Il 4 novembre scorso il Cardinale Angelo Scola ha inaugurato un'opera ispirata alla Madonnina, intitolata "Paradosso", commissionata dalla Veneranda Fabbrica allo scultore Tony Cragg, uno degli artisti più celebri e apprezzati della scena internazionale (sic!). Non ne avrebbe parlato nessuno se si fosse trattato di un pezzo d'Arte Sacra. Ma procediamo con ordine.
La scultura, interamente realizzata in marmo, misura 300x122x140 cm e ha un peso di circa tremila quattrocento chilogrammi: si tratta di una colonna tortile dalle fattezze morbide e dalle linee stondate, posizionata all'interno della Cattedrale in corrispondenza della quarta campata sud, ad accogliere i fedeli al loro ingresso (direi un'ottima preparazione alla Santa Messa domenicale).
Fra i commenti più significativi, riportiamo le parole di Angelo Caloia, Presidente della Veneranda Fabbrica: "Contemplando la grande opera di Cragg viene lasciata ad ogni spettatore la possibilità di vivere la stessa emozione dello scultore, entrando in dialogo con la forma artistica, alla ricerca di una chiave di lettura personale. Le linee svaniscono, le forme si aprono: il paradosso sta anche nella possibilità di leggervi più interpretazioni". Fra le varie chiavi di lettura personali, ci piace elencare la burla berniniana, così come la pubblicità occulta alla Gillette, fino allo "stron*o di marmo" di (piero)manzoniana memoria.
Ora, tornando alla serietà che contraddistingue questo blog, una delle questioni più dibattute a proposito dell'arte contemporanea (e non solo) è il suo rapporto con la realtà, e quindi con la Bellezza, metafisicamente (e quindi oggettivamente) intesa. Riprendiamo per l'occasione un vecchio articolo di Pentagrammuli in cui si trattava il tema dei trascendentali (ovvero quelle caratteristiche universali, che riguardano tutti gli enti in quanto tali), riproponendo la definizione e gli attributi del trascendentale pulchrum (per chi volesse approfondire qui): "Esso è in qualche modo la sintesi di tutti i trascendentali, è il bene riconosciuto e il vero desiderato [...]; il Dottore Angelico riconosce quali caratteri di ciò che è bello i seguenti tre: la debita proporzione (delle parti fra di loro, e della materia alla forma), l’integrità e la chiarezza o splendore (secondo la disposizione e secondo il colore, oggi potremmo dire nitidezza)."
Ebbene, per poter dare un giudizio sulla bellezza di un'opera d'arte (in questo caso, Paradosso) dovremmo constatare quindi quanto essa sia armoniosa, integra e chiara (non sono invece criteri di giudizio l'essere "simpatica", "emozionante", "carina", "piacevole", "stupefacente", "lisergica"). Lo stesso Caloia ci dà la risposta (secondo i suoi canoni), che noi riprendiamo volentieri: "le linee svaniscono, le forme si aprono: il paradosso sta anche nella possibilità di leggervi più interpretazioni". Non possiamo che condividere in toto la definizione di Caloia: il disintegrarsi delle linee, la confusione delle forme e l'oscurità del significato rivelano una bruttezza che rende davvero molto difficile quella evangelizzazione attraverso la via pulchritudinis che aveva rappresentato e rappresenta ancora uno dei cavalli di battaglia degli ultimi pontefici, dal beato Paolo VI a Francesco, passando per San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E che ha costituito per due millenni il principale strumento catechetico della Chiesa.
di Alessio Calò
ogni simile ama il proprio simile, ergo , il mostro ama il mostro. jane
RispondiEliminaSE QUESTA A CHIAMANO ARTE!!!!
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