SAN MASSIMILIANO KOLBE CONTRO LA MASSONERIA E I "PROTOCOLLI"
Chiesa Viva
La massoneria è un
nemico della Chiesa; nasce con questa inimicizia e persegue la
realizzazione di questa inimicizia con la distruzione della Chiesa e
della civiltà cristiana e con la sostituzione a esse di una cultura e di
una società sostanzialmente ateistiche, anche quando si fa riferimento
all’architetto dell’universo. (…) …non è la Chiesa ad essere
antimoderna, ma è la modernità a essere antiecclesiale. La modernità è
antiecclesiale, e il punto di attacco massimo all’ecclesialità è proprio
rappresentato dalla massoneria che, in quanto elemento segretamente
connotato e dinamicamente lanciato alla creazione di una civiltà
alternativa a quella che nasce dalla fede, rappresenta, a mio modo di
vedere, l’elemento radicale della modernità”(Mons. Luigi Negri, Vescovo
di San Marino-Montefeltro)
Il 15 Agosto 1941,
nel forno crematorio di un campo di sterminio nazista, nei pressi di
Auschwitz, veniva ridotto in cenere il corpo del francescano polacco
Padre Massimiliano Kolbe. Padre Kolbe si era offerto in sacrificio per
salvare la vita di un padre di famiglia, condannato a morte dalla
ferocia nazista! Nel 1971, Papa Paolo VI lo dichiarava “Beato” e, undici
anni dopo, Papa Giovanni Paolo II lo dichiarava “Santo, confessore e
martire”. Padre Kolbe era, così, diventato Santo! Un Santo polacco
venuto da Auschwitz!
Padre Kolbe aveva
un’idea molto precisa del mondo politico polacco. In un articolo del
1923, scriveva: «Che i massoni esercitino, qui da noi, una grande
influenza anche sul Governo, è dimostrato, in modo eloquente, dal fatto
che (...) lo scioglimento del Governo di Ponikowski (...) era stato
ordinato dalla Massoneria (...)! Ed avvenne proprio così!».
Kolbe, poi,
riferisce: «Esiste una forza nefasta che non permette ai polacchi di
mettersi d’accordo tra loro...» poi commenta: «Questa forza, che ormai
ha cessato di celarsi, è una cospirazione massonica. (...) Ecco qual è
la mano misteriosa che spinge il nostro paese alla rovina!».
Padre Kolbe non si
faceva scrupoli nel denunciare apertamente gli alti dignitari della
nazione che appartenevano alla Massoneria! In un altro articolo del
1925, dal titolo: “Una onorificenza scandalosa”, Padre Kolbe scriveva:
«Il 3 maggio è stato, per tutta la Polonia, un giorno solenne. Al
termine di tali festeggiamenti, sono state date le onorificenze ai
benemeriti». Tra i decorati, però, compariva il nome di Andrea Strug, il
Gran Maestro della Grande Loggia Massonica della Polonia! A questo
proposito, Padre Kolbe commenta: «Dunque, è proprio lui!!! Nel giorno
della consacrazione della nazione alla Madonna, quale Regina della
Polonia, riceve un’orificenza... dal Governo polacco... il Gran Maestro
(della Massoneria), il condottiero dei nemici più accaniti della Chiesa,
della Religione, e... dell’Immacolata, la Regina della Polonia...».
Kolbe termina l’articolo esclamando: «Vergogna!».
Consapevole
dell’aggressione massonica, in un articolo del ‘23, Padre Kolbe si
chiedeva: «Di fronte agli attacchi incalzanti dei nemici della Chiesa di
Dio ci è lecito rimanere inattivi? Ci è lecito, forse, lamentarci e
versare lacrime soltanto? No affatto! Ricordiamoci che al giudizio di
Dio renderemo stretto conto non solamente delle azioni compiute, (ma
anche) di tutte le buone azioni che avremmo potuto compiere, ma che non
abbiamo compiuto!». E infine, conclude con queste parole: «Su ciascuno
di noi pesa il sacrosanto dovere di metterci in trincea e di respingere
gli attacchi del nemico con il nostro petto!».
Un suo scritto
inedito del 1922, dal titolo: “Gli attuali nemici della Chiesa”, termina
con queste parole: «il principale, il più grande e il più potente
nemico della Chiesa è la Massoneria».
Il Santo va dritto
alla radice del pensiero massonico, scrivendo: «La Massoneria, (...)
nelle Costituzioni Generali, si era prefissa chiaramente uno scopo che a
nessuno è lecito cambiare. “Ciascuna delle Grandi Logge - vi si afferma
- ha il diritto di migliorare le precedenti prescrizioni e stabilirne
di nuove, ma non di modificare i punti fondamentali, che devono rimanere
fissi per sempre”. Quali sono questi punti fondamentali? - si chiede
Padre Kolbe. E subito risponde: La liquidazione totale del mondo
soprannaturale!».
In un articolo del
‘24, diceva: «Attualmente, la Massoneria è, senza dubbio, il capo del
serpente infernale. Non dico i massoni, ma le loro finalità, la loro
organizzazione che è rivolta contro Dio e contro la felicità delle
anime».
In un articolo del
‘26, scriveva ancora: «(...) in questi nostri tempi, il capo dei nemici
della Chiesa e della salvezza delle anime è la Massoneria!».
Sul comunismo,
Padre Kolbe affermava, in un articolo del ‘39: «(...) L’ateismo
comunista pare stia strepitando nel modo più rumoroso e fa di tutto per
seminare, ovunque gli riesca, i suoi pregiudizi reazionari. Alle origini
di esso possiamo tranquillamente collocare quella mafia criminale che
si chiama “Massoneria”»!
La strategia
adottata dalla Massoneria per combattere la Chiesa era ben nota a Padre
Kolbe. In una lettera, egliriporta testualmente la risoluzione presa dai
massoni in un loro Congresso: «Noi potremo vincere la Religione
cattolica non con il ragionamento, ma, unicamente, pervertendo i
costumi!».
In un articolo del
‘25, a proposito della degenerazione dei costumi, il Santo scriveva:
«Volgendo lo sguardo attorno a noi, notiamo la scomparsa, spaventosa,
della moralità, soprattutto in mezzo alla gioventù; anzi, stanno
sorgendo delle associazioni, veramente infernali, che hanno inserito nel
loro programma il delitto e la dissolutezza; (...). Il cinema, il
teatro, la letteratura, l’arte, diretti in gran parte dalla mano
invisibile della Massoneria, lavorano febbrilmente, in conformità alla
risoluzione dei massoni: «Noi vinceremo la Chiesa cattolica non con il
ragionamento, ma pervertendo i costumi!».
Sempre preoccupato
delle anime, Padre Kolbe ritorna frequentemente sul tema della moda,
incolpando sempre la Massoneria come artefice e commerciante di
immoralità. Per esempio, nell’articolo dal titolo: “L’ultima moda”, del
1926, ripeteva la sua accusa: «I massoni (..) hanno cominciato a
seminare l’immoralità attraverso il teatro, il cinema, i libri, le
riviste, i quadri, le sculture, ecc., e attraverso una moda - mi si
scusi l’espressione - sempre più da porci!».
Nota: Testo tratto
da un articolo pubblicato su Chiesa viva n° 125. Protocolli dei Savi di
Sion / Talmud (cosa sono) Chiesa Viva n°349
Nel 1917,
Massimiliano Kolbe fonda la “Milizia dell’Immacolata”. Naturalmente, la
sua lotta non fu quella di abbattere le anime del nemico, ma quella di
richiamarle e convertirle, per la loro eterna salvezza, e per questo,
Padre Kolbe si rivolgeva anche ai suoi nemici.
In un suo articolo
dal titolo: “Poveretti!!!”, scriveva: “L’uomo è redento. Cristo ha
fondato la sua Chiesa sulla roccia. Una parte del popolo ebreo riconobbe
in lui il Messia, gli altri, soprattutto i superbi farisei, non vollero
riconoscerlo; essi perseguitarono i suoi seguaci e diedero il via ad un
gran numero di leggi che obbligavano gli ebrei a perseguitare i
cristiani. Queste leggi, insieme a narrazioni e ad appendici, verso il
500, formarono il loro libro sacro, il “Talmud”. In questo libro, i
cristiani vengono chiamati: idolatri, peggiori dei turchi, omicidi,
libertini impuri, sterco, animali in forma umana, peggiori degli
animali, figli del diavolo, ecc. I sacerdoti vengono chiamati indovini
eteste pelate (...). La Chiesa (viene chiamata) casa di scempiaggine e
di sporcizia. Le immagini sacre, le medagliette, i rosari, sono
chiamatiidoli. Nel “Talmud”, le domeniche e le feste vengono denominate
giorni di perdizione. In questo libro si insegna, inoltre, che ad un
ebreo è permesso ingannare e derubare un cristiano, poiché tutti i beni
dei cristiani - vi è scritto - “sono come il deserto: il primo che li
prende, ne diviene il padrone”. Quest’opera che raccoglie dodici volumi e
che ispira odio contro Cristo e i cristiani, viene considerata da
questi farisei un libro sacro, più importante della Sacra Scrittura.
In ricorrenza del
Congresso Internazionale dei massoni, che si tenne a Bucarest nel 1926,
Padre Kolbe scrisse, in un articolo: «Quei signori (cioè i massoni)
credono di essere loro a governare: ascoltiamo, allora, ciò che scrivono
i “Protocolli dei Savi di Sion”», documento che Padre Kolbe chiamava:
“Il libro davvero fondamentale della Massoneria”.
Il Santo scrive:
«Il protocollo n.11 afferma: “Noi creeremo e metteremo in atto le Leggi e
i Governi (…) e, al momento opportuno, (...) sotto forma di rivolta
nazionale. (...).è necessario che le popolazioni, sconcertate
dall’avvenuta rivolta, poste ancora sotto l’influenza del terrore e
dell’incertezza, comprendano che siamo talmente forti, talmente
intoccabili, talmente pieni di potere che in nessun caso terremo conto
delle loro opinioni e dei loro desideri, ma, anzi, siamo in grado di
schiacciare le loro manifestazioni in ogni momento e in ogni luogo
(...). Allora, per paura, chiuderanno gli occhi e rimarranno in attesa
delle conseguenze. (...). A quale scopo abbiamo ideato e imposto ai
massoni tutta questa politica, senza dare ad essi la possibilità di
esaminarne il contenuto? Questo è servito di fondamento per la nostra
organizzazione massonica segreta (...) la cui esistenza neppure
sospettano queste “bestie” da noi adescate nelle logge massoniche».
Padre Kolbe, a
questo punto, si rivolge ai massoni dicendo: «Avete sentito, signori
massoni? Coloro che vi hanno organizzato e vi dirigono segretamente, gli
ebrei, vi considerano delle bestie, attirate nelle logge massoniche per
scopi che voi neppure sospettate (...). Ma sapete, signori massoni, che
cosa vi attende il giorno in cui vi verrà in mente di incominciare a
pensare da soli? Ecco, ascoltate: il medesimo protocollo prosegue
affermando: «La morte è l’inevitabile conclusione di ogni vita. (...).
Giustizieremo i massoni in modo tale che nessuno, (...) potrà avere dei
sospetti, neppure le stesse vittime: moriranno tutti nel momento in cui
ce ne sarà bisogno, apparentemente per effetto di malattie comuni
(...)».
E il Santo
continua: «Signori massoni, voi che, recentemente, durante il Congresso
di Bucarest, vi siete rallegrati del fatto che la Massoneria si sta
rafforzando ovunque, riflettete e dite sinceramente: non è meglio
servire il Creatore nella pace interiore (...), piuttosto che obbedire
agli ordini di chi vi odia?».
San Massimiliano
si rivolge, infine, ai Capi Incogniti della Massoneria con queste
parole: «E a voi, piccolo manipolo di ebrei, “Savi di Sion”, che avete
provocato coscientemente già tante disgrazie e ancora di più ne state
preparando, a voi mi rivolgo con la domanda: quale vantaggio ne
ricavate? (...). Gran cumulo di oro, di piaceri, di svaghi, di potere:
tutto questo non rende ancora felice l’uomo. E se anche questo desse la
felicità, quanto potrà durare? Forse una decina di anni, forse una
ventina(...). E poi?... E voi, capi ebrei, che vi siete lasciati sedurre
da Satana, il nemico dell’umanità, non sarebbe meglio se anche voi vi
rivolgeste sinceramente a Dio?».
In un altro
articolo del 1926, Padre Kolbe, sempre citando i “Protocolli dei Savi di
Sion” scriveva: «Essi dicono di se stessi: “Chi o che cosa è in grado
di far crollare una forza invisibile? La nostra forza è appunto di
questa natura. La “Massoneria esterna” serve solo per nascondere i suoi
scopi, ma il piano d’azione di questa forza sarà sempre sconosciuto alla
gente».
Ma il Santo
sottolinea con sottile ironia: «Noi siamo un esercito, il cui
“Condottiero” vi conosce ad uno ad uno, ha osservato e osserva ogni
vostra azione, ascolta ogni vostra parola, anzi... nemmeno uno dei
vostri pensieri sfugge alla sua attenzione. Dite voi stessi: in tali
condizioni, si può parlare di segreto nei piani, di clandestinità e di
invisibilità?». E qui, Padre Kolbe rivela il nome del “Condottiero” del
suo esercito: «è’ l’Immacolata, il rifugio dei peccatori, ma anche la
debellatrice del serpente infernale. Ella vi schiaccerà il capo!». (Il
testo è tratto da un articolo pubblicato su Chiesa viva n° 1250).
Protocolli dei Savi di Sion (prime diffusioni) - Chiesa Viva n°350
Come tutti i libri
che contengono verità scottanti, questi “Protocolli dei Savi di Sion”
continuano, ancora oggi, a suscitare polemiche e reazioni, anche
incontrollabili. Ma non tutte inutili. La storia è storia, né vale
coprirla o deformarla!
La prima edizione,
quasi clandestina, dei “Protocolli dei Savi di Sion” fu conosciuta nel
1905, a cura dei prof. Sergio NyIus. Era in lingua russa. Sul
frontespizio portava la scritta: “Il grande nel piccolo, e l’Anticristo
come possibilità immediata di governo”. Ma era già una seconda edizione,
corretta e accresciuta da Tsarkoie-Sélo.
L’opera
comprendeva anche molte appendici, tra cui la XII dal titolo “I
Protocolli dei Savi di Sion”, 1902-1903, r.r. la si può ancora vedere
nella Biblioteca dei “British Museum” di Londra, con registrazione del
10 agosto 1906, sotto il N. 3926/D/17.
Comunque, fino
alla “Grande Guerra” del 1915-18, i “Protocolli” furono quasi ignorati
da tutti. Fu solo alla fine del 1919 che essi attirarono l’attenzione,
quando cioè apparvero in brossura, parte in tedesco e parte in inglese,
riportando - come spiegarono i traduttori e gli editori - i processi
verbali delle riunioni segrete tenute al Congresso sionista, svoltosi a
Bále nel 1897, sotto la presidenza di Teodoro Herzl, uno scrivano ebreo
ungherese (1860-1904), promotore del Sionismo.
Poi, quando nel
1920, i “Protocolli” furono tradotti e diffusi in America del Nord e
correlativamente in Inghilterra, cominciarono a dar fastidio. La prima
edizione inglese, infatti, apparsa a Londra col titolo: “The Jewish
Peril, Protocol of the Learned Elders of Zion” (= Il pericolo giudeo: I
Protocolli dei Savi di Sion), attirò subito l’attenzione del “Times”,
che prese posizione sul suo numero dell’8 maggio 1920. Tra l’altro,
scriveva: «Il “Times” non ha ancora analizzato questo curioso piccolo
libro. Ma la sua diffusione aumenta sempre più; la sua lettura è fatta
per inquietare coloro che sanno riflettere. Sottolineiamo che certi
tratti essenziali del preteso programma giudeo offre una analogia
sconcertante con gli avvenimenti attuali (...). Che cosa sono, in
realtà, questi Protocolli? Sono essi autentici? E se sì, questi piani,
quale malevole Assembleahanno mai forgiato? Si tratta di un falso? Se
sì, come spiegare questa nota profetica e lugubre, queste predizioni che
sono già in parte realizzate e altre in corso di realizzazione?..E
queste questioni non possono essere eluse con una semplice alzata di
spalle... Ci vuole un’inchiesta imparziale... Se si giudica sul testo,
si deve dire che i Protocolli sono stati scritti da Giudei e per
Giudei».
Una tale
“Inchiesta imparziale” fu fatta dagli stessi Giudei. Nel 1920, infatti,
apparvero tre articoli di giornale che volevano dare l’impressione che
gli Autori avevano lavorato indipendentemente gli uni dagli altri, e
furono dati alle stampe in tre Paesi diversi.
Il 25 febbraio
1921, il “The American Hebrew” (= L’Ebreo Americano) di New York,
pubblicava un’intervista che l’ex-principessa Catherine Radziwill (nata
nel 1858) aveva accordato all’amministratore di questo giornale e al
Rabbino di New York, lsaac Landmann. In questa intervista,
l’ex-principessa dichiarò che i Protocolli erano stati redatti dopo la
guerra russo-giapponese (1904-1905) e dopo l’avvio della prima
rivoluzione russa del 1905, dal Consigliere di Stato Pierre J.
Ratchkovsky, capo della polizia segreta russa a Parigi, in
collaborazione con un suo agente, Mathieu Golovinsky. Quest’ultimo aveva
mostrato il manoscritto, che stava per terminare, nei giorni del suo
passaggio a Parigi, nell’inverno 1905. I centri conservatori russi
contavano, con questo scritto, di scuotere lo Zar Nicola lI contro gli
ebrei.
Quale fede dare a
questo manoscritto? L’ex-principessa Radziwill, per provare che ella
stessa aveva visto il manoscritto, precisò, nell’intervista, che sulla
prima pagina c’era una macchia di inchiostro azzurro.
Il secondo
articolo è del conte Armand du Chayla, francese. Lo fece subito dopo una
seconda edizione che apparve il 12 e il 13 maggio 1921 su un giornale
russo, “Posledain Nevosti”, con un sotto-titolo in francese: “Dernières
Nouvelles”, in cui l’Autore racconta che Nylus, che lui aveva visto in
Russia nel 1905, gli aveva fatto vedere il manoscritto, asserendo
d’averlo avuto dalla sua compagna Natali Afamassievna Komarovsky alla
quale Ratchovsky l’aveva dato, a Parigi. E per rendere più credibile
questo suo racconto, du Chayla scrisse che sul manoscritto c’era proprio
quella macchia d’inchiostro blu. Oggi, questo non lo si ritiene vero.
Un’inesattezza, questa, che oggi non è accettata, ma che l’Autore
dell’articolo metteva in consonanza con la dichiarazione della
ex-principessa Radziwill.
Il terzo articolo è
di un giornalista inglese, Philip Grawes. Lo scrisse sul “Times”, sui
numeri dei 16, 17 e 18 agosto, 1921. In questo articolo, l’Autore rivela
che, durante un suo soggiorno a Costantinopoli, aveva acquistato da un
rifugiato russo il libro del rivoluzionario Maurice Joly, apparso nel
1864, sotto il titolo “Dialogue aux Enfers entre Machiavel et
Montesquieu”; un libro, che da un esame approfondito, gli aveva
dimostrato che l’Autore dei “Protocolli” aveva largamente attinto da
quest’opera.
Ora: questi tre
articoli abbondano di false dichiarazioni! Il testo è tratto da un
articolo pubblicato su “Chiesa viva”, n° 179. articoli dell’ex
principessa Catherine Radziwill, del conte Armand du Chayla e di Philip
Grawes sui Protocolli dei Savi di Sion (Chiesa Viva n°351)
1° Articolo dell’ex principessa Catherine Radziwill
Nel suo articolo
del 25 febbraio 1921, affermando che “i Protocolli erano stati redatti
dopo la guerra russo-giapponese (1904-1905) e dopo l’avvio della prima
rivoluzione russa del 1905, dal Consigliere di Stato Pierre Ivanovich
Ratchkovsky, capo della polizia segreta russa a Parigi, in
collaborazione con un suo agente, Mathieu Golovinsky”, l’ex principessa
Radziwill aveva usato un po’ d’immaginazione!
– Nel 1895, infatti, i “Protocolli” erano già nelle mani di Soukhotine e di Stepanoff;
– nel 1901, erano già in possesso di Nylus1;
– nel 1913, erano già stati pubblicati nel giornale “Znamia” (= Lo Stendardo);
– il Consigliere
di Stato Ratchovsky non era più al suo posto fin dal 1902, e aveva anche
lasciato Parigi, definitivamente, per fissarsi in Russia, fino alla sua
morte, che avvenne nel 1910. Quindi, nel 1905 non era più a Parigi;
– è stato provato, documenti alla mano, che Ratchkovsky non ebbe mai sotto di sé un agente di nome Golovinsky.
Impossibile, quindi, che i “Protocolli” fossero stati scritti nel 1905.
Durante il
processo di Berna (1933-37), venne dimostrato dall’esperto svizzero
Fleischauer, che l’ex-principessa Radziwill era una notoria intrigante,
una avventuriera, condannata persino dal Tribunale dei Cap a 18 mesi di
reclusione per falsificazione di cambiali!
2° Articolo del conte Armand du Chayla
Anche lo scritto
del conte du Chayla è molto inesatto quando afferma che Nylus, che lui
aveva visto in Russia nel 1905, gli aveva fatto vedere il manoscritto,
asserendo d’averlo avuto dalla sua compagna Natali Afamassievna
Komarovsky, alla quale Ratchkovsky l’aveva dato, a Parigi. Infatti:
– Esiste una
dichiarazione, scritta dal figlio di Nylus, che egli era un figlio
illegittimo, nato nel 1883 e riconosciuto nel 1895, di Serguei A. Nylus e
di una sua cugina e compagna Natalia Afamssievna Volodimeroff, nata
Metveieff (1845-1934), e che non fu mai chiamato Komarovsky;
– Egli affermò che
i suoi genitori non furono in Francia che due volte, e brevemente,
negli anni 1883 e 1894, né furono mai in relazione con Ratchkovsky;
– Egli affermò che
il manoscritto dei “Protocolli”, che Chayla disse di aver veduto nel
1909, era nelle mani dei figlio di Nylus dal 1901, dopo la visita di
Soukhotine;
– Egli affermò che sul manoscritto dei “Protocolli”, non vi era alcuna macchia d’inchiostro bleu;
– Infine, Nylus
rifiuta ogni affermazione del conte du Chayla, tanto che, nella sua
dichiarazione fatta al Tribunale di Berna, lo chiama: “bugiardo
perfetto” e “calunniatore”.
– Sempre al
processo di Berna (1933-37) venne dimostrato dall’esperto svizzero
Fleischauer che il conte du Chayla, nel 1920, era stato capo della
propaganda nell’armata Wrangel, ma che fu ben presto smasche- rato come
agente segreto bolscevico e vergognosamente espulso dall’armata. E che
se non fu condannato a morte per alto tradimento, questo lo si dovette
solo all’intervento dell’Ambasciatore di Francia!
3° Articolo di Philip Grawes
Il terzo articolo
di Philip Grawes non ha di esatto altro che l’Autore dei “Protocolli”
s’è abbondantemente ispirato al libro di Joly - una satira sul governo
dittatoriale di Napoleo-ne III, un’opera che gli Autori dei “Protocolli”
hanno testualmente plagiato.
Ora, come scriveva
il “Times”, si tratta di sapere se i Protocolli sono stati redatti da
un giudeo per dei giudei, per cui, il fatto che Philip Grawes abbia
plagiato un’altra opera, è senza alcuna importanza se si vuol sapere se
si tratta di un programma autenticamente giudeo o, al contrario, se si
tratta di una invenzione anti-giudea.
Ora, questa ipotesi non fu mai provata dalla cricca giudaica.
Tutti i tentativi
di accusare il Consigliere di Stato Pierre Ivanovich Ratchkovsky, o la
polizia russa in generale, di aver creato un documento falso, sono
caduti miseramente, poiché il carattere menzognero di questi soli
testimoni (giudei) - l’ex-principessa Radziwill e il conte du Chayla - è
stato ampiamente riconosciuto!
1 Da sottolineare
che Serguei A. NyIus era un massone. Fu iniziato da Teodoro Herzl. In
seguito, si convertì per influsso di P. G. Cronstadt. (Il testo è tratto
da un articolo pubblicato su Chiesa viva n° 125).
IL GRANDE PROCESSO DI BERNA sull’autenticità dei “Protocolli”
Passaronoben 12
anni prima che il Giudaismo tentasse a far constatare la falsità dei
Protocolli dalla Giustizia. Difatti, fu il 26 giugno 1933 che la “Ligue
Israélite Suisse”, in unione con la comunità israelita di Berna, fece
querela, presso il Tribunale Cantonale di Berna, domandando che la
brochure delle Edizioni Hammer, “Les Protocoles Sionistes”, fosse
relegata tra la letteratura sovversiva e che ne fosse interdetta la
diffusione. Questa querela faceva perno sull’articolo 14 della “Loi
relative aux films et aux mesures contre la littérerature subversive”
del 10 settembre 1916, valevole per il Canton di Berna.
Questa legge
affermava: «... l’impressione e la diffusione di scritti sovversivi, in
particolare d’opere di cui la forma e il testo sono di natura tali da
eccitare il crimine, o suscettibili di mettere in pericolo i buoni
costumi, di offendere il pudore, di esercitare un effetto brutale o di
provocare altri scandali, sono interdetti».
Appellandosi a
questo testo, cinque svizzeri furono accusati di aver distribuito la
brochure in questione. Tra questi c’erano: il musico Silvio Schnell e
l’architetto Theodor Fischer.
La prima udienza
del processo, il 16 novembre 1933, presieduta dal Tribunale Walter
Weyer, gli avvocati dei querelanti ebrei richiesero una expertise
sull’autenticità dei “Protocolli”. L’avvocato dei querelati, invece, si
oppose alla domanda perché il fare una expertise non rientrava nello
spirito della legge, né era prevista da essa per un presunto scritto
sovversivo, mentre si trattava solo di decidere se il testo, autentico o
no, violasse tale legge.
Il giudice, però,
ordinò l’expertise e nominò come esperti il professore d’università A.
Baungarten, di Bâle, su domanda dei querelanti, e il pastore giubilato
L. Munchmeyer, d’Oldenburg, su domanda dei querelati. Ad esperto
principale fu nominato lo scrittore “pro Juif”, C. A. Loosli, di
Berne-Bûmplitz.
Le “conclusioni”
dei due esperti svizzeri furono deposte presso il Tribunale nell’ottobre
1934. Da notare: gli accusati si trovarono senza esperto, perché
Munchmeyer si era rifiutato di accettare.
La seconda udienza
del processo si tenne dal 29 al 31 ottobre 1934. I querelanti
comparvero in Tribunale con 15 testimoni, in gran parte giudei e russi,
mentre invece gli accusati non citarono che un solo testimone, lo
scrittore Dr. Alfred Zander, di Zurigo.
Dopo aver
ascoltato i testimoni della parte contraria, il cui punto di vista,
giuridicamente esatto, che l’autenticità del testo non era in causa, e
che, quindi, era evidente la non esattezza della causa principale, il
giudice fu costretto a mettere in libertà gli accusati e di citare
ancora un esperto e altri testimoni per aggiornare meglio il processo.
Su richiesta
dell’avvocato degli accusati, il tenente colonnello in pensione Ultrich
Fleischauer, direttore del “Welt Dienst” (Servise Mondial) a Erfurt, fu
citato come esperto il 6 novembre 1934. Dall’altra parte, l’avvocato
degli accusati aveva proposto di procedere, nello stesso tempo, alla
citazione di una quarantina di testimoni.
Il 15 gennaio 1935, Fleischauer presentò la sua perizia.
In essa viene
dimostrato che i Giudei e i loro testimoni non avevano alcuna prova
valevole che i “Protocolli” erano un falso, e che tutte le circostanze
erano in favore dell’autenticità di tale documento, e di una prova
talmente evidente e probante che il giudice, sotto pressione evidente
della cricca giudaica, fu obbligato a ritirare alla difesa la
possibilità di un’altra argomentazione più dettagliata; non solo, ma il
giudice si rifiutò di ascoltare le testimonianze dei quaranta testimoni
che l’avvocato degli accusati aveva proposti.
La terza udienza
fu tenuta dal 29 aprile al 14 maggio 1935, durante la quale i tre
esperti deposero, oralmente, le loro conclusioni. I due esperti
svizzeri, da autentici giudei, difesero la tesi del “falso”, senza
alcuna riserva, dando come sicuro che i “Protocolli” non erano altro che
un plagio dei libro di Joly, e che questo risultava anche dalle
dichiarazioni dell’ex-principessa Radzwill e del conte du Chayla e che
l’opera era stata fabbricata con pezzi tolti da Ratchkovsky con lo scopo
di calunniare la razza giudaica. E benché le date, fornite
dall’ex-principessa, fossero incontestabilmente sbagliate, Baumgarten
parlò di smarrimenti di memorie, mentre Loosli aveva deliberatamente
commesso un falso, là dove citava, nel suo rapporto scritto sulle
dichiarazioni dell’ex -principessa Radziwill, l’anno 1895 invece del
1905, senza che il Tribunale avesse avuto comunicazione di questa
modifica. Interrogato più tardi, Loosli dichiarò che la data 1905 era
stata un errore di stampa, sfuggito ad un giornale americano, che lui,
poi, aveva fatto rettificare. I due esperti passarono sotto silenzio
l’allusione dell’ex-principessa Radziwill sulla guerra russo-giapponese,
come pure tacquero sulla rivoluzione russa del 1905, precisazioni che
escludono l’ipotesi avanzata da loro sulla mancanza di memoria e
sull’errore di stampa.
Nota: il testo è tratto da un articolo pubblicato su Chiesa viva n° 179.
La cricca giudaica aveva voluto provare la “non-autenticità” dei “Protocolli” - Chiesa Viva n°353
Comunque,
l’avvocato degli accusati, Fleischauer, rifiutò il rapporto dei due
esperti svizzeri della parte avversa, dimostrando, in particolare, che
l’ex-principessa Radziwill era una notoria intrigante, un’avventuriera
condannata persino dal Tribunale dei Cap a 18 mesi di reclusione per
falsificazione di cambiali. Quindi, le sue dichiarazioni distorte,
sull’origine dei “Protocolli”, - insisté Fleischeauer non potevano
servire di base per argomentazioni giuridiche. Quanto al conte du Chayla
- continuò Fleischauer - nel 1920 era stato capo della propaganda
nell’armata Wrangel, ma che fu ben presto smascherato come agente
segreto bolscevico e vergognosamente espulso dall’armata. E che se non
fu condannato a morte per alto tradimento, questo lo fu solo per
l’intervento dell’Ambasciatore di Francia!
Tutto questo, per
un Tribunale veramente imparziale, sarebbe stato più che sufficiente per
mettere in dubbio e la testimonianza dell’ex-principessa e quella dei
conte du Chayla. Invece, no! Il giudice di Berna non tenne in alcun
conto gli argomenti di Fleischauer, tacciandoli di elucubrazioni
ispirate al suo anti-giudaismo per partito preso.
E così, con la sua
sentenza, che emise il 14 maggio 1935, il giudice Walter Weyer condannò
gli accusati Silvio Schnell e Theodor Fischer ad una ammenda di 20 e di
50 franchi e ad un pagamento di spese giudiziarie di 32.270 franchi; il
primo, Schnell, per la diffusione del libro dei Protocolli; il secondo,
Fischer per la pubblicità che era stata fatta di questo libro sul suo
giornale “Der Eidgenosse” (= Le Confédéré), e anche per un articolo
chiaramente anti-giudeo. Gli altri tre accusati, invece, furono
assolti.
Nel suo verdetto,
il giudice dichiarò testualmente: «Que les Protocoles sont une
falsification et un plagiat et tombent sous le coup de l’articie 14 de
la loi».
La cricca giudaica esultò! Il fine era stato raggiunto: un tribunale svizzero aveva dichiarato “falsi” i Protocolli!
Naturalmente,
Schnell e Fischer ricorsero in Appello, e questo avvenne il 27 ottobre
1937 davanti alla “Chambre Correctionelle” de la Cour d’Appel de Berne.
La difesa domandò,
per prima cosa, la cessazione del giudizio e il rinvio della faccenda
davanti al Tribunale di prima istanza; poi, l’assoluzione completa degli
accusati.
Il ricorso in
Cassazione era legalmente promovibile per il fatto che il giudice non
aveva fatto redigere il processo-verbale della disposizione dei
testimoni mediante stenografi sotto giuramento, ma da stenografi
privati, al soldo dei giudei accusatori, violando così il regolamento
della procedura. Inoltre, aveva omesso di esigere la firma dei
testimoni. Come motivo-supplementare di Cassazione si fece valere che
nessuno dei documenti presentati dall’esperto Loosli, e che lui se li
era procurati attraverso il Governo Sovietico, non erano stati
legalizzati né certificati conforme all’originale, come pure le
traduzioni fatte dal procuratore legale Dr. Lifschtz di Berna, le quali
presentavano dei controsensi e delle omissioni.
Lo stesso
Procuratore fu obbligato ad ammettere questi errori di procedura. Il
Tribunale, nonostante tutto, rigettò il ricorso in Cassazione,
dichiarando che non c’erano stati vizi di forma reprensibili, così che
la revisione di questo processo costoso era superfluo.
La sentenza fu
resa pubblica il 1° novembre 1937. l due accusati furono prosciolti.
L’accusato Fischer fu condannato solo a un’ammenda come contributo alle
spese di Stato per un articolo di giornale: “Jeunes filles suisses,
méfiez-vous de satyres juifs!”.
Nella
“motivazione” del giudice, il Presidente Peter dimostrò che la legge
sugli scritti sovversivi non prevedeva alcuna ordinanza di una
“expertise”, e che questa non doveva essere ordinata. Il giudice del
Tribunale di prima istanza avrebbe dovuto semplicemente decidere se il
testo della “brochure” violava la legge, ma non se esso era autentico o
no!
Inoltre: la
brochure non poteva essere qualificata come scritto sovversivo, perché
essa non aveva alcun carattere immorale e non eccitava affatto al
crimine. E, in quanto era solo uno scritto politico, esso doveva
usufruire della libertà di stampa!
Chiaro. Indipendentemente da questo, comunque, si volle provare che l’esperto Loosli era “parziale” e “influenzato”.
Il processo era
durato più di quattro anni. La cricca giudaica aveva voluto provare la
“non-autenticità” dei Protocolli con l’aiuto di false testimonanze, con
l’eliminazione di tutti i testi scomodi, con la redazione, mediante
stenografi privati, dei processi-verbali dei dibattiti, e utilizzando
delle pezze giustificative non legalizzate, delle traduzioni erronee e
delle perizie tendenziose. E grazie a un giudice, membro del Partito
marxista, la cricca giudaica riuscì, in prima istanza, abusando di una
legge che non era applicabile comunque al caso, a far dichiarare che i
“Protocolli” erano un “falso”.
Ma il trionfo durò
poco: la Corte d’Appello annullò la sentenza! (Il testo è tratto da un
articolo pubblicato su Chiesa viva n° 179).
AUTENTICITA' DEI “PROTOCOLLI DEI SAVI DI SION” - Chiesa Viva n°354
Il finale, dunque,
del processo di Berna era terminato con uno scacco totale delle
intenzioni perverse della cricca giudaica. I “Protocolli” resteranno un
documento che, grazie proprio a questo processo, sarà riconosciuto più
che autentico e che il giudaismo, pur di rigettare tale autenticità, non
aveva trovato di meglio che di incitare un magistrato ad emettere un
giudizio erroneo, appoggiandosi, per di più, su di un articolo non
applicabile della legge, violando la stessa procedura e utilizzando dei
dati inesatti.
Negli scritti
antisemiti si è fatto spesso valere - e questo per dimostrare
l’autenticità dei Protocolli - che la politica giudaica vien fatta, su
tutta la linea, secondo le direttive e i princìpi che vi si trovano
enunciati in questo libro dei “Protocolli”. E questa coincidenza è
servita come punto di partenza per numerose pubblicazioni.
Alfred Rosenberger
ne ha fatto uno studio assai approfondito in uno suo libro: “Les
Protocoles des Sages et la Politique Mondiale juive”. Si legga questa
sua conclusione ineccepibile: «Le tesi e i documenti che noi stiamo per
citare non lasciano sussistere neppure il più piccolo dubbio
sull’analogia di pensiero che esiste tra i “Protocolli” e gli altri
scritti giudaici. La politica attuale è conforme, in tutti i suoi
dettagli, alle citazioni e ai piani conosciuti ed esposti nei
Protocolli».
Le tesi dei
Protocolli, del resto, concordano perfettamente con certi testi dei
Profeti d’Israele, là dove parlano di una egemonia mondiale per Israele;
e lo stesso dicasi per la concordanza perfetta con la dottrina dei
Talmudisti e quella dei Cabalisti.
La loro
autenticità, poi, fu riconosciuta anche da altri giudei, come, ad
esempio, dallo scrittore austriaco Arthur Trebitsch, giudeo al cento per
cento, ma di tendenze di forte antisemitismo. Nella sua opera
principale: “L’Esprit allemand ou le Judaisme” (Vienna, 1921), sui
Protocolli egli scrive che la loro esistenza gli era stata rivelata
dalla brochure di Beck: «Non si può avere il menomo dubbio
sull’autenticità del testo del libro “Les Sages de Sion”. Colui che,
come l’Autore (i. e . Trebitsch) ha saputo presentire nei fini e le
intenzioni di tutta la nostra vita economica, politica e spirituale, le
idee esposte in questi documenti segreti, può garantire con certezza che
si tratta indubbiamente di dichiarazioni autentiche che portano
l’impronta dello spirito strisciante dei Giudei che aspirano
all’egemonia del mondo; così autentiche e così vere che mai alcun
cervello ariano - anche se l’odio antisemitico lo spingesse alla
falsificazione e alla calunnia - sarebbe mai stato capace di concepire,
in alcun modo, questi metodi di lotta, questi piani, queste astuzie e
queste frodi». (p. 74).
L’aspetto più
interessante, circa l’autenticità dei “Protocolli”, è che questi sono
quasi una copia identica di un altro documento che risale al 1773, un
documento che si pone lo stesso fine di dominio mondiale ebraico e che
ricalca i metodi di lotta, di astuzie e di frodi che si trovano nei
“Protocolli”.
Secondo Guy Carr,
in “Servant”, 27 s, i Protocolli risalirebbero a oltre un secolo prima
delle deliberazioni del Congresso di Bále (1897). «Le mie ricerche
personali - scrive - mi hanno portato a pensare che i documenti
pubblicati in Russia nel 1905 dal prof. Nylus, sotto il titolo “Il
pericolo ebraico”, e da M. Mardsen in Inghilterra, nel 1921, sotto
quello di “Protocollì dei Savi di Sion”, sono il “piano” a lunga
scadenza degli Illuminati, quello che era spiegato da Mayer Amschel
Rothschild ai suoi soci nel 1773 a Francoforte. Rothschild non si
rivolgeva a dei rabbini o anziani; egli parlava a banchieri,
industriali, uomini di scienza, economisti, ecc. Perciò, non è giusto
imputare questa cospirazione diabolica e criminale a tutto il popolo
ebreo e ai suoi capi religiosi».
Il Virion, nel suo
studio: “Presto un governo mondiale”, documentatissimo, le cui
affermazioni non sono state mai state né smentite né attaccate, scrive:
«Il temporalismo ebraico... vagliato dai millenni,continuamente messo a
punto secondo l’evoluzione e l’apressarsi della fine... “I Protocolli
dei Savi di Sion” sono una di quelle rimesse a punto, parallela
all’elaborazione del piano sinarchico... i “Protocolli” fanno parte di
un tutto, ma parte essenziale, emanante dalle potenze ebraiche, ove la
Kabala ha più credito che l’Antico Testamento» (Virion, 235).
LA “DOTTRINA DEL TERRORE” di Amschel Mayer Rothschild,
Anno 1773. Poco
prima di presentare il suo piano, in 25 punti, per “dominare le
ricchezze, le risorse naturali e la forza lavoro di tutto il mondo”,
Amschel Mayer Rothschild, ai suoi dodici ascoltatori, svelò «come la
Rivoluzione Inglese (1640-60) fosse stata organizzata e mise in risalto
gli errori che erano stati commessi: il periodo rivoluzionario era stato
troppo lungo, l’eliminazione dei reazionari non era stata eseguita con
sufficiente rapidità e spietatezza e il programmato “regno del terrore”,
col quale si doveva ottenere la rapida sottomissione delle masse, non
era stato messo in pratica in modo efficace. Malgrado questi errori, i
banchieri, che avevano istigato la rivoluzione, avevano stabilito il
loro controllo sull’economia e sul debito pubblico inglese».
Rothschild mostrò
che questi risultati finanziari non erano da paragonare a quelli che si
potevano ottenere con la Rivoluzione francese, a condizione che i
presenti si unissero per mettere in pratica il Piano rivoluzionario che
egli aveva studiato e aggiornato con grande cura.
Ecco la “dottrina del terrore” contenuta in questo Piano.
«Il miglior
risultato che si può ottenere, nel governare gli uomini, può essere
raggiunto solo con l’uso della violenza e del terrorismo... La Legge è
un mascheramento della forza. Per le leggi della Natura, il Diritto si
fonda sulla forza».
«La nostra
politica deve essere quella di fomentare le guerre, per sprofondare
sempre di più le nazioni nel loro debito, e di dirigere le Conferenze di
Pace».
«Il “nostro
Stato”, marciando lungo la strada della conquista pacifica, ha il
diritto di rimpiazzare gli orrori delle guerre con le meno evidenti, ma
più efficaci sentenze di morte, necessarie a mantenere il “regno del
terrore” che genera la cieca sottomissione».
«Grazie alla
nostra stampa, noi abbiamo ottenuto l’oro nelle nostre mani, nonostante
il fatto che noi abbiamo dovuto raccoglierlo da oceani di lacrime e
sangue».
«Quando le
condizioni rivoluzionarie giungeranno al punto più basso, e le masse,
già soggiogate con le privazioni e col terrore, i nostri agenti dovranno
apparire in scena, ma solo dopo che essi hanno portato a termine il
nostro pianificato “regno del terrore”. Mettendo a morte questi nostri
agenti, noi appariremo come i salvatori degli oppressi, mentre invece
noi siamo interessati proprio all’opposto, e cioè alla riduzione e
all’uccisione dei Goym (cristiani)».
«Noi provocheremo
la depressione industriale e il panico finaziario. La disoccupazione e
la fame, imposte alle masse, creerà il diritto del capitale di regnare
in modo più sicuro».
«Il “regno del
terrore” dovrà accompagnare ogni sforzo rivoluzionario, perchè questo è
il mezzo più economico per portare la popolazione ad una rapida
sottomissione».
«Creeremo monopoli
immensi e riserve di tale ricchezza colossale che persino le ricchezze
più grandi dei Goym (cristiani) dipenderanno da noi in tale misura che
essi raggiungeranno il fondo insieme al credito dei loro Governi, il
giorno dopo la GRANDE CATASTROFE POLITICA».
«Spoglieremo i
Goym delle loro proprietà terriere e industriali con una combinazione di
tasse e concorrenza sleale e li porteremo alla rovina economica nei
loro interessi finanziari nazionali e nei loro investimenti».
«Gli aumenti salariali, ottenuti dai lavoratori, non dovranno beneficiarli in alcun modo».
«Lanceremo una
corsa agli armamenti in modo che i Goym si possano distruggere a
vicenda, su scala colossale e, alla fine, nel mondo, non rimarranno
altro che masse di proletariato con pochi milionari devoti alla nostra
causa, con forze militari e di polizia sufficienti a proteggere i nostri
interessi».
«I nostri agenti
dovranno infiltrarsi in tutte le classi, a tutti i livelli della società
e del Governo, per raggirare, confondere e corrompere i più giovani
della società, insegnando loro teorie e principi che noi sappiamo essere
falsi».
«I Governi
dell’Occidente non potranno sollevarsi contro di noi, perché, noi
creremo, nelle capitali e nelle città di tutti i paesi,
un’organizzazione di un tale TERRORE TERRIFICANTE da far tremare anche i
cuori più gagliardi».
(Tratto da: http://www.chiesaviva.com/conoscere%20massoneria.htm)
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