierno Vito Mancuso. Anche il Card.
Martini aveva in più occasioni proposto un ripensamento dell’obbligo di
celibato dei sacerdoti.
Al di là delle varie posizioni in campo colpisce che specialmente in questi ultimi 40-50 anni il tema è diventato una specie di cavallo di battaglia,
soprattutto per cercare di arginare la terribile emorragia di vocazioni
e gli abbandoni del sacerdozio. Infatti, anche Mons. Parolin ha
spiegato che questa potrebbe essere una soluzione alla scarsità del
clero.
E’ innegabile che il crollo dei costumi verificatosi negli ultimi decenni ha rappresentato una variabile non indipendente
rispetto alla tenuta di questa legge ecclesiale e al calo del numero di
sacerdoti. Qui però viene da domandarsi se sia la legge a doversi
adattare al vento di cambiamento o, piuttosto, è la tempesta che deve
essere sedata.
Secondo Paolo VI, e siamo nel 1967, “la causa della rarefazione delle vocazioni sacerdotali va ricercata altrove,
principalmente, per esempio, nella perdita o nella attenuazione del
senso di Dio e del sacro negli individui e nelle famiglie, della stima
per la Chiesa come istituzione di salvezza, mediante la fede ed i
sacramenti, per cui il problema deve essere studiato nella sua vera
radice”. Mi pare che qui ci sia già una risposta decisiva: il problema
non è la legge del celibato ecclesiale, ma l’apostasia della fede.
Il principio del celibato sacerdotale deve essere ricercato nell’idea di purezza,
quella purezza che se non si fonda in una fede salda si sbanda con
grande facilità. E’ una esperienza che, in altro senso, possono fare
anche gli sposati: come restare fedeli al proprio marito o alla propria
moglie se non si crede fermamente nella bontà del matrimonio? Come fare
se non si ha un controllo superiore sui propri istinti? Operazione, oggi
più che mai, veramente ardua, visto che le distrazioni sempre più
facili e frequenti. Insomma, purezza, celibato e castità, sono valori in
disarmo su tutta la linea.
Ma qui torna la domanda di prima: sono i valori che devono essere abbandonati, oppure è la prassi attuale che non li rispetta?
Per tornare alla questione del celibato ecclesiastico giova ricordare che l’attuale prefetto della Congregazione del Clero, il Card. Piacenza, ha scritto
che “alla luce del magistero pontificio bisogna anche superare la
riduzione, in taluni ambienti molto diffusa, del celibato a mera legge
ecclesiastica”. Tra i vari interventi dei Papi appare particolarmente
significativo quello di Giovanni Paolo II, il quale, in un esortazione
post-sinodale del 1992, scriveva parole inequivocabili: “Il Sinodo non
vuole lasciare nessun dubbio nella mente di tutti sulla ferma volontà
della Chiesa di mantenere la legge che esige il celibato liberamente
scelto e perpetuo per i candidati all’ordinazione sacerdotale nel rito
latino”.
Il celibato è certamente un grande segno di radicalismo evangelico,
di quella fede oggi allo sbando, come ricordava Paolo VI; segno di un
Regno che non è di questo mondo, il quale, invece, appare ormai piegato
alle logiche della carne. Facciamo nostra una domanda che si pone il
Card. Piacenza: Una comunità che non avesse in grande stima il celibato,
quale attesa del Regno o quale tensione eucaristica potrebbe vivere? (La Voce di Romagna, 13/09/2013)
- Autore: Lorenzo Bertocchi
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