L’inganno sulla Legge 40 è duro a morire
Quale miopia, quale sbaglio di prospettiva, quale decadimento della ragione conducono a pensare che una pratica inumana come la fivet possa difendere la famiglia naturale?
di Marisa Orecchia
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Sul quotidiano Avvenire di domenica 14 giugno Assuntina Morresi commemora il decennale dell’esito del referendum promosso da quanti volevano abbattere le già fragili barriere che la legge 40 poneva, in tema di fecondazione artificiale, a difesa del concepito, e che fallì per mancato raggiungimento del quorum dei votanti.
In questi dieci anni- spiega Morresi – sono stati abbattuti per via giudiziale, a colpi di sentenza, tutti quei pilastri che il legislatore aveva posto a difesa dell’embrione. Con la sentenza 162 dell’anno scorso, che ha introdotto la fivet eterologa, che permette l’utilizzo di gameti estranei alla coppia, aperta di fatto anche agli omosessuali, la Consulta ha introdotto una nuova idea di genitorialità, una vera e propria mutazione antropologica.
Fin qui tutto vero e condivisibile.
Abbiamo infatti sotto gli occhi la devastazione culturale, etica, sociale, morale che sta sommergendo la nostra società e che mira ad annientare, assieme al concetto di natura, l’antropologia personalista su cui si regge la civiltà occidentale, attraverso l’attacco della più stravagante e perniciosa ideologia, quella del gender, che in questo momento storico pare inarrestabile. E purtroppo questa nuova marea gnostica, che odia la natura e il suo Creatore, monta in assenza di un vero ed efficace contrasto anche da parte della quasi totalità di coloro che, per ministero e ruolo, dovrebbero difendere il gregge dalle cattive dottrine e dai lupi. Né si intravedono quelle grandi figure – penso a San Domenico, Sant’Antonio- che a suo tempo seppero combatterla e fermarla.
E’ indubbio che la fecondazione in vitro eterologa, con l’insita possibilità di produrre il figlio come e quando si vuole, con modalità e combinazioni genitoriali, le più fittizie e innaturali, offra a tale teoria un supporto fondamentale, ne divenga anzi principio di legittimazione.
Ma è la conclusione dell’articolo in questione, laddove l’autrice sostiene che “la legge 40 […] era stata laicamente costruita a difesa della famiglia naturale” a mettere in luce il grossolano errore, l’illusoria e gravemente equivoca convinzione che accomuna Morresi e chi, a suo tempo, si è adoperato, dentro e fuori le aule parlamentari, per circoscrivere la fivet all’interno della famiglia, credendo con ciò di tutelare vita e famiglia. Di salvare cioè capra e cavoli. Cosa che evidentemente non è possibile in bioetica, dove valgono principi solidi e non contrattabili.
Quale famiglia sarebbe stata difesa con la fivet omologa? Quella che si fabbrica i figli in laboratorio, incurante della strage di figli insita nella tecnica? Quella che per avere il ”bambino in braccio” accetta di sacrificarne i fratelli in altissimo numero? Quella cui non importa la riduzione del figlio a oggetto fabbricato e selezionato ?
Questo è stato il grave equivoco, il marchiano errore, la bomba a orologeria collocata dentro la famiglia che adesso deflagra. Altro che difesa della famiglia. Nella ricerca del male minore e del maggior compromesso si è voluto limitare la fivet – pratica iniqua e uccisiva – alla famiglia naturale, farne un suo appannaggio. In questo modo si è consegnata alla famiglia un’arma di autodistruzione, indebolendo e minando il concetto stesso di famiglia.
Perché se la famiglia naturale diventa quella che si fabbrica i figli, quella del “decisionismo procreativo” dello “scelgo io se e quando voglio”, del “tu sì, ad ogni costo” con la fivet, può diventare allo stesso modo anche quella del “tu no” con l’aborto, perché fivet e aborto non sono che due facce della stessa medaglia. E infine anche quella del “tu no” con l’eutanasia. Può diventare tutto quel che si voglia, anche la famiglia omosessuale. Può diventare qualunque formazione, qualunque gruppo, qualunque convivenza il cui collante altro non sia che l’interesse del momento. Una volta caduti i principi, al piano inclinato non si può resistere.
Ben altro invece è la famiglia. Icona dell’Amore Trinitario per i credenti – per questo così attaccata e osteggiata oggi – è il luogo dell’amore gratuito che sa farsi servizio e sacrificio, dell’apertura vera alla vita e alla solidarietà, della scuola di umanità, dell’assistenza al debole e all’anziano, dell’accoglienza, anche quando è faticosa, di un figlio non programmato o “difficile”, dell’assenza sofferta ma piena di senso del figlio desiderato che non arriva.
Quale miopia, quale sbaglio di prospettiva, quale decadimento della ragione conducono a pensare che una pratica inumana come la fivet possa difendere la famiglia naturale?
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