L’uccisione del leone Cecil e l’enciclica “Laudato si’”. In 240 (diconsi duecentoquaranta) pagine domina un concetto che è il contrario di quanto insegnava padre Pio. Il frate santo di Pietrelcina, quello sì un vero imitatore di San Francesco, diceva che “il mondo può reggersi anche senza il sole, ma non senza la Santa Messa”. Bergoglio, che di San Francesco porta solo e indegnamente il nome, sostiene invece che “il mondo può reggersi anche senza la Santa Messa, ma non senza il sole”.
Martedì 4 agosto 2015
è pervenuta in Redazione:
Egregio sig. Gnocchi,
seguo spesso Riscossa Cristiana, perché ritengo doveroso documentarmi su quanto si scrive nei vostri ambienti che amano definirsi “tradizionalisti”. Le dico subito che io sono cattolico, e come tale non ho la vostra pretesa di riscrivere la storia della chiesa e di saperne più del Papa. Un cattolico sa che ha una certezza, il Papa, e sa che seguendolo non può sbagliare. Oggi ho letto sul vostro sito un articolo del direttore Deotto, nel quale si arriva a sostenere che sono pazzi coloro che hanno protestato vivamente per l’uccisione del leone Cecil in Zimbabwe. Vi definite “sito cattolico di attualità e cultura”, però mentre Papa Francesco ci ha appena donato la bellissima enciclica Laudato si’, con la quale ci ricorda proprio il nostro dovere di rispettare la natura, voi prendete in giro chi protesta per un oltraggio alla natura commesso da quell’americano, uccidendo un leone e innescando così una catena di altre morti. Lo sapete che quando il maschio dominante muore, il nuovo maschio per prima cosa elimina i cuccioli perché ne deve generare di nuovi? Queste sono leggi di natura, e così per un atto criminale di un cacciatore, oltre alla morte del leone ucciso, avremo anche la morte dei suoi cuccioli. È inutile che Deotto faccia confronti lacrimevoli con l’aborto, che è una realtà ben più complessa di come la presentate voi che ragionate a schemi fissi e di fatto prenda le parti di un uccisore di animali. Ma l’avete letta l’enciclica di papa Francesco? Non vi ha insegnato nulla? E vi definite cattolici?
Sarei davvero curioso di una risposta (se me la darà)
Lorenzo M.
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Caro Lorenzo,
l’ho letta, l’ho letta l’enciclica. E mi lasci dire che la sua lettera mi conferma nell’idea che le 240 (diconsi duecentoquaranta) pagine dellaLaudato si’ potevano essere agevolmente riassunte in un succinto discorsetto ecomoralisteggiante come il suo. Se non altro, si sarebbero risparmiate svariate tonnellate di carta con grande beneficio di svariati ettari di foresta disboscati per consentire al novello Francesco di scrivere il suo inno alla natura sulla cellulosa di tante povere pianticelle finite proprio come il leone e i leoncini che tanto la inteneriscono.
Caro Lorenzo, l’ho letta, l’ho letta l’enciclica, a differenza di tanti che continuano a magnificarla, e mi sono fatto l’idea che il povero Bergoglio abbia fatto di tutto per contraddire quella sua certezza che il Papa non può sbagliare. Già l’infallibilità in materia di fede è data a certe condizioni, che non sono state inventate dai tradizionalisti, ma stabilite una volta per sempre dalla Chiesa. Condizioni che, detto per inciso, l’attuale vescovo di Roma pare proprio non voler invocare. Ma lei va ben oltre e ritiene infallibile il Papa anche in materia scientifica, e qui siamo nella papalatrìa, che non è la mia religione in quanto io continuo a rimanere cattolico.
Vede, caro Lorenzo, il mio problema, ma soprattutto il suo e di chi condivide le sue posizioni, sta proprio nel fatto che questo Papa la pensa come lei. Anzi, è ben più avanti di lei sulla strada del disfacimento poiché non si preoccupa solo della sorte di leoni e leoncini, ma anche di quella di intere famiglie di microorganismi nascosti nei più reconditi meandro del creato. Caro Lorenzo, non si chiede dove la porterà questo pastore che abbraccia i nemici del suo gregge invece che combatterli e magari redimerli, se non fosse che il proselitismo ormai è una solenne sciocchezza e chi siamo noi per giudicare?
Questo è più un problema suo, caro Lorenzo, perché io non corro certo dietro a un simile pifferaio e alla sua gioiosa macchina di pace in corsa verso il burrone. Il problema è suo e di tutti quei similcattolici che, in buona fede, sono convinti che la religione cristiana sia questa burletta messa in scena per divertire il mondo e il suo Padrone.
Caro Lorenzo, l’ho letta, l’ho letta l’enciclica e ho capito perché lei, così in ambasce per la sorte di un leone e dei suoi leoncini, lo è molto meno per quella dei milioni di bambini innocenti uccisi in tutto il mondo quando sono ancora nel grembo della loro madre, per volontà della loro madre e quasi sempre del loro padre. In queste 240 (diconsi duecentoquaranta) pagine costate non so quanti ettari di foresta amazzonica, al netto delle povere considerazioni teologiche palesemente posticce e dei riferimenti cristologici e trinitari citati invano, domina un concetto che è il contrario di quanto insegnava padre Pio. Il frate santo di Pietrelcina, quello sì un vero imitatore di San Francesco, diceva che “il mondo può reggersi anche senza il sole, ma non senza la Santa Messa”. Bergoglio, che di San Francesco porta solo e indegnamente il nome, sostiene invece che “il mondo può reggersi anche senza la Santa Messa, ma non senza il sole”.
Pare di sentire Obama, che proprio oggi sta sulle prime pagine dei giornali per dire che “Dobbiamo fermare il clima impazzito” perché “Minaccia i nostri figli”. Caro Lorenzo, ha fatto benissimo Paolo Deotto a elencare gli orrori dell’aborto perché quello sì minaccia i nostri figli. Ci pensi bene, non le pare grottesco l’allarme planetario per un po’ di temporaloni fuori stagione e fuori zona a fronte del silenzio su una sistematica strage di innocenti?
Il problema di fondo, che si ripresenta al cuore dell’enciclica “Laudato si’” sta nel cedimento alla logica rivoluzionaria. La rivoluzione, caro Lorenzo, procede annullando le distinzioni presenti nella società religiosa, nella società civile e in natura. Per fare solo qualche esempio, annulla la distinzione tra sacerdote ordinato e laico, annulla la distinzione di ceto, di classe o di sesso, annulla la distinzione tra regni, specie e varietà. Quella tra uomo e animale è solo l’ultima frontiera, che segue di gran carriera quella abbattuta dall’omosessualismo. E, da questo punto di vista, siamo solo all’inizio. Pensi quando lei e quelli che la pensano come lei saranno costretti a vedersi accomodare di fianco in chiesa una bella coppia di omosessuali con un cagnolino nel passeggino. E starete tutti lì beati ad ascoltare l’ultimo messaggio di Francesco secondo, terzo, quarto o quinto. E lei non avrà più il tempo di risvegliarsi da quell’incubo, caro Lorenzo, perché magari uno dei due componenti della coppia sarà proprio lei.
Come vede, caro Lorenzo M., le ho risposto. Ma ora, se vuole, mi scriva lei per spiegarmi perché non si firma con nome e cognome come fanno tutti coloro che non hanno paura delle loro idee.
E, in ogni caso, stia sereno. L’enciclica, a differenza di tanti come lei, l’ho letta, l’ho letta. Il problema sta nel fatto che l’ho capita, l’ho capita…
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
= = = = = = = =
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Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD
“FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi – rubrica del martedì
http://www.riscossacristiana.it/fuori-moda-la-posta-di-alessandro-gnocchi-rubrica-del-martedi-19-18/
Parliamo di caccia, di leoni uccisi e di demenza diffusa – di Paolo Deotto
Un mondo occidentale, cosiddetto civile, che vive ormai sprofondato nella crudeltà e nel vizio più lurido, cerca di scavarsi una nicchia di verginità indignandosi per un animale ucciso. Rileggiamo le cifre della strage quotidiana, comunemente accettata (anzi, elevata a “diritto della donna”) di bambini, consumata col crimine dell’aborto. Siamo alla follia di una società smarrita.
di Paolo Deotto
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Il mondo è indignato perché si è consumato uno di quei crimini che vanno al di là dell’umana immaginazione per efferata crudeltà, e che rendono il criminale degno delle più severe punizioni, sebbene sia impossibile immaginare una pena che possa bilanciare la mostruosità del crimine commesso.
Mamma mia, cos’è successo? È successo che un tale, ci informano che è un dentista americano che deve disporre di una quantità notevole di quattrini da buttare via, ha fatto una fesseria: ha ucciso un leone in violazione delle norme che regolano la caccia nello Zimbabwe. Pare che il leone sia stato attirato fuori da una riserva naturale in cui viveva e poi ucciso e che l’animale fosse un esemplare di particolare pregio, tra l’altro dotato di un collare elettronico perché oggetto di studio.
Sintesi: un cacciatore americano ha ucciso un animale nello Zimbabwe. Lo ha ucciso violando delle leggi locali e adesso rischia di pagare un conto salato, che andrà ad aggiungersi al conto (salato anch’esso: si parla di 50.000 dollari) che aveva già pagato al cacciatore locale professionista che lo ha aiutato.
Sintesi della sintesi: stringi stringi, cos’è accaduto? Un uomo ha ucciso un animale. Fine. Certamente si possono uccidere degli animali in modo lecito o illecito. Ma si tratta sempre, attenzione, di uccisione di animali. Se stasera, insieme a un po’ di insalatina, mi cucinerò una bistecca di tacchino (cena quanto mai dietetica e morigerata) non per questo mi sentirò in dovere di applicarmi ad amare riflessioni sulla morte del tacchino e sulla crudeltà di chi gli ha tirato il collo. Lo farei anch’io, se avessi un bel pollaio, ma purtroppo vivo in un condominio milanese e non in campagna.
È stato ucciso un animale, certamente bello e prezioso per gli studi naturalistici di cui era oggetto. Tutto vero. Ma resta sempre un animale e, per quanto si faccia il possibile per azzerarla, esiste una differenza tra bestie ed esseri umani. Esiste una differenza fondamentale tra il valore della vita di un uomo e il valore della vita di una bestia. Esistono regolari servizi di macellazione, esiste la caccia, e queste attività sono lecite e regolate da apposite normative.
Negli Stati Uniti (il cacciatore è cittadino americano) è scoppiata l’indignazione più scatenata, alla quale, è ovvio, si è associata l’indignazione anche in Italia. Del resto, non c’è nulla di nuovo. Da decenni e decenni scimmiottiamo gli Stati Uniti, soprattutto nelle porcherie (tante) che producono. I risultati li abbiamo sotto gli occhi.
Se leggiamo alcuni articoli (vedi il Corriere, o La Stampa, o Il Messaggero), abbiamo la cronaca di una reazione caratterizzata da isteria collettiva, alla quale si è associata, né la cosa stupisce – considerando l’irresponsabile che la occupa – la Casa Bianca. Molto interessante è leggere alcuni commenti nostrani. Ne prendiamo uno per tutti: tale Werther Nasolini scrive, in calce all’articolo sulla Stampa: “che vada in galera punto e basta. Una punizione esemplare 15 anni sono pochi”.
Pare che in effetti la pena prevista dalle leggi dello Zimbabwe per la caccia di frodo sia di 15 anni di reclusione. Adesso sarà interessante vedere se il governo degli Stati Uniti accoglierà la domanda di estradizione fatta dal governo del paese africano. Invano il dentista/cacciatore ha dichiarato di essersi fidato delle guide locali che aveva assunto per il suo costosissimo hobby, che gli avevano assicurato che tutto si svolgeva nel rispetto della legge. Il cacciatore deve morire. La singolare moralità collettiva del pensiero unico lo ha già condannato senza appello.
Di tutta questa mattana si è occupato di recente anche Antonio Socci, con un articolo in cui fa notare che le uccisioni indiscriminate di cristiani a opera dei terroristi islamici non suscitano analoghe ondate di sdegno, né manca Socci di ricordarci che in alcuni paesi, evidentemente incivili, esistono tuttora uccisioni rituali di esseri umani, anche bambini. Anche per queste mostruosità, si chiede, chi organizza manifestazioni di piazza in cui urlare il suo sdegno?
Verissimo. Socci ha ragione. Ma c’è un altro aspetto che è importante sottolineare. Da decenni, ormai in gran parte del mondo che si auto-considera civile, il crimine di aborto è non solo legittimato con apposite normative, ma è stato anche elevato, nella mentalità corrente, a “diritto della donna”.
Ora, cosa c’è di più abominevole, vigliacco, osceno, dell’uccisione dell’essere umano più innocente e indifeso che ci sia, il bimbo che è ancora nell’utero materno? Per non parlare poi degli aborti che si effettuano semplicemente lasciando morire il bambino che ha avuto il cattivo gusto di nascere, magari prematuramente, ma vivo. E poi degli aborti “chimici”, e la galleria dell’orrore potrebbe continuare.
Se leggiamo le cifre della strage negli Stati Uniti, lo stesso paese dove in questi giorni folle isteriche stanno assediando l’abitazione del cacciatore, restiamo agghiacciati: tra il 2008 e il 2011 (ultimi dati disponibili), sono stati consumati annualmente da 1.100.000 a 1.210.000 assassinii di bimbi. Signori, leggiamo e rileggiamo queste cifre spaventose, che fanno impallidire la vivacità stragista di un Hitler o di uno Stalin. Questa strage va avanti da decenni.
Né si può dire che in Italia restiamo con le mani in mano. Ogni giorno in Italia si ammazzano mediamente 300 bambini. Certo, non siamo bravi come gli americani (la media americana di aborti pro die è di circa 3.150) , che però sono noti per la loro efficienza, e poi hanno una popolazione che è cinque volte la nostra…
Attualmente il mondo occidentale cosiddetto civile ha una priorità assoluta, che è il trionfo dei pederasti. Nulla è più favorito, coccolato, finanziato con soldi pubblici, di un bel “Gay Pride”, con tutta la sua esibizione oscena e squallida di glutei (e altro) di poveri pervertiti.
Per l’aborto non sono più necessarie manifestazioni di piazza, è ormai entrato nella mentalità comune, non fa più né caldo né freddo, è un “diritto”. L’aborto è un omicidio, l’omicidio, repetita iuvant, del più innocente e indifeso degli esseri umani.
E assistiamo all’assurdo spettacolo di un mondo, affogato nel vizio più lurido, schiacciato da una cappa di immoralità da cui non riesce più a districarsi, che cerca di mostrarsi “morale” indignandosi perché un cacciatore ammazza un leone.
Ripetiamo: un cacciatore ha ammazzato una bestia. Se poi lo ha fatto violando delle regole, potrà finire nei guai. Ma non è né un assassino né un essere spregevole. È, al più, un fesso (ci scusi, ma è così), perché poteva soddisfare la sua passione per i “safari” senza suscitare questo finimondo.
Ma una società – e il discorso vale per gli americani, come per noi, come per tutte le nazioni che hanno legittimato l’aborto – con quale oscena faccia tosta può indignarsi per un animale ammazzato, e ogni giorno assistere impassibile a centinaia, se non migliaia, di uccisioni di innocenti esseri umani?
È follia. È l’inevitabile punto di arrivo del relativismo, divenuto guida dell’agire umano. La differenza tra il bene e il male ormai è annullata. Resta un magma confuso, bagnato dal sangue di innocenti, e che cerca di rifarsi una verginità scatenandosi contro un uccisore di animali. Se questa non è follia, ditemi un po’ cos’è.
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Piccola appendice. La follia del relativismo porta anche a risultati pratici folli. Nel marzo del 2010 una Corte del Kansas condannò alla reclusione “per non meno di 50 anni” Scott Roeder, che un anno prima aveva ucciso a colpi di pistola il dottor George Tiller, uno dei più famosi medici abortisti degli Stati Uniti. Il dott. Tiller, che sosteneva di agire “in difesa dei diritti della donna” aveva al suo attivo, e se ne vantava, migliaia e migliaia di aborti. Era, insomma, un assassino seriale di bambini. L’uccisore, Scott Roeder, si consegnò spontaneamente alla polizia e non rinnegò mai, neanche in tribunale, il suo gesto. Dichiarò ai giudici: “il dottor Tiller andava fermato, dovevo farlo. Ora Wichita (la città del Kansas dove avvenne l’uccisione – NdR) è un posto di gran lunga più sicuro per i bambini non nati”. “George Tiller – aggiunse – ha smembrato bambini vivi con l’approvazione dello Stato e la benedizione della Chiesa. Bisogna obbedire sia all’uomo sia a Dio. Ma occorre scegliere”.
Possiamo partire dal presupposto che “nessuno deve farsi giustizia da solo” e concludere che Scott Roeder ha meritato la condanna. Però se riflettiamo sui fatti, vediamo che la situazione è ben più complessa, quasi inestricabile. Il dottor Tiller era senza dubbio un assassino pericolosissimo. Però non esistevano gli strumenti di legge per fermarlo, perché l’aborto è legittimo. Sul fatto che un medico abortista vada fermato, non v’è dubbio. È giusto che lo faccia un privato cittadino? Domanda senza risposta, almeno immediata. Non sappiamo se nel Kansas viga la pena di morte, ma di sicuro anche in quello Stato un assassino seriale verrebbe condannato, come minimo, a passare il resto dei suoi giorni in prigione.
Quesito finale: Scott Roeder è un assassino o un giustiziere? Non mi sento e non voglio dare un giudizio.
Però è utile ricordare questo fatto, perché dimostra che la società senza guida morale, schiava del relativismo, si infila in circoli viziosi pericolosissimi, da cui non sa come uscire. E di fronte agli innocenti uccisi, si straccia le vesti per una bestia uccisa…
di Paolo Deotto
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Il mondo è indignato perché si è consumato uno di quei crimini che vanno al di là dell’umana immaginazione per efferata crudeltà, e che rendono il criminale degno delle più severe punizioni, sebbene sia impossibile immaginare una pena che possa bilanciare la mostruosità del crimine commesso.
Mamma mia, cos’è successo? È successo che un tale, ci informano che è un dentista americano che deve disporre di una quantità notevole di quattrini da buttare via, ha fatto una fesseria: ha ucciso un leone in violazione delle norme che regolano la caccia nello Zimbabwe. Pare che il leone sia stato attirato fuori da una riserva naturale in cui viveva e poi ucciso e che l’animale fosse un esemplare di particolare pregio, tra l’altro dotato di un collare elettronico perché oggetto di studio.
Sintesi: un cacciatore americano ha ucciso un animale nello Zimbabwe. Lo ha ucciso violando delle leggi locali e adesso rischia di pagare un conto salato, che andrà ad aggiungersi al conto (salato anch’esso: si parla di 50.000 dollari) che aveva già pagato al cacciatore locale professionista che lo ha aiutato.
Sintesi della sintesi: stringi stringi, cos’è accaduto? Un uomo ha ucciso un animale. Fine. Certamente si possono uccidere degli animali in modo lecito o illecito. Ma si tratta sempre, attenzione, di uccisione di animali. Se stasera, insieme a un po’ di insalatina, mi cucinerò una bistecca di tacchino (cena quanto mai dietetica e morigerata) non per questo mi sentirò in dovere di applicarmi ad amare riflessioni sulla morte del tacchino e sulla crudeltà di chi gli ha tirato il collo. Lo farei anch’io, se avessi un bel pollaio, ma purtroppo vivo in un condominio milanese e non in campagna.
È stato ucciso un animale, certamente bello e prezioso per gli studi naturalistici di cui era oggetto. Tutto vero. Ma resta sempre un animale e, per quanto si faccia il possibile per azzerarla, esiste una differenza tra bestie ed esseri umani. Esiste una differenza fondamentale tra il valore della vita di un uomo e il valore della vita di una bestia. Esistono regolari servizi di macellazione, esiste la caccia, e queste attività sono lecite e regolate da apposite normative.
Negli Stati Uniti (il cacciatore è cittadino americano) è scoppiata l’indignazione più scatenata, alla quale, è ovvio, si è associata l’indignazione anche in Italia. Del resto, non c’è nulla di nuovo. Da decenni e decenni scimmiottiamo gli Stati Uniti, soprattutto nelle porcherie (tante) che producono. I risultati li abbiamo sotto gli occhi.
Se leggiamo alcuni articoli (vedi il Corriere, o La Stampa, o Il Messaggero), abbiamo la cronaca di una reazione caratterizzata da isteria collettiva, alla quale si è associata, né la cosa stupisce – considerando l’irresponsabile che la occupa – la Casa Bianca. Molto interessante è leggere alcuni commenti nostrani. Ne prendiamo uno per tutti: tale Werther Nasolini scrive, in calce all’articolo sulla Stampa: “che vada in galera punto e basta. Una punizione esemplare 15 anni sono pochi”.
Pare che in effetti la pena prevista dalle leggi dello Zimbabwe per la caccia di frodo sia di 15 anni di reclusione. Adesso sarà interessante vedere se il governo degli Stati Uniti accoglierà la domanda di estradizione fatta dal governo del paese africano. Invano il dentista/cacciatore ha dichiarato di essersi fidato delle guide locali che aveva assunto per il suo costosissimo hobby, che gli avevano assicurato che tutto si svolgeva nel rispetto della legge. Il cacciatore deve morire. La singolare moralità collettiva del pensiero unico lo ha già condannato senza appello.
Di tutta questa mattana si è occupato di recente anche Antonio Socci, con un articolo in cui fa notare che le uccisioni indiscriminate di cristiani a opera dei terroristi islamici non suscitano analoghe ondate di sdegno, né manca Socci di ricordarci che in alcuni paesi, evidentemente incivili, esistono tuttora uccisioni rituali di esseri umani, anche bambini. Anche per queste mostruosità, si chiede, chi organizza manifestazioni di piazza in cui urlare il suo sdegno?
Verissimo. Socci ha ragione. Ma c’è un altro aspetto che è importante sottolineare. Da decenni, ormai in gran parte del mondo che si auto-considera civile, il crimine di aborto è non solo legittimato con apposite normative, ma è stato anche elevato, nella mentalità corrente, a “diritto della donna”.
Ora, cosa c’è di più abominevole, vigliacco, osceno, dell’uccisione dell’essere umano più innocente e indifeso che ci sia, il bimbo che è ancora nell’utero materno? Per non parlare poi degli aborti che si effettuano semplicemente lasciando morire il bambino che ha avuto il cattivo gusto di nascere, magari prematuramente, ma vivo. E poi degli aborti “chimici”, e la galleria dell’orrore potrebbe continuare.
Se leggiamo le cifre della strage negli Stati Uniti, lo stesso paese dove in questi giorni folle isteriche stanno assediando l’abitazione del cacciatore, restiamo agghiacciati: tra il 2008 e il 2011 (ultimi dati disponibili), sono stati consumati annualmente da 1.100.000 a 1.210.000 assassinii di bimbi. Signori, leggiamo e rileggiamo queste cifre spaventose, che fanno impallidire la vivacità stragista di un Hitler o di uno Stalin. Questa strage va avanti da decenni.
Né si può dire che in Italia restiamo con le mani in mano. Ogni giorno in Italia si ammazzano mediamente 300 bambini. Certo, non siamo bravi come gli americani (la media americana di aborti pro die è di circa 3.150) , che però sono noti per la loro efficienza, e poi hanno una popolazione che è cinque volte la nostra…
Attualmente il mondo occidentale cosiddetto civile ha una priorità assoluta, che è il trionfo dei pederasti. Nulla è più favorito, coccolato, finanziato con soldi pubblici, di un bel “Gay Pride”, con tutta la sua esibizione oscena e squallida di glutei (e altro) di poveri pervertiti.
Per l’aborto non sono più necessarie manifestazioni di piazza, è ormai entrato nella mentalità comune, non fa più né caldo né freddo, è un “diritto”. L’aborto è un omicidio, l’omicidio, repetita iuvant, del più innocente e indifeso degli esseri umani.
E assistiamo all’assurdo spettacolo di un mondo, affogato nel vizio più lurido, schiacciato da una cappa di immoralità da cui non riesce più a districarsi, che cerca di mostrarsi “morale” indignandosi perché un cacciatore ammazza un leone.
Ripetiamo: un cacciatore ha ammazzato una bestia. Se poi lo ha fatto violando delle regole, potrà finire nei guai. Ma non è né un assassino né un essere spregevole. È, al più, un fesso (ci scusi, ma è così), perché poteva soddisfare la sua passione per i “safari” senza suscitare questo finimondo.
Ma una società – e il discorso vale per gli americani, come per noi, come per tutte le nazioni che hanno legittimato l’aborto – con quale oscena faccia tosta può indignarsi per un animale ammazzato, e ogni giorno assistere impassibile a centinaia, se non migliaia, di uccisioni di innocenti esseri umani?
È follia. È l’inevitabile punto di arrivo del relativismo, divenuto guida dell’agire umano. La differenza tra il bene e il male ormai è annullata. Resta un magma confuso, bagnato dal sangue di innocenti, e che cerca di rifarsi una verginità scatenandosi contro un uccisore di animali. Se questa non è follia, ditemi un po’ cos’è.
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Piccola appendice. La follia del relativismo porta anche a risultati pratici folli. Nel marzo del 2010 una Corte del Kansas condannò alla reclusione “per non meno di 50 anni” Scott Roeder, che un anno prima aveva ucciso a colpi di pistola il dottor George Tiller, uno dei più famosi medici abortisti degli Stati Uniti. Il dott. Tiller, che sosteneva di agire “in difesa dei diritti della donna” aveva al suo attivo, e se ne vantava, migliaia e migliaia di aborti. Era, insomma, un assassino seriale di bambini. L’uccisore, Scott Roeder, si consegnò spontaneamente alla polizia e non rinnegò mai, neanche in tribunale, il suo gesto. Dichiarò ai giudici: “il dottor Tiller andava fermato, dovevo farlo. Ora Wichita (la città del Kansas dove avvenne l’uccisione – NdR) è un posto di gran lunga più sicuro per i bambini non nati”. “George Tiller – aggiunse – ha smembrato bambini vivi con l’approvazione dello Stato e la benedizione della Chiesa. Bisogna obbedire sia all’uomo sia a Dio. Ma occorre scegliere”.
Possiamo partire dal presupposto che “nessuno deve farsi giustizia da solo” e concludere che Scott Roeder ha meritato la condanna. Però se riflettiamo sui fatti, vediamo che la situazione è ben più complessa, quasi inestricabile. Il dottor Tiller era senza dubbio un assassino pericolosissimo. Però non esistevano gli strumenti di legge per fermarlo, perché l’aborto è legittimo. Sul fatto che un medico abortista vada fermato, non v’è dubbio. È giusto che lo faccia un privato cittadino? Domanda senza risposta, almeno immediata. Non sappiamo se nel Kansas viga la pena di morte, ma di sicuro anche in quello Stato un assassino seriale verrebbe condannato, come minimo, a passare il resto dei suoi giorni in prigione.
Quesito finale: Scott Roeder è un assassino o un giustiziere? Non mi sento e non voglio dare un giudizio.
Però è utile ricordare questo fatto, perché dimostra che la società senza guida morale, schiava del relativismo, si infila in circoli viziosi pericolosissimi, da cui non sa come uscire. E di fronte agli innocenti uccisi, si straccia le vesti per una bestia uccisa…
QUANDO LA VITA DI UN LEONE VALE PIÙ DI QUELLA DI UN UOMO.
«E chi è il leone Cecil?». Zimbabwe scandalizzato per le reazioni occidentali: «Se moriamo noi, nessuno si lamenta»
«E chi è il leone Cecil?». La risposta che il ministro dell’Informazione dello Zimbabwe, Prisca Mupfumira, ha dato ai giornalisti occidentali che gli chiedevano un commento sull’uccisione del famoso felino del parco nazionale Hwange, dice molto della frenesia eccessiva che ha travolto i media occidentali.
DIFFERENZE. Mentre davanti allo studio dentistico di proprietà del cacciatore del Minnesota Walter Palmer, ora accusato di bracconaggio per aver ucciso Cecil in modo illegale, si riunivano centinaia di persone per protestare e augurargli di «marcire all’inferno» ed «essere impiccato», le ultime notizie sul caso venivano appena accennate nelle pagine interne dei giornali locali.
«TUTTO PER UN LEONE?». Nel paese dove l’80 per cento della popolazione non ha un lavoro, la morte di un felino, per quanto meraviglioso, non sembra un grande problema. «State dicendo che tutto questo casino riguarda un leone morto? I leoni in questo paese vengono uccisi tutti i giorni», spiega a Reuters Tryphina Kaseke, che vende abiti usati nella capitale Harare. «Che cos’ha di speciale questo [esemplare]?».
UOMINI DIVORATI. Nel paese africano i leoni non sono materiale da zoo. Sono considerati o una fonte di guadagno, sia per i safari che per la vendita di carne, o un pericolo. Capita spesso, infatti, che qualche abitante venga sbranato. «Perché gli americani si preoccupano più di quanto ci preoccupiamo noi?», si chiede incredulo Joseph Mabuwa. «Non li abbiamo mai sentiti far sentire la propria voce quando dei paesani venivano divorati dai leoni o uccisi dagli elefanti a Hwange».
Notizie del genere non sono così rare sui media locali. Nell’aprile del 2014, a Hwange, un leone ha divorato un bambino di sette anni, mentre si recava a casa di un suo amico. Tre mesi fa, invece, un 14enne è stato sbranato in un villaggio mentre dormiva in un campo. Del ragazzo è stata ritrovata solo la testa.
Notizie del genere non sono così rare sui media locali. Nell’aprile del 2014, a Hwange, un leone ha divorato un bambino di sette anni, mentre si recava a casa di un suo amico. Tre mesi fa, invece, un 14enne è stato sbranato in un villaggio mentre dormiva in un campo. Del ragazzo è stata ritrovata solo la testa.
REGIME DI MUGABE. Le reazioni degli abitanti dello Zimbabwe sono comprensibili. Gli africani probabilmente sarebbero ben felici se gli occidentali si occupassero di loro. Non per protestare contro la morte di un leone però, bensì per porre fine alla dittatura di Robert Mugabe, 91enne presidente del paese fin dal 1987, criminale internazionale che ha demolito il suo paese gettando il popolo nella disperazione.
Fonte: Tempi
http://www.losai.eu/quando-la-vita-di-un-leone-vale-piu-di-quella-di-un-uomo/
http://www.losai.eu/quando-la-vita-di-un-leone-vale-piu-di-quella-di-un-uomo/
Cristiani, non leoni: la strage silenziosa che non indigna il mondo
agosto 04
Molte persone sono insorte per protestare contro l’uccisione di Cecil, il leone simbolo dello Zimbabwe, da parte di Walter Palmer, un ricco dentista del Minnesota.
EMPATIA PLANETARIA
Su wired.it (31 luglio) si evidenzia, giustamente, l’empatizzazione, su scala planetaria del caso Cecil. C’è stata persino una petizione con 146mila firme per chiedere l’estradizione dallo Zimbabwe del dentista americano. Il tutto dovuto all’ammirazione che generano animali di grande dimensioni, soprattutto se fotografati e visitati negli zoo. Come spiegava Ernest Small, esperto di biodiversità, queste specie riescono ad essere particolarmente empatiche nei confronti dell’opinione pubblica.
Su wired.it (31 luglio) si evidenzia, giustamente, l’empatizzazione, su scala planetaria del caso Cecil. C’è stata persino una petizione con 146mila firme per chiedere l’estradizione dallo Zimbabwe del dentista americano. Il tutto dovuto all’ammirazione che generano animali di grande dimensioni, soprattutto se fotografati e visitati negli zoo. Come spiegava Ernest Small, esperto di biodiversità, queste specie riescono ad essere particolarmente empatiche nei confronti dell’opinione pubblica.
LA CASA BIANCA IN CAMPO
Antonio Socci, sul suo blog (2 agosto) evidenzia che persino la Casa Bianca si sta mobilitando per l’affare Cecil. Negli stessi giorni, sempre nel continente africano, si stanno verificando veri e propri massacri di vite umane, che però non destano lo stesso scalpore. O meglio non ospitano le prime pagine dei giornali o le prime notizie tra quelle dei telegiornali. Nè su internet colpiscono il “cuore” del lettore.
Antonio Socci, sul suo blog (2 agosto) evidenzia che persino la Casa Bianca si sta mobilitando per l’affare Cecil. Negli stessi giorni, sempre nel continente africano, si stanno verificando veri e propri massacri di vite umane, che però non destano lo stesso scalpore. O meglio non ospitano le prime pagine dei giornali o le prime notizie tra quelle dei telegiornali. Nè su internet colpiscono il “cuore” del lettore.
MASSACRATI PERCHE’ SEGUACI DI GESU’
E’ un dato di fatto, ad esempio, che l’attenzione dei media internazionali sia molto marginale sulla strage dei venti pescatori cristiani massacrati lunedì scorso dai terroristi di Boko Haram, in un villaggio a nord della Nigeria (Ansa.it, 31 luglio). Tra questi cristiani, originari del Ciad, c’era anche un ragazzino di 16 anni. I terroristi hanno accusato i pescatori di essere “seguaci di Gesù, un profeta che con le sue parole ha attirato molte persone stolte, tentando di corrompere il mondo”.
E’ un dato di fatto, ad esempio, che l’attenzione dei media internazionali sia molto marginale sulla strage dei venti pescatori cristiani massacrati lunedì scorso dai terroristi di Boko Haram, in un villaggio a nord della Nigeria (Ansa.it, 31 luglio). Tra questi cristiani, originari del Ciad, c’era anche un ragazzino di 16 anni. I terroristi hanno accusato i pescatori di essere “seguaci di Gesù, un profeta che con le sue parole ha attirato molte persone stolte, tentando di corrompere il mondo”.
IL “NO” DEGLI STATI UNITI
Una strage materializzata pochi giorni dopo il doppio attentato in Camerun e Nigeria, sempre targato Boko Haram, che ha causato altre cinquanta vittime tra i cristiani (Il Post, 23 luglio). Il governo della Nigeria ha provato a fare pressione sugli Usa, incassando un “no” alla richiesta di armi avanzata dal governo, per combattere Boko Haram. Gli Stati Uniti hanno declinato perché la Nigeria non rispetterebbe i diritti umani.
Una strage materializzata pochi giorni dopo il doppio attentato in Camerun e Nigeria, sempre targato Boko Haram, che ha causato altre cinquanta vittime tra i cristiani (Il Post, 23 luglio). Il governo della Nigeria ha provato a fare pressione sugli Usa, incassando un “no” alla richiesta di armi avanzata dal governo, per combattere Boko Haram. Gli Stati Uniti hanno declinato perché la Nigeria non rispetterebbe i diritti umani.
LE PERSECUZIONI IN SOMALIA
Nell’ultimo dossier Caritas, presentato il 30 luglio (La Repubblica) si denuncia che anche in altri Paesi africani, come Somalia e Sudan, le persecuzioni verso i cristiani sono all’ordine del giorno. La Somalia è addirittura al secondo posto dopo la Nord Corea, tra gli stati in cui la vita per un cristiano è particolarmente difficile. D’altro canto, il campanello d’allarme nel continente africano lo aveva fatto suonare la strage in Kenya di aprile scorso, in cui morirono ad opera degli estremisti islamici, ben 147 cristiani.
Nell’ultimo dossier Caritas, presentato il 30 luglio (La Repubblica) si denuncia che anche in altri Paesi africani, come Somalia e Sudan, le persecuzioni verso i cristiani sono all’ordine del giorno. La Somalia è addirittura al secondo posto dopo la Nord Corea, tra gli stati in cui la vita per un cristiano è particolarmente difficile. D’altro canto, il campanello d’allarme nel continente africano lo aveva fatto suonare la strage in Kenya di aprile scorso, in cui morirono ad opera degli estremisti islamici, ben 147 cristiani.
UNA STRAGE SILENZIOSA
Nel mondo (sempre fonte Caritas) dal 30 novembre 2013 al 31 ottobre 2014, si calcola che i cristiani uccisi per ragioni di fede siano stati 4344. Mentre le chiese attaccate per la stessa ragione ben 1062. Il dossier prova a dare voce alle testimonianze dei cristiani in questi luoghi di martirio proprio per fare da contraltare ad un’attenzione mediatica estemporanea o addirittura nulla.
Nel mondo (sempre fonte Caritas) dal 30 novembre 2013 al 31 ottobre 2014, si calcola che i cristiani uccisi per ragioni di fede siano stati 4344. Mentre le chiese attaccate per la stessa ragione ben 1062. Il dossier prova a dare voce alle testimonianze dei cristiani in questi luoghi di martirio proprio per fare da contraltare ad un’attenzione mediatica estemporanea o addirittura nulla.
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