Il monaco nero, il frate rosso, il prete albino… una fiaba (ma è proprio una fiaba?)
Ai cronisti, come ai bambini, piace giocare con i colori. Amen. Siccome apprezzano anche le fiabe, eccone una.
C’era una volta, anzi c’è ancora, uno stagionato pretuncolo hippie (allineato, secondo la vulgata, alla cosiddetta rivoluzione bergogliesca) che vive al proprio domicilio in completa autogestione e concretamente fa il lazzo che gli pare. Si leva e si eleva quando capita, sfoglia il breviario quando ha tempo, celebra messa quanto tocca, però soccorre prontamente vecchie e nuove povertà a beneficio di microfoni e telecamere: umilmente, certo, come le diete pubbliche e le piazzate, mica per vanità o gloria personale.
C’era sempre una volta, anzi c’è ancora, un giovane consacrato sovrabbondante di sentimenti ordinatori, di rischiosi ardori, perfino di mancanze, che tuttavia si sottomette giornalmente alla Regula di un santo padre, s’inchina a orari scanditi e atteggiamenti comandati, s’inginocchia di fronte a una vita dominata e controllata da Mattutino a Compieta, nell’eternarsi di una norma saggia e certo pure benedettinamente un po’ fascista che, senza buonismi né emendazioni e tantomeno allegorie, supplica l’abate di prendere il disobbediente e il ribelle a botte se non a calci nel sedere. Così sta scritto: “Auferte malum ex vobis”, levatevi il cattivo dalle palle.
Ecco, la favola dovrebbe far capire – vagamente, pallidamente, cautamente – da quale parte il Male abiti con maggiore comodità. Non è questione politica, cari ideologi, ma di cose di chiesa. Nella nostra infinita ignoranza e idiosincrasia per i santi subito, crediamo di averla compresa.
Anche se ogni riferimento a fatti o persone concrete resta, ci mancherebbe altro, assolutamente casuale
C’era una volta, anzi c’è ancora, uno stagionato pretuncolo hippie (allineato, secondo la vulgata, alla cosiddetta rivoluzione bergogliesca) che vive al proprio domicilio in completa autogestione e concretamente fa il lazzo che gli pare. Si leva e si eleva quando capita, sfoglia il breviario quando ha tempo, celebra messa quanto tocca, però soccorre prontamente vecchie e nuove povertà a beneficio di microfoni e telecamere: umilmente, certo, come le diete pubbliche e le piazzate, mica per vanità o gloria personale.
C’era sempre una volta, anzi c’è ancora, un giovane consacrato sovrabbondante di sentimenti ordinatori, di rischiosi ardori, perfino di mancanze, che tuttavia si sottomette giornalmente alla Regula di un santo padre, s’inchina a orari scanditi e atteggiamenti comandati, s’inginocchia di fronte a una vita dominata e controllata da Mattutino a Compieta, nell’eternarsi di una norma saggia e certo pure benedettinamente un po’ fascista che, senza buonismi né emendazioni e tantomeno allegorie, supplica l’abate di prendere il disobbediente e il ribelle a botte se non a calci nel sedere. Così sta scritto: “Auferte malum ex vobis”, levatevi il cattivo dalle palle.
Ecco, la favola dovrebbe far capire – vagamente, pallidamente, cautamente – da quale parte il Male abiti con maggiore comodità. Non è questione politica, cari ideologi, ma di cose di chiesa. Nella nostra infinita ignoranza e idiosincrasia per i santi subito, crediamo di averla compresa.
Anche se ogni riferimento a fatti o persone concrete resta, ci mancherebbe altro, assolutamente casuale
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