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martedì 18 novembre 2014

Verso l´enciclica del neopapa

La barba miscredente di Eugenio


Scalfari, ateo, vuole mostrare ai credenti come si fa ad essere veri credenti. E stavolta se la piglia con il libro sul Vangelo scritto da Pietro Citati


La barba miscredente di Eugenio

La barba miscredente di Eugenio Scalfari è stata severa con Pietro Citati. Nella sua rubrica su L’Espresso l’altro giorno il decano si domandava se un cristiano può permettersi di scrivere dei Vangeli come se fossero Sacra Parola. E aggiungeva che fino a quando Citati si identificava con Tolstoj per raccontarlo andava bene, ma credersi Dio è davvero troppo.
 Una provocazione forse, ma che la dice lunga sulla pretesa ateista di avere il monopolio nelle indagini sul sacro. In verità a leggere I Vangeli (Mondadori, pg. 154, € 22), in cui lo scrittore introduce alla lettura dei quattro testi sinottici, non si capisce bene se Scalfari se ne preoccupi per cercare la verità, o per sbeffeggiare chi ha il coraggio di prenderli in mano per spiegarli ai cattolici, un po’ troppo restii ad approfondire le scritture.
“Noi non siamo più abituati a essere così fecondati da un testo”, spiega Citati in una bella intervista rilasciata a Il Foglio. Con questa frase la dice lunga sui moderni paragonandoli agli antichi, che “facendosi fecondare dalla Bibbia” l’hanno richiamata a ogni passo e anche vissuta. Sono stati gli evangelisti “continuamente abitati dall’Antico Testamento”, a chiudere il cerchio del libro di Isaia e dei Salmi raccontando la vita e la predicazione del Messia.
L’intento è quello riannodare la figura di Gesù all’ebraismo, di cui il cristianesimo secondo il suo fondatore è compimento. Ma a ben vedere questa frase rimarca il distacco dalla parola che segna la crisi del cristianesimo: non sarebbe necessaria un’introduzione ai Vangeli, se li leggessimo e tentassimo di seguirne l’esempio. Ma non è il caso di andare lontano tradendo lo scopo di questo libro lieve, godibile a ogni passo, in cui il talento del divulgatore agguanta la teologia e l’avvicina a chi ne è digiuno.
Non senza una personale interpretazione. Così, come il Giuda sofferente di Isaia per Citati rivive nella figura di Cristo, la Vergine è in qualche modo un’invenzione del Vangelo di Luca, poi ripresa e arricchita nei secoli. C’è da imparare da un credente di rango che si prende la briga di spiegare le cose con semplicità. Chiarendo che è l’uomo di oggi a doversi avvicinare ai Vangeli, non il contrario. E che Gesù non dice beati i poveri perché di essi è il regno dei cieli, bensì beati i “mendicanti di spirito” dalle menti povere poiché pulite, vuote, pronte ad accogliere Dio. Citati divulga con la serenità di chi dichiara di essersi convertito a venticinque anni dopo aver letto San Paolo ma di trovarlo troppo difficile per scriverne. Niente a che vedere con un’immedesimazione con Cristo. Seppur cogliendo l’ironia della bonaria stroncatura, il commento sembra quanto meno ingeneroso.
Claudia Gualdana

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