ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 29 luglio 2015

In bucca veritas?

Padre Lombardi, la bocca della verità


Dà di Francesco una descrizione molto lontana da quelle elogiative correnti, e molto più credibile. Su questioni come la riforma della curia e la diplomazia. Ma lascia aperto un dubbio: questo papa agisce più per istinto o per calcolo?


ROMA, 29 luglio 2015 – Nei primi mesi del pontificato di papa Francesco vari osservatori avevano individuato in lui – tra gli altri – tre caratteri distintivi.

Il primo era l'insofferenza nei confronti della curia. Invece di avvalersi di essa, Francesco sembrava voler fare da sé, costituendo attorno a sé una squadra minuscola ma attivissima di collaboratori fidati, un po' come aveva fatto un secolo prima Pio X con la sua "segretariola" personale:

> La "segretariola" di Francesco, il papa che vuol fare tutto da sé (8.8.2013)

Il secondo elemento peculiare era individuato nella novità di forma e di contenuto dei suoi interventi in campo geopolitico, di cui la giornata di preghiera e digiuno contro l'intervento militare occidentale in Siria, il 7 settembre del 2013, fu il più emblematico, quasi espressivo di una sua nuova strategia planetaria:

> Francesco e il miracolo dell'icona (12.9.2013)

Il terzo era l'apparente spontaneità e improvvisazione di tanti suoi gesti e parole. Francesco abbandonava sempre più spesso il testo scritto per parlare a braccio, dava interviste senza controllarle né prima né dopo, agiva infrangendo i protocolli.

Oggi però, dopo più di due anni, nessuna di queste tre impressioni sembra più reggere. E a smentire definitivamente almeno le prime due è un testimone di sicura attendibilità, uno che conosce papa Francesco molto da vicino e lo frequenta quotidianamente: il gesuita Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede.

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I giudizi di padre Lombardi sono annidati in un lungo servizio sul pontificato di Francesco uscito sul numero di agosto della famosa rivista internazionale "National Geographic":

> Will the Pope Change the Vatican? Or Will the Vatican Change the Pope?

L'autore del servizio, il giornalista americano Robert Draper, riporta alcune battute di un colloquio avvenuto a Roma tra padre Lombardi e un suo collega argentino, Federico Wals, già addetto stampa di Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires.

"Come ti senti con il mio ex capo?", chiede Wals. Risponde Lombardi: "Confuso".

Altro che piccola ma compatta squadra parallela, a servizio personale e diretto del papa. Lombardi spiega che ciascuno dei collaboratori di Francesco, anche i più intimi, conosce solo una parte di ciò che il papa decide e fa.

Padre Lombardi porta l'esempio di un incontro a Casa di Santa Marta tra Francesco e quaranta esponenti ebrei, di cui la sala stampa vaticana e lui hanno saputo solo a cose fatte. "Nessuno è a conoscenza di tutto quello che il papa sta facendo", dice Lombardi. "Nemmeno il suo segretario personale lo sa. Devo sempre fare un giro di telefonate: Una persona è a conoscenza di una parte della sua agenda, un’altra di un'altra parte ".

Da ciò si arguisce che Bergoglio utilizza l'uno o l'altro dei suoi confidenti più stretti a seconda delle proprie inclinazioni e delle rispettive abilità.

Tra i più vicini a lui, alcuni sono argentini:

- Fabián Pedacchio Leaniz, suo segretario personale;
- Guillermo Javier Karcher, cerimoniere pontificio e addetto al protocollo, l'ufficio della segreteria di Stato dal quale passano tutte le carte della Santa Sede;
- Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere delle pontificie accademie delle scienze e delle scienze sociali;
- Víctor Manuel Fernández, rettore della Universidad Católica Argentina di Buenos Aires e suo intellettuale di riferimento, nonostante le credenziali tutt'altro che brillanti:

> E questo sarebbe il teologo di fiducia del papa?

Altri sono italiani:

- Antonio Spadaro, gesuita, direttore de "La Civiltà Cattolica";
- Dario Edoado Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano e ora anche prefetto della neonata segreteria per la comunicazione;
- Battista Ricca, direttore della Casa di Santa Marta e promosso da Francesco a prelato dello IOR, nonostante i suoi trascorsi scandalosi, specie quand'era consigliere della nunziatura di Montevideo, dirimpetto a Buenos Aires sul Rio de la Plata:

> Il prelato della lobby gay

In ogni caso – sempre a detta di padre Lombardi – anche con la curia vera e propria il papa opera in forma scoordinata, appoggiandosi di volta in volta all'uno o all'altro funzionario o ufficio:

"Francesco ha ridotto drasticamente i poteri del segretario di Stato, in particolare per quanto riguarda le finanze vaticane. Con ciò il problema è che la struttura della curia non è più chiara. Il processo [di riforma] è in corso, e che cosa ne uscirà alla fine nessuno lo sa. La segreteria di Stato non è più al centro di tutto come prima, e il papa ha molte relazioni che sono dirette solo da lui, senza alcuna mediazione".

Eppure anche questo disordine, aggiunge Lombardi, presenta qualche vantaggio:

"In un certo senso ciò è positivo, perché in passato c'erano delle critiche per il fatto che qualcuno aveva troppo potere sul papa. Non si può più dire che questo oggi sia il caso".

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Padre Lombardi demitizza anche la strategia di papa Francesco in campo geopolitico.

Fa il paragone tra ciò che gli diceva Benedetto XVI dopo un incontro con l'uno o l'altro leader mondiale, per consentirgli di sintetizzare in un comunicato i contenuti del colloquio, e ciò che gli dice oggi papa Francesco:

"Era incredibile. Benedetto era così chiaro. Diceva: 'Abbiamo parlato di queste cose, sono d'accordo su questi punti, avrei obiezioni contro questi altri punti, l'obiettivo del nostro prossimo incontro sarà questo’. Due minuti e avevo totalmente chiaro il contenuto del colloquio. Con Francesco [mi sento dire]: 'Questo [che ho incontrato] è un uomo saggio; ha avuto queste esperienze interessanti'. La diplomazia per Francesco non è tanto una strategia, ma invece: 'Ho incontrato questa persona, ora abbiamo un rapporto personale, cerchiamo ora di fare del bene per la gente e per la Chiesa'”.

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Padre Lombardi – sempre su "National Geographic" – insiste invece nel giudicare "totalmente spontaneo" papa Francesco anche quando compie dei gesti eclatanti come ad esempio l'abbraccio a tre a Gerusalemme, davanti al Muro Occidentale, tra lui, il papa, l'imam musulmano Omar Abboud e il rabbino ebreo Abraham Skorka, entrambi suoi amici argentini.

Ma che Bergoglio sia una personalità di puro istinto, portata a improvvisare, è stato smentito, nel caso specifico, dallo stesso rabbino Skorka, il quale ha detto di avere discusso col papa l'idea dell'abbraccio già prima di partire per la Terra Santa.

E in generale sono numerose le testimonianze di conoscitori di Bergoglio di lunga data che lo descrivono come un "giocatore di scacchi", un calcolatore sopraffino, di cui ogni giornata è perfettamente organizzata e ogni mossa è accuratamente studiata.

Lui stesso, d'altra parte, ha detto a "La Civiltà Cattolica", nella più importante delle sue interviste da papa:

"Diffido sempre della prima decisione, cioè della prima cosa che mi viene in mente di fare se devo prendere una decisione. In genere è la cosa sbagliata. Devo attendere, valutare interiormente, prendendo il tempo necessario".

Anche la sua espressività a contatto con le folle, così ilare ed estroversa, difficilmente può essere attribuita solo a una speciale infusione dello Spirito Santo, seguita alla sua elezione a papa, come lui stesso alcune volte ha detto. Chiunque lo conosceva da tempo e gli era amico – ultimo l'arcivescovo Agostino Marchetto, in un'ampia intervista a "Critica marxista" del giugno 2015 – lo ricorda come "una persona estremamente seria, che non rideva mai, mai". Un cambiamento così netto nei comportamenti esteriori non può non derivare anche da una valutazione razionale della sua opportunità.

E lo stesso vale per l'evidente preferenza del papa per lo stile comunicativo orale, rispetto a quello scritto.

Su "L'Osservatore Romano" del 15 luglio monsignor Viganò, uno specialista in materia, ha mostrato come tale preferenza non sia affatto slegata da una consapevole ponderazione da parte del papa dei vantaggi dell'oralità:

> Francesco nel villaggio globale

Ma si può aggiungere che Francesco cominci a soppesare anche gli svantaggi di una troppo disinvolta oralità comunicativa.

Quando ad esempio Francesco insiste sulla necessità di sottoporre a una corretta "ermeneutica" le sue stesse parole – come ha fatto nella conferenza stampa sul volo di ritorno a Roma del suo ultimo viaggio – ha forse in mente anche la colossale gaffe in cui è caduto l'11 luglio ad Asunción, parlando a braccio ai rappresentanti della società civile e alle massime autorità politiche del Paraguay.

Lì a un certo punto disse testualmente:

“Ci sono due cose, prima di concludere, a cui vorrei fare riferimento. E in questo, poiché ci sono politici qui presenti, c’è anche il presidente della Repubblica, lo dico fraternamente. Qualcuno mi ha detto: ‘Senta, il tale si trova sequestrato dall’esercito, faccia qualcosa!’. Io non dico se è vero o non è vero, se è giusto o non è giusto, ma uno dei metodi che avevano le dittature del secolo scorso era allontanare la gente, o con l’esilio o con la prigione; o, nel caso dei campi di sterminio, nazisti o stalinisti, la allontanavano con la morte. Affinché ci sia una vera cultura in un popolo, una cultura politica e del bene comune, ci vogliono con celerità giudizi chiari, giudizi limpidi. E non serve altro tipo di stratagemma. La giustizia limpida, chiara. Questo ci aiuterà tutti. Io non so se ciò qui esiste o meno, lo dico con tutto rispetto. Me lo hanno detto quando entravo, me lo hanno detto qui. E che chiedessi per non so chi… non ho sentito bene il nome”.

Il nome che Francesco non aveva “sentito bene” era quello di Edelio Murinigo, un ufficiale sequestrato da più di un anno non dall’esercito regolare del Paraguay – come invece il papa aveva capito – ma da un sedicente "Ejército del pueblo paraguayo", un gruppo terrorista marxista-leninista attivo nel paese dal 2008.

Eppure, nonostante la dichiarata ed enfatizzata sua ignoranza del caso, Francesco non temette di utilizzare i pochi e confusi dati da lui occasionalmente raccolti poco prima per accusare “fraternamente” l’incolpevole presidente del Paraguay addirittura di un crimine assimilato ai peggiori misfatti nazisti e stalinisti.

È un caso, questo, nel quale padre Lombardi torna ad avere ragione. Qui l'impulso, la "spontaneità", ha vinto sulla ponderazione. Qui papa Francesco pare proprio che abbia fatto "la prima cosa che mi viene in mente di fare".

di Sandro Magister

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351102

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Un papa che programma accuratamente ciò che fa e dice


    Riprendo da Rorate Caeli. Espressioni che certamente ormai non ci sorprendono, ma confermano i nostri timori sulle conseguenze di una rivoluzione copernicana inesorabilmente in fase avanzata a tappe sempre più serrate.
    Non inserisco chiose: occorrerebbe un volume... Solo alcune domande, riferibili sia al regnante che alla sua cerchia e relativi corifei nonché ai pastori responsabili e custodi del corpo mistico di Cristo prim'ancora che del popolo di Dio.
    1. La prima domanda a questo punto rischia di apparire ancora ingenua: sfrontata malafede o ignorante pressappochismo? 
    2. La seconda, ancor più pressante: perché chi dovrebbe parlare ancora tace? 
    3. E una terza, non meno cogente. Sono in molti che hanno esplicitamente affermato che non può esistere una prassi sganciata dalla dottrina. Con quali 'metodi' altrettanto inediti potranno andare fino in fondo? 
    4. E infine: possibile che a nessuno venga in mente di risalire alle cause di questa rivoluzione che è stata innescata dai punti controversi, ben individuati, dell'Assise conciliare, divenuta un mito: il nuovo super-dogma di cui non si può discutere, ma i cui effetti - applicati con convinzione dai precedenti novatori al potere - hanno oggi raggiunto un punto di rottura non più tollerabile? (M.G.)

    Il National Geographic pubblica in primo piano l'articolo di agosto 2015 su Papa Francesco ( Il Papa cambierà il Vaticano? O sarà il Vaticano che cambierà il Papa? ). A parte i soliti luoghi comuni e gli stereotipi dei quali i media laici americani di maggior diffusione sono incapaci di sbarazzarsi quando si discute sul cattolicesimo, il valore degli estratti dall'articolo deriva dal fatto che si tratta di interviste con amici vicini alla cerchia del Papa. Essi chiariscono i suoi piani e la sua strategia per il futuro della Chiesa. Altrettanto importanti sono le dichiarazioni che Papa Francesco, lungi dall'essere spontaneo e ingenuo, pianifica con attenzione le cose che dice e fa.
    Dal Sinodo sulla famiglia, al celibato del clero, all'atteggiamento del Papa nei confronti dell'omosessualità emerge l'immagine chiara di un papato che, senza cercare esplicitamente di cambiare la dottrina, mira ad una vera e propria rivoluzione all'interno della Chiesa.Ciò che segue è una selezione di brani dell'articolo che rivelano molto non solo delle intenzioni del Papa, ma anche dell'innegabile potere e controllo che egli esercita all'interno del Vaticano.
    Federico Wals, che per molti anni ha ricoperto l'incarico di responsabile della comunicazione per Bergoglio, quando lo scorso anno venne a Roma da Buenos Aires per vedere il Papa, ha dapprima incontrato padre Federico Lombardi, il responsabile di vecchia data della comunicazione del Vaticano, lo stesso lavoro di Wals, anche se su scala molto più grande. «Allora, Padre - ha chiesto l'argentino - come ti senti con il mio vecchio capo?».
    Sforzandosi di sorridere, Lombardi ha risposto «Disorientato».
    Lombardi è stato il portavoce di Benedetto, già noto come Joseph Ratzinger, uomo di teutonica precisione. «Uscendo da un incontro con un leader mondiale, il papa precedente mi avrebbe immediatamente dato una sintesi incisiva», ha detto Lombardi con evidente nostalgia: «Era incredibile. Benedetto era così chiaro. Egli diceva: ...«Abbiamo parlato di questi problemi, sono d'accordo su questi punti, vorrei discutere gli altri punti, l'obiettivo del nostro prossimo incontro sarà questo». -- in due minuti sapevo perfettamente quali fossero i contenuti»(1). Con Francesco: -- «È un uomo avveduto, ha avuto esperienze interessanti»

    Con una risatina di impotenza, Lombardi ha aggiunto: «La diplomazia per Francesco non è tanto una questione di strategia, ma piuttosto, «ho incontrato la tale persona, ora abbiamo un rapporto personale, faremo un buon lavoro per il popolo e per la Chiesa».

    Seduto in una piccola sala conferenze del palazzo di Radio Vaticana, nei pressi del Tevere, il portavoce del Papa spiega la nuova filosofia del Vaticano. Lombardi indossa un clergyman sgualcito che si adatta con la perplessità che mi aveva lasciato. Proprio ieri, ha detto, il Papa ha incontrato 40 leader ebrei a Casa Santa Marta - e l'ufficio stampa del Vaticano non l'ha saputo che successivamente. «Nessuno sa niente di quello che fa», ha detto Lombardi. «Neppure il suo segretario personale. Devo informarmi. Una persona conosce una parte del suo programma, un'altra conosce l'altra parte».
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    Per tentar di indovinare i movimenti di questo papa 78enne, l'intermediario più vicino dei funzionari del Vaticano è il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Francesco, diplomatico di lungo corso molto rispettato - e, cosa importante, a giudizio Wals, che ha la fiducia del suo capo «perché non è troppo ambizioso, e il Papa lo sa. È una qualità fondamentale per il Papa». Allo stesso tempo, Francesco ha ridotto in modo significativo i poteri del Segretario di Stato, in particolare per quanto riguarda le finanze del Vaticano. «Il problema di ciò», ha detto Lombardi, «è che la struttura della curia non è più chiara. Il processo è in corso, e nessuno sa cosa sarà alla fine. Il segretario di Stato è de-centralizzato, e il Papa ha molte relazioni che gestisce da solo, senza alcuna mediazione».

    Evidenziando enfaticamente il lato positivo, il portavoce vaticano ha aggiunto: «In un certo senso, è positivo, perché in passato ci sono state critiche riguardo al fatto che qualcuno aveva troppo potere sul papa. Non possono certo dire che ora sia lo stesso».
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    «Penso che non abbiamo ancora visto il vero cambiamento», ha detto Ramiro de la Serna, sacerdote francescano con sede a Buenos Aires, che ha frequentato il Papa per più di 30 anni. «E penso che non abbiamo visto neppure la vera resistenza».

    I funzionari del Vaticano stanno ancora cercando di studiare l'uomo. Potrebbero essere tentati di considerare le risposte candide dal papa come prova che egli è una creatura di puro istinto. Secondo Lombardi, i gesti di Francesco così commentati nel corso del suo viaggio in Medio Oriente sono "totalmente spontanei»: tra questi, la sua doppietta con un imam, Omar Abboud, e un rabbino, il suo amico Skórka dopo aver pregato con loro Muro Occidentale (Muro del Pianto). Ma in realtà, Skórka ha detto, «Ho parlato con lui prima di partire la Terra Santa - gli ho detto, 'Il mio sogno è abbracciarti innanzi al muro con Omar'».

    Che Francesco abbia accettato in anticipo di assecondare il desiderio del rabbino non rende il gesto meno sincero. Suggerisce invece la consapevolezza che ogni suo atto e ogni sua parola verranno analizzati per la loro valenza simbolica. Questa cautela è totalmente coerente con Jorge Bergoglio noto ai suoi amici argentini, che ridono all'idea che egli sarebbe ingenuo. Lo descrivono come un «giocatore di scacchi», qualcuno del quale ogni giornata è «perfettamente organizzata», del quale «ogni passo è meditato». Lo stesso Bergoglio anni fa ha dichiarato ai giornalisti Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti che lui segue raramente i suoi impulsi, perché «la prima risposta che mi viene di solito è cattiva».
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    Secondo Wals, suo ex addetto stampa, l'ingresso prudente di Bergoglio nel papato non è affatto sorprendente. In effetti, è stato prefigurato dal modo in cui ha lasciato il suo ufficio precedente. Sapendo che c'era una possibilità che il conclave lo eleggesse - dopo tutto, era il concorrente di Ratzinger dopo la morte di Giovanni Paolo II nel 2005 - l'arcivescovo si recò a Roma, Wals dice, "dopo aver completato tutta la corrispondenza, con i conti in ordine, tutto in perfette condizioni. E la sera prima della sua partenza mi ha chiamato solo per esaminare tutti i particolari riguardanti il suo rapporto con me, e anche a me dare consigli per il mio futuro, come qualcuno che sapesse che forse sarebbe partito per sempre.

    Beh, nonostante sia partito per sempre, e nonostante la serenità che ostenta, tuttavia Francesco ha affrontato le sue nuove responsabilità con la serietà temperata dalla sua caratteristica auto-ironia. L'anno scorso diceva ad un ex studente, lo scrittore argentino Jorge Milia, «Ho continuato a cercare nella biblioteca di Benedetto, ma non ho trovato un manuale d'istruzioni. Così riesco a sbrogliarmela per gestire al meglio».
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    «Il cardinale Bergoglio all'inizio era sconosciuto a tutti quelli riuniti qui», prosegue [il cardinale] Turkson. «Ma dopo aver fatto un discorso - era una sorta di suo manifesto - ha raccomandato a chi di noi era presente di riflettere sulla Chiesa che va verso la periferia, non in senso geografico ma nel senso della periferia dell'esistenza umana. Secondo lui il Vangelo ci invita ad avere questo tipo di sensibilità. Questo è stato il suo contributo. Ha portato una sorta di freschezza nell'esercizio dell'accoglienza pastorale, una diversa esperienza di prendersi cura del popolo di Dio».
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    Inoltre, il Sinodo preliminare per la Famiglia che Francesco ha convocato l'ottobre scorso non ha prodotto grandi cambiamenti dottrinali, che ha tranquillizzato quei cattolici conservatori che giustamente lo avevano temuto. Ma il vero Sinodo di ottobre prossimo potrebbe avere un esito diverso. Sulla questione di revocare il divieto di comunione ai cattolici divorziati cui matrimonio non è stato annullato, Scannone, ex professore e amico del Papa, riferisce: «Mi ha detto, 'voglio ascoltare tutti '. Egli attenderà il secondo sinodo, ed ascolterà tutti, ma è certamente aperto al cambiamento». 
    Allo stesso modo Saracco, il pastore pentecostale, ha discusso con il Papa la possibilità di rimuovere il celibato come obbligo per i sacerdoti. «Se riesce a sopravvivere alle pressioni della Chiesa di oggi e ai risultati del Sinodo di ottobre sulla famiglia - dice - penso che dopo tutto è pronto per parlare di celibato». Quando chiedo se il Papa gli disse che o se segue la sua intuizione, Saracco sorride maliziosamente e dice: «È più che un'intuizione».
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    Questa è la missione del Papa: imprimere una rivoluzione in Vaticano e fuori delle sue mura, senza invertire i molti precetti di lunga data. «Non si accinge a cambiare la dottrina», insiste de la Serna, suo amico argentino. «Ciò che farà, sarà ricondurre la Chiesa alla sua vera dottrina, quella che essa ha dimenticato, quella che rimette l'uomo al centro. Per troppo tempo la Chiesa ha messo al centro il peccato. Riportando al centro la sofferenza dell'uomo e il suo rapporto con Dio, questi duri atteggiamenti verso l'omosessualità, il divorzio e le altre cose cominceranno a cambiare».
    _________________________________
     (1) Questa confidenza di padre Lombardi sorprende, lui stesso ha detto di non aver mai incontrato Benedetto al di fuori dei viaggi internazionali
    [Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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