Gian Franco
Svidercoschi è perplesso dall'intervista concessa dal Papa a Eugenio
Scalfari (la seconda), che poi intervista non era ma un "colloquio"
riservato diventato pubblico (pare senza autorizzazione di Francesco) e
"ricostruito" a memoria dal fondatore di Repubblica. In mezzo, le frasi
sui "cardinali pedofili", sul celibato, la famiglia, e tanto altro. Il
tutto messo tra virgolette, come se a parlare fosse direttamente il
Pontefice. Virgolette che qualche volta s'aprivano e poi non si
chiudevano. Mistero. Svidercoschi ne ha viste di tutti i colori, lui che
il 12 ottobre 1962 (giorno dell'apertura del Concilio Vaticano II) si
rinchiuse in un confessionale della basilica di San Pietro e da lì
riuscì a documentare lo scontro fortissimo tra le correnti in vista
dell'elezione delle commissioni. Insomma, nulla dovrebbe stupirlo.
Eppure, in una conversazione con Korazym.org, il vaticanista si dice “molto preoccupato. E non solo per l’etica giornalistica che finisce sotto la suola delle scarpe, ma per le conseguenze che potrebbe avere nel mondo cattolico questo ripetersi di affermazioni inesatte attribuite al Papa". Il rischio, aggiunge Svidercoschi, è che si possa arrivare a una confusione sui princìpi stessi della fede: "Questo dovere sempre smentire e correggere fa si che la notizia sbagliata arrivi subito e dovunque, mentre la rettifica non la nota nessuno e al lettore normale sfugge".
QUI l'intervista completa
© FOGLIO QUOTIDIANO
di Matteo Matzuzzi | 21 Luglio 2014
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