La gerarchia del male. Una utile bussola nelle tenebre odierne
Un giorno un mio amico, piuttosto rozzo ma cattolico sincero, sentenziò, in riferimento a un prete che era stato sorpreso a rubare e all’attuale crisi della Chiesa: “meglio ladro che eretico”. Aveva ragione: il ladro ruba al corpo e al portafoglio, l’eretico ruba l’anima e la salvezza eterna.
di Massimo Viglione
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Meglio ladro che eretico. Perché dico questo? Per difendere i ladri? No, ovviamente, ma per ristabilire la gerarchia del male.
Un noto teologo odierno (uno dei rari casi di teologi buoni) a sua volta diceva (sempre in riferimento a preti peccatori): “meglio erotico che eretico”. E a ragione. Non perché si voglia giustificare i preti che cadono nel peccato grave al VI comandamento, ma per la stessa ragione suddetta. Per ristabilire l’ordine gerarchico del male.
Non so se per un prete sia peggio essere ladro o cadere nel peccato di impurità (a meno che non sia di omosessualismo: in questo caso non vi possono essere dubbi): ma so per certo, per certissimo, che il peccato più grave in assoluto che si possa commettere, specie per uomo di Dio, è l’eresia, che uccide l’anima e la Verità e prepara l’inferno. È anche vero che spesso le due cose sono legate, perché è indubbio che il disordine nel corpo si traduce inevitabilmente in un disordine anche mentale. È la temperanza che salvaguardia la dottrina.
Occorre ricordare e sottolineare senza stancarsi che in questi giorni si sta combattendo una guerra decisiva, anche all’interno della Chiesa, fra la Verità e l’eresia. E ognuno deve pensare bene da che parte schierarsi.
La verità non è data da un uomo o da un gruppo di uomini, ma è rivelata da Dio nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, definita dalla Chiesa nel corso della storia. Le verità certe, oltre a quelle rivelate nei testi biblici, sono quelle dichiarate dogmatiche dalla Chiesa e quelle insegnate da tutti i Papi, i santi, i Padri, i Dottori e i fedeli teologi in tutti i tempi. Il loro insieme si chiama appunto Magistero Universale della Chiesa (MUC). Al MUC tuttavia si antepone la Tradizione stessa della Chiesa, ossia l’insieme delle credenze e degli insegnamenti non ufficialmente definiti ma universalmente creduti, accettati e insegnati da sempre.
Chiunque tenti di modificare o “aggiornare” la Sacra Scrittura, i dogmi, il MUC e la Tradizione, si mette in cammino verso l’eresia.
Ogni ecclesiastico, compresi i cardinali, compreso il Papa stesso, non sono la verità né la istituiscono. E neanche la gestiscono. Essi ne sono solo i servi, i custodi di essa, e non possono né modificarla secondo i gusti e le esigenze, né ignorarla o tradirla. La Verità, infatti, è rivelata ed è un’altra Persona: è la Persona stessa del Logos incarnato, che ha detto di Sé: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”.
Pietro è il suo servo e ha come dovere specifico quello di conservare il Depositum Fidei e pascere le pecore del Buon Pastore. Pascere, come? Semplice: nella Verità immutabile, che è il campo del Buon Pastore.
Così come anche gli apostoli sono i suoi servi, che devono obbedire a Pietro, e noi tutti dobbiamo seguire Pietro e gli apostoli in tutto e per tutto. Fino a quando e nella misura in cui essi servono la Verità: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (Atti 5,29).
Certamente siamo consapevoli che con queste affermazioni si scherza col fuoco, nel senso che spesso sono state utilizzate proprio dagli eretici e dai nemici della Verità per seminare l’errore nella Chiesa e allontanarsi dall’obbedienza a Pietro. È una lama sottile, indubbiamente: da un lato la necessità dell’obbedienza alle gerarchie ecclesiastiche, dall’altro la ancor più fondamentale necessità della fedeltà a Chi tali gerarchie ha voluto e istituito.
Oggi tale lama ha raggiunto una sottigliezza spaventosa, ed è facilissimo “tagliarsi” e farsi male. Un principio sano di comportamento esiste, tuttavia: ciò che è scritto nella Bibbia, ciò che è stato definito dogmaticamente, ciò che è parte integrante del MUC e ciò che da sempre è stato insegnato dalla Tradizione, non può essere non seguito e non può essere né adattato né modificato da chicchessia. Quando ci si trovi dinanzi a ecclesiastici che contraddicono anche una sola virgola di tutto questo, allora non vi può essere dubbio: l’obbedienza la si deve alla Verità e alla Chiesa di sempre, non a questi ecclesiastici. Chiunque essi siano.
Per fare due esempi concreti. Oggi la gerarchia ecclesiastica favorisce il trapiantismo. È un tema delicatissimo, che naviga fra la necessaria carità verso il prossimo sofferente e il pericolo di devastanti derive scientiste e materialiste, pericolo forse poco riflettuto e avvistato dalla gerarchia odierna. Eppure, su tale campo è lecito discutere, perché effettivamente non esiste un MUC e una tradizione sul tema, per l’ovvia ragione che solo da qualche decennio si pone il problema e quindi la dottrina a riguardo è in via di definizione. Su un argomento come questo, è lecito sia divergere che acconsentire agli insegnamento del clero attuale.
Altro esempio: il valore sacramentale del matrimonio, che impone l’indissolubilità pena il peccato mortale per chi ne viene meno – eccetto i casi di nullità definita dalla Sacra Rota – e quindi l’esclusione dai sacramenti.
Su questo tema non v’è nulla da togliere né da aggiungere. È sentenziato nel Vangelo, è insegnato chiaramente sempre dal MUC e dalla Tradizione.
Pertanto, chiunque lo mette in dubbio o tenta di modificarne i confini per adattarsi alle esigenze odierne, si pone in marcia verso l’eresia e non può essere più seguito pena la complicità nel peccato orrendo dell’eresia, appunto.
Ecco perché questi sono i giorni della scelta, per ognuno di noi, per ogni fedele. Una scelta drammatica ma inevitabile e di vitale importanza. Per la Chiesa stessa e per la salvezza delle anime.
Preghiamo e lottiamo insieme perché Pietro, gli apostoli e tutti i battezzati vivano e predichino sempre la Verità. Fedeli alla Tradizione e al Magistero Universale della Chiesa.
Questi sono i giorni della scelta. Chi scrive è con la Tradizione di venti secoli di Storia, Dottrina e prassi della Chiesa Cattolica, è con quanto insegnato da sempre da tutti i Papi, tutti i Padri, tutti i Dottori, tutti i Santi, tutti i teologi fedeli alla Tradizione. E invita tutti a seguire la via della Verità incarnata, immutabile perché perfetta, e fonte unica della salvezza eterna.
Così si va contro corrente? Ebbene, questa è un’altra delle croci dei cattolici odierni, forse la meno celebrata eppure la più dolorosa: quello di andare contro gli uomini di Chiesa per amore della Chiesa. È, come dire, per usare proprio il loro linguaggio, “un segno dei tempi”: i laici che devono ricordare agli ecclesiastici quella Verità a cui essi in gioventù hanno offerto la loro esistenza. E lo devono fare contro tutti e contro tutto, soggetti allo scherno come alle minacce, alle denunce come alle calunnie, al costo di sentirsi guardare come dei soggetti pericolosi o strambi, a costo della propria serenità personale, delle amicizie e anche dei posti di lavoro.
Ma questa è la nostra croce oggi: e dobbiamo portarla con coraggio e onore. Un amico morto da qualche giorno ce lo ha insegnato a tutti come si fa. Egli ora è nella pace eterna ed è ricordato come maestro. Tutti coloro che lo hanno deriso, inviso e calunniato, e continuano a farlo in maniera più educata e sottile anche dopo la sua morte, un giorno dovranno rispondere di aver scelto di seguire la corrente dei vincitori odierni.
Scegliamo la Croce come unica via che porta a Cristo. E vivere nella Verità, in nome della Carità reale, è sicuramente oggi il prezzo della Croce per la conquista del Paradiso.
http://www.riscossacristiana.it/la-gerarchia-del-male-una-utile-bussola-nelle-tenebre-odierne-di-massimo-viglione/
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Meglio ladro che eretico. Perché dico questo? Per difendere i ladri? No, ovviamente, ma per ristabilire la gerarchia del male.
Un noto teologo odierno (uno dei rari casi di teologi buoni) a sua volta diceva (sempre in riferimento a preti peccatori): “meglio erotico che eretico”. E a ragione. Non perché si voglia giustificare i preti che cadono nel peccato grave al VI comandamento, ma per la stessa ragione suddetta. Per ristabilire l’ordine gerarchico del male.
Non so se per un prete sia peggio essere ladro o cadere nel peccato di impurità (a meno che non sia di omosessualismo: in questo caso non vi possono essere dubbi): ma so per certo, per certissimo, che il peccato più grave in assoluto che si possa commettere, specie per uomo di Dio, è l’eresia, che uccide l’anima e la Verità e prepara l’inferno. È anche vero che spesso le due cose sono legate, perché è indubbio che il disordine nel corpo si traduce inevitabilmente in un disordine anche mentale. È la temperanza che salvaguardia la dottrina.
Occorre ricordare e sottolineare senza stancarsi che in questi giorni si sta combattendo una guerra decisiva, anche all’interno della Chiesa, fra la Verità e l’eresia. E ognuno deve pensare bene da che parte schierarsi.
La verità non è data da un uomo o da un gruppo di uomini, ma è rivelata da Dio nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, definita dalla Chiesa nel corso della storia. Le verità certe, oltre a quelle rivelate nei testi biblici, sono quelle dichiarate dogmatiche dalla Chiesa e quelle insegnate da tutti i Papi, i santi, i Padri, i Dottori e i fedeli teologi in tutti i tempi. Il loro insieme si chiama appunto Magistero Universale della Chiesa (MUC). Al MUC tuttavia si antepone la Tradizione stessa della Chiesa, ossia l’insieme delle credenze e degli insegnamenti non ufficialmente definiti ma universalmente creduti, accettati e insegnati da sempre.
Chiunque tenti di modificare o “aggiornare” la Sacra Scrittura, i dogmi, il MUC e la Tradizione, si mette in cammino verso l’eresia.
Ogni ecclesiastico, compresi i cardinali, compreso il Papa stesso, non sono la verità né la istituiscono. E neanche la gestiscono. Essi ne sono solo i servi, i custodi di essa, e non possono né modificarla secondo i gusti e le esigenze, né ignorarla o tradirla. La Verità, infatti, è rivelata ed è un’altra Persona: è la Persona stessa del Logos incarnato, che ha detto di Sé: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”.
Pietro è il suo servo e ha come dovere specifico quello di conservare il Depositum Fidei e pascere le pecore del Buon Pastore. Pascere, come? Semplice: nella Verità immutabile, che è il campo del Buon Pastore.
Così come anche gli apostoli sono i suoi servi, che devono obbedire a Pietro, e noi tutti dobbiamo seguire Pietro e gli apostoli in tutto e per tutto. Fino a quando e nella misura in cui essi servono la Verità: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (Atti 5,29).
Certamente siamo consapevoli che con queste affermazioni si scherza col fuoco, nel senso che spesso sono state utilizzate proprio dagli eretici e dai nemici della Verità per seminare l’errore nella Chiesa e allontanarsi dall’obbedienza a Pietro. È una lama sottile, indubbiamente: da un lato la necessità dell’obbedienza alle gerarchie ecclesiastiche, dall’altro la ancor più fondamentale necessità della fedeltà a Chi tali gerarchie ha voluto e istituito.
Oggi tale lama ha raggiunto una sottigliezza spaventosa, ed è facilissimo “tagliarsi” e farsi male. Un principio sano di comportamento esiste, tuttavia: ciò che è scritto nella Bibbia, ciò che è stato definito dogmaticamente, ciò che è parte integrante del MUC e ciò che da sempre è stato insegnato dalla Tradizione, non può essere non seguito e non può essere né adattato né modificato da chicchessia. Quando ci si trovi dinanzi a ecclesiastici che contraddicono anche una sola virgola di tutto questo, allora non vi può essere dubbio: l’obbedienza la si deve alla Verità e alla Chiesa di sempre, non a questi ecclesiastici. Chiunque essi siano.
Per fare due esempi concreti. Oggi la gerarchia ecclesiastica favorisce il trapiantismo. È un tema delicatissimo, che naviga fra la necessaria carità verso il prossimo sofferente e il pericolo di devastanti derive scientiste e materialiste, pericolo forse poco riflettuto e avvistato dalla gerarchia odierna. Eppure, su tale campo è lecito discutere, perché effettivamente non esiste un MUC e una tradizione sul tema, per l’ovvia ragione che solo da qualche decennio si pone il problema e quindi la dottrina a riguardo è in via di definizione. Su un argomento come questo, è lecito sia divergere che acconsentire agli insegnamento del clero attuale.
Altro esempio: il valore sacramentale del matrimonio, che impone l’indissolubilità pena il peccato mortale per chi ne viene meno – eccetto i casi di nullità definita dalla Sacra Rota – e quindi l’esclusione dai sacramenti.
Su questo tema non v’è nulla da togliere né da aggiungere. È sentenziato nel Vangelo, è insegnato chiaramente sempre dal MUC e dalla Tradizione.
Pertanto, chiunque lo mette in dubbio o tenta di modificarne i confini per adattarsi alle esigenze odierne, si pone in marcia verso l’eresia e non può essere più seguito pena la complicità nel peccato orrendo dell’eresia, appunto.
Ecco perché questi sono i giorni della scelta, per ognuno di noi, per ogni fedele. Una scelta drammatica ma inevitabile e di vitale importanza. Per la Chiesa stessa e per la salvezza delle anime.
Preghiamo e lottiamo insieme perché Pietro, gli apostoli e tutti i battezzati vivano e predichino sempre la Verità. Fedeli alla Tradizione e al Magistero Universale della Chiesa.
Questi sono i giorni della scelta. Chi scrive è con la Tradizione di venti secoli di Storia, Dottrina e prassi della Chiesa Cattolica, è con quanto insegnato da sempre da tutti i Papi, tutti i Padri, tutti i Dottori, tutti i Santi, tutti i teologi fedeli alla Tradizione. E invita tutti a seguire la via della Verità incarnata, immutabile perché perfetta, e fonte unica della salvezza eterna.
Così si va contro corrente? Ebbene, questa è un’altra delle croci dei cattolici odierni, forse la meno celebrata eppure la più dolorosa: quello di andare contro gli uomini di Chiesa per amore della Chiesa. È, come dire, per usare proprio il loro linguaggio, “un segno dei tempi”: i laici che devono ricordare agli ecclesiastici quella Verità a cui essi in gioventù hanno offerto la loro esistenza. E lo devono fare contro tutti e contro tutto, soggetti allo scherno come alle minacce, alle denunce come alle calunnie, al costo di sentirsi guardare come dei soggetti pericolosi o strambi, a costo della propria serenità personale, delle amicizie e anche dei posti di lavoro.
Ma questa è la nostra croce oggi: e dobbiamo portarla con coraggio e onore. Un amico morto da qualche giorno ce lo ha insegnato a tutti come si fa. Egli ora è nella pace eterna ed è ricordato come maestro. Tutti coloro che lo hanno deriso, inviso e calunniato, e continuano a farlo in maniera più educata e sottile anche dopo la sua morte, un giorno dovranno rispondere di aver scelto di seguire la corrente dei vincitori odierni.
Scegliamo la Croce come unica via che porta a Cristo. E vivere nella Verità, in nome della Carità reale, è sicuramente oggi il prezzo della Croce per la conquista del Paradiso.
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