ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 23 febbraio 2015

Fra blog & blob

(a cura Redazione "Il sismografo")

(Luis Badilla) In queste ore alcuni analisti si dilettano, nel caso del dramma ucraino, a cercare di usare certe parole del Papa o dei presuli dell'Ucraina per sostenere e alimentare personali campagne contro Francesco. In questa occasione si cerca di montare un caso mediatico con l'espressione "guerra fratricida", scrivendo che il Papa avrebbe usato questa dicitura, la quale - si spiega citando l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Svjatoslav Shevchuk - se  applicata al conflitto nel Paese, “ferisce la sensibilità degli ucraini”.

In realtà il Papa il 4 febbraio scorso alla fine dell'Udienza generale parlò di "violenza fratricida" e lo fece perché, come ha spiegato mille volte con chiarezza, coraggio e lucidità (si legga l’omelia della Messa nel Sacrario di Redipuglia), ogni conflitto, guerra, scontro ... è sempre fratricida semplicemente perché oppone tra se, con l'uso dell'odio, della menzogna, degli strumenti di morte, della propaganda e tanto altro, essere umani che sono tutti e comunque fratelli. 
Dal punto di vista evangelico e morale non ha nessuna importanza se una guerra è interna, civile, di aggressione o espansione imperialistica, o di difesa ... perché è sempre "violenza fratricida"; oppure c'è chi, a seconda la definizione tecnica e geopolitica, è in grado di dire chi è o chi non è fratello?
E’ così difficile capire questo concetto? E' così difficile capire l'ottica del magistero del Papa? 
A giudicare di quanto leggiamo in queste ore, per alcuni analisti è molto difficile capire che siamo tutti fratelli e dunque che ogni azione contro un altro essere umano è sempre "fratricida". 
E poi, perché si ignorano gli altri concetti espressi dal Papa, le sue esortazioni, e i suoi appelli nel caso in questione? 
Perché?
Per il cattivo gusto di trovare ogni giorno un pretesto, spesso infondato, per attaccare e criticare il Papa. Sarebbe molto più serio scrivere sul proprio blog: "Sono contro il Papa comunque e a prescindere", almeno il lettore  così capisce subito.
Ecco il testo dell’Appello di Papa Francesco lo scorso 4 febbraio:
"Ancora una volta il mio pensiero va all’amato popolo ucraino. Purtroppo la situazione sta peggiorando e si aggrava la contrapposizione tra le parti. Preghiamo anzitutto per le vittime, tra cui moltissimi civili, e per le loro famiglie, e chiediamo al Signore che cessi al più presto questa orribile violenza fratricida. Rinnovo l’accorato appello affinché si faccia ogni sforzo – anche a livello internazionale – per la ripresa del dialogo, unica via possibile per riportare la pace e la concordia in quella martoriata terra. Fratelli e sorelle, quando io sento le parole “vittoria” o “sconfitta” sento un grande dolore, una grande tristezza nel cuore. Non sono parole giuste; l’unica parola giusta è “pace”. Questa è l’unica parola giusta. Io penso a voi, fratelli e sorelle ucraini … Pensate, questa è una guerra fra cristiani! Voi tutti avete lo stesso battesimo! State lottando fra cristiani. Pensate a questo scandalo. E preghiamo tutti, perché la preghiera è la nostra protesta davanti a Dio in tempo di guerra."
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/02/italia-tutte-le-guerre-sono-fratricide.html

Inediti. Il discorso dell’arcivescovo maggiore ucraino al papa


ucr
Parlando stamane ai giornalisti nella sede della Radio Vaticana, l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina Svjatoslav Shevchuk ha ribadito che l’espressione “guerra fratricida” applicata al conflitto “ferisce la sensibilità degli ucraini”, anche perché dà ragione in pieno a come la Russia distorce la realtà.
Il fatto è che questa espressione l’aveva usata proprio il papa, il 4 febbraio, davanti a migliaia di persone.
Incontrando le autorità vaticane e poi il 20 febbraio lo stesso Francesco, i vescovi ucraini in visita “ad limina” hanno fatto di tutto per spiegare che essa contraddice la realtà delle cose, non trattandosi affatto di una guerra civile, ma “dell’aggressione diretta di un paese vicino”, la Russia.
In effetti, nel fiacco discorso ufficiale consegnato dal papa ai vescovi durante l’udienza del 20 febbraio, l’espressione “guerra fratricida” non c’è più.
Ma nemmeno c’è, nel discorso di Francesco, qualsiasi accenno a un’aggressione esterna, né qualche traccia consistente dell’appassionata perorazione a lui rivolta, all’inizio dell’incontro, dall’arcivescovo maggiore Shevchuk, a nome di tutti.
Di solito, dopo ogni visita “ad limina”, “L’Osservatore Romano” riporta l’indirizzo rivolto dai vescovi al papa, o almeno lo riassume.
Con i vescovi greco-cattolici ucraini, invece niente. Non una riga. Ha dovuto consegnare il suo discorso ai giornalisti, tre giorni dopo, lo stesso Shevchuk.
È riprodotto integralmente più sotto e ciascuno può confrontarlo con il concomitante discorso del papa:
Shevchuk ha riferito ai giornalisti che Francesco, conversando con i vescovi ucraini, ha detto loro di essere “spalla a spalla con voi nella vostra sofferenza attuale e al vostro servizio”. E ha giustificato la neutralità del discorso papale col proposito di lasciare lo spazio aperto a una futura, eventuale mediazione vaticana.
Intanto, però, i russi e i filorussi continuano a vedere il papa schierato dalla loro parte, anche dopo il suo discorso del 20 febbraio.
Questo, almeno, è ciò che si ricava da una nota su Interfax a firma di Vasiliy Anisimov, capo ufficio stampa della Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca.
A giudizio di costui, papa Francesco ha fatto benissimo a definire “guerra fratricida” il conflitto in Ucraina, in perfetto accordo con Mosca e all’opposto della “falsa propaganda” delle autorità di Kiev.
*
DISCORSO DI SUA BEATITUDINE SVJATOSLAV SHEVCHUK,
ARCIVESCOVO MAGGIORE DELLA CHIESA UCRAINA GRECO-CATTOLICA,
AL SANTO PADRE
Roma, 20 febbraio 2015
“Mi faceva urlare il gemito del mio cuore. Ogni mio desiderio sta davanti a te!” (Salmo 37, 9-10).
Santo Padre!
Queste parole del salmista esprimono i più profondi sentimenti dei pastori della nostra Chiesa, i quali, con filiale devozione e gratitudine, hanno accolto l’invito di Vostra Santità di venire a Roma in un pellegrinaggio alle sante tombe degli Apostoli e per vivere più da vicino la salutare comunione della nostra Chiesa con il Successore di Pietro.
Commentando le parole del Salmo sul desiderio del cuore, Sant’Agostino afferma: “Se il tuo desiderio è davanti a lui, il Padre, che vede nel segreto, lo esaudirà” (Agostino sul Salmo 37, 13-14). Il nostro desiderio di questo pellegrinaggio è di presentare a Lei, Santo Padre, i gemiti, i dolori e le speranze che lo Spirito Santo trasforma nel cuore del nostro popolo in preghiera continua per la pace e la cessazione della violenza nella nostra amata Patria.
L’Ucraina è vittima dell’aggressione diretta di un paese vicino. Vive gli orrori della guerra che gli sono stati imposti dall’esterno e non a causa di un conflitto civile interno. I milioni di vittime innocenti di questa guerra ingiusta urlano nel loro cuore a Dio chiedendo giustizia e solidarietà. Questo gemito del loro cuore, giorno e notte, sta davanti al Signore!
Secondo le statistiche dell’ONU, in Ucraina, oggi, abbiamo più di un milione di sfollati e profughi, ma la cifra reale è doppia. Quasi 600 mila profughi si trovano sul territorio di altri paesi. Fra coloro che sono stati costretti a lasciare le loro case, ci sono circa 140 mila bambini. Le cifre confermate attestano che i civili uccisi sono quasi 6 mila persone e fra di loro 60 bambini. I feriti sono 12.500 persone di cui 160 i bambini. Nelle condizioni climatiche dell’inverno ucraino tale situazione è diventata una catastrofe umanitaria mai vista in Europa dopo la seconda guerra mondiale.
Ma tutta la società ucraina è ferita, in quanto gli scontri militari non incidono solo sul corpo delle persone, ma feriscono gravemente lo spirito umano, provocando un fenomeno che gli psicologi chiamano sindrome da disordine post-traumatico, una piaga che è divenuta ormai una realtà pastorale quotidiana nelle nostre comunità che, se non viene assistita, provoca più morti che i missili di fabbricazione russa.
In questa situazione di grave emergenza, sempre più difficile, la nostra Chiesa, letteralmente, è divenuta un “ospedale da campo”. Ogni giorno oltre 40 mila persone ricevono l’assistenza necessaria presso i nostri centri della “Caritas Ucraina”, hanno la possibilità di essere serviti dalla Chiesa e sentirsi amati e ricordati da Dio. Le nostre parrocchie, i monasteri e le comunità eparchiali sono diventati centri di preghiera continua, centri di accoglienza e di servizio al prossimo, centro di volontariato nei quali, secondo le statistiche dello Stato, ha già partecipato quasi l’80 per cento della popolazione ucraina. Tutte le nostre strutture, che con il Vostro appoggio, Santttà, si sviluppano in Ucraina, danno la possibilità ai nostri vescovi, con nuovo slancio, coraggio e spesso sofferenza, di annunciare il Vangelo, curare le anime di tutti i bisognosi, nella loro azione pastorale e anche ecumenica.
La società ucraina “ha aperto le porte alla Chiesa”, è desiderosa di ascoltare la sua voce, in quanto percepisce che solo la Chiesa, in questa situazione di confusione e di disorientamento, emana la luce della speranza ed è un punto di riferimento stabile e sicuro in un mondo che sembra “cadere a pezzi”. Ogni parola dei capi delle Chiese cristiane è ascoltata con grande attenzione e serietà, è meditata con profonda riflessione e trasformata in azione sociale. Sentiamo che il Signore ci sta aprendo, in queste situazioni drammatiche, vie misteriose di evangelizzazione, sta rivelando all’uomo moderno che proprio la Chiesa di Cristo è sua Madre e Maestra autentica.
Santità!
È nel nome della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, rappresentata qui dai suoi pastori, e di tutto il popolo del nostro paese, che con una grande attenzione segue la nostra visita, che vogliamo esprimere i sentimenti della più sincera gratitudine alla Santità Vostra per la premura paterna nei confronti della nostra Chiesa e di tutto il paese. La ringraziamo di cuore per essere voce di coloro che soffrono in Ucraina, voce che risveglia le coscienze dei cristiani, in tutto il mondo. Grazie per la vostra preghiera continua che ci accompagna e dimostra che il Signore sta sempre dalla parte non dei potenti ma degli umili e sofferenti.
Ssntità! Abbiamo portato a Lei un desiderio profondo del nostro cuore che si è trasformato in una preghiera. Le presentiamo un invito da parte di cristiani cattolici e ortodossi e di uomini di buona volontà di visitare l’Ucraina in un tempo opportuno! “Come sono belli i piedi del messaggero che annuncia la pace!” (Isaia 52, 7-10), dice il profeta. Siamo sicuri che la Sua visita porterà la pace in quella parte dell’Europa orientale impregnata dal sangue di tanti martiri per l’unità della Chiesa: sarebbe un gesto profetico per manifestare la forza della preghiera e della solidarietà cristiana, ci darebbe coraggio e speranza, per costruire un futuro migliore per tutti.
Santo Padre! Ci benedica!
*
Sui precedenti dell’incontro del 20 febbraio tra il papa e i vescovi greco-cattolici ucraini:

> Aggrediti da Mosca e abbandonati da Roma
Chiesa ucraina: Anche il Papa parla di 'guerra civile', solo Kiev non lo ammette
di Nina Achmatova
Il portavoce della Chiesa ortodossa fedele a Mosca apprezza la "posizione comune" con la Chiesa di Roma sul conflitto nell'Est e attacca il governo: ora accuseranno il Papa di essere sovversivo e gli vieteranno forse l'ingresso nel Paese?

Mosca (AsiaNews) - "Forse per la prima volta dall'ateismo militante, le due 'ali' della Chiesa di Cristo - ortodossa e cattolica - hanno un punto di vista comune e solidale sul male che sta accadendo". A sostenerlo è Vasiliy Anisimov, capo ufficio stampa della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca, che  accoglie con favore l'appello del Papa alla fine della "violenza  fratricida" e della "guerra tra cristiani" in Ucraina. Anisimov parte delle parole di Francesco per condannare poi la posizione del governo di Kiev, il quale invece - a suo dire - continua a negare che quello in corso nell'Est del Paese sia un conflitto tra ucraini. "La valutazione del Papa del disastro in Donbass coincide pienamente con quella del mondo ortodosso. - scrive il portavoce in un editoriale per il servizio 'religione' dell'agenzia Interfax - Sia il metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina Onufry, che il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill, che il Patriarca di Costantinopoli Bartolmeo e altri primati delle Chiese ortodosse locali chiedono tutti la fine dello spargimento di sangue fraterno sulla nostra terra devastata".
"Tale posizione - attacca Anisimov - non coincide assolutamente con la propaganda ufficiale ucraina". "Durante i lunghi mesi di questa orribile guerra si è sentito qualcuno, o tra le fila dei sostenitori del potere o tra quelle dei miliziani, che abbia espresso una parola sulla fratellanza, la compassione o l'umanità contro gli avversari? Da dove viene tutta questa fanatica intolleranza? Possibile che tra i nostri governanti, i nostri media non siano rimasti più cristiani, in grado di ascoltare la voce della Chiesa di Cristo e le sue posizioni?", si chiede.
Il portavoce lancia, poi, una provocazione alla leadership politica di Kiev, riportando all'attenzione il recente caso del giornalista-blogger ucraino Ruslan Kotsaba, arrestato con l'accusa di "tradimento" i primi di febbraio per aver definito quella in Donbass una "guerra civile" e aver fatto appello a boicottare l'ultima ondata di mobilitazione dell'esercito, voluta dal presidente Petro Poroshenko (per il 2015 sono previste tre campagne di reclutamento per sostenere le operazioni militari nell'est). Greco-cattolico (cattolici di rito ortodosso in Ucraina, in comunione col Papa), Kotsaba è detenuto a Ivano-Frankivsk in attesa di processo.
A detta del rappresentante della Chiesa ortodossa ucraina, i servizi segreti stanno già scavando nella rete di contatti del giornalista e avrebbero scoperto legami con colleghi della tv Ntv, tra i canali russi le cui trasmissioni sono vietate in Ucraina. "Le fonti eversive di Ruslan come cristiano sono, però, già chiarissime - sottolinea quasi con sarcasmo il Anisimov - si tratta del Vaticano nella figura di Papa Francesco". Infine, si chiede "quali misure restrittive sceglierà il nostro governo per il Papa di Roma in relazione alle sue chiare attività anti-statali? Vieteranno la trasmissione delle sue omelie, taglieranno ogni riferimento a lui in film e  programmi tv? Forse, gli vieteranno l'ingresso nel Paese o lo inseriranno tra i ricercati internazionali?". 

I vescovi ucraini: «Il Papa ci ha capiti, ed è al nostro fianco nella crisi»

Un soldato dell'esercito ucraino
CRISI. UN SOLDATO DELL'ESERCITO UCRAINO

Durante la visita ad limina si è parlato della Chiesa ucraina come di «un gigantesco ospedale da campo»

MARCO TOSATTIROMA

Alcuni reportage sulla visita ad limina dei vescovi ucraini – greco-cattolici e latini – dal Papa qualche giorno fa hanno provocato una reazione negli ambienti della Chiesa di quel Paese; se ne è fatto interprete un prelato ucraino, professore universitario in Canada, il protopresbitero mitrato Andriy Chirowsky.

«Sono preoccupato per la copertura che molti organismi cattolici hanno dato della visita ad limina – scrive il prelato -. La maggior parte delle notizie si focalizzavano su presunte critiche ai vescovi per essere troppo politicizzati». Chirowsky afferma di aver compiuto indagini per proprio conto, e di essere giunto alla conclusione che i reportage si basavano sul testo distribuito ai vescovi  «un testo ovviamente prodotto da un ufficio della Curia, e che non rifletteva il reale pensiero del Papa», o perlomeno tutte le sfumature dei suoi sentimenti.

Secondo le informazioni che Chirowski ha ottenuto, «Il Papa non ha fatto riferimento nemmeno indirettamente al testo distribuito. Dopo quasi due anni di pontificato, credo che la maggior parte degli osservatori vaticani non troverà questo sorprendente». 

L’udienza, secondo la ricostruzione del prelato, è stata molto cordiale; «è prevalso un grande spirito di camaraderie. Più volte papa Francesco ha espresso il suo appoggio ai vescovi e al popolo ucraino, e ha detto: “le vostre sofferenze sono le mie” ».
Inoltre, scherzando, «col tipico stile di papa Francesco avrebbe anche detto che è più facile trattare con i terroristi che con il protocollo vaticano», una battuta per sottolineare il suo gusto per la mancanza di formalità procedurali. 

Diversi vescovi sentiti da Chirowski hanno ripetuto che il Papa «è contento del lavoro che stiamo facendo» e li avrebbe ringraziati <per essere pastori che hanno l’odore del loro gregge». Si è parlato anche della Chiesa in Ucraina come di un gigantesco ospedale da campo. Papa Francesco avrebbe ripetutamente espresso la sua solidarietà ai vescovi e al popolo, e ha aggiunto due frasi che hanno molto commosso i presenti. La prima: «Sono spalla a spalla con voi nella vostra sofferenza attuale». La seconda: «Sono al vostro servizio». E come si legge in un altro articolo, il Papa sarebbe rimasto molto colpito dal racconto delle torture che molti soldati ucraini hanno subito da parte di chi li ha catturati.
  
I vescovi dell’Ucraina hanno ricordato che l’annessione della Crimea da parte della Russia è stata giudicata un’invasione non solo da loro, ma da tutte le maggiori comunità religiose, ebraiche, cristiane e musulmane, compresa la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca.

Secondo il prelato ucraino, «Gli appelli presenti nel testo affinché tutti rispettino gli standard legali internazionali non sono diretti all’Ucraina. Non avrebbe senso. E’ la Russia che ha invaso un territorio sovrano, una nazione vicina, e non il contrario». I vescovi cattolici dell’Ucraina durante la loro visita ad limina, nei vari dicasteri e specialmente in Segreteria di Stato, hanno sottolineato la necessità di usare la terminologia giusta. «Una parola o una frase infelici da parte di Roma possono causare un danno incredibile al popolo dell’Ucraina. Così come ogni commento della situazione in Ucraina che appaia offrire un’equivalenza morale all’aggressione straniera con il diritto legittimo dell’Ucraina di difendere la sua sovranità e la sua integrità territoriale non è altro che un’ingiustizia. Questo è un messaggio che la stampa cattolica deve trasmettere».
Ucraina, il martirio di Bohdan
Mons. Borys Gudziak, vescovo dell’Eparchia greco-cattolica ucraina in Francia, Svizzera e Benelux, oltre che presidente dell’Università Cattolica di Leopoli, e capo delle relazioni esterne della Chiesa, ci ha inviato una sua riflessione su ciò che accadde un anno fa nel Paese e quello che accade adesso. E’ un testo che condividiamo volentieri.
MARCO TOSATTI
22/02/2015
Mons. Borys Gudziak, vescovo dell’Eparchia greco-cattolica ucraina in Francia, Svizzera e Benelux, oltre che presidente dell’Università Cattolica di Leopoli, e capo delle relazioni esterne della Chiesa, ci ha inviato una sua riflessione su ciò che accadde un anno fa nel Paese e quello che accade adesso. E’ un testo che condividiamo volentieri.  

Per tutto un anno, ogni giorno abbiamo visto e sentito di numeri dolorosi, uomini dello stato e civili uccisi da proiettili nell’Ucraina orientale. Un anno fa la morte della Centuria Celeste a Maidan a Kiev ha commosso il mondo. Oggi sembra che la morte sia diventata una statistica. Molte morti diventano una cosa impersonale. Senza nomi persino il supremo sacrificio, e la nostra responsabilità personale diventano confusi. Allora lasciate che vi racconti di un giovane uomo la cui vita e morte aiuta a spiegare lo sviluppo dei fatti in Ucraina oggi. Bohdan Solchanyk aveva 28 anni.  

Uno storico promettente, membro di facoltà dell’Università Cattolica Ucraina, un poeta, un giovane innamorato. Cercava di capire il passato del suo Paese mentre si impegnava pienamente nella lotta attuale per la dignità così da costruire un futuro migliore. Quel futuro includeva il matrimonio con Maria Pohorilko, anch’essa una futura storica, studentessa in PhD, e laureata all’UCU. Volevano entrambi vivere con dignità. Speravano di condividere la storia del loro Paese con studenti, lettori dei loro articoli e con il resto del mondo.  

Ahimè l’episodio finale della vita di Bohdan accadde il 20 febbraio. Insieme ad circa altri ottanta idealisti disarmati. Ucraini rivolti all’Europa, Bohdan fu brutalmente colpito e ucciso da cecchini del governo nella piazza centrale della capitale dell’Ucraina mentre le telecamere delle TV mondiali riportavano il massacro in diretta. Il messaggio della vita e della morte di Bohdan è semplice. E’ un messaggio che l’Europa e il mondo hanno bisogno di sentire in un momento di grande ansia e confusione intorno all’Ucraina e alla Russia.  

Questa confusione è ampiamente creata dalla propaganda di quelli che disprezzano la visione di vita di Bohdan e sono imbarazzati dalla sua vita di sacrificio. Bohdan era uno dei milioni che per mesi si sono riuniti pacificamente, allegramente, con canti e preghiere, con poesia e teatro di strada, con musica e danza nel centro di Kiev e di molte altre città e centri dell’Ucraina. Il loro obiettivo era semplice: manifestare il loro desiderio di libertà, libertà di stampa, vitalità della società civile, giustizia nei tribunali, libertà dalla corruzione negli affari, nella politica, nell’educazione e nel sistema sanitario. In una parola, una vita di dignità. Una vita garantita alla maggior parte degli europei.  

La vita di Bohdan è stata troncata perché la sua posizione civile era una minaccia all’autoritarismo, al favoritismo, alla corruzione. Era una minaccia alla radicale ineguaglianza sociale i cui oligarchi e politici vivevano in una volgare opulenza e la popolazione lottava per sopravvivere. E’ stato ucciso perché la gente al potere temeva la sua canzone e la sua gioa, la danza di milioni e la solidarietà di una nazione. Bohdan è stato in prima fila nella protesta sociale per oltre dieci anni, dalla Rivoluzione Arancione nel 2004 quando aveva 19 anni.  
Non era pagato da agenti americani per restare in piedi nel mezzo della notte con una temperatura di -15 gradi centigradi. Non era un burattino di uno schema straniero. Non era un provocatore segreto dell’Unione Europea.  

 La morte di Bohdan e la morte dei primi cento uccisi senza pietà dalla polizia antisommossa e dai servizi di sicurezza ha portato al collasso del regime di Yanucovich. Yanucovich è fuggito perché le sue forze di sicurezza non riuscivano più a sopportare la brutalità a cui erano istigate. Troppo era troppo. Hanno capito che i metodi criminali non avrebbero più potuto controllare il Paese. Il sacrificio pasquale di innocenti, il versare il sangue – il sacramento più profondo e tremendo – ha rovesciato una tirannia ingiusta.  

l collasso della tirannia a Kiev, la canzone dell’Ucraina, la società civile, la libertà di stampa e le assemblee pubbliche non potevano essere tollerate dal presidente della Russia. L’Ucraina doveva essere punita. La Crimea doveva essere annessa; una guerra artificiale doveva essere creata per mettere in ginocchio una società che osava difendere la sua dignità. Bisogna provare che l’Ucraina era uno Stato fallito e che Bohdan Solchanyk era morto invano.   

Questa è la storia di Bohdan Solchanyk e dei milioni che si sono alzati in piedi con lui. Questa è la spiegazione di ciò che sta accadendo in Ucraina oggi. Ci sono molti fattori e molti elementi di una storia complessa ma che è al suo cuore un pellegrinaggio dalla paura alla dignità, dall’autoritarismo alla libertà, dalla corruzione alla giustizia – in ultima analisi dalla morte alla vita. E’ una storia pasquale.   

 Il 20 febbraio gli ucraini e tutti gli amici dell’Ucraina commemorano il sacrificio di sangue della Centuria Celeste, la prima a morire sulla strada della dignità. Commemorano i 5500 soldati e civili uccisi a causa dell’invasione del loro Paese. Mentre commemorano, si occupano della crisi umanitaria di chi è vivo, delle decine di migliaia di feriti, delle migliaia di vedove e orfani, del milione e mezzo di sfollati, dei cinque milioni di persone toccati direttamente dalla guerra. 

  Per noi gente di fede che seguiamo Cristo, e celebriamo la Sua passione e la vittoria Pasquale, il sacrificio di Bohdan e dei suoi colleghi è un ricordo della testimonianza dei martiri. Non c’è amre più grande che dare la propria vita per un amico (Giovanni 15:13). Queste sono le parole di nostro Signore . Spiegano un doloroso anniversario e il cuore degli eventi che accadono oggi in Ucraina.  
http://www.lastampa.it/2015/02/22/blogs/san-pietro-e-dintorni/ucraina-il-martirio-di-bohdan-pqvCW87tw0AjTZ4Bi23QyI/pagina.html

In Ucraina è “invasione russa”, non “guerra civile”ù

Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk dopo la visita ad limina: “abbiamo chiesto l’intervento di papa Francesco e la sua visita”


Prima di tutto occorre chiamare le cose con il loro nome: in Ucraina è in corso una “guerra non dichiarata”, conseguenza dell’”aggressione diretta” di un popolo vicino, quello russo. Nessun “conflitto civile”, quindi, nato da tensioni “interne”, ma “invasione”, che deve essere affrontata come violazione del “diritto internazionale”. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa ucraina greco-cattolica, nel corso della visitaad limina apostolorum dei vescovi ucraini appena conclusa in Vaticano, ha riferito alla Segreteria di Stato quali siano gli esatti termini di quanto sta avvenendo nel Paese, dopo l’annessione quasi un anno fa della Crimea da parte della Federazione russa, in seguito ad un referendum che ha lasciato non pochi dubbi, e i combattimenti che continuano nella regione orientale del Donetsk, violando ogni tregua finora raggiunta tra Putin e Poroshenko. E a proposito degli abitanti di questa parte dell’Ucraina, ha chiesto Sviatoslav in un briefing con la stampa nella sede di Radio Vaticana, sarebbe meglio abbandonare la dizione di “filo-russi” o “separatisti”: nel Donestsk prima della guerra c’erano cinque milioni di cittadini; due milioni sono andati via e gli altri “non combattono contro il governo ucraino” e non si può parlare di “libera scelta” di una parte o dell’altra.

La mediazione di Francesco

La sensibilità degli ucraini cattolici è stata “ferita” anche dall’espressione “guerra fratricida” usata due settimane fa da papa Francesco nel suo appello per la pace nel Paese: “nella traduzione in ucraino – ha spiegato il giovane arcivescovo maggiore dei greco cattolici ucraini - aveva accenti da ‘propaganda russa’”. “I figli – ha detto Svevchuk – chiedono sempre ‘di più’ al padre, ma rispettiamo la libertà del Santo Padre di usare le parole che forse gli permetteranno di mediare la pace”.
 
E’ questo lo sforzo che i vescovi ucraini chiedono alla Santa Sede: un’opera di mediazione nel conflitto, anche accogliendo e sostenendo l’iniziativa del Consiglio mondiale delle Chiese –di cui la Chiesa cattolica non fa parte ma presso il quale ha un osservatore - che ha fissato un incontro con il Sinodo panucraino della Chiesa ortodossa. “L’incontro personale – ha sottolineato Svevchuk – è molto importante per sfatare l’opera della propaganda: noi non siamo contro il popolo russo e molti cittadini russi non capiscono quanto sta accadendo in Ucraina a causa di una catena di menzogne che va spezzata”.

La più grande catastrofe umanitaria in Europa dopo la II guerra mondiale
 
L’emergenza umanitaria in Ucraina sta raggiungendo l’apice: “la line dell’occupazione russa – ha spiegato l’arcivescovo a papa Francesco e poi alla stampa – segna il confine tra la vita e la morte”. La chiesa cattolica che ha sacerdoti da una parte e dall’altra sa che nella zona occupata “la gente muore di fame” e la Caritas che provvede ogni giorno a oltre 40 mila persone è solo “una goccia nell’oceano”. Secondo le statistiche dell’Onu gli sfollati e i profughi in Ucraina sono oltre un milione, ma “la cifra reale è doppia”. “Quasi 600 mila profughi – ha detto l’arcivescovo – si trovano sul territorio di altri paesi e, tra quelli costretti a lasciare le proprie case, circa 140 mila sono bambini”. Nelle condizioni climatiche dell’inverno ucraino questa situazione è diventata “una catastrofe umanitaria mai vista in Europa dopo la seconda guerra mondiale”.

La Chiesa cattolica si è trasformata così, letteralmente, in un “ospedale da campo”, come la vuole papa Francesco e le parrocchie, i monasteri e le comunità eparchiali sono diventati centri di accoglienza e di servizio e anche di coordinamento del volontariato al quale ha dato mano circa l’80% della popolazione. Non solo l’assistenza materiale e la cura delle ferite fisiche – almeno 12500 i civili feriti nel corso del conflitto e 6 mila gli uccisi – ma anche le ferite psicologiche: “la sindrome da stress post traumatico – ha raccontato Svevchuk – colpisce non solo chi combatte ma tutti gli ucraini, anche quelli all’estero che seguono attraverso i mezzi di informazione quanto accade nelle zone di guerra”.

Le minoranze religiose fuggono dalla Crimea
 
Intanto la Crimea annessa alla Federazione russa si sta svuotando delle minoranze religiose: “I tartari dichiarano di essere perseguitati e fuggono temendo nuove deportazioni come ai tempi di Stalin – ha raccontato Svevchuk - e anche gli ebrei fuggono, perché la prima richiesta della nuova amministrazione è stata registrarsi e pagare una tassa, come avevano fatto i nazisti nella seconda guerra mondiale”. In Crimea ci sono cinque parrocchie cattoliche alle quali è stata chiesta una nuova registrazione: i documenti necessari sono stati approntati, ma, per quanto ne sa l’arcivescovo, è già la terza volta che viene rifiutata la registrazione. La deadline è stata fissata per il 1° marzo. “Può accadere di nuovo quanto è accaduto nel 1946 – ha affermato Svevchuk - quando i sovietici hanno privato la nostra Chiesa dello status legale”.

Il pontefice andrà in Ucraina "al momento opportuno"
 
In occasione della visita ad limina Papa Francesco ha potuto approfondire la situazione attraverso testimonianze dirette e i vescovi gli hanno chiesto di rivolgere un appello internazionale per quell’assistenza umanitaria cui lo Stato ucraino non riesce più a fare fronte. “Il papa ci ha ascoltato con cuore paterno – ha sottolineato Svevchuk – e ci ha confermati nell’aver preso la posizione giusta come chiesa: stare accanto al nostro popolo”. “Noi non facciamo politica – ha sottolineato Svevchuk – e non appoggiamo partiti politici, ma domandiamo giustizia sociale”. “Torniamo a casa pieni di speranza – ha detto ancora l’arcivescovo che ha riferito di aver invitato il pontefice a visitare il Paese – perché sappiamo che si farà portavoce del dolore degli ucraini e al momento opportuno visiterà l’Ucraina”. Per quanto riguarda la mediazione europea l’arcivescovo ha esortato a stare attenti alle strade da intraprendere: “L’errore più grande – ha affermato - sarebbe raggiungere un accordo in virtù delle questioni economiche e non in nome della dignità della persona. Sarebbe la fine dell’Europa”.
 

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