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venerdì 31 luglio 2015

Via i crociati !

Multiculturalismo in crisi

La Svezia scopre in casa le guerre di religione tra profughi

Il vicedirettore dell'Ufficio migrazioni: "Non possiamo dividere i rifugiati secondo il credo religioso".

Un campo affollato di profughi siriani in Giordania
Roma. Vietato esibire la croce al collo, in catenine, ciondoli o pendagli più o meno lunghi. Vietato entrare nelle stanze adibite alla preghiera verso la Mecca. Vietato mettersi a sedere nelle aree comuni quando queste sono occupate dai fedeli all’islam. Non è un decalogo partorito dalle menti dei jihadisti impegnati nell’edificazione del Califfato nero né una lista di proibizioni che si potrebbe leggere su qualche muro di Mosul o d’ogni altro villaggio o cittadina della piana di Ninive caduta nelle mani di Abu Bakr al Baghdadi.
Le direttive arrivano da Monsteras, ridente località svedese sul Mar Baltico che parrebbe uscita dalla fantasia del giovane romanziere Joël Dicker: seimila anime in tutto, pescherecci, biciclette e belle foreste, nient’altro da segnalare. E’ qui che, qualche giorno fa, è avvenuto il tutto, nel centro di prima accoglienza per i profughi siriani richiedenti asilo. Un gruppo di famiglie cristiane è stato costretto a sloggiare dall’edificio perché minacciato dai connazionali musulmani, pure loro profughi scappati dal caos del vicino oriente e pure loro in attesa del disbrigo delle pratiche burocratiche. Non da tutti i musulmani ospiti della casa, chiariscono subito le imbarazzate autorità locali: “Solo un gruppetto ha creato problemi”.

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E’ l’ennesimo campanello d’allarme che suona nella patria che per decenni ha coltivato il sogno di raggiungere l’utopia irenista alimentando la chimera del multiculturalismo, arrivando anche a censurare “Pippi Calzelunghe” perché nell’adattamento televisivo del libro di Astrid Lindgren vi erano “frasi offensive” che avrebbero potuto creare turbamento “ai bambini di etnia differente”. A Stoccolma non pensavano di dover assistere alle risse interconfessionali tra profughi: erano convinti che cose del genere si potessero vedere solo al largo di Lampedusa, tra la Libia e l’Italia, dove qualche mese fa dodici migranti cristiani erano stati gettati in mare dai compagni di traversata musulmani: “Sono stati buttati in mare dagli altri perché cristiani”, aveva detto il Papa nell’omelia a Santa Marta del 21 aprile, dedicata ai nuovi martiri nel mondo. Le autorità svedesi fanno sapere che “chi fugge per ottenere rifugio nel nostro paese deve seguire le nostre leggi, una volta che si trova qui”, tentando così di puntellare un castello di carte che sembra crollare. L’immigrazione massiccia – 100 mila immigrati arrivati solo nel 2014, con i record che vengono puntualmente abbattuti anno dopo anno – ha anche mitigato il consenso un tempo forte della popolazione circa il modo del governo di gestire la questione. Basti ricordare quanto avvenuto tra il 31 dicembre e il 1° gennaio scorsi a Uppsala: una bomba molotov fu gettata contro il muro della moschea, sul quale poco prima era stato impresso un messaggio che non necessita d’interpretazioni. “Go home, muslim shit”.
di Matteo Matzuzzi | 31 Luglio 2015

http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/07/31/via-i-crociati-la-svezia-scopre-in-casa-le-guerre-di-religione-tra-profughi___1-v-131401-rubriche_c315.htm

Ecco gli Stati dove i cristiani sono più perseguitati

31 - 07 - 2015Matteo Matzuzzi
Ecco gli Stati dove i cristiani sono più perseguitati
Sono più di cento milioni i cristiani perseguitati nel mondo. Il dato emerge dalla fotografia scattata da Caritas Italia, che ieri ha presentato il suo rapporto dal titolo assai emblematico: “Perseguitati”. In tempi di caccia al cristiano nel vicino e medio oriente, con l’imperversare delle milizie jihadiste che si rifanno al Califfato di islamico di Abu Bakr al Baghdadi o al terrore portato in Nigeria da Boko Haram, è utile sapere che le cose non vanno meglio.
SI AGGRAVA LA SITUAZIONE IN AFRICA
Tra il novembre del 2013 e l’ottobre del 2014, i cristiani “uccisi per ragioni strettamente legate alla loro fede sono stati 4.344”, si legge nel rapporto. Le chiese attaccate per la stessa ragione sono state 1.062. Secondo Open Doors, organizzazione internazionale che monitora il livello di persecuzione nei confronti dei fedeli cristiani nel mondo, “si denota una crescita della persecuzione dei cristiani nel mondo persino in luoghi dove non era particolarmente marcata nel recente passato, come in alcune regioni dell’Asia, dell’America latina e specialmente dell’Africa sub-sahariana”. Da rilevare il fatto che “l’Africa è uno scenario sempre più centrale nell’ambito della persecuzione anticristiana”. L’organizzazione internazionale conferma come sia “l’estremismo islamico la fonte principale dell’odio verso i cristiani”.
IL PRIMATO DELLA COREA DEL NORD
Nella speciale classifica curata da Open Doors, il primato tra i paesi dove la croce è meno tollerata spetta però alla Corea del nord. Dei 100 milioni di perseguitati complessivi, ben 50-70 mila sarebbero quelli detenuti nei campi di lavoro del giovane dittatore Kim Jong-un. Segue la Somalia, Stato fallito da più di un ventennio e ora in parte soggetto all’autorità degli squadroni filo qaedisti di al Shabaab con le loro corti islamiche. Poi, a braccetto, viaggiano Iraq e Siria, seguiti subito dall’Afghanistan.
L’ESODO DA SIRIA E IRAQ
Relativamente al quadrante del vicino oriente, le cifre dell’esodo spiegano più d’ogni altra cosa: nel giro di un anno, da qui sono scappate 1,3 milioni persone, di cui 130 mila cristiani. Un dato che trova riscontro anche nelle parole del patriarca caldeo di Baghdad, mar Louis Raphael Sako I, che solo pochi giorni fa – invocando per l’ennesima volta un’azione internazionale per sradicare il cancro jihadista – aveva osservato: “Ci sono 120 mila sfollati”, e i “cristiani continuano a lasciare l’Iraq”. Nel documento della Caritas si sottolinea però – in riferimento al paese diBashar el Assad che “rispetto a quanto diffuso dai media internazionali, i cristiani in Siria sono una delle numerose minoranze perseguitate non tanto come seguaci del cristianesimo, ma perché si inseriscono nello scenario di uno scontro politico più grande, dominato dalle milizie governative di Assad e dai gruppi armati rivoluzionari”.
LE CONSEGUENZE DELLE PRIMAVERE ARABE
Netto il giudizio circa le conseguenze gli sconvolgimenti del 2011: “L’instabilità della regione è aumentata a partire dalle cosiddette primavere arabe, che hanno comportato, a seguito di proteste violente, morti e distruzione, la caduta di regimi dittatoriali in Egitto, Libia, Tunisia e da cui sono scaturite guerre tuttora in corso in Siria, Iraq e Yemen. La deposizione dei regimi dittatoriali presenti in Libia, Tunisia, Egitto, responsabili di continue e gravissime violazioni dei diritti umani, non ha però purtroppo portato democrazia e pace, anzi, questi fatto hanno sconvolto il precario equilibrio geopolitico del Grande medio oriente, riacutizzando l’eterno scontro all’interno del mondo musulmano tra sunniti e sciiti, e le rivalità tribali”.
IN EUROPA NON VA MEGLIO
Merita di essere evidenziato, poi, il passaggio che il documento dedica alla situazione in Europa. I numeri, qui, si riferiscono ai report della Fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre: “Il rapporto sulla libertà religiosa nel mondo ha registrato un forte declino della stessa libertà religiosa nell’area nordeuropea; tanto che Paesi universalmente noti per la loro liberalità e democraticità, come Norvegia, Danimarca, Svezia, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi, compaiono nella lista dove il grado di violazione della libertà religiosa è preoccupante e in peggioramento. Anche l’Italia è coinvolta, seppur in minor misura, in questa parabola discendente verso una minore tolleranza e rispetto reciproco”.

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