ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 1 marzo 2016

Oportet..

Spotlight, un film ideologico
Spotlight, i giornalisti veri e i loro interpreti
E l’Oscar per il miglior film 2016 va a: Il caso Spotlight. C’era da aspettarselo, vista anche l’affluenza straordinaria del pubblico in sala e l’innegabile qualità del lungometraggio. L’attenzione viene riportata a uno dei momenti più duri nella storia recente della Chiesa, quello in cui si scoprì la dimensione del crimine degli abusi sessuali nella diocesi di Boston. E da lì, a cascata, anche in tante altre città americane. Accolto bene dalla critica, anche dalla stampa cattolica, il film è una ricostruzione fedele degli eventi a cavallo fra il 2001 e il 2002. La storia dell’inchiesta giornalistica del Boston Globe che, partendo da un singolo caso sospetto, ha smascherato anche il cardinal Law, colpevole di aver coperto decine di preti colpevoli di abusi sessuali. Ma è una storia imparziale? Sicuramente no. E’ un film a tesi.

Nelle recensioni, anche positive, pubblicate sulla stampa cattolica si notano le omissioni del film. Alessandro Zaccuri di Avvenire, ad esempio, constata come, al temine della pellicola, le dimissioni e il trasferimento del cardinal Law vengano descritte come una sorta di “promozione” da parte del Vaticano, mentre non la fu affatto. Leggiamo, prima dei titoli di coda, il lunghissimo elenco degli scandali sessuali nella Chiesa in tutto il mondo, ma nemmeno una parola viene spesa per la politica di “tolleranza zero”, adottata dalla Chiesa statunitense dopo la conferenza di Dallas del 2003. Tantomeno si accenna alle linee guida pubblicate nel 2011 (durante il pontificato di Benedetto XVI) dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per aiutare le parrocchie a prevenire e affrontare il problema. Manca il seguito della storia, insomma. Anche di come il cardinal Sean O’Malley, con sensibilità, tenacia e metodo, abbia ricostruito la comunità cattolica di Boston dopo lo shock del 2002.
Curiosamente, come constata Luigi Amicone su Tempi, c’è anche un’altra omissione: la percentuale di abusi su minori maschi. In un dialogo buttato lì all’inizio dell’inchiesta, il film ci informa che “maschi e femmine sono entrambi vittime, indifferentemente”. Invece, secondo il rapporto del John Jay College sulla pedofilia nella Chiesa negli Usa, l’81% degli abusi riguarda maschi con maschi. Forse questo dettaglio è stato omesso per non subire l’accusa di omofobia?
Più che le omissioni, però, quel che colpisce del film è la volontà esplicita di mostrare la pedofilia come un problema sistemico della Chiesa. Come se fosse la Chiesa stessa, con le sue regole, a facilitarne la diffusione. Ciò è evidente sin dai primi dialoghi con le vittime degli abusi. Come nel caso del sopravvissuto che si stupisce nel vedere ancora un parco giochi per bambini di fronte a una basilica. E' evidente anche l'insistenza con cui il direttore del Globe, Marty Baron, parli di "sistema" da scoperchiare, non solo un caso, una mela marcia, per quanto eclatante sia. Il tema è affrontato in termini scientifici nei dialoghi con lo psicoterapeuta ed ex prete Richard Sipe, vero protagonista del film anche se invisibile (si sente soltanto la sua voce, in lunghe interviste telefoniche). E’ Sipe, infatti, che dà ai giornalisti del Globe la dritta, o meglio la chiave interpretativa, per scoperchiare lo scandalo.
Lo psicoterapeuta dice loro che, secondo i suoi calcoli, il 50% dei preti non rispetta il voto di castità. E questo genera “un clima generale di segretezza” nel quale i pedofili sguazzerebbero. Secondo Sipe, i pedofili sono il 6% dei preti, di tutti i preti. I redattori del team d'inchiesta Spotlight trovano 87 casi di sospetti pedofili a Boston, corrispondenti a circa il 6% dei preti della diocesi. Convalidata la tesi dell'analista, i reporter Michael Rezendes e Sacha Pfeiffer (unica donna del team investigativo), se prima erano già poco praticanti, adesso smettono definitivamente di andare a messa. Morale del film? Che tu sia credente o meno, almeno tieni la Chiesa lontana dalla portata dei bambini.
Ma è vero quel che dice Sipe? Nel suo saggio The New Anthi-Catholicism, Philip Jenkins ci informa che lo studio di Sipe sia ampiamente deformato dalla sua area di osservazione. Lo psicoterapeuta, infatti, ha scelto il campione statistico fra sacerdoti già in cura per problemi psichiatrici o psicologici. Il 6% di pedofilia e, in generale, il 50% di violazione del voto di castità sono dunque riferiti a persone con disturbi già gravi, un tipo di popolazione in cui ci si deve attendere una più alta proporzione di problemi comportamentali. Sulla percentuale reale di casi di pedofilia, ha già scritto più volte Massimo Introvigne (a cui rimandiamo qui). Non si parla affatto del 6% dei preti, ma di una media di circa 1 caso all’anno, in tutti gli Stati Uniti, in cui un prete è stato condannato per pedofilia. Né si può affermare che la Chiesa sia un ambiente particolarmente favorevole alla pedofilia, poiché il 90% degli abusi sono commessi da persone sposate, come dimostrano i dati raccolti da Jenkins.
Sicuramente anche un solo caso è uno scandalo e deve far riflettere. E’ giusta la condanna, ma dipingere la Chiesa come un’istituzione corruttrice è un’altra cosa.
di Stefano Magni 01-03-2016
Il Messaggero
(Francesco Lo Dico) LE STORIE NAPOLI. Era nudo. Era davanti a Gesù crocefisso. Dietro di lui un' ombra che lo sovrastava. Una voce che rassicurava quel piccolo undicenne che tratteneva le lacrime. «Non avere paura, sono le mani di Dio», gli diceva il frate mentre accarezzava il suo corpicino. Un caso, uno delle centinaia quello di Mario. Che a lezione di catechismo, in un monastero della Toscana, ha perduto la propria innocenza. 
I CAMBIAMENTI. Molto è cambiato nella Chiesa italiana, da quando papa Ratzinger condannò duramente la pedofilia nella lettera pubblica ai cattolici di Irlanda che nel 2010 invertì definitivamente la rotta prima che giungesse irreparabile lo schianto. Ma molto c' è ancora da fare. La prova è nell' incertezza dei numeri, che sembrano ancora velati da quella stessa «riservatezza», che ha scagliato la Chiesa in un vortice di accuse e di scandali. «Oportet ut veniant scandala», dice Marco nel Vangelo. Che tradotto vuol dire: è bene che gli scandali scoppino. Eppure tentare di conoscere le dimensioni del fenomeno italiano, è assai complicato. Innanzitutto perché in Italia non esiste a oggi uno studio ufficiale che renda conto di quanti siano gli abusi su minori consumati in ambienti religiosi. E poi perché tra casi denunciati e casi segnalati, c' è un ampio discrimine. Basti pensare che nel 2010, il Telefono Azzurro raccolse 105 segnalazioni di abusi su minori che nel 3-4 per cento dei casi aveva visto come protagonista un religioso. Segnalazioni che tuttavia non hanno trovato riscontro in sede giudiziaria. A spiegare il discrimine, non è solo la reticenza delle vittime. Ma anche la cornice delle regole. 
I NUMERI A livello globale, sono state 3420 le denunce che la Congregazione per la dottrina della fede ha ricevuto tra il 2004 e il 2013. Di queste, ben 401 facevano riferimento a fatti accaduti nel 2013. Denunce spesso incanalate nell' alveo canonico, e cioè in un ambito non sempre comunicante con quello dell' autorità giudiziaria che conferisce ai casi e ai reati evidenza pubblica. Secondo quanto previsto dalla legge italiana e dagli accordi concordatari, «i vescovi sono esonerati dall' obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero». In forza di ciò, le Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici elaborate dalla Cei nel 2012 non impongono dunque ai vescovi l' obbligo di denunciare i preti pedofili alla magistratura. E la situazione italiana? Tra il 2002 e il 2012 sono emersi in Italia 135 casi di pedofilia tra i sacerdoti, che si sono tradotti in 77 denunce ai magistrati, 22 condanne in primo grado e 17 in secondo, 21 patteggiamenti, 12 archiviazioni, e 5 assoluzioni. Tutto ciò a fronte di 20mila episodi di pedofilia all' anno che secondo il presidente de «La Caramella buona on lus», Roberto Mirabile, si verificano nel nostro Paese a opera di religiosi e non religiosi che mediamente danno luogo a mille processi per reati sessuali ogni 12 mesi. Secondo quanto riferito da monsignor Mariano Crociata nel 2010 «un centinaio di casi sono stati rilevati dal punto di vista dei procedimenti canonici nel corso dell' ultimo decennio». Cifre che circoscrivono la responsabilità dei reati commessi da religiosi al 2 per cento del totale. GLI INDAGATI. Secondo la rete L' abuso, associazione nata da un gruppo di vittime di preti pedofili, sono 65 i sacerdoti attualmente indagati in Italia, in attesa di giudizio o di sentenza definitiva. Tra questi alcuni sono a piede libero, o hanno soltanto obbligo di dimora. Altri, viste le aggravanti, sono custoditi in carcere. Un esempio su tutti il caso di don Dino, prete di Fiumicino finito in cella perché era in possesso di 1686 file ritraenti minori di 18 anni. Gli inquirenti hanno ritrovato nella sua casa un memoriale («frutto di fantasia», si difende il don), che racconterebbe 50 anni di abusi su minori, dal titolo piuttosto esplicito: «Vi ho amato tutti e mai vi scorderò: Cinquant' anni di sesso 1956-2006». Altri preti sono stati indirizzati in comunità di recupero nelle more di nuove valutazioni da parte della Congregazione per la dottrina della fede o del giudizio del tribunale. Alcuni di loro sono ospiti di due centri gestiti dalla congregazione dei Padri Venturini, villa Iride a Verbania e la casa madre di Trento, e affidati alle cure di un terapeuta religioso, padre Franco Fornari. 
I CENTRI. Villa Iride, in particolare, rappresenta per i legali di alcuni religiosi condannati per abusi sessuali un' importante alternativa in caso di arresti domiciliari per i loro clienti. In questo centro, dal maggio del 2012 è recluso don Marco Mangiacasale, accusato di violenza sessuale a danno di alcuni adolescenti quando era parroco di San Giuliano di Como, in attesa del verdetto definitivo della Cassazione. Secondo L' Abuso, sono 117 i sacerdoti che dal 2000 a oggi sono stati condannati in via definitiva o hanno confessato reati sessuali e molestie a danno di minori. Numeri certamente striminziti, rispetto alla portata del fenomeno. «Occorre che gli scandali avvengano», dice San Marco nel Vangelo, «ma guai a colui che li produce». L' ammonimento del Nazareno, dopo duemila anni, ha il suono di una profezia incompiuta.
Corriere della Sera
(Gian Guido Vecchi) Le deposizioni notturne del cardinale in videoconferenza con l' Australia: ho il pieno sostegno del Pontefice.  Il momento più imbarazzante è quando ammette di aver saputo che uno dei «Fratelli Cristiani» di Ballarat, Leo Fitzgerald, usava nuotare nudo con gli studenti e baciarli, e dice che la «convinzione generale» era che questo comportamento «eccentrico» fosse abbastanza «harmless», innocuo, aggiungendo: «Era certo inusuale, ma nessuno ci disse che dovevamo fare qualcosa». Sono notti lunghe, per il cardinale australiano George Pell, «ministro» vaticano dell' Economia. Dalle 22 alle 2, a partire da domenica sera e per «tre o quattro audizioni», sta deponendo davanti alla Royal Commission into Institutional Responses to Child Sexual Abuse (La «Commissione reale sulle risposte istituzionali agli abusi sessuali sui minori») che lo accusa, in sostanza, di avere coperto, negli anni '70 e '80, sacerdoti responsabili di abusi, permettendo che fossero trasferiti da una parrocchia all' altra, e di aver insabbiato gli scandali. Accuse che lo braccano da anni - Ballarat è la sua città natale e la prima diocesi - e lui ha sempre respinto. Pell parla in collegamento video dall' Hotel Quirinale di Roma, una Bibbia per prestare giuramento, il tono posato, una premessa: «Non sono qui per difendere l' indifendibile. La Chiesa ha commesso errori enormi ma sta lavorando per rimediare». Alle audizioni in hotel assiste un gruppo di una quindicina di vittime guidate dal portavoce del «Ballarat Survivors Group» , Andrew Collins: «Vogliamo guardarlo negli occhi». Avevano lanciato in Rete una raccolta fondi per arrivare a 40 mila dollari e pagarsi il viaggio, hanno superato i duecentomila. Ieri mattina il cardinale ha parlato faccia a faccia con Francesco. George Pell - prima a Ballarat, poi arcivescovo di Melbourne e di Sydney - è dal 2014 prefetto della Segreteria per l' Economia. Una delle udienze periodiche che il Pontefice ha con i capi dicastero, si dice. Ma è difficile non si sia parlato della deposizione. «Ho il pieno sostegno del Papa», ha detto il cardinale in serata, arrivando all' hotel Quirinale. Di certo, l' 8 giugno, Pell compirà 75 anni, l' età alla quale i cardinali di Curia sono «tenuti» a presentare rinuncia al proprio incarico. A Ballarat, Pell era consulente del vescovo Mulkearns, un insabbiatore. Il comportamento di Mulkearns fu «una catastrofe per la Chiesa», dice. Ma Pell respinge ogni responsabilità, pur ammettendo di aver prestato fede agli accusati: «In quel tempo, se un prete negava questi comportamenti, io ero fortemente incline a credergli», mormora. C' era l' istinto di «proteggere dalla vergogna l' istituzione». Ad ascoltare c' è anche David Ridsdale, abusato dallo zio, padre Gerard Ridsdale, il più famigerato pedofilo australiano, ora in galera, col quale Pell abitò qualche tempo. Il cardinale assicura che non sapeva, nega di avere offerto al nipote soldi per il suo silenzio. E dice di volere incontrare le vittime.

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