Cari amici, mi scuso se per una volta intervengo su questi temi facendo esplicito riferimento a certe quotidiane polemiche. Ma soprattutto chiedo preventivamente venia al Prof. Antonio Livi, noto teologo, che da pulpiti telematici (ad esempio qui) aveva invitato me in particolare – e i giornalisti in generale – a non occuparsi di teologia e a non scrivere articoli su tali argomenti. Una lezione di Giornalismo Teologico o di Teologia Giornalistica che non dimenticherò. Ma oggi – davvero – non sono riuscito trattenermi dallo scrivere. Proprio per non invadere impropriamente il campo dei Maestri in Teologia, né quello che peraltro indegnamente pratico purtroppo per voi da qualche anno, quello del giornalismo, preferisco rimanere, come vedrete fra un attimo, a un livello più basso.
Molto più basso. Ieri, quando ho letto l’ultimo articolo nel noto blog antibergogliano di Sandro Magister, dedito alla quotidiana critica di qualunque cosa Papa Francesco faccia o dica, non mi sono potuto trattenere. Vi invito alla previa lettura, perché ho trovato il titolo – se mi è permesso – un tantino fuorviante. Il contenuto è presto detto: un gesuita con una buona conoscenza delle Filippine, padre Pierre de Charentenay, cooptato di recente fra gli scrittori di Civiltà Cattolica, ha scritto un libro sulle Filippine (non un articolo sulla rivista dei Gesuiti), nel quale sono contenute alcune discutibilissime righe di critica nei confronti dei vescovi di quel paese e delle loro prese di posizione rispetto alle politiche del controllo delle nascite. Tutto questo diventa l’occasione per criticare Papa Francesco. Siccome non è di questo che voglio parlare, lascio agli interessati la lettura e ogni considerazione in merito.
Ciò che invece mi ha colpito, nell’articolo pubblicato ieri sul blog antibergogliano, è stato il contributo di un altro gesuita, lo statunitense padre Joseph Fessio, il quale, per confutare le poche righe del confratello francese rilanciate da Magister, ha scritto un altrettanto breve ma teologicamente denso contributo che vale davvero la pena leggere. Muovendomi in un campo più consono alla mia scarsa preparazione teologica, mi permetterò di fare una citazione cinematografica sicuramente non alta né colta, ma a parer mio alquanto efficace: il ragionier Ugo Fantozzi. Ecco, la mia reazione di fronte alla lettura dell’argomentazione teologica contenuta nell’articolo di Magister-Fessio è stata la stessa liberatoria battuta chel’indimenticabile Fantozzi pronuncia, acclamato dai colleghi, dopo essere rimasto per ore davanti allo scorrere de «La corazzata Potëmkin», film sovietico del grande e irreprensibile Sergej Michajlovič Ėjzenštejn.
A farmi sobbalzare sulla sedia suggerendomi la colorita espressione fantozziana sono state le affermazioni di padre Fessio secondo le quali la contraccezione è uguale o persino più grave dell’aborto. Perché abortendo è vero, si uccide un essere umano non nato, un bambino che si sta formando nel seno materno, un essere unico, fin dall’inizio totalmente altro dalla madre, etc. Ma con la contraccezione si fa in modo che non esista mai un figlio che Dio voleva venisse al mondo. Lascio a padre Fessio la parola, per non travisare il suo pensiero: «Qual è allora il male più grave? Prevenire il concepimento – e l’esistenza – di un essere umano con un’anima immortale, voluto da Dio e destinato alla felicità eterna? O abortire un bambino nel grembo materno? Quest’ultimo è certamente un male grave, “Gaudium et spes” lo definisce un “crimine abominevole”. Ma comunque esiste un bambino che vivrà eternamente. Mentre nella prima circostanza non esisterà mai un figlio che Dio intendeva venisse al mondo».
Con tutto il rispetto dovuto alle opinioni teologiche di Fessio e di Magister, dire che la contraccezione è più grave dell’aborto, o anche soltanto metterle sullo stesso identico piano, a me provoca la reazione espressa dall’indimenticabile Fantozzi di fronte al cinematografico mattone.
Magister ha giustamente presentato padre Fessio come «membro di spicco» del «Ratzinger Schülerkreis», il circolo dei discepoli di Ratzinger. Varrà forse la pena ricordare, a mo’ di chiusura, ciò che Benedetto XVI disse nell’intervista con Peter Seewald «Luce del mondo» a proposito dell’Humanae vitae e anche a proposito del preservativo, «giustificandone l’uso in casi particolari» (cito qui, per non sbagliare, le parole scritte allora dallo stesso Magister, che all’epoca appariva piuttosto favorevole).
Ecco, che per attaccare in modo un po’ contorto Papa Francesco – non sempre è facile trovare argomenti quotidiani – si espongano queste tesi, mettendo sullo stesso piano contraccezione e aborto, e presentando persino la seconda come più grave del primo, dice davvero molto. In particolare dice di come certa teologia, al di qua come al di là dell’Oceano, rischi talvolta di risultare – con rispetto e con la dovuta riverenza parlando – un tantino fantozziana.
(Andrea Tornielli)
Sacri Palazzi - La Stampa
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