Requiem per un Istituto?
di ***
La vicenda dei Francescani
dell’Immacolata ha ormai raggiunto un punto di non ritorno (umanamente
parlando). L’Istituto è ormai irreparabilmente frantumato. Il 2
febbraio, festa della Presentazione del Signore, data limite per la
consegna delle lettere firmate da parte dei Frati, potrà essere
veramente un Nunc dimittis…
Prima che si cominci a liquidare questa
affermazione come riduzionista o estremista, lasciate che mi spieghi.
Antecedentemente al Commissariamento, tra i FI c’erano probabilmente
tensioni e dissidi, ma non c’era solo questo. C’era una grande vitalità,
un grande desiderio di crescere, svilupparsi, migliorarsi, superarsi,
con numeri in netta controtendenza rispetto agli altri ordini religiosi,
in un processo irreversibile di estinzione. Ed una tale vitalità ha
sempre creato e sempre creerà in ogni ambito attriti: è la storia degli
ordini religiosi. Ma ogni corpo vivo, soprannaturalmente parlando, ha in
sé le risorse per affrontare i problemi, e superarli, trasformando le
difficoltà in scalini per salire sempre più in alto.
Dunque concedo senza troppe difficoltà
che i FI avessero un po’ di febbre, prima dello scorso luglio. Ma mia
mamma mi diceva sempre che la febbre come viene va: l’importante è stare
un po’ più al caldo del solito, assumere più vitamine, e avere qualche
riguardo in più. Invece qualcuno ha pensato bene di “guarire” questa
febbre facendo un intervento a cuore aperto e senza anestesia. E
di fronte ad un medico che si è dimostrato totalmente incompetente
sulla malattia, ci sono stati anche degli infermieri che invece di
tentare di dissuaderlo e trattenerlo, si sono anche prestati come
collaboratori…
Il giudizio è duro, me ne rendo conto,
ma la vera domanda da porsi non è sulla durezza, ma sulla verità di tale
giudizio. E la verità è quella che ebbe a dire una volta P. Pio,
riferendosi a mons. Carlo Maccari, Visitatore apostolico: “Quello è un prevenuto”!
Che dire di p. Volpi? Che dire di uno che viene chiamato ad essere
Commissario Apostolico di un Istituto che non conosce e, anziché
attendere di conoscere meglio la realtà, il carisma, le varie
sensibilità, le ragioni e le perplessità dei singoli Frati, incomincia a
fare scelte sempre unilaterali? “Quello è un prevenuto”!
Sì, perché qualunque persona di buon
senso, almeno avrebbe lasciato trascorrere mesi prima di permettersi di
fare anche solo un decimo di quello che ha fatto p. Volpi, prima di
colpire uno dei pochi istituti religiosi ancora vivi! E invece già dal
29 luglio tutto era già predefinito: sono venuto, scrisse allora ai Frati, per “accompagnarvi in un cammino di rinnovata ecclesialità”:
bisognava cambiare, rinnovare. Sempre lo stesso ritornello, almeno da
cinquant’anni a questa parte! E quando durante il primo incontro con
l’ormai ex consiglio generale venne richiesto più volte al Commissario
di precisare i motivi del commissariamento, così vaghi nella lettera,
cosa fece p. Volpi se non rileggere nuovamente la lettera? Era già tutto
stabilito, anche nel monologo di p. Alfonso, il quale, dopo aver
parlato a lungo di sé, denunciava che ormai l’Istituto era
strumentalizzato dai tradizionalisti senza che nessuno avesse fatto
nulla per non cadere in questa trappola mortale… Lo scisma era in
agguato: questo lo spauracchio agitato da P. Bruno, per giustificare che
bisognava passare dalla padella… alla brace! Era già anche stabilito
che la nuova linea dell’Istituto doveva essere decisa in riunioni “a
numero chiuso” con i soliti noti, senza nessun coinvolgimento di quelli
che fino a qualche mese prima erano alla guida dell’Istituto…
Sarebbe stato sufficiente attendere con
pazienza, magari sofferta, che certe questioni emergessero durante il
Capitolo generale ormai prossimo. Invece p. Alfonso e i “magnifici 5”
sono andati a bussare alla porta di una Congregazione che – con buona
pace di tutti – fa acqua da tutte le parti. Non lo sapevano questi Frati
che il Card. Braz de Aviz è un nostalgico della teologia della
liberazione? Che dialoga con tutti: spiritisti, suore a favore
dell’aborto, dell’eutanasia, del sacerdozio femminile, ma non con i
“tradizionalisti”? Non lo sapevano che chiedere un Commissariamento
avrebbe significato con ogni probabilità tirarsi in casa uno che della
vita religiosa ha, per essere benevoli, una concezione un po’ differente
da quella dei Francescani dell’Immacolata? E questo non perché i FI
siano retrogradi, anticonciliari, cripto-lefebvriani, ma proprio perché è
uno dei pochi istituti che del Vaticano II, Perfectae Caritatis inclusa, ha fatto un’applicazione di riforma nella continuità e non nella rottura! Idem per quanto riguarda la questione del Vetus Ordo. Mai la Forma straordinaria è stata imposta, mai si è esclusa la celebrazione con la Forma ordinaria.
Perché, riguardo a quest’ultimo aspetto,
né p. Volpi né p. Alfonso si sono ricordati di dire che la modalità con
cui il Rito antico era stato introdotto nell’ordine era conforme alle
disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum, come
attestato dal Rescritto dell’Ecclesia Dei, alla quale (e non alle voglie
dei singoli Frati e nemmeno alla Congregazione dei religiosi) Benedetto
XVI aveva conferito “potestà ordinaria vicaria per la materia di sua
competenza, in modo particolare vigilando sull’osservanza e
sull’applicazione delle disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 12)”? A nessuno di questi Frati è venuto in mente che l’apertura al Vetus Ordo
poteva essere uno sviluppo del carisma e non un tradimento? Ma anche in
questo caso, il copione era già scritto. E’ stato P. Zangheratti a
mostrarlo, nell’incontro tenuto con la MIM di Trento, il 17 gennaio
scorso. P. Zangheratti ha letto un testo, nel quale riassumeva le tappe
della “dissoluzione”. Incredibilmente, affermava che il 21 gennaio 2012,
i soliti 5 si erano trovati a Roma per sostenere che il Vetus Ordo è contrario alla spiritualità dell’Istituto e al francescanesimo!
Dunque, loro avevano deciso che era così e – guarda a caso – nella
lettera che i Frati in formazione dovranno presentare entro il 2
febbraio, è richiesta “un’accettazione formale del Novus Ordo quale
espressione autentica della tradizione liturgica della Chiesa e dunque
della tradizione francescana”. Domanda: perché a nessuno di questi
Frati, p. Volpi compreso, è venuto in mente di chiedere un ulteriore
parere all’Ecclesia Dei, visto e considerato (repetita iuvant!) che è la
Commissione a cui compete – per volontà di Benedetto XVI – la retta
applicazione del Motu Proprio? D’altra parte anche questo era già tutto
predefinito: ricordate quell’articolo di Vaticaninsider del 2 agosto,
(quando ancora p. Alfonso riusciva a incantare qualche giornalista mal
informato…) nel quale si diceva proprio – contravvenendo palesemente
alle disposizioni del Summorum Pontificum – che la Forma straordinaria
poteva essere celebrata “solo se vi è questa richiesta da parte
di un gruppo stabile di fedeli. Come rito proprio (dunque esclusivo)
possono poi adottarlo gli Istituti religiosi e le comunità monastiche
che rientrano nella comunione con Roma dopo aver partecipato allo scisma
lefebvriano, e per questo sono sottoposti alla giurisdizione della
Pontificia Commissione Ecclesia Dei”? Ed in effetti, nello stesso
incontro a Trento, p. Calloni ribadisce che “il Vetus Ordo non è stato
positivo per l’Istituto, perché noi non siamo tradizionalisti… Il
Carisma di Kolbe è l’Immacolata, non la liturgia”. Ennesima forzatura:
mai papa Benedetto ha affermato che il Vetus Ordo è solo per i
tradizionalisti, né mai ha detto che solo gli Istituti che hanno un
apostolato specificamente liturgico se ne potevano avvalere. Inoltre
sarebbe ora di finirla con questa storia dei tradizionalisti e dei
progressisti: troppo comodo appiccicare etichette per squalificare le
persone, senza entrare mai nel merito delle questioni.
Ogni azione distruttiva di p. Volpi è
stata coperta in nome dell’obbedienza e continuamente giustificata dai
suoi collaboratori, in un modo che ha veramente dell’incredibile! Gli
spostamenti immediati, unilaterali ed estesi dei Frati? Macché punizioni
o tentativi di allontanamento! Semplici legittime disposizioni
amministrative (in fondo anche l’invio al fronte di Urìa da parte del re
Davide era un atto amministrativo legittimo …). La chiusura di
“tre-case-tre” nella diocesi di Albenga una vendetta contro l’Ordinario
del luogo? Assolutamente no! E’ che l’Istituto non riesce più a tenere
aperte così tante case…
Vogliamo parlare delle ripicche nei
confronti dei laici del TOFI e della MIM? O della chiusura del
Seminario? Tutto per il bene dell’Istituto…
Adesso però siamo al dunque. Dei
Francescani dell’Immacolata, così come li abbiamo conosciuti, non
resterà pietra su pietra… Sono moltissimi i Frati che probabilmente non
accetteranno la nuova gestione Volpi e questo non perché siano
scismatici o sedevacantisti, ma perché hanno fatto voto di seguire un
carisma che è stato approvato dalla Santa Sede e che ora sta cambiando
(vedere qui)
E così, dopo lo scandalo pubblico di un
trattamento senza giustizia e misericordia, in un tempo in cui ci si
riempie la bocca della parola dialogo, dopo il 2 febbraio, con ogni probabilità ci si troverà di fronte
allo scandalo ancora più grave di oltre 100 Frati che per ragioni
profonde di coscienza dovranno lasciare l’Istituto, senza che sia mai
stata data loro la possibilità di difendersi.
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