ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 6 aprile 2015

Eiden kai episteusen

I Vescovi davanti alla prova storica della Resurrezione di Gesù

Nell’alba del terzo giorno, dopo la crocifissione di Gesù, i custodi del suo sepolcro autorizzato furono sbalorditi da uno scuotimento, che ribaltò la pietra che sigillava il sepolcro stesso e abbandonarono la consegna. Alcune donne del seguito di Gesù, che si erano avviate alla tomba nell’intento di perfezionare la sepoltura, verifìcarono l’accaduto, e temendo che la salma fosse stata trafugata avvisarono gli umiliati amici del Divino Maestro, i quali alfine decisero di effettuare un sopralluogo.

Il teste oculare di questa verifica, compiuta insieme a Pietro, afferma che, entrati i due nel sepolcro, essi presero atto che l’involucro della salma era intatto, ma il corpo del Martire non c’era più, quasi si fosse volatilizzato, o evaporato attraverso i lini avvolgenti. Consapevoli della pena di morte sancita per i violatori di tombe, si allontanarono tornando tra i loro amici, ma con chiara memoria dei particolari verificati circa i lini avvolgenti la salma, come Giovanni precisa nel suo rapporto alla fine del suo Vangelo.

Questo rapporto giovanneo è stato discusso dai nostri Vescovi italiani, i quali non hanno capito che essi erano di fronte alla prova storica della Resurrezione, approvando una traduzione presunta letterariamente scientifica, ma in realtà erronea.
La gente va a Messa per Pasqua e sente questa lettura del Vangelo di Giovanni approvata dai Vescovi: “Entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario che Gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte”.
Qualunque funzionario di polizia, ascoltando questa lettura, direbbe: “La tomba è stata violata e manomessa”.
Invece si sarebbe dovuto sentire questo annuncio: “Entrò nel sepolcro e vide le bende afflosciate, e il sudario che era sul Suo capo non giacente con le bende, ma separato avvolto nel medesimo posto”.
Giovanni, che scrive queste parole, conclude, parlando di se stesso: “Vide e credette”. Dalla visione trasse la conclusione di dover credere.
Giovanni è stato testimone oculare della deposizione del cadavere del Maestro nel sepolcro di Giuseppe D’Arimatea e perciò si rende conto che solo per virtù soprannaturale Gesù è potuto uscire dall’involucro delle bende, 1asciando tutto com’era, compreso il sudario avvolto sul capo, che risulta, agli occhi di Giovanni, separato dalle altre bende, essendo ormai privo del sostegno interno: afflosciandosi, infatti, si è separato, quasi “cadendo” sul piano che accoglieva il cadavere.
Pietro se ne torna indietro sbalordito, ma meditativo su tutti gli elementi ormai in possesso, compresa la testimonianza delle donne che avevano parlato con Gesù risorto.
I letterati dei Vescovi sono stati contestati con adeguati argomenti.
Restiamo in attesa di un’altra traduzione.
Don Ennio Innocenti

Il Sudario di Oviedo coprì il volto di Gesù? La scienza sembra confermarlo




Una intervista alla biologa e botanica Marzia Boi, ricercatrice al Laboratorio di Botanica del Dipartimento di Biologia dell'Università delle Isole Baleari, a Palma di Maiorca, Spagna. La studiosa, tramite studi sul Sudario di Oviedo, ha individuato uno stesso peculiare polline presente pure sulla Sacra Sindone, l'Helichrysum SP. Queste e altre ricerche sono state recentemente annunciato dall'Università di Murcia (vedi SRM). Abbiamo chiesto alla dottoressa Boi di spiegarci meglio le procedure seguite e i risultati definiti nel corso dei suoi studi, chiedendole anche un parere su alcuni frequenti errori e disinformazioni che a volte capita di leggere o vedere su alcuni mezzi di informazione.

L'intervista segue quella rilasciataci dal criminologo direttore dell'EdicesGruppo di Investigazione del Centro Spagnolo di Sindonologia - Equipo de Investigación del Centro Español de Sindonología.

Come avete individuato il polline Helichrysum, e quali sono eventualmente i margini di incertezze o probabilità che sia proprio quel tipo di polline ?
Il polline più abbondante sulla Sindone appartiene alla famiglia delle Asteraceae, come lo è anche la specie Gundelia tournefortii, che io ho determinato come elicriso. Se osserviamo i caratteri micromorfologici con alti ingrandimenti di un polline, siamo in grado di scartare o confermare a livello più specifico un tipo. Il polline ritrovato nel Sudario di Oviedo è molto similare a quello della Sindone che ho identificato come del genere Helichrysum. Se torniamo indietro nella storia si scopre che questa pianta ha avuto durante il primo secolo un importante valore, raccontato dagli storici Plinio il Vecchio e Dioscoride. Dai fiori freschi dell'elicriso si estraeva un pregiato olio usato come rigenerante della pelle, antifungino e antibatterico che tutt'oggi è apprezzato nel campo medico. Diverse specie di Helichrysum, distribuite nel bacino mediterraneo sono state usate per produrre quest'olio. L'uso dell'olio di elicriso ci riporta ai primi secoli dopo Cristo, con il tempo infatti sono cambiati gli usi e abitudini; nell'antichità nessun altro olio della famiglia delle Asteraceae ha avuto così tanta importanza.

Quali metodologie utilizzate?
Per quanto riguarda i campioni del Sudario di Oviedo le analisi sono effettuate con microscopia elettronica e con microanalisi. Gli studi dei pollini della Sindone di Torino attualmente non si stanno  realizzando per mancanza di campioni; ho soltanto revisionato i lavori pubblicati precedentemente e realizzato osservazioni su pollini conosciuti che ho comparato con le foto pubblicate. In una foto con microscopia elettronica il polline di elicriso è stato identificato come appartenente a  un'altra famiglia, il che è stato un errore che mi ha portato ad approfondire sul tema dei pollini sindonici. Per quanto riguarda il Sudario, è stato trovato un polline fotografato con microscopio ottico (con meno definizione e ingrandimenti) e recentemente un altro rinvenuto durante un esame con microscopia elettronica, che potrebbe confermare la coincidenza del genere Helichrysum presente sulla Sindone.

Perché è importante Helichrysum SP?
Secondo le tradizioni durante la storia è entrato a far parte di unguenti e balsami per la pelle e ferite; così entra in un contesto ritualistico  sicuramente con altri prodotti botanici, con resine, come la mirra e l'incenso, tra le più conosciute, il ladano e il galbano o l'olio di lentisco. Questi aromi sono fra i prodotti più cari ed esclusivi dell'area mediterranea che ancora oggi si usano nell'alta cosmetica.

Dal punto di vista degli studi botanici, quali sono le analogie o le coincidenze con la Sindone?
Il Sudario di Oviedo probabilmente non è stato parte del lenzuolo funerario ma è  stato usato precedentemente come telo per coprire il viso e asciugare sangue ed emorragie; infatti, secondo il rito ebreo, il sangue deve essere seppellito assieme al corpo. Quindi è possibile che sul Sudario l'applicazione di unguenti sia stata solo accidentale o che il telo non abbia ricevuto lo stesso trattamento che la tela mortuaria. Nonostante ciò, sorprendono le evidenze  dei pollini di questa reliquia simili con la Sindone che verrebbero a indicare i resti di unguenti e balsami applicati durante il momento concreto del funerale e seppellimento.  Visto che gli studi a livello botanico su tele funerarie antiche sono scarsi, e che mancano ricerche guida alle quali allacciare questi ritrovamenti, sarebbe dunque utile riesaminare i pollini ancora presenti nella Sindone, poter relazionare le due reliquie ed eventualmente arrivare a confermare i fatti storici in base ai pollini presenti.

Quali altri tipi di polline o comunque di altre specie botaniche avete individuato?
I pollini più abbondanti della Sindone sono quelli delle famiglie AsteraceaeCistaceaeApiaceae e Anacardiaceae, alle quali appartengono i taxa HelichrysumCistusFérula a Pistacia, piante dalle quali si ricavano pregiati unguenti. Il Sudario di Oviedo è stato conservato protetto dall'aria durante diversi secoli, un fatto che evidenzia che i pollini non sono molto abbondanti, ma che, essendo presenti, possono consolidare o contrastare molti dati sulle due reliquie. Se avessero ricevuto un trattamento a base di unguenti, questi si sarebbero ossidati e secchi, con struttura crostosa nelle quali troveremmo i pollini. Sul Sudario di Oviedo si stanno identificando i pollini presenti; lo studio non è concluso perciò preferisco aspettare e non avere conclusioni affrettate sui ritrovamenti delle varie microtracce.

Escludete quindi che possano esservi state contaminazioni, come alcuni sostengono? Quali analisi prevedete di effettuare in futuro ?
Le contaminazioni polliniche esistono sicuramente perché difficilmente il polline che arriva ad appoggiarsi a una superficie  è capace di rimanere attaccato durante secoli; se ciò fosse accaduto, sarebbe un vero miracolo! Nel caso dei pollini entomofili più abbondanti che sono stati analizzati da altri botanici prima di me, dei quali io solo rettifico la specie Gundelia per Helichrysum; dubito che siano dovuti a inquinamento posteriore, bensì credo appartengono al residuo degli unguenti applicati al corpo e sulla tela durante un antico rituale funerario. Nell'Università delle Isole Baleari (Spagna) mi dedico ai controlli botanici con la microscopia elettronica ed a altre possibili tracce che si possono analizzare per microanalisi delle polveri del Sudario di Oviedo. Purtroppo i campioni sono finiti e rimane meno della metà delle polveri aspirate dal Sudario di Oviedo da processare e analizzare.

Dal suo punto di vista, su quali questioni solitamente si fa più confusione, disinformazione, o comunque errata informazione sulla Sindone e su questo tipo di studi?
Proporrei a tutti i ricercatori che hanno realizzato analisi e studi vari su queste reliquie che fossero più precisi con i metodi di studio seguiti, quindi che in un certo senso fossero più “accademici”. Per potere affermare qualcosa si ha bisogno che il procedimento e il metodo scientifico sia corroborato, e quindi deve essere esposto alla comunità interessata per poter conoscere esattamente come si è proceduto ai risultati. Ciò è importante per poter affermare le conclusioni, che a volte sorprendono per la frivolezza e che fanno l'effetto contrario di non considerare lo studio come rilevante. Tanta gente parla e riferisce gli studi della Sindone, ma pochi hanno la giusta competenza per farlo!

di Paolo Centofanti

*Paolo Centofanti è Direttore SRM - Science and Religion in Media
Qui l'articolo originale apparso su SRM 

http://www.aleteia.org/it/scienza/contenuti-aggregati/sindone-torino-sudario-oviedo-polline-5810546704121856?utm_campaign=NL_it&utm_source=topnews_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it-05/04/2015


Cosa vide Giovanni?
Giovanni 20, 4-8 Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

Pietro “tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto” (Lc. 24,12), Giovanni “vide e credette” (Gv. 20,8). Il racconto della scoperta della tomba vuota  mostra quale sia stata la reazione  dei due apostoli. Pietro lo vediamo pieno di stupore, Giovanni invece vede e subito crede. Si è sempre pensato che a creare meraviglia nei due discepoli inducendoli a credere, sia stata la tomba inspiegabilmente vuota, oppure il sudario ripiegato per benino e posto in un posto vicino al luogo dove si doveva trovare il corpo di Gesù, oppure ancora le bende aperte e poste per terra (vedi figura sotto)
Fig. 1
Ma qualcosa sembra stridere con questa spiegazione e ricostruzione dell’episodio. Infatti, la sola tomba vuota poteva essere prova indiscutibile della risurrezione del Signore? Perché appena risorto Gesù si sarebbe preoccupato di ripiegare il solo sudario (e poi perché lo avrebbe ripiegato) e non, ad esempio, le bende che appaiono come “scivolate” per terra? Del resto, non tanto convincente appare la seguente classica spiegazione: "non poteva essere stato un ladro a rubare il corpo di Gesù perché di certo egli, nella fretta e nella concitazione, non avrebbe avuto il tempo o la lucidità a ripiegare con cura le bende"; infatti, si potrebbe invece dire, ad esempio, che l’ipotetico ladro avesse già studiato prima la modalità con cui doveva rubare il corpo e soprattutto come lasciare in ordine la tomba e così camuffare il furto.
Per cercare di dare una spiegazione plausibile a ciò che Giovanni vide e quindi a come doveva trovarsi la tomba, le bende, il lenzuolo e il sudario , dobbiamo innanzitutto dividere il nostro studio  in 3 parti, focalizzando la nostra attenzione sui seguenti elementi del racconto dell’evangelista: le bende "per terra", il sudario, e il fatto che questo sudario era “piegato in un luogo a parte“.
Stando alla reazione dell’apostolo Giovanni, sembra che egli abbia una prova  lapalissiana della risurrezione di Gesù, proprio osservando come era l’interno della tomba, e in particolare di come si trovavano le bende e il lenzuolo in cui era stato avvolto il corpo del Maestro.
Seguiamo la tesi di Antonio Persili, biblista cattolico, che ha praticamente dedicato interi decenni allo studio dei 5 versetti di Gv. 20,3-8 e quindi ha cercato (e sembra che i suoi sforzi siano stati premiati) di dare una spiegazione a quel eiden kai episteusen (“vide e credette”) di Giovanni.  (cfr. Persili A., Sulle tracce di Cristo Risorto. Con Pietro e Giovanni testimoni oculari, Tivoli 1988).
Prima di addentrarci nello studio svolto da Persili, dobbiamo però dire che i verbi in questione “vedere” e “credere” hanno una funzione chiave in tutto l’evangelo di Giovanni, legati all’importanza del tema del “segno”, e quindi caratterizzati da una valenza teologica particolare.
Questo però non toglie il carattere di storicità dei fatti raccontati dal quarto evangelista che, anzi, a volte stupisce per precisione storica, geografica e rivela particolari che senz’altro rimandano alla testimonianza oculare dell’apostolo, un testimone palestinese che ben conosceva i luoghi dove si svolsero gli episodi narrati nei vangeli..
Ma veniamo alla nostra questione.
Giuseppe d’Arimatea compra un “lenzuolo” (sindona) (Mc. 15,46) dove avvolgere il corpo di Gesù. I morti venivano sepolti con tutte le loro vesti, e quindi Giuseppe non poteva comprare un apposito lenzuolo per avvolgere i cadaveri in qualche bottega, mentre sicuramente egli comprò un rotolo di tela di lino da cui ricavò il lenzuolo.  Dallo stesso rotolo, Giuseppe e i suoi servi ritagliarono, oltre al lenzuolo, anche delle fasce (othonia) e i 2 sudariche sarebbero stati messi sul volto di Gesù.
Ma vediamo come A. Persili ricostruisce  questa fase.
 «Giuseppe d’Arimatea, aiutato dai suoi servi, avvolge il corpo in una tela subito dopo aver deposto Gesù dalla croce e, così avvolto, lo trasporta sulla pietra dell’unzione avendo cura di non toccare assolutamente il corpo di Gesù con le mani (per la legge ebraica, toccare i cadaveri rendeva impuri). Sembra che i sinottici si siano preoccupati di sottolineare il fatto che Giuseppe, avvolgendo il corpo di Gesù nella tela, eseguì alla lettera la prescrizione di seppellire il sangue vivo con la salma. Infatti questa prescrizione, messa poi in iscritto da un testo rabbinico, che… tra l’altro diceva: “Si metta solo sui suoi vestiti una copertura e si seppellisca anche la terra su cui eventualmente era caduto il sangue”. La tela costituisce appunto la copertura che isola il corpo di Gesù da qualsiasi contatto esterno, ma non è la preparazione alla sepoltura, che invece viene descritta da Giovanni (19,40). Le parti sovrabbondanti – continua Persili – vengono ripiegate accuratamente al di sopra del corpo. Poi, mentre alcuni tengono ferme le ripiegature, Giuseppe provvede ad avvolgere e legare il corpo di Gesù con le fasce, mentre Nicodemo versa la mistura profumata, che viene assorbita internamente dal lenzuolo ed esternamente dalle fasce. Al termine, il corpo di Gesù, eccetto il capo, è tutto avvolto nelle fasce, che ricoprono e tengono fermo il lenzuolo. Quando Giovanni entrò nel sepolcro, dopo la risurrezione, vede, appunto, le fasce. Tutte le tele occorrenti (la grande tela, le fasce e il sudario) furono preparate, secondo le esigenze, dallo stesso Giuseppe di Arimatea, tagliandole dal rotolo di sindone. Ma comunque sia stato fatto l’avvolgimento del corpo di Gesù, il segno della risurrezione consiste nella posizione che le othonia  (fasce) e il sudario presero dopo la risurrezione».
 Furono 2 i sudari che vennero messi sul capo di Gesù: uno direttamente sul viso, quindi sotto il lenzuolo (sindone) che aveva la funzione di tenere fermo e chiuso il mento (vedi figura seguente)
 Fig. 2
 e il secondo all’esterno, al di sopra del lenzuolo, per svolgere la funzione di completamento dell’avvolgimento delle fasce, cosi come era avvolto il capo di Lazzaro, con un  soudariôi periededeto (Gv. 11,44)
Infatti, le fasce (othonia) avvolgevano la sindone dai piedi fino al collo, ma non avvolgevano il lenzuolo in corrispondenza della testa di Gesù. Ecco come descrive questo punto il nostro Persili: : «Giuseppe d’Arimatea non ha ritenuto opportuno fasciare anche il capo con le othonia ma si è fermato al collo. A questo punto, per non lasciare le piegature della sindone in disordine e per non lasciare gli unguenti esposti all'aria senza protezione, avvolse il capo di Gesù con un sudario. Dunque i sinottici dicono che il corpo di Gesù, tutto intero (capo e tronco) fu avvolto in una sindone: Giovanni aggiunge che al di sopra di questa sindone c'erano le fasce che avvolgevano e legavano il tronco del corpo di Gesù, mentre un sudario avvolgeva e legava il capo».
Arrivati a questo punto, soffermiamoci dunque su quelle othonia che la CEI traduce con «bende», mentre in realtà andrebbe tradotto con «fasce». Spiega Andrea Tornielli in Inchiesta sulla Resurrezione (pp.95-96)  : «La traduzione più probabile per othonia non è "bende", quanto piuttosto "tele"[nel senso di "ampie fasce"]. Ce lo conferma l'episodio della resurrezione di Lazzaro, riportato dallo stesso Giovanni. Descrivendo la sua uscita dal sepolcro, l'evangelista scrive che egli aveva le mani e i piedi legati con bende e usa per indicarle il vocabolo keirìai [non othonia]. Che cosa accadde invece nel caso di Gesù? Le "bende" sarebbero state troppo piccole di altezza per permettere di avvolgere velocemente tutto il corpo: è possibile che Giuseppe di Arimatea abbia invece utilizzato delle fasce, ottenute tagliando quell' unico rotolo di stoffa che aveva acquistato e dal quale era stata ricavata la sindone, cioè il lenzuolo per avvolgere il corpo, prima che fosse assicurato da uno strato di fasce."Giovanni non poteva avere l'intenzione di dare a  othonia  il valore di "tele" [in senso generale]perchè avrebbe opposto una parola dal significato generico a una parola dal significato particolare: il sudario", spiega Persili. "Non avrebbe avuto senso l'affermazione che "le tele erano distese ed il sudario non era disteso", come se il sudario non fosse anch'esso una tela. La logica del discorso esige che la parola tà othònia indichi una tela in particolare, come il sudario". Tutti questi problemi vengono però risolti se si traduce "le fasce", che ricoprivano del tutto la sindone e la mantenevano aderente al corpo del defunto.
Una possibile obiezione viene dal fatto che gli ebrei non erano soliti avvolgere i cadaveri con le fasce. Non dobbiamo però dimenticare le particolari circostanze della morte di Gesù e la necessità di non disperdere il sangue dell’ucciso».
Veniamo quindi al terzo giorno. Il corpo di Gesù non è più nel sepolcro, come constatano i due discepoli, ma lì dentro quella tomba c’è qualcosa che sorprende i due, ma soprattutto sconvolge Giovanni il quale “vide e credette”. Più che qualcosa, vedremo che è la posizione di alcune cose a suscitare addirittura la fede in Giovanni, dandogli la certezza che il Maestro non poteva che essere risorto.
Quindi andiamo con ordine. Sono 4 gli elementi che sono rimasti sulla pietra dove era stato deposto il corpo di Gesù:
 1)      Il sudario interno; 2) la sindone; 3) le fasce; 4) il sudario esterno.
Chiaramente, essendo interno, il primo di questi elementi non è visibile ai due discepoli poiché è posto sotto la sindone (vedi fig. 2); mentre gli altri 3 elementi sono perfettamente visibili, in una posizione tale da suscitare la particolare  reazione in Giovanni, come detto prima.
 Ricordiamo che Giovanni fu presente alla sepoltura quel venerdì precedente quando Cristo fu deposto  nel sepolcro, e quindi sapeva benissimo come avevano lasciato il corpo sulla pietra avvolto nella sindone e nelle fasce.

Bene, agli occhi di Giovanni, questi elementi apparirono esattamente nella stessa posizione lasciati 3 giorni prima: il lenzuolo e le fasce non erano aperte e non smosse, ma semplicemente afflosciate su se stesse. In altre parole, il corpo di Gesù, risorgendo, non si era strappato di dosso le scomode fasciature, ma egli ne era uscito senza scomporle, come se il corpo di Gesù fosse svanito dall’interno del lenzuolo (sindone) che l’avvolgeva e quindi la sindone e le fasce, non avendo più cosa avvolgere, si sono semplicemente afflosciate su se stesse. (vedi fig. sotto)
 A conferma di ciò, è bene notare che l’espressione della CEI “bende per terra” non è esatta. Il testo greco dice othonia keimana. Il termine othoniaabbiamo visto che non significa propriamente delle strette bende ma qualcosa di più ampio, cioè delle larghe fasce.  “Bende” invece, viene indicato  con keiriais in greco, come nel caso di Lazzaro (Gv. 11,44) (vedi traduzione CEI).
Il verbo keimena usato per le fasce che avvolgevano il corpo di Gesù, si deve tradurre come: giacere, essere steso, essere in orizzontale, caduto, crollato, spianato, un po’ come quando si vuole indicare il mare calmo rispetto al mare agitato; oppure, per dare forse meglio l’idea, come quando viene smontata una tenda da campeggio: venendo tolti i sostegni sotto la tenda, questa si affloscia e si sgonfia su se stessa. È questo che accadde al lenzuolo e le fasce che avvolgevano il corpo di Gesù: esse erano “distese”, abbassate, afflosciate, ma intatte. Nessuno le aveva aperte. Dice infatti Persili: «Il significato che Giovanni vuol dare a questo verbo è far risaltare che prima le fasce erano rialzate ("come un mare agitato") perchè all'interno c'era il corpo ; dopo la Risurrezione, invece, le fasce erano abbassate, distese ("come un mare calmo"), giacendo nel medesimo posto in cui si trovavano quando contenevano il cadavere di Gesù. E' arbitrario farle giacere per terra, come vuole la versione ufficiale. La Vulgata traduce con il participio posita, che rende bene l'idea delle fasce distese e vuote, perchè il verbo ponere significa appunto "mettere giù". Perciò le due parole  keimena tà othonia si devono tradurre come "le fasce distese", ma intatte non manomesse, non disciolte. Esse costituiscono la prima traccia della Risurrezione: era infatti assolutamente impossibile che il corpo di Gesù fosse uscito dalla fasce, semplicemente rianimato, o che fosse stato asportato, sia da amici che da nemici, senza svolgere quelle fasce o, comunque, senza manometterle in qualche maniera» 
 Veniamo al sudario esterno. "La Sacra Scrittura ci offre due indicazioni: che non era per terra, insieme al lenzuolo, e che era debitamente rassettato e piegato: peccato che si tratti, ancora una volta, di una traduzione errata. La prima frase, in greco, non recita che "non era insieme al lenzuolo", ma che "non era disteso come il lenzuolo". La seconda parola, poi, non significa "piegato" bensì "arrotolato". Viene così chiarito ciò che ciò che volle dire l'Evangelista: il sudario che prima era stato legato intorno al capo di Gesù non era più disteso, liscio, come il lenzuolo, e che non era stato slegato. In buona sostanza, esso continuava ad essere arrotolato e a conservare la sua forma ovale, come se si ostinasse a circondare ancora il volto del Signore, che in realtà non c'era più e che sembrava che si fosse smaterializzato. Se il cadavere fosse stato rubato, il fazzoletto si sarebbe dovuto trovare in altre condizioni, invece di continuare ad essere arrotolato, così come lo avevano lasciato la sera in cui seppellirono Gesù" (A.A.Valdes, Cosa sappiamo della Bibbia? n.7, pag. 104-105)
Copyright 2005-2006 Giuseppe Spinella

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