Papa Francesco il rottamatore e la vecchia guardia che non ci sta
Intervento di Joaquin Navarro Vals sul caso Wesolowski: "Il Pontefice cammina sulle orme dei predecessori". Con lui quella parte della Chiesa che ci tiene a prendere posizione contro la rivoluzione di Francesco in Vaticano
Papa Francesco continua la sua rivoluzione in Vaticano, ma una parte del vecchio establishment della Curia romana sembra ancora molto affezionata all’idea di precisare, delimitare e depotenziare l’operato del pontefice argentino, sopratutto in vista dell’apertura dei lavori del Sinodo della Famiglia che partirà all’inizio di ottobre; uno snodo fondamentale della nuova pastorale familiare del Papa “venuto dalla fine del mondo”.
PAPA FRANCESCO E IL CASO WESOLOWSKI - L’occasione per prendere posizione sull’operato di Papa Francesco arriva dal caso dell’ex arcivescovo cattolico Joseph Wesolowski, ridotto allo stato laicale da anni e ieri arrestato dalla gendarmeria vaticana dopo il sospetto di un pericolo di fuga: l’accusa, pedofilia ai danni di sette bambini “pagati per prestazioni sessuali e filmati mentre si masturbavano”, riporta la Stampa. Il presule rischia sette anni di galera e l’estradizione, e il processo, vaticano, inizierà fra tre mesi.
Su Repubblica oggi interviene Joaquin Navarro Valls, già direttore della Sala Stampa Vaticana al tempo di Giovanni Paolo II, dimessosi durante il pontificato di Benedetto XVI e sostituito con l’attuale direttore Padre Federico Lombardi. Nel suo intervento il numerario dell’Opus Dei scrive con chiarezza mandando un messaggio ai lettori, ai cattolici, al mondo: “E’ giustissimo apprezzare la decisione di Papa Bergoglio ben sapendo però che essa è la logica conseguenza di atti avviati dai suoi predecessori”.
Su Repubblica oggi interviene Joaquin Navarro Valls, già direttore della Sala Stampa Vaticana al tempo di Giovanni Paolo II, dimessosi durante il pontificato di Benedetto XVI e sostituito con l’attuale direttore Padre Federico Lombardi. Nel suo intervento il numerario dell’Opus Dei scrive con chiarezza mandando un messaggio ai lettori, ai cattolici, al mondo: “E’ giustissimo apprezzare la decisione di Papa Bergoglio ben sapendo però che essa è la logica conseguenza di atti avviati dai suoi predecessori”.
FRANCESCO, RATZINGER, WOJTILA - “Una linea di rigore giuridico che da vent’anni, ossia da quando si è saputo dei primi abusi, la Chiesa ha mantenuto contro la pedofilia”, scrive l’ex direttore della Sala Stampa, riportando alcuni esempi a sostegno: la decisione del 2001 di Giovanni Paolo II di “attribuire alla Congregazione per la Dottrina della Fede poteri speciali, tra cui l’incarico di indagare, valutare e sanzionare questi abusi gravissimi”, la scelta di “cambiare le norme del diritto canonico” per poter istruire la procedura per via amministrativa “anziché seguendo le antiche norme canoniche”; in ultimo, la linea rigorista di Benedetto XVI “finita nella famosa lettera pastorale del 2010 ai cattolici di Irlanda”. L’intenzione di Valls, confessata, è quella di inserire l’operato di Francesco nella solidità della viatracciata dai suoi predecessori, contro gli entusiasmi di chi lo proclama e lo ritiene un Papa di rottura rispetto alla via della Chiesa. Eppure, è difficile non vedere nell’intervento di Valls una rinnovata presa di posizione all’interno del fronte che si sta opponendo fermamente, o almeno sta tentando di fare da contraltare, alle rivoluzioni, vere e proprie, che Bergoglio sta portando fra le mura vaticane.
IL PAPA CHE NON SI FECE GIUDICARE - I fatti innanzitutto raccontano una verità diversa. I documenti e le azioni citate da Valls sono la Crimen Sollecitationis del 1962, la Sacramentorum sanctitatis tutela di Giovanni Paolo II applicato dalla De delictis Gravioribus di Benedetto XVI, allora Cardinal Joseph Ratzinger della Congregazione della Dottrina della Fede: documenti venuti in rilievo durante un processo del 2005 davanti alla Corte delTexas per fatti di pedofilia da parte di un sacerdote, in cui un professore di Diritto Canonico, teste giurato, affermò che “la lettera di Ratzinger ha esteso la giurisdizione ed il controllo della Chiesa sui crimini sessuali” e in cui Papa Benedetto XVI rifiutò di farsi giudicare invocando l’immunità diplomatica. Il che ovviamente non significa che il predecessore di Papa Francesco non abbia preso azioni decise nel contrasto alla pedofilia nel clero, tutto il contrario: eletto molto anziano come pontefice che sarebbe dovuto essere solo “di transizione” e di pensiero, ritenuto un Papa di comodo dagli ambienti più conservatori della Curia, Benedetto decise invece che non era possibile più tollerare gli scandali sessuali e finanziari del Vaticano e, dopo aver impostato una linea molto dura su entrambi, rinunciò al Pontificato ritenendoeccessivo il carico che gli si presentava ancora davanti.
RIVOLUZIONE FRANCESCO - L’elezione di Papa Francesco fu poi una sconfitta per quegli stessi ambienti di Curia; e ancor di più lo sono state le sue scelte di discontinuità, coraggiose, e rivoluzionarie. La vicenda Wesolowski non fa eccezione, e il primo a riconoscerlo è il cardinale De Paolis, membro della Cassazione Vaticana, sentito dalla Stampa: “Papa Francesco ha dimostrato che nel suo stato i crimini contro l’infanzia vengono puniti in modo esemplare. E’ la prima volta che il Vaticano attiva il suo codice per la pedofilia. Non bastava la riduzione allo stato laicale: la congregazione per la Dottrina della Fede non mette in prigione il colpevole, lo lascia impunito. Ad essere cancellate per sempre sono le garanzie dei chierici”. Ben diverso il tono di Navarro Valls, che, come abbiamo detto, ritiene siano “vent’anni” di una linea di rigore assoluto da parte della Chiesa. Come a dire, l’operato di Ratzinger e Wojtila già era molto, ora è di più, ma i presupposti già c’erano tutti. E invece, quella di Francesco è una vera e propria rottura: anche se il prelato sarà giudicato da un tribunale Vaticano, nulla imponeva a Papa Francesco di annunciare al mondo che Wesolowski è stato arrestato per suo diretto ordine. Tutto poteva svolgersi nel silenzio delle mura vaticane: e invece Francesco ha scelto la trasparenza.
DALLA PARTE DELLE VITTIME - “Un cambiamento di paradigma”, lo definisce il Cardinale Walter Kasper, il teologo che ha impostato i lavori del Sinodo della Famiglia; “la pedofilia è una lebbra, è come una messa nera”, ha dettoBergoglio: in passato, dice Kasper, “ci furono coperture perché c’era chi guardava all’istituzione e diceva: bisogna proteggere l’immagine della Chiesa. Ma la Chiesa si protegge solo scegliendo il punto di vista delle vittime”. Ecco,le vittime sono le grandi assenti nell’intervento di Valls – mai nominate – mentre si spende più di una parola su di un argomento apparentemente scollegato dalla vicenda Wesolowski: il celibato ecclesiastico. “Non emerge clinicamente nessun legame fra pedofilia e celibato”, dice Valls: e in una fase di grande riforma, di grande messa in discussione dei presupposti della Chiesa romana su famiglia, procreazione e affettività, è difficile non vedereuna levata di scudi a priori nelle parole dell’ex direttore della Sala Stampa. Nessuno, sembra dire Valls, si senta autorizzato a sfruttare la vicenda Wesolowski per tornare a parlare di abolizione del celibato dei preti, questione su cui Papa Francesco ha già detto: “Troverò soluzioni”.
*Il lato oscuro del Cardinale
George Pell è il braccio destro di di Papa Francesco. Ma l'arresto per pedofilia dell'ex vescovo polacco Wesolowsky sta facendo traballare la sua poltrona. Viste le sue implicazioni in diverse inchieste legate agli abusi sessuali
Dopo l'arresto per pedofilia dell'ex vescovo Josef Wesolowski, in Vaticano la tensione è altissima. Soprattutto per i vertici della gerarchia ecclesiastica implicati, in qualche modo, in alcune inchieste sulla pedofilia. A tremare per la sua poltrona è innanzitutto George Pell, cardinale australiano membro del C9 (il gruppo di porporati che consiglia il papa nel governo della chiesa) e nominato pochi mesi fa prefetto della Segreteria dell'Economia, sorta di superministero delle finanze vaticane.
Pell un mese fa è stato interrogato dalla Commissioned'inchiesta sulla pedofilia voluto dal governo di Canberra, su alcune decisioni prese quando era arcivescovo di Melburne e di Sydney. Ma i giudici federali lo hanno interrogato soprattutto sul discusso schema di risarcimento da lui introdotto a partire dal 1996, il cosiddetto "Melbourne Reponse". Secondo molti studiosi e opinionisti, in realtà, un sistema «progettato per controllare le vittime e proteggere la Chiesa». Se alcuni parenti di bimbi abusati hanno definito a verbale il cardinale un «sociopatico», la studiosa Judy Courtin ha spiegato che le scelte di Pell erano volte a «minimizzare i reati, occultare la verità, manipolare e intimidire le vittime».
Pell - che qualche anno fa è stato assolto per mancanza di prove da un'accusa di molestie su un bambino di 12 anni - ha risposto alle domande giudici con una frase choc, spiegando che la Chiesa non ha responsabilità legali. Per difendersi, ha confrontato i preti pedofili a camionisti che molestano autostoppiste: «Non credo che la compagnia di trasporti possa essere responsabile delle azioni dei suoi camionisti».
Sentito da "L'Espresso" Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, non ha voluto commentare la frase di Pell né l'inchiesta della Commissione australiana. I giornali australiani, americani e inglesi hanno fatto una campagna contro Pell, e ora Francesco sembra aver ammesso di essere stato troppo affrettato nella nomina del cardinale.
Pell un mese fa è stato interrogato dalla Commissioned'inchiesta sulla pedofilia voluto dal governo di Canberra, su alcune decisioni prese quando era arcivescovo di Melburne e di Sydney. Ma i giudici federali lo hanno interrogato soprattutto sul discusso schema di risarcimento da lui introdotto a partire dal 1996, il cosiddetto "Melbourne Reponse". Secondo molti studiosi e opinionisti, in realtà, un sistema «progettato per controllare le vittime e proteggere la Chiesa». Se alcuni parenti di bimbi abusati hanno definito a verbale il cardinale un «sociopatico», la studiosa Judy Courtin ha spiegato che le scelte di Pell erano volte a «minimizzare i reati, occultare la verità, manipolare e intimidire le vittime».
Pell - che qualche anno fa è stato assolto per mancanza di prove da un'accusa di molestie su un bambino di 12 anni - ha risposto alle domande giudici con una frase choc, spiegando che la Chiesa non ha responsabilità legali. Per difendersi, ha confrontato i preti pedofili a camionisti che molestano autostoppiste: «Non credo che la compagnia di trasporti possa essere responsabile delle azioni dei suoi camionisti».
Sentito da "L'Espresso" Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, non ha voluto commentare la frase di Pell né l'inchiesta della Commissione australiana. I giornali australiani, americani e inglesi hanno fatto una campagna contro Pell, e ora Francesco sembra aver ammesso di essere stato troppo affrettato nella nomina del cardinale.
(Joaquìn Navarro-Valls) La notizia è clamorosa. L’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski, già dimesso dallo stato clericale nei mesi scorsi dalla Congregazione per la dottrina della fede per pedofilia, è stato arrestato martedì pomeriggio dalla magistratura civile del Vaticano, nell’ambito dell’inchiesta penale avviata a suo carico.
Si tratta di una azione penale importante. Sotto molti punti di vista. Il prelato, infatti, è stato sottoposto a provvedimento restrittivo a causa delle accuse tremende che gli sono state contestate. Aggravate oltretutto da alcune dichiarazioni che egli stesso ha rilasciato nell’estate dell’anno scorso nelle quali confessava pubblicamente di frequentare una spiaggia malfamata per l’adescamento a pagamento di minorenni.
CERTO , i fatti offrono prove, ma ancora più provata appare adesso la dura reazione della Santa Sede, la quale si è trovata legalmente attrezzata e moralmente pronta per gestire un reato così estremo e vergognoso contro la persona. In effetti, e i media lo hanno riportato ampiamente, la reazione di papa Francesco è stata inequivocabile e ferma, autorizzando l’ufficio inquirente a disporre provvisoriamente, per problemi documentati di salute, agli arresti domiciliari Wesolowski all’interno dello Stato della Città del Vaticano. In tal modo non solo l’imputato sarà processato a Roma, ma sarebbe possibile, eventualmente, una successiva estradizione.
Una notazione da tener presente è, quindi, che l’efficacia dell’intervento del Papa è stato possibile all’interno di una linea di rigore giuridico che da vent’anni, ossia da quando si è saputo dei primi abusi, la Chiesa ha mantenuto contro la pedofilia. Mi ricordo perfettamente con quanta rapida sollecitudine Giovanni Paolo II nel 2001 stabilì le norme che attribuivano proprio alla Congregazione per la dottrina della fede, guidata dall’allora cardinale Ratzinger, poteri speciali, tra cui l’incarico di indagare, valutare e sanzionare questi abusi gravissimi. Inol- tre, anche cambiando le norme del diritto canonico, Giovanni Paolo II concesse che per fare più rapido il corso della giustizia, la procedura poteva essere istruita per via amministrativa anziché seguendo antiche norme canoniche. Sebbene in molti frangenti non sempre tutti lo abbiano ricordato, a partire dal 2005 Benedetto XVI ha continuato su questa strada rigorista, finita nella famosa Lettera pastorale del 2010 ai cattolici d’Irlanda, ma emersa già cinque anni prima, nell’esclamazione durante la Via Crucis, poco prima di essere eletto Papa: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui!».
Oggi, dunque, è giustissimo apprezzare la decisione di papa Francesco, ben sapendo però che essa è la logica e coerente conseguenza di un’impostazione pienamente attuata e totalmente condivisa dai suoi predecessori.
È però interessante quando si parla di que- sti temi porsi alcune domande di carattere generale. La prima è se vi sia qualche altra istituzione internazionale, al di fuori della Chiesa, che abbia deciso di combattere la pedofilia, allo stesso modo e con la stessa linearità.
Sì, perché i dati più recenti — pur sempre insufficienti poiché la maggioranza degli abusi non è dichiarata — ci forniscono un quadro tutt’altro che rassicurante: una ragazza su tre ha subito, nei paesi sviluppati, abusi sessuali, e un ragazzo su cinque è stato oggetto di violenza. L’Fbi, nel suo Law enforcement bulletin, afferma che le aggressioni sessuali a minori sono uno dei crimini meno denunciati: soltanto tra l’uno e il dieci per cento, vengono a alla luce. La Cnn calcola che i bambini sessualmente molestati sono il 5 % della popolazione media. Un numero a dir poco agghiacciante. Secondo Diana Russell, il 90 % degli abusi sessuali avviene in famiglia e resta chiuso nell’omertà. L’Ufficio statistico del ministero di giustizia americano afferma che in quasi la metà di abusi su minori, il ragazzo o ragazza era figlio o figlia oppure famigliare del colpevole di abuso.
I medici sappiamo qualcosa di tutto questo. Ma sappiamo anche che il profilo di un pedofilo non include mai adulti normali che sono attratti eroticamente da minori come il risultato di una astinenza temporanea o protratta nel tempo. Quindi non emerge clinicamente nessun legame tra pedofilia e celibato.
Allora, è necessario cercare di vedere il problema in tutta la sua tremenda dimensione. La vera malattia non è la Chiesa, ma la pedofilia. Soprattutto perché essa esprime con brutalità e violenza un perversione che si annida tra le persone “comuni” ed anche — purtroppo — dietro le mura domestiche, ossia proprio laddove i bambini generalmente vivono. Non si tratta di condannare nessuno, ovviamente, ma di chiedersi semmai chi affronta veramente questi abusi spalmati nella società; e con quali strumenti culturali, legali e penali è possibile accertarli e poi punirli.
Se, infatti, è vero che la pedofilia è una piaga umana che anche la Chiesa sta conoscendo, è anche vero che la Chiesa stessa è l’unica realtà comunitaria e istituzionale che stia efficacemente intervenendo per estirparla sia penalmente, sia canonicamente e sia culturalmente.
Il resto, fa solo notizia. Certamente notizia giusta, però incompleta.
fonte
Si tratta di una azione penale importante. Sotto molti punti di vista. Il prelato, infatti, è stato sottoposto a provvedimento restrittivo a causa delle accuse tremende che gli sono state contestate. Aggravate oltretutto da alcune dichiarazioni che egli stesso ha rilasciato nell’estate dell’anno scorso nelle quali confessava pubblicamente di frequentare una spiaggia malfamata per l’adescamento a pagamento di minorenni.
CERTO , i fatti offrono prove, ma ancora più provata appare adesso la dura reazione della Santa Sede, la quale si è trovata legalmente attrezzata e moralmente pronta per gestire un reato così estremo e vergognoso contro la persona. In effetti, e i media lo hanno riportato ampiamente, la reazione di papa Francesco è stata inequivocabile e ferma, autorizzando l’ufficio inquirente a disporre provvisoriamente, per problemi documentati di salute, agli arresti domiciliari Wesolowski all’interno dello Stato della Città del Vaticano. In tal modo non solo l’imputato sarà processato a Roma, ma sarebbe possibile, eventualmente, una successiva estradizione.
Una notazione da tener presente è, quindi, che l’efficacia dell’intervento del Papa è stato possibile all’interno di una linea di rigore giuridico che da vent’anni, ossia da quando si è saputo dei primi abusi, la Chiesa ha mantenuto contro la pedofilia. Mi ricordo perfettamente con quanta rapida sollecitudine Giovanni Paolo II nel 2001 stabilì le norme che attribuivano proprio alla Congregazione per la dottrina della fede, guidata dall’allora cardinale Ratzinger, poteri speciali, tra cui l’incarico di indagare, valutare e sanzionare questi abusi gravissimi. Inol- tre, anche cambiando le norme del diritto canonico, Giovanni Paolo II concesse che per fare più rapido il corso della giustizia, la procedura poteva essere istruita per via amministrativa anziché seguendo antiche norme canoniche. Sebbene in molti frangenti non sempre tutti lo abbiano ricordato, a partire dal 2005 Benedetto XVI ha continuato su questa strada rigorista, finita nella famosa Lettera pastorale del 2010 ai cattolici d’Irlanda, ma emersa già cinque anni prima, nell’esclamazione durante la Via Crucis, poco prima di essere eletto Papa: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui!».
Oggi, dunque, è giustissimo apprezzare la decisione di papa Francesco, ben sapendo però che essa è la logica e coerente conseguenza di un’impostazione pienamente attuata e totalmente condivisa dai suoi predecessori.
È però interessante quando si parla di que- sti temi porsi alcune domande di carattere generale. La prima è se vi sia qualche altra istituzione internazionale, al di fuori della Chiesa, che abbia deciso di combattere la pedofilia, allo stesso modo e con la stessa linearità.
Sì, perché i dati più recenti — pur sempre insufficienti poiché la maggioranza degli abusi non è dichiarata — ci forniscono un quadro tutt’altro che rassicurante: una ragazza su tre ha subito, nei paesi sviluppati, abusi sessuali, e un ragazzo su cinque è stato oggetto di violenza. L’Fbi, nel suo Law enforcement bulletin, afferma che le aggressioni sessuali a minori sono uno dei crimini meno denunciati: soltanto tra l’uno e il dieci per cento, vengono a alla luce. La Cnn calcola che i bambini sessualmente molestati sono il 5 % della popolazione media. Un numero a dir poco agghiacciante. Secondo Diana Russell, il 90 % degli abusi sessuali avviene in famiglia e resta chiuso nell’omertà. L’Ufficio statistico del ministero di giustizia americano afferma che in quasi la metà di abusi su minori, il ragazzo o ragazza era figlio o figlia oppure famigliare del colpevole di abuso.
I medici sappiamo qualcosa di tutto questo. Ma sappiamo anche che il profilo di un pedofilo non include mai adulti normali che sono attratti eroticamente da minori come il risultato di una astinenza temporanea o protratta nel tempo. Quindi non emerge clinicamente nessun legame tra pedofilia e celibato.
Allora, è necessario cercare di vedere il problema in tutta la sua tremenda dimensione. La vera malattia non è la Chiesa, ma la pedofilia. Soprattutto perché essa esprime con brutalità e violenza un perversione che si annida tra le persone “comuni” ed anche — purtroppo — dietro le mura domestiche, ossia proprio laddove i bambini generalmente vivono. Non si tratta di condannare nessuno, ovviamente, ma di chiedersi semmai chi affronta veramente questi abusi spalmati nella società; e con quali strumenti culturali, legali e penali è possibile accertarli e poi punirli.
Se, infatti, è vero che la pedofilia è una piaga umana che anche la Chiesa sta conoscendo, è anche vero che la Chiesa stessa è l’unica realtà comunitaria e istituzionale che stia efficacemente intervenendo per estirparla sia penalmente, sia canonicamente e sia culturalmente.
Il resto, fa solo notizia. Certamente notizia giusta, però incompleta.
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De Paolis: «Processiamo Wesolowski come un criminale»
Intervista al Cardinale membro della Cassazione vaticana e Delegato pontificio della Congregazione dei Legionari di Cristo
GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANO
«Finora la Chiesa non giudicava il delitto di pedofilia dal punto di vista criminale ma disciplinare. Gli abusi sessuali su minori erano una violazione della disciplina ecclesiastica. L’arresto dell’arcivescovo Wesolowski è una forte e inequivocabile scelta politica di Francesco». Il cardinale Velasio De Paolis, delegato pontificio per la Congregazione dei Legionari di Cristo e membro della Cassazione vaticana, condivide «il gesto senza precedenti del Papa» perché «la pena ha un duplice effetto: punitivo ed esemplare per il bene comune».
Da cosa nasce la svolta?
«Francesco ha mandato un segnale nettissimo sulla gravità degli abusi sessuali. Giustamente il Papa ha risposto così anche alle polemiche sollevate dalle Nazioni Unite per il caso Wesolowski. Ha dimostrato che nel suo Stato i crimini contro l’infanzia vengono puniti in modo esemplare. Il termine della custodia preventiva in Vaticano è di 50 giorni, rinnovabile per altri 50».
Anche se l’imputato è un arcivescovo?
«I nunzi appartengono allo Stato della Città del Vaticano che quindi attiva il tribunale secondo il suo codice. È la prima volta che ciò accade per pedofilia. Non bastava la riduzione allo stato laicale: la congregazione per la Dottrina della fede non mette in prigione il colpevole, lo lascia impunito. Si è affiancato perciò il tribunale dello Stato. Sono stato vicario giudiziale e le celle in Vaticano non sono adeguate per lunghe detenzioni. Comunque l’ex nunzio è ai domiciliari. L’ultima reclusione in Vaticano è stata quella del maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele».
Qual è la soluzione?
«Wesolowski potrebbe essere estradato e, comunque, la Segreteria di Stato, in base alle disposizioni del trattato lateranense, può chiedere all’Italia che, se condannato, possa scontare la pena nel carcere italiano. In ogni modo la verità emerge dal dibattimento. Anche in Vaticano esistono tre gradi di giudizio. Il promotore di giustizia svolge le indagini , però poi è il giudice istruttore a emettere una sentenza di proscioglimento o di rinvio a giudizio se emergono fondati indizi di colpevolezza. Le garanzie giuridiche ci sono tutte. Ad essere cancellati per sempre sono i privilegi per i chierici. Francesco mostra al mondo che fare giustizia costituisce anche un esempio nell’esclusivo interesse del bene di tutti».
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/de-paolis-36537/
KASPER: “NON CI SI PUO’ FERMARE, NEANCHE DAVANTI A UN VESCOVO”
Il suo arresto, primo vescovo in epoca recente a finire in manette in Vaticano, fa ancora parlare. Il Corriere della Sera ospita oggi un’intervista al cardinale Walter Kasper, teologo di fama, che plaude al “cambiamento di paradigma. C’è stato un tempo nel quale si sono protetti i sacerdoti. Ora si guardano le cose dalla parte delle vittime, dobbiamo farlo. Questo è il cambiamento della Chiesa: considerare ciò che accade secondo la prospettiva delle vittime”. Il porporato, commentando l’arresto, osserva che “va nella direzione che conosciamo. La linea del Papa è chiara, non ci si può fermare, tantomeno se è un vescovo. La Chiesa ha bisogno di purificazione e rinnovamento, dobbiamo essere conseguenti. Ci vuole chiarezza”. Ed è esattamente, aggiunge, “ciò che diceva Benedetto XVI”. Proprio su quest’ultimo, Kasper vuole spendere qualche parola in più: “Lui ha avuto in grande coraggio. Penso sia stato frainteso da molti. E’ stato il primo nella Curia ad avviare questa linea, fin da cardinale. Un uomo molto coraggioso, chiaro e determinato”.
”WESOLOWSKI POTREBBE ESSERE ESTRADATO”
Sulla Stampa interviene un altro cardinale, Velasio De Paolis, canonista: “Finora la Chiesa non giudicava il delitto di pedofilia dal punto di vista criminale ma disciplinare. Gli abusi sessuali su minori erano una violazione della disciplina ecclesiastica. L’arresto dell’arcivescovo Wesolowski è una forte e inequivocabile scelta politica di Francesco”. De Paolis guarda già oltre la detenzione ai domiciliari dell’ex nunzio, e spiega che “potrebbe essere estradato”. Inoltre, “in base alle disposizioni del trattato lateranense, la segreteria di Stato può chiedere all’Italia che, se condannato, possa scontare la pena nel carcere italiano”.
I MERITI DI RATZINGER NELLA LOTTA AGLI ABUSI
Il gesuita Hans Zollner, membro della commissione per la protezione dei minori istituita da Papa Francesco, spiega a Repubblica che “è un grande errore ritenere che i casi siano stati coperti a Roma. La realtà è che l’allora cardinale Ratzinger, nel 2000, per contrastare il fenomeno decise di accentrare la gestione delle accuse contro sacerdoti alla Congregazione per la Dottrina della fede”, e “diventato Papa, ha continuato con fermezza la linea di una lotta consistente contro quella che chiamò una piaga aperta nel corpo della Chiesa”. Zollner replica anche all’ONU, che attraverso i suoi comitati nei mesi scorsi aveva attaccato duramente il Vaticano anche riguardo la lotta contro gli abusi sessuali da parte di membri del Clero: “L’Onu non è ben informato. Per la parte civile e penale, la Chiesa si attiene alle leggi degli Stati. La denuncia non è obbligatoria nella maggioranza di questi, ad esempio in Italia, Germania, Belgio. Si può discutere se non sia opportuno che uno Stato introduca la denuncia obbligatoria, ma la decisione in questo senso rimane dello Stato”.
LE NOVITA’ DI FRANCESCO
Luigi Accattoli, sul Corriere della Sera, pone l’accento sulla “linea d’azione già definita da Papa Benedetto, in forte discontinuità con la prassi precedente, che era durata fino agli ultimi anni di Papa Wojtyła ed era caratterizzata dalla preoccupazione di salvare l’immagine della Chiesa e non di soccorrere le vittime e prevenire gli abusi”. L’esempio che Accattoli cita è quello di Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo messo sotto processo solo nel 2004 “per iniziativa del cardinale Ratzinger, avendo goduto di incredibili coperture per oltre cinque decenni”. Due sono le novità apportate da Francesco: la commissione per la tutela dei minori chiamando “a farne parte un numero pari di uomini e donne” e la richiesta di perdono “per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata alle denunce di abuso”.
http://www.formiche.net/2014/09/25/wesolowski-lopera-ratzinger-il-furore-bergoglio/
Wesolowski, l’opera di Ratzinger e il furore di Bergoglio
25 - 09 - 2014Matteo Matzuzzi
Fatti, analisi e riscostruzioni
Voleva scappare, per questo ora è agli arresti domiciliari. Jozef Wesolowski, il diplomatico polacco già nunzio nella Repubblica Dominicana, stava meditando di lasciare il Vaticano prima che arrivasse la sentenza del processo penale,
il cui inizio è previsto tra qualche mese. La Gendarmeria pontificia,
su volontà del Papa, ha preceduto le sue mosse, e ora si trova nel
Collegio dei Penitenzieri, dentro le mura leonine.KASPER: “NON CI SI PUO’ FERMARE, NEANCHE DAVANTI A UN VESCOVO”
Il suo arresto, primo vescovo in epoca recente a finire in manette in Vaticano, fa ancora parlare. Il Corriere della Sera ospita oggi un’intervista al cardinale Walter Kasper, teologo di fama, che plaude al “cambiamento di paradigma. C’è stato un tempo nel quale si sono protetti i sacerdoti. Ora si guardano le cose dalla parte delle vittime, dobbiamo farlo. Questo è il cambiamento della Chiesa: considerare ciò che accade secondo la prospettiva delle vittime”. Il porporato, commentando l’arresto, osserva che “va nella direzione che conosciamo. La linea del Papa è chiara, non ci si può fermare, tantomeno se è un vescovo. La Chiesa ha bisogno di purificazione e rinnovamento, dobbiamo essere conseguenti. Ci vuole chiarezza”. Ed è esattamente, aggiunge, “ciò che diceva Benedetto XVI”. Proprio su quest’ultimo, Kasper vuole spendere qualche parola in più: “Lui ha avuto in grande coraggio. Penso sia stato frainteso da molti. E’ stato il primo nella Curia ad avviare questa linea, fin da cardinale. Un uomo molto coraggioso, chiaro e determinato”.
”WESOLOWSKI POTREBBE ESSERE ESTRADATO”
Sulla Stampa interviene un altro cardinale, Velasio De Paolis, canonista: “Finora la Chiesa non giudicava il delitto di pedofilia dal punto di vista criminale ma disciplinare. Gli abusi sessuali su minori erano una violazione della disciplina ecclesiastica. L’arresto dell’arcivescovo Wesolowski è una forte e inequivocabile scelta politica di Francesco”. De Paolis guarda già oltre la detenzione ai domiciliari dell’ex nunzio, e spiega che “potrebbe essere estradato”. Inoltre, “in base alle disposizioni del trattato lateranense, la segreteria di Stato può chiedere all’Italia che, se condannato, possa scontare la pena nel carcere italiano”.
I MERITI DI RATZINGER NELLA LOTTA AGLI ABUSI
Il gesuita Hans Zollner, membro della commissione per la protezione dei minori istituita da Papa Francesco, spiega a Repubblica che “è un grande errore ritenere che i casi siano stati coperti a Roma. La realtà è che l’allora cardinale Ratzinger, nel 2000, per contrastare il fenomeno decise di accentrare la gestione delle accuse contro sacerdoti alla Congregazione per la Dottrina della fede”, e “diventato Papa, ha continuato con fermezza la linea di una lotta consistente contro quella che chiamò una piaga aperta nel corpo della Chiesa”. Zollner replica anche all’ONU, che attraverso i suoi comitati nei mesi scorsi aveva attaccato duramente il Vaticano anche riguardo la lotta contro gli abusi sessuali da parte di membri del Clero: “L’Onu non è ben informato. Per la parte civile e penale, la Chiesa si attiene alle leggi degli Stati. La denuncia non è obbligatoria nella maggioranza di questi, ad esempio in Italia, Germania, Belgio. Si può discutere se non sia opportuno che uno Stato introduca la denuncia obbligatoria, ma la decisione in questo senso rimane dello Stato”.
LE NOVITA’ DI FRANCESCO
Luigi Accattoli, sul Corriere della Sera, pone l’accento sulla “linea d’azione già definita da Papa Benedetto, in forte discontinuità con la prassi precedente, che era durata fino agli ultimi anni di Papa Wojtyła ed era caratterizzata dalla preoccupazione di salvare l’immagine della Chiesa e non di soccorrere le vittime e prevenire gli abusi”. L’esempio che Accattoli cita è quello di Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo messo sotto processo solo nel 2004 “per iniziativa del cardinale Ratzinger, avendo goduto di incredibili coperture per oltre cinque decenni”. Due sono le novità apportate da Francesco: la commissione per la tutela dei minori chiamando “a farne parte un numero pari di uomini e donne” e la richiesta di perdono “per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata alle denunce di abuso”.
http://www.formiche.net/2014/09/25/wesolowski-lopera-ratzinger-il-furore-bergoglio/
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