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mercoledì 26 marzo 2014

Come ti acchiappo la collegialità..

 Il Papa si è preso anche i salesiani che ora hanno un nuovo rettore


E alla fine il Papa si prese anche i Salesiani. La congregazione infatti ha eletto ieri il suo nuovo rettore maggiore: si tratta del decimo successore di don Giovani Bosco e corrisponde al nome di don Angel Fernandez Artime, spagnolo di origine, 53 anni, fino ad ora Ispettore per l’Argentina del Sud, incarico che ha ricoperto dal 2009. Ed è appunto in questa veste che don Artime ha potuto conoscere e collaborare con l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio. 
Quest’ultimo è per altro legato personalmente all’esperienza salesiana avendo trascorso un periodo importante della propria formazione nel collegio Wilfrid Barón de los Santos Ángeles, struttura educativa della famiglia di don Bosco. Di recente l’Osservatore romano ha pubblicato alcune pagine inedite di ricordi che Bergoglio ha scritto su quella decisiva esperienza compiuta intorno ai 13 anni. Spiegava il pontefice: “nel collegio imparai a studiare. Le ore di studio, in silenzio, creavano un’abitudine di concentrazione, di dominio della dispersione, abbastanza forte”; quindi aggiungeva: “il collegio creava, attraverso il risvegliarsi della coscienza nella verità delle cose, una cultura cattolica che non era per nulla ‘bigotta’ o ‘disorientata’”.
La presenza salesiana in Argentina del resto è stata assai significativa, e se il nuovo rettore succede a uno spagnolo,  Pascual Chávez Villanueva, il predecessore di quest’ultimo, don Juan Edmundo Vecchi – rettore dal 1996 al 2002 – era un argentino figlio di emigranti italiani, un percorso simile a quello di papa Francesco.
Il capitolo generale che ha eletto don Artime si è tenuto però in un periodo di grave crisi per la congregazione. Intanto c’è da considerare che l’ultimo Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, ha rappresentato i salesiani durante il pontificato di Ratzinger ai vertici della Chiesa. Bertone ha nominato diversi salesiani fra i vescovi e nella Curia vaticana alimentando una certa insofferenza interna al mondo ecclesiale verso la congregazione. E’ nota poi la contrapposizione che ebbe con la Cei in merito alla gestione degli affari interni dell’Italia, in particolare nei rapporti con la politica, se il primato cioè spettasse al Vaticano o alla Chiesa locale. Gli sono inoltre state attribuite scelte infelici sul piano gestionale e amministrativo (fra l’altro il tentativo di salvataggio del San Raffaele di Milano con i soldi dello Ior) e una scarsa attitudine diplomatica sul piano internazionale. Bertone ha però anche risentito di una visibile assenza di Benedetto XVI dall’attività di governo finendo col fungere, di fatto, da parafulmine in tante vicende. Bergoglio in ogni caso lo ha estromesso sia dalla Segreteria di Stato che dalla commissione cardinalizia di controllo dello Ior; al medesimo tempo però, il Papa ha ridotto il ruolo della Cei occupandosi lui stesso in prima persona dell’Italia in attesa che i vescovi scelgano il successore del cardinale Angelo Bagnasco.
Ma oltre al danno di immagine, i salesiani stanno vivendo anche una crisi gestionale più seria, di tipo finanziario, alla quale don Artime dovrà mettere mano rapidamente. E’ giunta infatti a un punto cruciale la contesa fra la congregazione e gli eredi del marchese Gerini. Quest’ultimo alla sua morte, nel 1990, aveva destinato il proprio ingente patrimonio ai salesiani. I beni in realtà venivano lasciati alla Fondazione Gerini, ente ecclesiastico di cui fa parte anche l’economo della congregazione religiosa. Il marchese non aveva figli ma i nipoti contestarono la validità dell’eredità. 
Da quel momento prese il via un lungo contenzioso legale che ha portato i salesiani sull’orlo della bancarotta dopo che era stato riconosciuto un risarcimento dovuto dalla congregazione agli eredi e ai loro mediatori nella trattativa, di circa 130 milioni di euro. Anche la Casa Generalizia è finita all’asta. La vicenda ha poi coinvolto lo stesso cardinale Bertone la cui testimonianza è stata ascoltata dai magistrati. Tuttavia in extremis è venuto alla luce un altro aspetto: le carte del negoziato sarebbero state truccate forse con la complicità di qualcuno all’interno della stessa Congregazione, insomma si potrebbe trattare di una truffa. Una soluzione, quest’ultima, che salverebbe dal crack i salesiani ma porrebbe interrogativi seri sulla gestione economica e finanziaria come già avvenuto per diverse altre congregazioni religiose.
Quest’articolo è apparso sul Secolo XIX
Francesco Peloso

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