ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 4 marzo 2014

Non solo lo sa, ma lo segue in ginocchio! (1°cavallo)

Sa dove va il mondo

Per essere un prete, anche piuttosto anziano, Walter Kasper è uno che ha intuito dove va il mondo e
come va affrontato: senza arroccamenti né ammiccamenti, con una forza lucida e tranquilla.
Dev’essere la teologia fatta in ginocchio che gli consente uno sguardo così fresco e schietto sulle
cose degli umani, quelle che alla fine contano davvero: gli affetti, i legami, i desideri. La famiglia e
tutto quello che gli ruota attorno in termini di amori, tradimenti, figli, sesso, denaro e potere, è in
effetti la partita decisiva che si sta giocando sulla nostra pelle, perciò vale la pena per i credenti
mobilitare le intelligenze migliori e concentrare le forze per reagire a un sistema tendenzialmente
disumano.

Kasper parla di “alienazione”, e non esagera. Da qualche tempo siamo entrati in una terra straniera
dove i vecchi strumenti di misurazione non funzionano più. Meglio affidarsi al fiuto del credente, il
sensus fidei, nutrito di Scrittura e tradizione – ma tradizione nel senso vivo di passaggio del
testimone di generazione in generazione. Il codice e il manuale, il diritto (canonico e naturale) e la
casistica non ce la fanno perché sono troppo legati a un ordine di idee che è stato spazzato via. La
famiglia è un’istituzione primordiale, “più antica dello stato” ricorda Kasper, ma può sopravvivere
al tramonto delle istituzioni? E se lo stato non ce la fa più a sostenere la famiglia, ci riuscirà la
chiesa che non se la passa tanto meglio come istituzione?
La risposta non è scontata. E non è questione di mera sopravvivenza, cioè riproporre il vecchio
schema di famiglia – patriarcale o nucleare da questo punto di vista cambia poco – e nemmeno
accontentarsi di un “adattamento liberale allo status quo” ma, molto più coraggiosamente, prendere
“una posizione radicale che va alle radici, cioè al Vangelo” e da lì guardare avanti. In fondo nella
storia della chiesa la riforma è sempre stato un ritorno creativo alle origini. Per questo il discorso di
Kasper ha un taglio biblico e patristico, con un senso della storia davvero sorprendente in un
teologo sistematico. Qui c’è davvero poca teoria, anzi nessuna. Non è il tempo di dare una lucidata
alla dottrina ma di lasciarsi interrogare, come credenti, da quello che sta succedendo non agli altri
ma anzitutto a noi stessi. E’ tempo di una “cultura del cuore” che tiri fuori la gente dalle secche del
sentimentalismo e del romanticismo in cui si è arenata un’intera civiltà (cuore in senso biblico,
ovviamente, come sinonimo di libertà).
La lezione di Kasper è troppo sottile e realistica per piacere ai semplificatori di professione, è piena
di sfumature che vanno apprezzate senza ridurre tutto alla solita domanda: “Vabbè, ma alla fine
gliela danno o no la comunione ai divorziati risposati?”. Kasper non elude il problema, anzi
suggerisce una soluzione che è poi quella della chiesa d’oriente, il cammino penitenziale per una
graduale e piena riammissione al sacramento, ma solo se si segue tutto il suo ragionamento si
capisce davvero la posta in gioco. La chiesa su questo punto si gioca molto più che la faccia, si
gioca la pelle: più le famiglie si disgregano e più la chiesa va a picco non perché si sovverte un
ordine naturale fissato una volta per tutte, nell’iperuranio dei dotti, ma perché la chiesa stessa è una
famiglia. Infatti la vera rivoluzione che Kasper lascia intravedere nel suo discorso non è la prassi
sacramentale per i divorziati risposati ma la configurazione della chiesa come “chiesa domestica”.
Un ritorno a casa, in tutti i sensi. E qui c’è davvero qualcosa di nuovo, un’istituzione che prova a
rifarsi leggera, a misura degli uomini e delle donne del tempo presente. Chiese domestiche,
periferiche, che “rendono la chiesa locale presente nella vita della gente”, che si riuniscono per
pregare e mangiare e parlare e curarsi le ferite.
L’ouverture di Kasper pare non abbia raccolto molti consensi nel concistoro. Müller e Schönborn
hanno usato altri toni, facendo capire che la soluzione penitenziale indicata da Kasper è rischiosa,
dipende troppo dalla maturità del singolo pastore che dovrebbe istruirla e la qualità dei preti è quella
che è, e quindi sarebbe meglio una soluzione giuridica. Evidentemente tra i pastori molti
preferiscono un controllo dall’alto, garantito da un diritto canonico che però ha ormai scarsa presa sulla vita dei fedeli, preti compresi. Comunque l’operazione Bergoglio-Kasper è chiara: accelerare i
tempi e concentrare gli sforzi per dare il via all’azione di riforma.
di Marco Burini
in “Il Foglio” del 4 marzo 2014
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201403/140304burini.pdf

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