ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 8 gennaio 2014

Briscola a cuori?

Sarà l’anno del ritorno al cuore, ma la tenerezza la terrei a bada

Sarà l’anno del ritorno al cuore. Organo non razionalizzabile, il cuore è il deposito di molte cose buone, in particolare della capacità di amare e di riconoscere l’amore negli altri, ma senza l’intelligenza, senza il riconoscimento dell’autorità e del mistero, risolve tutto in tenerezza. La chiesa cattolica ha una profonda e insondabile influenza sul mondo occidentale, sebbene i papi abbiano rinunciato al patriarcato d’occidente come titolo di dottrina e onore. I grandi mutamenti della metà del secolo scorso sono inimmaginabili senza il riscontro del Concilio Vaticano II. Ci espone a rischi la propensione del momento alla predicazione e alla pratica della tenerezza. Cosa diversa dalla misericordia, che implica una diseguaglianza di status, si radica nella trascendenza, e propone la forza del giudizio che assolve, perdona, comprende e abbraccia, ma resta giudizio.

Il nostro mondo era diverso quando i papi creavano l’Europa libera del postcomunismo facendosi pellegrini e crociati, quando citavano Manuele Paleologo per definire la vocazione alla violenza coercitiva dell’islam, quando contestavano con argomenti illuminati e razionali il pansessualismo e la manipolazione della vita, quando scavavano nella contraddizione tra immenso potere di fare e insufficiente potere morale della pratica tecnica e scientifica. Non è che Cristo fosse sostituito dall’aridità della dottrina morale, non è che fosse scomparso il cuore di carne dei cristiani a sostituzione del cuore di pietra dei pagani, ma era in atto la ricerca di un punto medio, di un equilibrio tra intelligenza della fede e fede vissuta, interiorizzata, stabilita in un’indiscutibile relazione diretta con Dio. Il mondo secolare aveva reagito e alla fine aveva messo la chiesa sulla difensiva. L’aveva accerchiata e indebolita. L’aveva costretta a chiudersi, e il suo linguaggio ormai sembrava incapace di parlare al cuore, appunto, dei fedeli, e alla cultura generale che ispirava i comportamenti prevalenti dell’ideologia moderna della tenerezza, dell’autorità destituita del suo fondamento, dell’intelligenza sempre sfidata e battuta dall’istinto al conformismo sociale e all’uniformità che cancella la differenza e omologa tutto nel richiamo universale della cura per l’altro, che spesso è solo una forma retorica di indulgenza per sé stessi.
Papa Francesco in questo senso è una benedizione. Non è affatto un banale pontefice progressista. E’ figlio della chiesa del Novecento e della secolare spiritualità gesuita. Ha un accento mistico che dà vigore e autenticità e spinta spirituale al suo messaggio quotidiano. Mette in atto un programma riformatore militante che può essere all’altezza della secolarizzazione scristianizzante di oggi, paragonata da storici non enfatici alla Riforma luterana del Cinquecento. La sua chiesa si è già riguadagnata in un batter d’occhio la benevolenza perduta, perfino la sottomissione più o meno inconsapevole di tutto quel mondo laico in cerca di protezione ad onta della sua proclamata indipendenza di origine razionalista e illuminista. Ma a che prezzo?
Si può immaginare che nell’anno del ritorno al cuore l’ardore riformatore dei cattolici sia guidato nel segno di un’alleanza con la ragione critica, e che la pastorale del nuovo papato riesca a nutrirsi di impulsi teologici e culturali in grado di stabilire uno scambio non corrivo e non subalterno con il mondo. E’ nell’interesse del mondo, prima ancora che della chiesa, che la tenerezza non diventi la litania morbida, morbosa, di un emozionalismo credente che non fa i conti con la funzione tipica dei cristiani cattolici di argine al banale del linguaggio della nostra età. Abolire il clericalismo, d’accordo. Ritrovare la strada e le periferie, d’accordo. Riparlare al senso di fede perduto nella Babele indisinguibile del contemporaneo, d’accordo. Ma il subconscio del mondo è fin troppo liberato, la sua naturale tenerezza e indulgenza è in espansione da decenni, è necessario assicurare alla nostra comune esistenza anche la disciplina dell’inibizione.
Giuliano Ferrara

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