Il Concilio Tridentino si è concluso 450 anni fa, nel 1563. E per
dare lustro alla ricorrenza, papa Francesco invierà a Trento il 1
dicembre, come proprio rappresentante ufficiale, il cardinale tedesco
Walter Brandmüller, già presidente del pontificio comitato di scienze
storiche e specialista nella storia dei concili.
Nell’interpretare il Concilio Vaticano II, Brandmüller è uno dei critici più duri delle tesi della “scuola di Bologna”, alla pari con quell’Agostino Marchetto che papa Francesco ha recentemente definito “il migliore ermeneuta” di quello stesso concilio, ma soprattutto in perfetto accordo con l’ermeneutica sostenuta da Benedetto XVI nel memorabile discorso alla curia del 22 dicembre 2005: quella della “riforma nella continuità dell’unico soggetto Chiesa”.
Ebbene, nella lettera in latino con cui affida al cardinale Brandmüller il compito di rappresentarlo a Trento, resa pubblica il 23 novembre, papa Francesco cita proprio quel discorso di Benedetto XVI per dire come vanno interpretati sia il Concilio di Trento che il Concilio Vaticano II, cioè i due concili che nella visione di “rottura” cara ai bolognesi rappresentano l’uno il vecchio e l’altro il nuovo che vi si sostituisce.
Con ciò papa Jorge Mario Bergoglio sembra fare un ulteriore passo nella rettifica dei giudizi da lui espressi sul Vaticano II nell’intervista a “La Civiltà Cattolica”, nel senso di una piena e dichiarata adesione all’ermeneutica di Benedetto XVI.
Ecco qui di seguito il passaggio chiave della lettera del papa a Brandmüller, tradotto dal latino:
“A Trento, i padri conciliari dedicarono ogni cura a che la fede cattolica apparisse più chiara e fosse meglio compresa. Su ispirazione e suggerimento dello Spirito Santo, fu loro somma premura che il sacro deposito della dottrina cristiana non solo fosse custodito ma risplendesse più luminoso all’uomo, affinché l’opera salvifica del Signore fosse diffusa in tutto il mondo e il Vangelo fosse propagato su tutta la terra.
“Ponendosi con certezza in ascolto obbediente del medesimo Spirito, la Santa Chiesa del nostro tempo ribadisce e medita anche oggi la ricchissima dottrina tridentina. Infatti ‘l’ermeneutica della riforma’ che il nostro predecessore Benedetto XVI illustrò nel 2005 alla curia romana si applica al concilio Vaticano non meno che al Tridentino. Senza dubbio questo tipo di ermeneutica pone in una luce più nitida l’inconfondibile ed eccelsa proprietà della Chiesa che il Signore stesso le conferisce: ‘Essa è un soggetto che nel trascorrere dei secoli cresce e si sviluppa, rimanendo però sempre il medesimo. Essa è infatti l’unico e identico soggetto del Popolo di Dio in cammino’ (Discorso alla curia romana nel Natale del Signore)”.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/11/24/da-roma-a-trento-senza-passare-per-bologna/
Nell’interpretare il Concilio Vaticano II, Brandmüller è uno dei critici più duri delle tesi della “scuola di Bologna”, alla pari con quell’Agostino Marchetto che papa Francesco ha recentemente definito “il migliore ermeneuta” di quello stesso concilio, ma soprattutto in perfetto accordo con l’ermeneutica sostenuta da Benedetto XVI nel memorabile discorso alla curia del 22 dicembre 2005: quella della “riforma nella continuità dell’unico soggetto Chiesa”.
Ebbene, nella lettera in latino con cui affida al cardinale Brandmüller il compito di rappresentarlo a Trento, resa pubblica il 23 novembre, papa Francesco cita proprio quel discorso di Benedetto XVI per dire come vanno interpretati sia il Concilio di Trento che il Concilio Vaticano II, cioè i due concili che nella visione di “rottura” cara ai bolognesi rappresentano l’uno il vecchio e l’altro il nuovo che vi si sostituisce.
Con ciò papa Jorge Mario Bergoglio sembra fare un ulteriore passo nella rettifica dei giudizi da lui espressi sul Vaticano II nell’intervista a “La Civiltà Cattolica”, nel senso di una piena e dichiarata adesione all’ermeneutica di Benedetto XVI.
Ecco qui di seguito il passaggio chiave della lettera del papa a Brandmüller, tradotto dal latino:
“A Trento, i padri conciliari dedicarono ogni cura a che la fede cattolica apparisse più chiara e fosse meglio compresa. Su ispirazione e suggerimento dello Spirito Santo, fu loro somma premura che il sacro deposito della dottrina cristiana non solo fosse custodito ma risplendesse più luminoso all’uomo, affinché l’opera salvifica del Signore fosse diffusa in tutto il mondo e il Vangelo fosse propagato su tutta la terra.
“Ponendosi con certezza in ascolto obbediente del medesimo Spirito, la Santa Chiesa del nostro tempo ribadisce e medita anche oggi la ricchissima dottrina tridentina. Infatti ‘l’ermeneutica della riforma’ che il nostro predecessore Benedetto XVI illustrò nel 2005 alla curia romana si applica al concilio Vaticano non meno che al Tridentino. Senza dubbio questo tipo di ermeneutica pone in una luce più nitida l’inconfondibile ed eccelsa proprietà della Chiesa che il Signore stesso le conferisce: ‘Essa è un soggetto che nel trascorrere dei secoli cresce e si sviluppa, rimanendo però sempre il medesimo. Essa è infatti l’unico e identico soggetto del Popolo di Dio in cammino’ (Discorso alla curia romana nel Natale del Signore)”.
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