Mons. Livi, le false teologie e il Catechismo
di Giorgio Vedovati
Don
Marino Neri ha introdotto la conferenza presentando varie definizioni
di verità a partire da San Tommaso, ricordando come fu lo stesso Gesù
Cristo a mettere in guardia dai falsi profeti e presentando la filosofia del sensus communis, uno strumento grazie al quale poter affrontare con solidità e concretezza la buona battaglia della fede.
Mons.
Livi è subito entrato nel cuore dell’argomento, evidenziando la gravità
di un fenomeno molto diffuso: le interferenze delle ideologie umane
nella fede. Citando rapidamente, senza astio ma con sincera onestà
intellettuale, il penetrare di tali ideologie anche nelle Università
Pontificie (ma, ha tenuto a precisare con fermezza, non nella sua
cattedra!) e in molti documenti degli episcopati mondiali, ha elencato
alcune conseguenze sotto i nostri occhi: la propaganda per il
superamento del matrimonio naturale, la messa in discussione del diritto
per la Chiesa di educare le proprie anime e la celebre «dittatura del
relativismo» stigmatizzata da papa Benedetto XVI. Regalando al pubblico
uno dei ritratti pungenti che lo caratterizzano, il reverendo ha portato
l’esempio di Massimo Cacciari, «un filosofo con la barba che è stato
sindaco di Venezia» e che, invitato spesso nei salotti televisivi come
oracolo di verità, accusava Ratzinger sostenendo, lui re del
relativismo, che il relativismo non esiste.
Passando al rapporto tra fidese ratio,
mons. Livi ha ribadito come il fedele ha e deve avere in proposito
certezze assolute, perché ogni uomo è in grado di riconoscere la
necessarietà e l’universalità del Vangelo. Già Sant’Agostino scrisse
contro gli scettici, per affermare che quel poco che conosciamo è
sufficiente per poter aspirare alla Salvezza. Oggi, invece, si vuole
impedire che l’uomo ascolti, comprenda e accetti la parola di Dio: i cosiddetti “maestri” insegnano infatti che nulla è certo, se non il loro potere mediatico e il loro essere nel giusto.
D’altra
parte, da quando esiste il Cristianesimo, tutti i filosofi del mondo
hanno preso posizione su Cristo, non essendo possibile che esista una
filosofia neutra. Una delle correnti che più ha avversato il
Cristianesimo è stata quella della filosofia della necessità, che ha
avuto come massimi rappresentanti i neoplatonici e ancor oggi gode di un
certo successo (p.es. Emanuele Severino): la loro negazione della
libertà è svolta chiaramente in opposizione alla dottrina cristiana.
Anche il neo-paganesimo, che si presenta come «laicità» (parola di
origine cristiana, usata a sproposito in senso anticristiano) e gode di
tante simpatie, mira alla distruzione del Cristianesimo. Si arriva così
all’aberrazione di Hegel, e poi al fallibilismo e al pensiero debole,
che negano la presenza di verità innegabili nell’anima umana.
Queste verità universali, definite con il tecnicismo «senso comune», sono quelli che San Tommaso chiamava preambula fidei, conosciuti di per sé dall’intelletto umano e che servono per incamminarsi verso la conoscenza della fede.
I relativisti negano queste premesse razionali della fede, rendendosi
strumento di un’operazione veramente diabolica in cui la fede è ridotta a
sentimento: per quanto accada spesso anche su Avvenire,
è un gravissimo errore parlare di «sentimento religioso», quasi a dar
ragione ai relativisti. Con una frecciatina al card. Ravasi, pur non
nominato, il monsignore ha poi ricordato come Benedetto XVI, vero
teologo, usava insistere molto sulla verità del Vangelo, mentre poche
stanze più in là c’era chi diceva che tutto è mito.
Il
dotto relatore ha quindi ribadito l’esistenza di due Magisteri riguardo
a ciò che Dio ha detto: uno necessario (il Maestro, Cristo, l’unico che
conosce il Padre essendovi consustanziale) e uno contingente (la Chiesa
docente, il Magistero ecclesiastico), derivante dall’importanza enorme
degli Apostoli, i tramiti tra Cristo e gli uomini. Cattivi teologi come
Von Balthasar, che nel suo libro Punti fermiha
dedicato il primo capitolo a «Il peccato di Pietro», in riferimento
polemico alla promulgazione del dogma dell’infallibilità papale, cadono
dunque in un’ingenuità e in un errore perniciosissimi.
Il
Magistero della Chiesa che conta è sintetizzato nel dogma: si può
parlare tanto (e spesso a vanvera) delle spiegazioni e delle
applicazioni pastorali, ma per credere occorre sapere pochissimo. I
teologi sono senz’altro maestri legittimi all’interno della Chiesa, ma
su di un piano completamente diverso rispetto al Papa: mentre infatti
l’autorità del Magistero ecclesiastico è carismatica e si riconosce per
fede, quella dei teologi è umana e scientifica, deriva da un tipo di
conoscenza riflessiva e dialettica, che fornisce del dogma una
spiegazione epistemica. La scienza teologica è in definitiva una
serie di ipotesi di interpretazione dei dogmi, la cui proclamazione
spetta però unicamente al Magistero: essa quindi non è necessaria ed è sempre reformanda, giacché non proclama verità motu proprio.
La
teologia è stata molto utile alla Chiesa e l’emblema maggiore di ciò è
San Tommaso, servitore della Chiesa attraverso la dottrina, ma nel
periodo di sviluppo del modernismo, i teologi hanno iniziato a
considerarsi riformulatori della fede, volendo sostituire la propria
autorità a quella del Magistero. Pensiamo ad esempio al noto gesuita Teilhard de Chardin. Allo stesso modo, assistiamo
oggi al proliferare di pseudo-teologie che non fanno il lavoro di
interpretazione del dogma, ma sostituiscono a esso ideologie umane
improntate al relativismo. Dei tanti falsi maestri di fede, presenti
anche nelle commissioni teologiche internazionali, dobbiamo esaminare
attentamente le teorie, accettabili solo se scientificamente fondate sul
depositum fidei.
In
opposizione a questo panorama desolante si colloca il volume di mons.
Livi, incentrato su un’analisi scientifica delle false teologie, che si
rivelano essere in realtà mere filosofie religiose. Secondo l’autore, per discernere vere e false teologie bisogna partire dal Catechismo della Chiesa Cattolica,
accessibile a tutti e che contiene tutte le nozioni sufficienti per
credere. Mostrando finalmente – ma sempre con pacatezza – i tratti
sanguigni per i quali l’amico Satiricus definiva scherzosamente il
Nostro «mons. Livori», il reverendo ha messo in guardia dal fidarsi dei
teologi che scrivono su «Famiglia Cristiana», «Avvenire» o anche
«L’Osservatore Romano», a caccia di consensi anche grazie alla
suggestione di astrusità e teologhese: la fede invece, soprattutto nei suoi elementi necessari, è per i semplici.
Bisogna anche evitare le presunte messe al bando della scolastica: il Vaticano II è stato il primo Concilio in cui viene nominato un teologo e questo è proprio Tommaso d’Aquino, indicato espressamente come paradigma della buona teologia. Non si può pretendere che la gente comune conosca il Denzinger quando basta il Catechismo, ma chi volesse dilettarsi di teologia deve fidarsi di tecnici capaci, altrimenti meglio lasciar perdere: la teologia è utile se esprime il dogma, ma è una peste se mira a modificarlo.
Bisogna anche evitare le presunte messe al bando della scolastica: il Vaticano II è stato il primo Concilio in cui viene nominato un teologo e questo è proprio Tommaso d’Aquino, indicato espressamente come paradigma della buona teologia. Non si può pretendere che la gente comune conosca il Denzinger quando basta il Catechismo, ma chi volesse dilettarsi di teologia deve fidarsi di tecnici capaci, altrimenti meglio lasciar perdere: la teologia è utile se esprime il dogma, ma è una peste se mira a modificarlo.
Stuzzicato dal pubblico e ricordando la querelle con Enzo Bianchi e «Avvenire», il
reverendo ha ricordato che fratel Enzo e la sua comunità, i quali – tra
l’altro – celebrano Lutero quale santo, pretendono di preparare una
“nuova Chiesa”, sembrando a volte dubitare persino della divinità di
Cristo. Molto netta anche la sentenza sul cardinale Martini, il
quale non ha mai fatto una vera e propria teologia, ma è sempre rimasto
un biblista, quando gli studi biblici, se svincolati dal dogma, sono
inutili e persino dannosi.
Molto chiara, infine,
la precisazione relativa all’accusa di non essere equidistante tra
progressisti e tradizionalisti: pur essendo condannabili gli estremisti,
la differenza tra le due parti è enorme, in quanto i primi sono
necessariamente dei manipolatori della fede (e quindi eretici), mentre i
secondi, pur incorrendo talvolta in difese ideologiche, dicono la
verità e operano in difesa del dogma.
Il messaggio di mons. Livi è carico di ottimismo e fiducia: consapevoli
che la Chiesa è indefettibile, dobbiamo accettare la presenza della
falsa teologia come loglio in mezzo al grano, stando però ben attenti a
guardarcene e a condannarla. Infine un consiglio per i regali di Natale: anziché regalare libri di cosiddetta teologia, è molto meglio scegliere il Catechismo!
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