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martedì 8 luglio 2014

Preti in trincea

Oppido, Massimo Fini: “Papa Francesco ha sostituito la Dc e mette in difficoltà i preti in trincea”

Andrea De Angelis
massimo finiIl paragone tra Papa Francesco e Matteo Renzi non è, forse, una novità: entrambi piacciono agli italiani, e se il Presidente del Consiglio ha ottenuto alle urne il 40%, le percentuali di Bergoglio sembrano essere decisamente superiori.
Per Massimo Fini, però, entrambi tendono ad essere troppo piacioni, finendo con il fare retorica. Il noto giornalista e intellettuale nell’intervista rilasciata a IntelligoNews non usa dunque il fioretto nei confronti di Francesco, reo di occuparsi troppo delle vicende italiane. Scomunica ai mafiosi compresa…


 Dal perdono chiesto alle vittime degli abusi sessuali, fino alla scomunica diretta ai mafiosi: come commenta gli ultimi giorni di Papa Francesco?
«In questa orgia di retorica su Papa Francesco che scomunica i mafiosi, affermazione questa molto generica e che mette in difficoltà il piccolo prete che in quelle terre con i mafiosi ci deve avere a che fare, ci è sfuggita un’altra frase molto più grave. Dice il Papa: “Chi non adora Dio, di conseguenza adora il male”. Questa è una frase gravissima che mette tutti i non credenti dalla parte del male, compreso il sottoscritto».
Non le piacciono dunque le parole di questo Papa…
«Sono parole dette in libertà, ma parlare è facile. Si occupa poi un po’ troppo delle vicende italiane, lui è il capo della Chiesa Universale, si occupi anche di qualcosa che accade in Francia, in Belgio o da altre parti…
Trovo in lui una grande retorica, una enorme voglia di essere piacione che quasi non lo distingue dal Rutelli di ieri o dal Matteo Renzi di oggi».
Il fatto che Francesco usi il bastone verso i cristiani, siano essi “fedeli da salotto” o “sacerdoti senza l’odore delle pecore”, comporta per la Chiesa il rischio di sembrare autolesionista, o lo stile di Bergoglio può invece rafforzarla?
«A me questo non interessa non facendo parte della Chiesa! Sono messaggi interni, quello che mi secca è che non c’è telegiornale della Repubblica Italiana, ovvero uno Stato laico diverso ad esempio dall’Iran, che non riporti ogni giorno una frase o un comportamento di Bergoglio. Siamo uno stato laico!».
Forse è tipico degli italiani, antropologicamente parlando, affidarsi sempre a qualcuno?
«Sì, ma più in generale è un prodotto della modernità, con l’immagine che conta più del contenuto. Questo è il punto, non è detto che fosse esattamente lo stesso cinquant’anni fa, anzi analizzando i rapporti tra Stato e Chiesa, e lo dico io che sono stato antidemocristiano, quando c’era la Dc queste invasioni di campo non c’erano. Iniziarono con Giovanni Paolo II».
http://www.intelligonews.it/oppido-massimo-fini-papa-francesco-ha-sostituito-la-dc-e-mette-in-difficolta-i-preti-in-trincea/

Caso di Oppido: il giornalismo non porga l’altra guancia a don Rustico


galantino

Il bersaglio sarebbe in questo caso il parroco Don Rustico, che non ha sciolto la processione dopo l’inchino devozionale compiuto dai trasportatori della statua della Madonna delle Grazie davanti all’abitazione del boss della ‘ndrangheta condannato all’ergastolo. Oggi don Rustico ci fa sapere che se tornasse indietro non farebbe più svolgere quella processione che tanta indignazione ha provocato, soprattutto perché quel gesto vergognoso è avvenuto a pochi giorni dalla scomunica di Papa Francescocontro i mafiosi pronunciata proprio in Calabria.
Galantino invita quindi a non puntare il dito in maniera ossessiva nei confronti del sacerdote, la cui rimozione è stata richiesta a gran voce da più parti. Galantino ha ragione, perché fare i preti in Calabria, in comuni ad alta densità mafiosa non è certamente facile, come non lo è in Campania o in Sicilia. Tralasciando la stretta parentela che lega il parroco al boss e che potrebbe anche non essere un’aggravante visto che nascere in un territorio di mafia ed essere figlio, nipote o cugino di…non può certo essere una colpa, la buona fede di don Rustico, ammesso che ci sia stata, non può trovare alcuna giustificazione nel momento in cui lo stesso sacerdote, ha invitato durante la messa i fedeli a “prendere a schiaffi” il giornalista del Fatto Quotidiano che lo attendeva per intervistarlo.
E allora di cosa vogliamo parlare caro monsignor Galantino? E’ forse questo un comportamento consono per un sacerdote? Ad ogni modo, dopo il monito del Papa in Calabria, don Rustico avrebbe dovuto prevenire il verificarsi di simili gesti provocatori ed offensivi nei confronti del Pontefice; il quale è stato sfidato dai mafiosi nel modo più subdolo e riprovevole, ossia umiliando la Vergine Maria. E’ vero che quella che si è inchinata davanti al capomafia è soltanto una statua, ma l’oltraggio rimane e il parroco di fronte ad un gesto così blasfemo avrebbe dovuto interrompere il rito religioso e far ricondurre immediatamente la Madonna in Chiesa. Non lo ha fatto, e oggi ci viene a raccontare che se potesse tornare indietro eviterebbe polemiche non facendo più uscire la processione. Troppo comodo agire così,non è vietando la processione che si può pensare di risolvere il problema, questo significa soltanto scappare per evitare di doversi trovare a prendere decisioni impopolari e forse rischiose. Il prete in questione avrebbe dovuto severamente diffidare i conduttori prima dell’inizio del corteo dall’ effettuare l’inchino proprio perché, dopo i duri moniti di papa Francesco, certi rituali ributtanti non sono più ammissibili.
Giuseppe_Diana
 Avrebbe dovuto accertarsi dell’identità dei trasportatori e delle loro reali intenzioni e magari sostituire quelli che sapeva essere legati particolarmente al vecchio criminale ergastolano, chiamando persone di sua fiducia; di fronte ad una eventuale disobbedienza, solo allora avrebbe dovuto sospendere la processione e ammonire duramente gli autori del gesto. Non ha fatto nulla di tutto ciò e anzi ha incitato alla violenza contro un giornalista che si trovava lì per compiere il suo dovere, quello di informare i lettori e l’opinione pubblica su quanto avvenuto. Caro monsignor Galantino nessuno ha intenzione di condannare don Rustico ad ogni costo o di trasformarlo in un capro espiatorio cui far pagare l’indignazione che la vicenda di Oppido ha scatenato in tutto il Paese. E’ lo stesso parroco che con i suoi atteggiamenti, prima e dopo l’accaduto, si è esposto alle critiche trasformandosi esso stesso in bersaglio.
“Vi mando come agnelli fra i lupi” dice Gesù ai suoi discepoli, e ogni sacerdote dovrebbe sapere che la sua missione è quella di servire, sempre e soltanto il Vangelo, mettendo in gioco se stesso. Far passare il messaggio che i parroci alla don Rustico vanno compresi è un po’ come sostenere che il sacrificio dei don Puglisi o dei don Diana non era poi così necessario e poteva essere evitato con un po’ di compiacenza in più. No, don Rustico non può ricevere alcuna comprensione, né la minima benevolenza ma solo la speranza che una sua equa punizione sia da monito per tutti in futuro. Di troppa misericordia, non si può morire.


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