ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 24 settembre 2014

Do ut des?


Vaticano, papa Bergoglio e la svolta sulla 

pedofilia

L'arcivescovo Wesolowski ai domiciliari. Ma mancano norme sulle denunce.


L'arresto dell'ex nunzio polacco Jozef Wesolowski, sotto inchiesta per pedofilia, ha scosso il Vaticano. È la prima volta che accade a un altissimo prelato, un arcivescovo. Il solo precedente riguardava il maggiordomo Paolo Gabriele, poi graziato, ma insomma, tutt'altra storia per implicazioni morali.
Il 5 aprile 2013, ad appena una ventina di giorni dalla sua elezione al soglio pontificio, Bergoglio ha preso in mano il dossier sulla pedofilia. Benedetto XVI aveva cominciato l'opera e Francesco ha deciso di riprenderla con energia.
Anche perché dagli Stati Uniti all'Irlanda, le denunce contro gli abusi all'interno della Chiesa cattolica si andavano accumulando da anni, circondate prima dal silenzio e poi arrivando fino al Palazzo di Vetro dell'Onu. E proprio le Nazioni Unite, nell'estate del 2013, sulla base delle denunce delle associazioni delle vittime dei preti pedofili, hanno chiesto spiegazioni al Vaticano sulla mole di abusi.
LE ACCUSE DI GINEVRA. A febbraio 2014, l'organizzazione di Ginevra aveva pubblicato un rapporto (qui il documento) in cui sottolineava come le scelte dell Santa Sede hanno permesso violenze sessuali su decine di migliaia di bambini, violando la convenzione per i diritti dei minori.
La Santa Sede da parte sua aveva replicato vedendo in alcune di queste critiche un «tentativo di interferire nell'insegnamento della Chiesa cattolica sulla dignità della persona umana e nell'esercizio della libertà religiosa». Ma in ogni caso l'organismo dell'Onu ha chiesto «l'immediata rimozione» dei responsabili di abusi sui minori. La scelta di papa Francesco sembra rispondere almeno in parte alle richieste internazionali.

La commissione di Bergoglio per rispondere alle richieste Onu


Appena arrivato al soglio pontificio, Bergoglio ha subito incontrato il prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, che è competente per la materia, il cardinal Gerhard Muller. E subito dopo la sua elezione, è tornato a ribadire che i pastori devono fare pulizia. Francesco al contrario dei predecessori ha aperto alla testimonianza delle vittime e quindi ha voluto che i casi non fossero esaminati solo nelle stanze chiuse della congregazione per la dottrina della fede, governata per anni da Ratzinger durante il lungo pontificato di Karol Wojtila, il più discusso sul fronte degli abusi per la pedofilia.
OTTO COMPONENTI, VITTIME COMPRESE. Giusto dopo l'asperrimo confronto con i rappresentanti delle Nazioni unite, a marzo 2014, papa Francesco ha nominato i primi otto componenti della Commissione di inchiesta sui reati contro i minori e tra loro ha scelto anche una vittima di abusi, l'irlandese Marie Collins. E a coordinare i lavori è stato chiamato il cardinale Sean O'Malley, il pastore di Boston che per risarcire le vittime aveva venduto l'arcivescovado.
L'11 aprile di quest'anno, incontrando operatori cattolici che si occupano di bambini, il papa ha fatto 'mea culpa' a nome della Chiesa: «Mi sento chiamato a farmi carico» e «a chiedere perdono» per il male che alcuni sacerdoti hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini. Ad agosto Francesco ha accettato velocemente anche le dimissioni (per superamento dei limiti d'età) del Primate d'Irlanda, il cardinal Sean O' Brady, accusato nel passato di aver in qualche modo coperto il grande scandalo del clero nel suo Paese.
E ha assicurato che non verrà fatto nessun passo indietro nel trattare il problema e nelle sanzioni.  Anche perchè ci sono solo passi avanti da fare.

La Rete L'Abuso: «Un bel segnale: ora l'opera di pulizia continui»


Nei confronti di Wesolowski è già stato avviato il processo canonico: il primo grado di giudizio si è concluso con la condanna da parte della congregazione per la Dottrina della fede alla dimissione dallo stato clericale. Contro questa decisione il prelato ha proposto appello e il giudizio di secondo grado dovrebbe svolgersi nel prossimo mese di ottobre.
Ma il nunzio polacco, nominato prete da Wojtyla, era perseguito dai tribunali del suo Paese d'origine.  Bergoglio si è contraddistinto per aver rimosso il diplomatico e averlo portato a Roma. Ma non ha ancora superato la riluttanza della Santa sede a fare i conti con la giustizia degli altri Paesi. Così come la derubricazione del reato di pedofilia, come reato contro la morale e non contro la persona, dovuta a un codice penale che risale all'Ottocento. Le Nazioni Unite hanno chiesto la consegna dei colpevoli alle autorità civili, oltre all'apertura degli archivi sui pedofili e sugli uomini di Chiesa che hanno coperto i loro crimini.
REGOLE PER LE DENUNCE. In ogni caso, la Commissione voluta da Francesco dovrebbe stabilire regole chiare per le denunce in modo da non lavare le mani della gerarchia ecclesiastica. Secondo Francesco Zanardi, presidente della Rete L'abuso nata cinque anni fa a Savona che oggi conta circa 400 vittime di abusi sessuali perpetrati da sacerdoti, una sentenza della giustizia italiana ha in qualche modo aperto aperto le porte alla responsabilità dei vescovi sui reati commessi all'interno della loro diocesi.
L'attivista in ogni caso si dice soddisfatto: «Lo considero un buon segno di apertura. Non dico che sia risolutivo ma è un bel segnale». «Speriamo che quest'opera continui. Abbiamo tanti altri cardinali che sono stati nascosti in Vaticano».
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http://www.lettera43.it/cronaca/vaticano-papa-bergoglio-e-la-svolta-sulla-pedofilia_43675141869.htm

Quegli adescamenti a Santo Domingo. Incastrato dall’Onu

Jozef Wesolowski
(©Ansa)
(©ANSA) JOZEF WESOLOWSKI

Il personaggio: fedelissimo di Wojtyla, poi una lunga carriera

IACOPO SCARAMUZZICITTÀ DEL VATICANO

Con gli arresti domiciliari di monsignor Jozef Wesolowski giunge a conclusione il più spinoso caso di abusi sessuali sui minori incontrato da Papa Francesco nel corso del suo pontificato. A causa sua, ordinato prete e consacrato vescovo da Karol Wojtla, si sono scagliate contro la Santa Sede due commissioni delle Nazioni Unite. È la prima volta che un ambasciatore del Papa, con dignità episcopale, si macchia di pedofilia. Ed è la prima volta che per questo grave “grave peccato” e “crimine odioso”, come lo definì Benedetto XVI, scatta un procedimento restrittivo dentro lo Stato della Città del Vaticano.

Monsignor Wesoloski, oggi 66 anni, nasce nel 1948 in Polonia. Ordinato prete dal futuro Giovanni Paolo II a Cracovia nel 1972, intraprende la carriera diplomatica vaticana e segue il cursus honorem fino alla nomina come nunzio in Bolivia nel 1999 (anno in cui viene consacrato arcivescovo), poi in Kazakhstan, Tadjikistan, Kyrgyzystan e Uzbekistan, e, infine, dal 2008, nella Repubblica dominicana. È nel paese caraibico che avvengono gli abusi accertati adesso. Il presule – è quanto emerse sulla stampa dominicana – frequentava i sobborghi di Santo Domingo dove adescava ragazzini o comprava le loro prestazioni sessuali. Quando ne viene a conoscenza, l’arcivescovo di Santo Domingo, il cardinale Nicolas Lopez Rodriguez, informa Papa Francesco. Mancano pochi giorni prima che Jorge Mario Bergoglio parta per la giornata mondiale della gioventù del Brasile nel luglio del 2013. Tornato a Roma, il Papa argentino non perde tempo. Wesolowski viene richiamato a Roma a inizio agosto e il 21 di quel mese viene dimesso come nunzio.

Le autorità dominicane e quelle polacche aprono un’inchiesta su Wesolowski. Dal paese caraibico filtrano voci di una richiesta di estradizione negata dalla Santa Sede. Wesoloski, è la spiegazione, gode dell’immunità diplomatica. Il Vaticano, risponde che c’è piena disponibilità a collaborare. Il richiamo a Roma, afferma il portavoce, padre Federico Lombardi, “non manifesta assolutamente l'intenzione di evitare la sua assunzione di responsabilità per quanto venga eventualmente accertato”.

La pressione sale. Ben due comitati delle Nazioni Unite e Ginevra –per i diritti del fanciullo e contro la tortura – mettono sotto esame il Vaticano sulla pedofilia e, in particolare, per il caso Wesoloswki in quanto dipendente diretto della Santa Sede. Il rappresentante vaticano, monsignor Silvano Tomasi, risponde che l’ex-nunzio verrà giudicato con “la severità che merita”.

L’arcivescovo è a Roma ma non si sa bene dove. Il Vaticano tace. A giugno il vescovo ausiliare di Santo Domingo, monsignor Victor Masalles, spara su Twitter: “Per me è stata una sorpresa vedere Wesolowski passeggiare per via della Scrofa a Roma. Il silenzio della Chiesa ha ferito il popolo di Dio”. Passano pochi giorni e la congregazione per la Dottrina della fede condanna in primo grado monsignor Wesolowski per pedofilia. La sentenza canonica è dura, dimissione dallo stato clericale. Cessano contestualmente le funzioni – e le immunità – diplomatiche. Wesolowski a fine agosto fa appello. Ma intanto, in forza di norme promulgate da Papa Francesco a inizio pontificato, parte anche un secondo, distinto processo di natura penale, affidato alla magistratura vaticana. Che non attende che la sentenza canonica passi in giudicato. E si conclude con gli arresti domiciliari.

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