ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 1 febbraio 2014

Danno i numeri..!

Requiem per un Istituto?

di ***
La vicenda dei Francescani dell’Immacolata ha ormai raggiunto un punto di non ritorno (umanamente parlando). L’Istituto è ormai irreparabilmente frantumato. Il 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore, data limite per la consegna delle lettere firmate da parte dei Frati, potrà essere veramente un Nunc dimittis
Prima che si cominci a liquidare questa affermazione come riduzionista o estremista, lasciate che mi spieghi. Antecedentemente al Commissariamento, tra i FI c’erano probabilmente tensioni e dissidi, ma non c’era solo questo. C’era una grande vitalità, un grande desiderio di crescere, svilupparsi, migliorarsi, superarsi, con numeri in netta controtendenza rispetto agli altri ordini religiosi, in un processo irreversibile di estinzione. Ed una tale vitalità ha sempre creato e sempre creerà in ogni ambito attriti: è la storia degli ordini religiosi. Ma ogni corpo vivo, soprannaturalmente parlando, ha in sé le risorse per affrontare i problemi, e superarli, trasformando le difficoltà in scalini per salire sempre più in alto.
Dunque concedo senza troppe difficoltà che i FI avessero un po’ di febbre, prima dello scorso luglio. Ma mia mamma mi diceva sempre che la febbre come viene va: l’importante è stare un po’ più al caldo del solito, assumere più vitamine, e avere qualche riguardo in più. Invece qualcuno ha pensato bene di “guarire” questa febbre facendo un intervento a cuore aperto e senza anestesia. E di fronte ad un medico che si è dimostrato totalmente incompetente sulla malattia, ci sono stati anche degli infermieri che invece di tentare di dissuaderlo e trattenerlo, si sono anche prestati come collaboratori…
Il giudizio è duro, me ne rendo conto, ma la vera domanda da porsi non è sulla durezza, ma sulla verità di tale giudizio. E la verità è quella che ebbe a dire una volta P. Pio, riferendosi a mons. Carlo Maccari, Visitatore apostolico: “Quello è un prevenuto”! Che dire di p. Volpi? Che dire di uno che viene chiamato ad essere Commissario Apostolico di un Istituto che non conosce e, anziché attendere di conoscere meglio la realtà, il carisma, le varie sensibilità, le ragioni e le perplessità dei singoli Frati, incomincia a fare scelte sempre unilaterali? “Quello è un prevenuto”!
Sì, perché qualunque persona di buon senso, almeno avrebbe lasciato trascorrere mesi prima di permettersi di fare anche solo un decimo di quello che ha fatto p. Volpi, prima di colpire uno dei pochi istituti religiosi ancora vivi! E invece già dal 29 luglio tutto era già predefinito: sono venuto, scrisse allora ai Frati, per “accompagnarvi in un cammino di rinnovata ecclesialità”: bisognava cambiare, rinnovare. Sempre lo stesso ritornello, almeno da cinquant’anni a questa parte! E quando durante il primo incontro con l’ormai ex consiglio generale venne richiesto più volte al Commissario di precisare i motivi del commissariamento, così vaghi nella lettera, cosa fece p. Volpi se non rileggere nuovamente la lettera? Era già tutto stabilito, anche nel monologo di p. Alfonso, il quale, dopo aver parlato a lungo di sé, denunciava che ormai l’Istituto era strumentalizzato dai tradizionalisti senza che nessuno avesse fatto nulla per non cadere in questa trappola mortale… Lo scisma era in agguato: questo lo spauracchio agitato da P. Bruno, per giustificare che bisognava passare dalla padella… alla brace! Era già anche stabilito che la nuova linea dell’Istituto doveva essere decisa in riunioni “a numero chiuso” con i soliti noti, senza nessun coinvolgimento di quelli che fino a qualche mese prima erano alla guida dell’Istituto…
Sarebbe stato sufficiente attendere con pazienza, magari sofferta, che certe questioni emergessero durante il Capitolo generale ormai prossimo. Invece p. Alfonso e i “magnifici 5” sono andati a bussare alla porta di una Congregazione che – con buona pace di tutti – fa acqua da tutte le parti. Non lo sapevano questi Frati che il Card. Braz de Aviz è un nostalgico della teologia della liberazione? Che dialoga con tutti: spiritisti, suore a favore dell’aborto, dell’eutanasia, del sacerdozio femminile, ma non con i “tradizionalisti”? Non lo sapevano che chiedere un Commissariamento avrebbe significato con ogni probabilità tirarsi in casa uno che della vita religiosa ha, per essere benevoli, una concezione un po’ differente da quella dei Francescani dell’Immacolata? E questo non perché i FI siano retrogradi, anticonciliari, cripto-lefebvriani, ma proprio perché è uno dei pochi istituti che del Vaticano II, Perfectae Caritatis inclusa, ha fatto un’applicazione di riforma nella continuità e non nella rottura! Idem per quanto riguarda la questione del Vetus Ordo. Mai la Forma straordinaria è stata imposta, mai si è esclusa la celebrazione con la Forma ordinaria.
Perché, riguardo a quest’ultimo aspetto, né p. Volpi né p. Alfonso si sono ricordati di dire che la modalità con cui il Rito antico era stato introdotto nell’ordine era conforme alle disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum, come attestato dal Rescritto dell’Ecclesia Dei, alla quale (e non alle voglie dei singoli Frati e nemmeno alla Congregazione dei religiosi) Benedetto XVI aveva conferito “potestà ordinaria vicaria per la materia di sua competenza, in modo particolare vigilando sull’osservanza e sull’applicazione delle disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 12)”? A nessuno di questi Frati è venuto in mente che l’apertura al Vetus Ordo poteva essere uno sviluppo del carisma e non un tradimento? Ma anche in questo caso, il copione era già scritto. E’ stato P. Zangheratti a mostrarlo, nell’incontro tenuto con la MIM di Trento, il 17 gennaio scorso. P. Zangheratti ha letto un testo, nel quale riassumeva le tappe della “dissoluzione”. Incredibilmente, affermava che il 21 gennaio 2012, i soliti 5 si erano trovati a Roma per sostenere che il Vetus Ordo è contrario alla spiritualità dell’Istituto e al francescanesimo! Dunque, loro avevano deciso che era così e – guarda a caso – nella lettera che i Frati in formazione dovranno presentare entro il 2 febbraio, è richiesta “un’accettazione formale del Novus Ordo quale espressione autentica della tradizione liturgica della Chiesa e dunque della tradizione francescana”. Domanda: perché a nessuno di questi Frati, p. Volpi compreso, è venuto in mente di chiedere un ulteriore parere all’Ecclesia Dei, visto e considerato (repetita iuvant!) che è la Commissione a cui compete – per volontà di Benedetto XVI – la retta applicazione del Motu Proprio? D’altra parte anche questo era già tutto predefinito: ricordate quell’articolo di Vaticaninsider del 2 agosto, (quando ancora p. Alfonso riusciva a incantare qualche giornalista mal informato…) nel quale si diceva proprio – contravvenendo palesemente alle disposizioni del Summorum Pontificum – che la Forma straordinaria poteva essere celebrata “solo se vi è questa richiesta da parte di un gruppo stabile di fedeli. Come rito proprio (dunque esclusivo) possono poi adottarlo gli Istituti religiosi e le comunità monastiche che rientrano nella comunione con Roma dopo aver partecipato allo scisma lefebvriano, e per questo sono sottoposti alla giurisdizione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei”? Ed in effetti, nello stesso incontro a Trento, p. Calloni ribadisce che “il Vetus Ordo non è stato positivo per l’Istituto, perché noi non siamo tradizionalisti… Il Carisma di Kolbe è l’Immacolata, non la liturgia”. Ennesima forzatura: mai papa Benedetto ha affermato che il Vetus Ordo è solo per i tradizionalisti, né mai ha detto che solo gli Istituti che hanno un apostolato specificamente liturgico se ne potevano avvalere. Inoltre sarebbe ora di finirla con questa storia dei tradizionalisti e dei progressisti: troppo comodo appiccicare etichette per squalificare le persone, senza entrare mai nel merito delle questioni.
Ogni azione distruttiva di p. Volpi è stata coperta in nome dell’obbedienza e continuamente giustificata dai suoi collaboratori, in un modo che ha veramente dell’incredibile! Gli spostamenti immediati, unilaterali ed estesi dei Frati? Macché punizioni o tentativi di allontanamento! Semplici legittime disposizioni amministrative (in fondo anche l’invio al fronte di Urìa da parte del re Davide era un atto amministrativo legittimo …). La chiusura di “tre-case-tre” nella diocesi di Albenga una vendetta contro l’Ordinario del luogo? Assolutamente no! E’ che l’Istituto non riesce più a tenere aperte così tante case…
Vogliamo parlare delle ripicche nei confronti dei laici del TOFI e della MIM? O della chiusura del Seminario? Tutto per il bene dell’Istituto…
Adesso però siamo al dunque. Dei Francescani dell’Immacolata, così come li abbiamo conosciuti, non resterà pietra su pietra… Sono moltissimi i Frati che probabilmente non accetteranno la nuova gestione Volpi e questo non perché siano scismatici o sedevacantisti, ma perché hanno fatto voto di seguire un carisma che è stato approvato dalla Santa Sede e che ora sta cambiando (vedere qui)
E così, dopo lo scandalo pubblico di un trattamento senza giustizia e misericordia, in un tempo in cui ci si riempie la bocca della parola dialogo, dopo il 2 febbraio, con ogni probabilità ci si troverà di fronte allo scandalo ancora più grave di oltre 100 Frati che per ragioni profonde di coscienza dovranno lasciare l’Istituto, senza che sia mai stata data loro la possibilità di difendersi.

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