ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 24 luglio 2013

Il trombone stonato

Enzo Bianchi, in un suo articolo apparso ieri su Repubblica e da me letto su Aleteia, dopo aver inventato l’assurda “teologia della valigia nera” (in riferimento al bagaglio a mano di Papa Francesco I mentre saliva sull’aereo che Lo avrebbe condotto a Rio de Janeiro per la Giornata Mondiale della Gioventù); dopo aver disprezzato i Papi che sono intercorsi tra Giovanni XXIII e Francesco I (e sono quattro: Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) dilettandosi a denigrare Benedetto XVI reo, a suo avviso, di assumere durante la liturgia “profili da bassorilievo assiro”. Poi il resto è tutto un esaltare Francesco I, non tanto in sé, quanto per gettare fango sull’operato dei Predecessori, soprattutto l’ultimo. Dei meriti di Francesco I non abbiamo dubbi, sebbene molte scelte non le comprendiamo (e gli articoli dell’eresiarca Bianchi lo confermano, si prestano troppo bene alle sue strampalate teologie); ci domandiamo però perché per difenderlo ed esaltarlo si debba necessariamente essere cattivi (e falsi!) nei confronti degli altri Papi che prima di Lui hanno guidato la Chiesa. Forse le apertissime vedute di Bianchi non gli permettono di trovarne? Non lo sappiamo. Sappiamo che di Bianchi e soci non ce ne importerebbe nulla se non avessero ampia pubblicità sui media nazionali. Delle mie parole nessuno si preoccupa, avendo una limitata diffusione, delle sue qualcuno dovrebbe preoccuparsi visto che feriscono gravemente la Chiesa. Feriscono la comunione. Perché questi personaggi, che per otto anni hanno vissuto una sana frustrazione, opponendosi in continuazione al Magistero papale, oggi si riscoprono papalini. E a colpi di machete distruggono quel minimo di unità ecclesiale che ancora è rimasta. Si parla tanto (troppo?) di continuità nel susseguirsi dei Papi, forse se ne parla tanto perché si fa fatica a trovarla (forse c’è, ma si fatica). Ebbene Bianchi e soci, con una facilità impressionante, feriscono e distruggono l’unità e mandano all’aria tutto il lento lavoro di pacificazione che i Papi, non ultimo Benedetto XVI, hanno tentato di fare. Se non ci sono riusciti è anche a causa di costoro, che pensano che seguire il Papa sia un optional, che lo fanno solo a loro uso e consumo, che credono che un Papa possa cambiare la dottrina della Chiesa, e se lo pensano è perché non credono nella Chiesa, ma la usano. Eretici. Le loro meschine esaltazioni dell’uno o dell’altro Pontefice non servono a nessuno, se non ai loro eretici interessi. Per il bene della Chiesa serve educare alla sana obbedienza cristiana, sia che sul Trono di Pietro segga Pio XII, sia che segga Benedetto XVI, sia che segga Francesco I, tanto per citare tre Papi. Non è una questione di simpatia, ma di essere cattolici, apostolici e romani.

Mi ha fatto poi sorridere, amaramente, che Enzo Bianchi abbia fatto uno studio statistico del lessico di papa Francesco, notando come le parole che più ricorrono siano gioia, misericordia e perdono. Se avessi tempo, pazienza e fossi certo che facendolo gioverei a qualcuno, lo farei anche per tutto il Magistero di Papa Benedetto XVI. Ma sono certo che Enzo Bianchi non lo leggerà mai e rimarrà ciecamente convinto delle sue eresie. Nel frattempo, per i miei cari lettori, uno studio statistico l’avevo fatto anche io da qualche tempo e stavo preparando un resoconto. Enzo Bianchi e l’articolo letto su Aleteia, mi prestano l’occasione per fornirne i risultati. Forse per qualcuno saranno sorprendenti. Ebbene, se facciamo l’analisi statistica delle parole presenti nel Nuovo Testamento (Scrittura che, da buon eresiarca, è assolutizzata dal Bianchi) scopriamo che la parola amore ricorre, di per sé, 77 volte. Se la sommiamo a quelle simili (amato, amati, amate, amatevi, riamato, amorevoli) arriviamo a 124 ricorrenze. La parola verità, invece, ricorre 133 (da sola) nei solo quattro Vangeli. In tutto il Nuovo Testamento arriviamo a 207 (senza sommare le simili, con le quali arriveremmo a 247. E la cosa ancora più interessante è che la parola carità (cui troppo si abusa) ricorre “solo” 54 volte nel Nuovo Testamento e nessuna (nessuna!) nei Vangeli. Non sono un esperto di esegesi e mi tengo lontano da trarre conclusioni definitive. Mi rendo solo conto, e la statistica lo conferma, che nel Nuovo Testamento, tra amore e verità, il primo termine strumentalizzato dagli eretici, il secondo difeso e auspicato dai cattolici, la preminenza è, nettamente, per il termine verità. 

Si può allora concludere dicendo: “L'amore è forse il cuore della fede, ma il cristianesimo incrocia qualcosa di altrettanto importante: la verità” [G. Ferrara]

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