Che cos’è l’Eucaristia? La risposta non è scontata: oggi non tutti saprebbero rispondere correttamente. Benvenga allora un piccolo catechismo che esponga in modo semplice ed esauriente le verità correlate a tale divino Mistero. Fissare nella mente queste verità è necessario per poter edificare una salda vita eucaristica. La Solennità del “Corpus Domini” sia l’occasione per rafforzare la fede e accrescere il fervore.
Istituzione dell’Eucaristia
A chi legge attentamente il Vangelo, una caratteristica di Gesù appare circonfusa di una luce mirabile, la sua qualità di Maestro. Con sapienza infinita ed amore smisurato Egli man mano solleva i suoi rozzi Apostoli fino a comprendere le verità più alte, ed impiega con finezza divina tutti quei mezzi che anche l’esperienza umana suggerisce.
Generalmente quando un uomo vuol fare un gran dono ad un suo amico, lo fa precedere da una promessa che rende il dono ancor più caro, perché così verrà ad appagare il lungo desiderio. Egualmente Gesù, che alla fine della sua vita doveva lasciare agli uomini l’inestimabile dono dell’Eucaristia, molto tempo prima lo promise con parole chiarissime in se stesse, ma che annunziavano una cosa nuova e misteriosa.
Molti mesi prima della sua morte, Gesù parlando a Cafarnao disse ai Giudei: «Il pane che io vi darò, è la mia carne [che darò] per la vita del mondo... Se non mangerete la mia carne e berrete il mio sangue non avrete la vita in voi... La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue in me dimora ed io in lui» (Gv 6,51-57). All’udire queste parole molti uditori, pensando ad un banchetto da antropofagi, si scandalizzarono e si allontanarono da Gesù, che poco prima li aveva sfamati con la miracolosa moltiplicazione dei pani; gli stessi Apostoli, interrogati circa la loro impressione, mostrarono egualmente di non aver compreso il senso spirituale delle parole di Gesù, tuttavia si affidarono con sicurezza a lui esclamando: «Tu hai parole di vita eterna!».A chi legge attentamente il Vangelo, una caratteristica di Gesù appare circonfusa di una luce mirabile, la sua qualità di Maestro. Con sapienza infinita ed amore smisurato Egli man mano solleva i suoi rozzi Apostoli fino a comprendere le verità più alte, ed impiega con finezza divina tutti quei mezzi che anche l’esperienza umana suggerisce.
Generalmente quando un uomo vuol fare un gran dono ad un suo amico, lo fa precedere da una promessa che rende il dono ancor più caro, perché così verrà ad appagare il lungo desiderio. Egualmente Gesù, che alla fine della sua vita doveva lasciare agli uomini l’inestimabile dono dell’Eucaristia, molto tempo prima lo promise con parole chiarissime in se stesse, ma che annunziavano una cosa nuova e misteriosa.
La fede degli Apostoli non fu delusa. Molti mesi dopo, all’Ultima Cena con Gesù, essi furono illuminati su quell’antico discorso di Cafarnao e ne videro avverate le misteriose parole. In quel supremo convegno con gli Apostoli, Gesù prese del pane, lo benedisse, lo spezzò e distribuì loro dicendo: «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo». Presa poi una coppa di vino, egualmente ne distribuì a tutti dicendo: «Questo è il calice del mio sangue».
Così la carne di Gesù veramente era divenuta cibo per gli uomini, e il suo sangue veramente loro bevanda. In quell’Ultima Cena l’antica promessa fatta a Cafarnao fu pienamente mantenuta, e gli Apostoli ricevettero per primi la santa Comunione. Il sacramento dell’Eucaristia era istituito.
Pane e vino
Gesù Cristo nell’istituire questo Sacramento usò pane di frumento e vino di uva; è la «materia» da Lui fissata per l’Eucaristia, cosicché qualunque altro pane non di frumento o vino non di uva, non è materia valida per questo Sacramento.
Bellissime considerazioni sono state fatte su questa scelta; ad esempio si è notato che, come il pane è formato da numerosi chicchi fusi intimamente insieme e il vino da numerosi acini, così la società dei fedeli è formata da numerosi fedeli uniti insieme dal vincolo della carità di Cristo.
Le stesse parole con cui Gesù istituì l’Eucaristia ci assicurano che il pane si cambia nel Corpo di Lui e il vino nel suo Sangue. I nostri sensi non riscontrano nulla di questo misterioso mutamento: ad essi la piccola Ostia bianca, dopo il mutamento, appare identica qual era prima. Come avviene il mutamento? Noi non riusciremo a comprenderlo in questa vita, tuttavia qualche chiarimento si ottiene riflettendo sull’intima essenza delle cose.
In ogni cosa materiale si può distinguere quello che colpisce i nostri sensi, e quello che è la cosa in se stessa: ossia le sue apparenze o specie, e la sua sostanza. Così, nel pane, sono semplici apparenze quelle che noi percepiamo con i sensi, cioè il suo colore più o meno bianco, il suo odore, il suo sapore, ecc. Queste apparenze sensibili accompagnano la realtà del pane, ma non costituiscono la sua vera essenza ossia quella realtà per cui esso è pane e non altra cosa. Lo stesso si può dire del vino e di qualunque altra cosa materiale.
«Questo è il mio corpo... Questo è il mio sangue»
Queste parole pronunziate da Gesù sul pane e sul vino ci sono state trasmesse con concorde fedeltà dagli Evangelisti e da san Paolo: esse costituiscono la «forma» di questo Sacramento, la quale è doppia perché è doppia anche la materia, pane e vino.
Il senso delle parole è chiarissimo: ciò che prima era pane o vino, dopo pronunziate quelle parole è diventato Corpo e Sangue di Gesù Cristo.
La Chiesa definisce questo cambiamento nella seguente maniera: «Ammirabile e singolare mutazione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue, pur rimanendo immutate le specie (o apparenze) del pane e del vino». Quindi vi è mutamento di una sostanza in un’altra: Gesù Cristo. Questo singolare mutamento di una sostanza in un’altra si chiama, con termine latino, transustanziazione, ossia sostanza che trans(it) cioè passa in un’altra.
A questo mutamento noi crediamo fermamente, perché tale è il senso delle parole di Gesù e tale è l’insegnamento della Chiesa; ma il fatto in sé rimane un mistero, superiore alle forze del nostro intelletto.
Tale mutamento fu operato da Gesù nell’Ultima Cena, ed oggi è ripetuto dal sacerdote durante la Santa Messa al momento della Consacrazione: il sacerdote, quindi, è il «ministro» di questo Sacramento.
Come la sostanza del pane è presente tanto in una grande porzione quanto in una minuta briciola, così in forza della transustanziazione Gesù è presente tutto intero in qualunque Ostia anche piccolissima; e come quando si spezza il pane si rompe la sua quantità ma non la sua sostanza, così quando si spezza un’Ostia consacrata il Corpo di Gesù rimane presente tutto intero in qualunque parte come era prima. Quindi la transustanziazione lascia del tutto immutate le specie o apparenze del pane e del vino.
Sebbene vi siano due Consacrazioni, una per il pane e l’altra per il vino, pure Gesù è ugualmente presente sotto tutte e due le specie, e non soltanto come uomo, ma anche come Dio. «Sotto le apparenze del pane c’è tutto Gesù Cristo, in corpo, sangue, anima e divinità e così sotto quelle del vino».
Per questo i fedeli che ricevono la santa Comunione soltanto sotto le specie del pane, ricevono tutto Gesù, egualmente come i sacerdoti che si comunicano anche sotto le specie del vino.
Adesso possiamo rispondere col Catechismo alla domanda: “Che cos’è l’Eucaristia?”. Essa è «il Sacramento che, sotto le apparenze del pane e del vino, contiene realmente corpo, sangue, anima e divinità del Nostro Signore Gesù Cristo per nutrimento delle anime».
Gesù in noi
Da queste ultime parole si conosce lo scopo dell’Eucaristia: essa è stata istituita «per nutrimento delle anime». È dunque il testamento perenne di Gesù, che alla vigilia di dar la vita per i suoi fedeli, come dice l’Evangelista, «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).
È usanza in occasione di grandi separazioni, ad esempio prima d’intraprendere lunghi viaggi o in punto di morte, di lasciare alle persone care un ricordo tangibile, affinché più vivamente e a lungo rimanga la memoria di chi si allontana. Egualmente Gesù, vicino a morire, lasciò a noi tutto se stesso, e non come compagno solamente, ma come nostro cibo che fornirà alle anime nostre una vita sempre più spirituale. Un dono maggiore è umanamente inconcepibile; i suoi fedeli Gesù veramente «li amò sino alla fine»!
Per tale mistica via Gesù entra veramente dentro di noi, e nel nostro cuore Egli è presente non solo con la sua grazia, ma con la sua stessa Persona divina. Gli antichi cristiani si gloriavano del nome espressivo di teofori, ossia «portatori di Dio»: e in realtà chiunque riceve Gesù nel sacramento dell’Eucaristia si può gloriare di essere «portatore di Gesù».
Anche la parola «Comunione» esprime bene la comunione-unione che si forma tra il fedele e Gesù col ricevere l’Eucaristia. È il grande potentissimo Amico che viene a visitare un poverello recandogli ogni bene: questa visita farà sì che le infinite ricchezze del Visitatore siano messe a disposizione del visitato.
Nell’Eucaristia Gesù diventa nostro cibo. Ma una grande differenza intercorre fra il cibo ordinario e il Cibo eucaristico: mentre il cibo naturale viene assimilato dall’organismo umano che ne ritrae alimento, il Cibo eucaristico, invece di trasformarsi in noi, trasforma noi in Esso sostentandoci con la vita divina di Gesù stesso. Così, mentre il nostro corpo è santificato dal Corpo sacratissimo di Gesù, l’anima nostra diventa il tempio di tutta la Santissima Trinità. In tali condizioni il cristiano può esclamare con tutta verità come san Paolo: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me».
Disposizioni per la Comunione
Un Sacramento così sublime richiede naturalmente disposizioni degne in chi lo riceve. Certo, non ci sarà mai possibile in questa vita ricevere in maniera veramente degna Colui che è la Santità stessa; tuttavia è necessario osservare almeno le seguenti condizioni: 1) essere in grazia di Dio; 2) sapere e pensare chi si va a ricevere; 3) essere digiuno.
Di queste tre disposizioni di gran lunga più importante è la prima. L’Eucaristia, infatti, è il più augusto dei Sacramenti dei «vivi», e quindi non può concepirsi sacrilegio più grande di quello che commetterebbe chi avvertitamente si accostasse alla Comunione col peccato mortale nell’anima.
«Chi si comunica sapendo d’essere in peccato mortale riceve Gesù Cristo, ma non la sua Grazia, anzi commettendo un orribile sacrilegio si rende meritevole di dannazione».
La seconda condizione indica la disposizione prossima per accostarsi alla Comunione. Questo atto deve essere accompagnato da sentimenti vivi di fede, di adorazione e di umiltà. Perciò il Catechismo spiega: «Sapere e pensare chi si va a ricevere, significa accostarsi a Nostro Signore Gesù Cristo nella Eucaristia con fede viva, con ardente desiderio e con profonda umiltà e modestia».
Il digiuno imposto dalla terza condizione è il digiuno «naturale», ossia totale, che si rompe con qualunque cosa presa a modo di cibo o di bevanda. L’obbligo è grave, cosicché chi avvertitamente lo trasgredisse si renderebbe colpevole di sacrilegio. Tuttavia in casi particolari la Chiesa stessa sospende questa condizione. È permessa, per esempio, la Comunione a uno non digiuno che sia in pericolo di morte, oppure durante lunghe malattie sotto le condizioni determinate dalla Chiesa.
Effetti della Comunione
Molteplici sono gli effetti dell’Eucaristia, e mostrano una certa corrispondenza agli effetti che il cibo naturale produce nel corpo.
Essa conserva la vita della grazia, l’irrobustisce e l’aumenta, come il cibo naturale conserva e aumenta la forza del corpo; rimette anche i peccati veniali, frena le passioni, allontana le tentazioni diaboliche, illumina la mente e rafforza la volontà. Inoltre essa è pegno della futura Gloria, conferendo il diritto alla gloriosa risurrezione del corpo conforme alle parole di Gesù: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,55). In tale modo irrobustisce anche la nostra speranza.
In conclusione: «L’Eucaristia, in chi la riceve degnamente, conserva e accresce la Grazia, che è la vita dell’anima, come fa il cibo per la vita del corpo; rimette i peccati veniali e preserva dai mortali; dà spirituale consolazione e conforto, accrescendo la carità e la speranza della vita eterna di cui è pegno».
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