ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 19 novembre 2014

La fede e´dei semplici

Don Camillo torna a Brescello: il parroco porta il Crocefisso in processione per fermare il Po
Il Crocefisso e don Camillo
Brescello (Reggio Emilia) è la cittadina in cui Giovannino Guareschi ambientò le storie di Don Camillo e Peppone. In una di queste la piena del Po allagava tutto e il parroco guidava una processione di barche per implorare l’aiuto di Dio. Don Camillo reggeva il Crocifisso della sua chiesa, quello con cui usava parlare e da cui riceveva ironiche risposte. Questo racconto diede spunto a uno dei tanti film con Fernandel e Gino Cervi. Ora, proprio l’altro ieri, l’attuale parroco, don Evandro Gherardi, ha deciso di ripetere il gesto di don Camillo per cercare l’aiuto divino contro il solito Po, che ha già superato di ben nove metri il livello di guardia. Processione fino al fiume e una giornata di preghiera davanti al «Crocifisso parlante». 

L’iniziativa è stata definita dai media «un gesto suggestivo e curioso». Folklore, insomma. In effetti, non sono più i tempi di Guareschi, e altre divinità hanno preso il posto del Dio cattolico: la Scienza e la Politica. Così, quando il terremoto ci inghiotte, mandiamo a processo gli scienziati che non hanno saputo prevederlo. E, quando l’alluvione ci spazza via, agitiamo il capestro contro i politici che hanno permesso il dissesto del territorio. Magari è anche vero che gli scienziati non sono infallibili e i politici avrebbero potuto far meglio. Ma, a disastro avvenuto, è magra consolazione la vendetta contro i «responsabili» e il dover mettersi in fila (dall’avvocato) per un risarcimento che non si sa se e quando arriverà. Forse, chissà, un giorno arriveranno scienziati e politici competenti e onesti. Ma ci sarà sempre un errore umano, un evento imprevisto, una calamità più forte di qualunque preparazione. 
La processione di Brescello
Di cose del genere ne abbiamo viste fin troppe, anche in quei Paesi che hanno scienziati e politicivirtuosi. Questa, ahimè, è e resterà Valle di Lacrime. Lo è anche quando preghiamo il Creatore di risparmiarci qualche croce. Figuratevi cosa diventa quando non facciamo nemmeno questo. Già, perché la preghiera serve innanzitutto per avere scienziati e politici competenti e onesti. Poi, ammesso di averli ottenuti, per scamparci da errori in buona fede o eventi imprevedibili. Infine, per ringraziare dello scampato pericolo o di esserne usciti con poche ossa rotte. L’unica preghiera che il Dio cattolico ci ha insegnato termina infatti con queste precise parole: «sed libera nos a malo», «ma liberaci dal male». Il male: c’è, è ineliminabile, spunta sempre quando o da dove non te l’aspetti. 
Come proteggersi? Restando il più possibile appiccicati a Cristo. Al di fuori del Suo alone di luce c’è il regno del Principe di Questo Mondo. Il quale, per esempio, può anche scatenare gli elementi (così un tempo la Chiesa insegnava). E ci vuole Cristo che, opportunamente svegliato, ordini loro: «Taci! Calmati!» (Mt 8, 23). Certo, non tutte le calamità vengono dal Diavolo e non tutte vengono dalla Natura. Ma da tutte quante può liberarci la preghiera, se ci crediamo e se Dio concede. Per questo un tempo la Chiesa aveva composto preghiere e riti per ogni genere di guaio, dalle cavallette alla carestia. A flagello fulminis libera nos Dominea flagello terraemotusa flagello tempestatis… C’erano Santi appositi da invocare contro la siccità o contro la pioggia, c’erano i cosiddetti «Santi del gelo» e i Quattordici Ausiliatori. Ogni necessità era coperta. Infine, c’erano le c.d. Rogazioni: Te rogamus, audi nos; Ti chiediamo di ascoltarci. E sant’Annibale Maria Di Francia (1851-1927) fondò addirittura una congregazione, i Rogazionisti. Fu san Mamerto, vescovo di Vienne nel Delfinato, a idearle, perché nell’anno 474 una serie di disastri (tra cui un terremoto) aveva messo alla fame quel pezzo di Gallia. 
La processione sugli argini del Po a Brescello
Processioni, preghiere e digiuno per sollecitare (in latino rogare) il soccorso divino. Finiti i secolicristiani, tali preghiere si affievolirono fino a spegnersi. Non possiamo dire quanti guai dette preghiere abbiano risparmiato all’umanità (anche se un censimento in tal senso si può fare, basta contare gli ex-voto nei santuari). Ce ne sono comunque tracce qua e là, come la statua di San Michele che rinfodera la spada (della peste) su Castel Sant’Angelo, per esempio. Ma possiamo senz’altro dire che, agli shakespeariani «mille flagelli naturali ereditati dalla nostra carne», nei secoli post-cristiani si aggiunsero quelli delle guerre di sterminio e dei totalitarismi. Sogghignino pure quelli che discendono dal Caso e dalla Scimmia: noi credenti sappiamo che un sola preghiera pubblica al Cuore Immacolato di Maria ha fatto crollare l’impero sovietico; figurarsi se non può fermare il Po. 
di Rino Cammilleri 20-11-2014


Il Cristo di Don Camillo “contro” la piena del Po. Chi non guarda il Cielo quando piove?

crocifisso
Laici in processione, con il Cristo di Don Camillo davanti contro la piena del Po. E non c’è nulla di strano: chi non guarda il cielo quando piove, anche sulla propria vita?
E chi non ha mai pregato Dio di salvarlo da una situazione difficile? A volte lo si fa anche negandolo o attaccandolo.
E quale simbolo è più vero di una croce? Un crocifisso disadorno, semplice, in capo ad una fila è l’immagine più serena che questo mondo, immerso nella precarietà del benessere e nell’illusoria credenza di farcela da solo, possa offrire. Anche a chi non crede. E’ il paradosso che portiamo dentro di noi. E che si è visto tutto in questa storia.

Le foto dei laici al seguito sono in contrasto con l’immagine mediatica che si fa di essi, o laicisti o ultra ortodossi, o vecchi o giovani nerd, o famiglie numerose o single infelici che cercano una risposta alle proprie solitudini.
Ma i fedeli, e i meno fedeli, al seguito di Gesù crocifisso hanno deciso questa volta di riposare gli occhi, il cuore e la mente immergendosi in una richiesta semplice ma sincera, priva di ideologie, manipolazioni mediatiche, sterili strumentalizzazioni. La realtà è che i cuori, che solo Dio conosce, si sono messi in processione dietro alla Croce: anch’essa simbolo di contraddizione, è una grande ingiustizia o un grande amore che appare in quella forma?
E’ proprio questo il punto.
Possiamo analizzarla come vogliamo, ma la piena, quella piena che a volte affonda anche noi, può diventare luogo di speranza e di ripartenza se solo sapessimo affrontarla dal giusto punto di vista.
La sobrietà di questo gesto, ma anche la sua forza, ci ricordano da dove viene l’Italia (e anche l’Europa): dalle radici cristiane.
E non c’è niente di cui vergognarsi, c’è solo da gustare i più elevati sentimenti di un popolo, che rimane più semplice delle sue gerarchie, anche ecclesiastiche, e forse per questo più fermo e meno incline a mischiare il diavolo con l’acqua santa.
Perché alla fine, come ha dichiarato Don Gherardi di Brescello, quello era un modo «per pregare per le vittime delle alluvioni e chiedere la protezione di Dio per la piena che sta interessando le nostre zone e ci preoccupa».
Parole che allontanano ogni caduta nella scaramanzia ma spiegano la consapevolezza che l’uomo ha dei propri limiti, che esistono eccome insieme ai diritti e ai doveri, terminologie a cui ci hanno abituato ormai.
E finalmente ieri a godere dell’immagine di Cristo si è stati in ottima compagnia.

Marta Moriconi

 Piena Po, a Brescello il crocefisso di Don Camillo portato dal parrocco Evandro Gherardi per "fermare" il Grande Fiume (FOTO)

BRESCELLO PO

Come nel film di Don Camillo e Peppone, tratti dai romanzi di Giovanni Guareschi, oggi pomeriggio il parroco di Brescello (Reggio Emilia), don Evandro Gherardi ha portato il 'Cristo parlante', reso celebre dai film, in processione fino alle rive del fiume Po.


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Il crocefisso di Don Camillo per fermare il Po
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fotoservizio GIANLUCA PERTICONI/Eikon studio via Repubblica Bologna
















Un modo "per pregare per le vittime delle alluvioni - ha spiegato don Gherardi - e chiedere la protezione di Dio per la piena che sta interessando le nostre zone e ci preoccupa". Nelle straordinarie immagini pubblicate da Repubblica Bologna si legge tutta la "fede" del paese, preoccupata per la violenta piena del Grande Fiume.
La processione è iniziata alle 15.30 dalla chiesa di Brescello, seguita da circa 500 persone, ed è arrivata fino al punto dove il fiume Enza sfocia nel Po. Qui don Gherardi è entrato nella golena allagata. "Questi disastri naturali - ha sottolineato il parroco di Brescello - sono colpa anche dell'uomo che sfrutta eccessivamente e in maniera sbagliata il territorio". Presente alla processione anche il sindaco di Brescello Marcello Coffrini e le autorità locali. Merito del 'Cristo parlante' o pura coincidenza, nel pomeriggio il livello del fiume Po ha smesso di crescere.



1 commento:

  1. un esempio e un invito ai sacerdoti a riprendere in mano il loro" ministero" offrire a Dio la preghiera con intercessione di Gesù x mitigare i danni del tempo!

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