ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 19 maggio 2015

Nostalgie di modernisti afoni che van per fratte

La vera riforma liturgica l'ha fatta il microfono?

Il luogo liturgico, dal punto di vista uditivo, è diventato indifferente?


Mi ha colpito l’affermazione di un amico sacerdote: “Sai chi ha fatto la riforma liturgica”? – mi disse – “Il microfono” – mi rispose.Può essere?

Questa è una domanda interessante. 
Proviamo ad immaginare di ritornare improvvisamente nel passato prima che vi fossero i microfoni e prima ancora, quando non c’era la luce elettrica. Con questo ideale ritorno al passato potremmo comprendere più facilmente il significato di riti e disposizioni liturgiche che a noi oggi potrebbero sembrare insignificanti o superate. L’avvento dei microfoni ha costituito un notevole impatto nella celebrazione liturgica. 
In particolare:

- Quando i ministri celebravano in luoghi e posizioni diverse all’interno della chiesa si udiva la loro voce provenire da quei luoghi e spontaneamente i fedeli si orientavano verso di essi. 
Bastava il suono della voce per capire se il sacerdote stava all’altare o se parlava dal pulpito o se si muoveva in processione; così per gli altri ministri e per il coro. Con l’uso del microfono la voce viene diffusa dovunque in modo uniforme al punto che non è più percepibile la posizione logistica di chi parla: può parlare dall’altare, dall’ambone, dalla navata, dall’atrio, dalla sagrestia o anche dall’esterno della chiesa e tutti ovunque si trovino odono con la stessa intensità la voce di colui che parla. Il luogo liturgico, dal punto di vista uditivo è diventato indifferente: il Preconio pasquale anche se cantato dall’ambone monumentale non subisce alcuna variazione acustica e non dà alcuna indicazione logistica. Subentra allora solo l’aspetto visivo: salire sull’ambone non ha più una funzione fisica di trasmissione della voce, ma simbolico-visiva di luogo della Parola. 

- Anche l’impiego della voce ne è alquanto influenzato. Infatti, la cantillatio delle letture, ma anche delle orazioni, aveva nel passato anche un ruolo di efficacia comunicativa, in quanto la voce assumeva potenza e raggiungeva i lontani. In tal senso si poteva comprendere l’arte oratoria del predicatore. Anche la musicalità dei testi liturgici, la ripetizione e una certa cadenza erano orientati ad una più efficace comunicazione. Il microfono, invece, consente la diffusione della voce senza necessità di particolari accorgimenti e chiunque può leggere in tono normale. In questo modo certamente viene rispettato il modo di porsi e di comunicare di ciascun lettore, tuttavia vi è il pericolo di ridurre le orazioni e le letture al livello di una comunicazione sempre identica e feriale. Se si coglie soltanto l’opportunità della comunicazione fisica offerta dal microfono tutto l’aspetto simbolico e solenne della liturgia svanisce. Questa è una tentazione continua: i fedeli odono quindi non ha più senso alcuna forma di cantillatio. In realtà sia il canto delle orazioni, come quello dei testi biblici ha subito una larga incomprensione e una drastica riduzione nell’immediato postconcilio. 

Si tratta allora di usare il microfono senza cancellare sia la diversità logistica dei luoghi celebrativi, sia la ricchezza e la varietà delle espressioni linguistiche nell’annunzio della Parola di Dio e nell’orazione sacerdotale. Anzi il microfono, se di qualità e usato con professionalità, favorisce una migliore trasmissione di un testo cantato, che può essere percepito nelle sue sfumature dalla totalità dell’assemblea liturgica. In tal senso la liturgia viene arricchita dall’uso del microfono piuttosto che impoverita, proprio a causa di un uso funzionalistico dello strumento, che la dovrebbe elevare, potenziare e trasmettere con maggior efficacia. Una simile argomentazione si deve fare anche a proposito della luce elettrica nelle chiese. 

I libri liturgici vigenti non hanno ancora assunto adeguatamente le indicazione necessarie per regolare l’illuminazione elettrica nel contesto dei riti. E’ tuttavia quanto mai opportuno che l’impianto elettrico di una chiesa non sia fatto con i criteri della comune funzionalità e neppure col solo criterio di valorizzare la chiesa come ambiente artistico e museale. E’ necessario assumere un criterio liturgico, per cui l’illuminazione risponde alle esigenze dei vari riti e tiene presente l’intero ciclo festale della Chiesa. Si tratta di evidenziare la solennità, la festa, il giorno feriale e quello penitenziale. Un criterio interessante potrebbe certamente essere la Veglia pasquale nella quale proprio le luci hanno un ruolo simbolico fondamentale. I tre gradi di intensità, che potremo denominare: lucernale, vigiliare e solare e che interessano momenti diversi della Veglia (liturgia della luce – liturgia della Parola – liturgia eucaristica) potrebbero essere una indicazione interessante per impostare un criterio di illuminazione a servizio della liturgia nelle tante sue espressioni distribuite nell’intero Anno liturgico.Prossima »
http://www.aleteia.org/it/religione/contenuti-aggregati/riforma-liturgica-paolo-vi-microfono-5801434159251456

Caratteristica della nuova (e falsa) chiesa: la religione dell'uomo


O per la difficoltà dell'impresa, oppure per una concessione allo spirito del tempo, il fatto è che, nell'esecuzione del piano tracciato dal Concilio, in molti ambienti ecclesiastici lo sforzo di adattamento (della dottrina della fede alla sua forma espositiva - ndr) è andato oltre la semplice espressione più adeguata alla mentalità contemporanea. Ha toccato la sostanza stessa della Rivelazione. Non si mira a una esposizione della verità rivelata, in termini tali che gli uomini la comprendano facilmente; si tenta, più propriamente, per mezzo di un linguaggio ambiguo e ricercato, di presentare una nuova Chiesa, consona ai gusti dell'uomo formato secondo le massime del mondo di oggi. 
Così si diffonde, più o meno ovunque, l'idea che la Chiesa deve passare attraverso un mutamento radicale, nella sua morale, nella sua liturgia, e anche nella sua dottrina. 
Negli scritti, come nella prassi, comparsi in ambienti cattolici dopo il Concilio, si inculca la tesi che la Chiesa tradizionale, come esisteva fino al Vaticano II, non è più all'altezza dei tempi moderni. Di conseguenza, deve trasformarsi totalmente. E una osservazione rapida su quanto succede in ambienti cattolici porta alla convinzione che davvero, DOPO IL CONCILIO, ESISTE UNA NUOVA CHIESA, essenzialmente distinta da quella conosciuta, prima del grande sinodo, come l'unica Chiesa di Cristo. 
Infatti, si esalta, come principio assoluto e intangibile, la dignità umana, ai cui diritti si sottomettono la verità e il bene. Questa concezione inaugura la religione dell'uomo; e fa dimenticare l’austerità cristiana e la beatitudine celeste. 
Nei costumi, il medesimo principio dimentica l'ascetica cristiana, ed è assolutamente indulgente anche con il piacere sensuale, dal momento che l'uomo deve cercare la sua pienezza sulla terra. Nella vita coniugale e familiare, la religione dell'uomo esalta l'amore e antepone il piacere al dovere, giustificando, a questo titolo, i metodi anticoncezionali, diminuendo l’opposizione al divorzio, e rivelandosi favorevole alla omosessualità e alla coeducazione, senza temere la sequela di disordini morali a essa inerenti, come conseguenza del peccato originale. 
Nella vita pubblica, la religione dell'uomo non comprende la gerarchia e propugna l’ugualitarismo proprio dell'ideologia marxista e contrario all'insegnamento naturale e rivelato, che attesta l'esistenza di un ordine sociale esigito dalla natura stessa. 
Nella vita religiosa, lo stesso principio preconizza un ecumemsmo che, a beneficio dell'uomo, metta d'accordo tutte le religioni; preconizza una Chiesa trasformata in istituto di assistenza sociale e rende inintelligibile il sacro, comprensibile soltanto in una società gerarchica. 
Da, ciò la preoccupazione eccessiva per la promozione sociale, come se la Chiesa fosse soltanto un più esteso organismo di assistenza sociale. 
Da ciò, e allo stesso modo, la secolarizzazione del clero, il cui celibato viene considerato qualcosa di assurdo, così come si considera strano il genere di vita del sacerdote, intimamente legato al suo carattere di persona consacrata, in modo esclusivo, al servizio dell'altare. 
Nella liturgia, si riduce il sacerdote a semplice rappresentante del popolo, e i mutamenti sono tali e tanti che essa cessa di presentare adeguatamente, agli occhi del fedele, l'immagine della Sposa dell'Agnello, una, santa e immacolata. 
Evidentemente il rilassamento morale e la dissoluzione liturgica non potrebbero coesistere con l’immutabilità del dogma. D'altronde, gia quelle trasformazioni indicavano mutamenti nel modo di concepire le verità rivelate. Una lettura dei nuovi teologi, considerati come portavoce del Concilio, evidenzia come, di fatto, in certi ambienti cattolici, le parole con cui si enunciano i misteri della fede, comportano concetti totalmente diversi da quelli che risultano dalla teologia tradizionale. [...]

Se la parola muta, e non si tratta di un sinonimo, si modifica naturalmente anche il concetto. Sono compresi in questo caso i nuovi termini dei teologi «aggiornati ››, la cui conseguenza è il vacillare della stessa fede. Ecco che la nuova terminologia, di fatto, introduce una nuova religione. Non ci troviamo più nel cristianesimo autentico. D'altronde, le innovazioni non consistono soltanto in un cambio di parole. Vanno più lontano. In realtà, eccitano una sovversione totale nella Chiesa. Dal momento che la filosofia moderna sopravvaluta l'uomo, che rende giudice di tutte le cose, la nuova Chiesa stabilisce, come abbiamo detto, la religione dell'uomo. Elimina tutto quanto può significare una imposizione alla libertà o una repressione della spontaneità umane. Misconosce, così, la caduta originale e attenua la nozione di peccato. Non comprende «il senso della rinunzia evangelica››, e propugna una religione naturale fondata sui dati «psicologici e sociologici››.
 
(MONS. ANTONIO DE CASTRO MAYER)

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