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giovedì 13 novembre 2014

Anzi?

I vescovi americani in “lotta per seguire Francesco”, ma non tutti. Anzi

Il cardinale Francis Eugene George,
tra pochi giorni arcivescovo emerito di Chicago


Roma. I vescovi americani riuniti in assemblea tentano di mettersi in sintonia con l’agenda di Francesco, nonostante l’eco della rimozione del cardinale Raymond Leo Burke si sia fatta sentire fin dentro l’aula del confronto – il sito del liberal National Catholic Reporter è stato costretto a chiudere i commenti al post riguardante la destituzione del porporato del Wisconsin perché ritenuti “inaccettabili” nei confronti dei vertici vaticani.
Aprendo i lavori, lunedì, il presidente della conferenza episcopale, mons. Joseph Kurtz, ha parlato della necessità di mettersi in ascolto e accompagnare “gli affaticati e gli oppressi”, ricordando che “quando io vado a casa di qualcuno non inizio dicendo come vorrei riorganizzare il mobilio. Allo stesso modo, non consegno come prima cosa un elenco di regole da seguire”. E’ un approccio nuovo, che tenta di smussare i toni a tratti accesi che nei mesi scorsi hanno accompagnato non pochi interventi di presuli statunitensi a proposito del nuovo corso targato Bergoglio. Il New York Times, ieri, riferiva sui lavori in corso all’assemblea di Baltimora definendo il dibattito in corso “una lotta per seguire la guida di Francesco”. Diversi presuli sono intervenuti auspicando che il terreno di confronto con la politica diventi la giustizia sociale (immigrazione in testa) più che la difesa strenua dei princìpi cosiddetti non negoziabili, per decenni prioritaria nell’azione pastorale dell’episcopato americano.

A farsi portavoce della richiesta di un cambiamento è il neoeletto vescovo di Chicago, mons. Blase Cupich, scelto personalmente dal Papa senza aver udito prima il parere della Congregazione per i vescovi. Neanche lui conosce il motivo della designazione e, scherzando, dice che forse un giorno glielo chiederà “davanti a un bicchiere di Chianti”. “Francesco – dice Cupich – non ci sta dicendo che questa è la legge e che dobbiamo seguirla per raggiungere il cielo. Ci sta dicendo invece che dobbiamo fare qualcosa per il nostro mondo che oggi soffre, le persone sono escluse, rifiutate. Noi abbiamo una responsabilità, e il Papa ci sta affidando questo compito”. Il presule, però, rappresenta un’eccezione in un episcopato dove le voci critiche nei confronti dell’agenda di Bergoglio sono ancora in maggioranza rispetto a chi s’è da subito sintonizzato sulle nuove frequenze. Lo dimostra quanto detto dal suo predecessore a Chicago, il cardinale Francis Eugene George, per un triennio presidente della conferenza episcopale locale poi sostituito dal cardinale Timothy Dolan: “Francesco dice cose meravigliose, e ciò che dice è abbastanza chiaro. Ma cosa vuole che facciamo?”. Prima di ritirarsi definitivamente – il porporato è gravemente malato – George ha fatto sapere di voler raggiungere il Papa a Roma per ringraziarlo d’aver accettato la sua rinuncia alla guida della diocesi e soprattutto per “fargli un po’ di domande su quali siano le sue intenzioni”.

Tenta di mediare l’arcivescovo di New York, che nega irreparabili spaccature sinodali e invita piuttosto a prepararsi per l’assise decisiva, quella ordinaria del prossimo ottobre cui seguiranno le decisioni del Pontefice. Per quanto lo riguarda, non ci sarà alcuna rivoluzione: “Non vedo come potrebbe esserci un cambiamento drammatico senza andare contro l’insegnamento della chiesa”, diceva lo scorso settembre, prima di entrare nell’Aula nuova del Sinodo.

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